Notizie in... Controluce Notizie in... Controluce
 Versione digitale del mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e Prenestini

sei il visitatore n.

 

home | indice giornali | estratti | info | agenda | cont@tti | cerca nel sito | pubblicità

 

Anno VI num 9/10 __________________ Pagina 16 - Economia


Anno VI num. 9/10 - set/ott 1997 - pagina 15


ORIGINI DELL'UOMO


"L’Archeologia Proibita"

Ovvero: le possibili origini "sgradite" dell’Uomo (anatomicamente moderno) nell’era del Terziario

 

Le prove frequentemente negate che smentirebbero le teorie evolutive dell’uomo (ritenute "inesistenti" dalla scienza ufficiale) e confermano una presenza ben più antica dell’era Quaternaria dell’uomo "a. m."(anatomicamente moderno), sono il frutto di un meticoloso lavoro di scavo filologico condotto da Michael Cremo e Richard Thompson su di una vasta letteratura scientifica di carattere paletnologico che risale fino allo scorso secolo. Nel libro edito quest’anno in Italia dal Gruppo Futura della Jackson Libri si trova la sintesi in ben 450 pagine con 50 circa di bibliografia specifica dell’opera originale americana di 1000 pagine destinata ad un pubblico specializzato meglio nota come "Forbidden Archeology: The Hidden History of the Human Race," edita negli Stati Uniti dalla Bhaktivedanta Book Trust-International. Il lavoro assume una consistenza molto significativa a nostro avviso sul piano scientifico vero e proprio. In primo luogo perché è forse la prima raccolta di tutte quelle prove sgradite, dimenticate e spesso sistematicamente "occultate" dall’entourage accademico ufficiale di paleontologi umani che sarebbe andato smarrito nelle riviste specializzate dei secoli scorsi, quindi abbandonate a nuova divulgazione o alla riscoperta di quei meccanismi spesso perversi meglio noti come "filtraggio delle conoscenze" se non "soppressione diretta", ancor oggi molto in voga, che lo scorso secolo appunto impedirono un qualsiasi riconoscimento a tutto ciò che non coincideva con la teoria dominante sull’evoluzione umana. I due autori (ricercatori in filosofia della scienza e autori di pubblicazioni sulla biologia dell’evoluzione) sono legati all’Istituto Bhaktivedanta di San Diego, quindi facilmente attaccabili dai "professori nostrani", poiché legano le loro opinioni sulle origini dell’uomo non alle teorie materialistico-adattative di ispirazione darwinista ma sulla letteratura sapienziale vedica, testimone quest’ultima di una estrema ed imprecisata antichità del genere umano sul pianeta. In secondo luogo il loro lavoro è un prezioso strumento per il fatto che nonostante la visione religiosa possa pregiudicare il lavoro agli occhi delle varie "comunità scientifiche" italiane ed internazionali di archeologi preistorici, la grande capacità degli autori è proprio quella di aver utilizzato negli otto anni di lavoro filologico le cosiddette "armi dell’avversario". Come ha fatto notare nella sua prefazione al libro il professore Philipp Jhonson autore di "Processo a Darwin" e docente di Legge a Berkeley, il rischio principale è che "tutte quelle testimonianze che non rientravano nei canali ortodossi del modello preconcetto dell’evoluzione umana, scomparendo dalla stampa" e divenendo "invisibili," a tutt’oggi risultano "mai avvenute", onde l’impossibilità che concrete teorie alternative sulle origini dell’uomo possano avere un minimo riconoscimento. Il volume si divide quindi in due parti; una prima in cui vengono esaminate le prove controverse che decisamente contraddicono le attuali teorie evolutive, nonostante proprio tali prove siano "equivalenti a quelle che sostengono le correnti teorie sulle origini dell’uomo", una seconda parte invece è dedicata a quelle prove che sostengono le attuali teorie dominanti in ambito paleoantropologico.

Per leggere i primi passi del mosaico sgradito ricostruito dagli autori è bene aver presente che quando il Darwinismo andava affermandosi, una vera e propria storia delle origini (paleoantropologia) chiaramente tracciata non esisteva, motivo per il quale molte scoperte effettuate, riferite ed in parte confutate (per la smentita) oggi non verrebbero prese sul serio da nessuno, soprattutto considerando la presenza di scheletri od ossa anatomicamente moderni in strati decisamente pre-pleistocenici (roba da "fantascienza" direbbero in molti !). Questo è difatti il primo punto di forza della trattazione: riscoperta di rapporti relativi a "scheletri e oggetti lavorati che risultano anormalmnte antichi, venuti alla luce soprattutto tra la fine del diciannovesimo secolo e del ventesimo secolo".

Insomma, dicono gli studiosi, è necessario contemplare entrambi i tipi di documentazioni; sia quelle "anomale" quindi offuscate, sia quelle costituenti le prove generalmente accettate. Molte ossa animali incise, spezzate, tagliate furono trovate nei decenni successivi alla pubblicazione dell’Origine delle specie di Darwin, le quali probabilmente suggerivano una presenza umana addirittura nel Pliocene, nel Miocene e forse in periodi perfino anteriori.

"Le anomalie paleontologiche"

La casistica prende difatti in esame gli esempi delle ossa incise tardo-plioceniche di St. Prest in Francia, le ossa e corna di cervidi con segni intenzionali umani di Old Crow River in Canada, le sei ossa di mammuth del deserto di Anza-Borrego in California, la mascella inferiore con quattro incisioni profonde, corte e parallele del rinoceronte medio-miocenico (15 milioni di anni) di Billy e molti altri ancora. Che molti dei ricercatori che fornirono queste relazioni siano stati vittime di aberrazione mentale pretestuosa nello scorso secolo può anche esser probabile, ma non è improbabile che nella maggior parte dei casi abbiano sempre trovato pronta ed onnipresente una figura istituzionale come quella del De Mortillet, nello smentire e "sconfessare" ogni ipotesi non lecita al nuovo dogma imposto sulle origini.

"Le pietre dell’alba"

Proseguendo l’analisi della raccolta di emblematiche testimonianze controverse, il racconto prosegue nei vari aneddoti relativi agli "eoliti" e "paleoliti" di fabbricazione arcaica e più recente che costituiscono ben tre capitoli della prima parte dell’opera. I primi (eoliti), le pietre dell’alba, in particolare quelli del Kent e Red Crag in Inghilterra, sembra fra le varie ipotesi che potessero risalire al medio-tardo Pliocene. Ma interessanti sono i rapporti di smentita del tempo che tendevano ad affermare che gli eoliti furono prodotti della natura e non manufatti artificiali; tra questi infatti vi era il dossier Breuil con il quale il celebre abate rigettava appunto qualsiasi intervento umano ribadendo l’origine relativa a pressione geologica, a suo dire analoga agli oggetti "eocenici" di Clermont in Francia definiti "pseudo-eoliti". Gli autori fanno notare però che un’altra famosa autorità in materia di tecnologia litica come il Patterson ritiene che la scheggiatura dovuta a pressione molto raramente può produrre segni circolari di percussione ben visibili. Ancor più sorprendente è il fatto che lo stesso Breuil accettò come autentici gli utensili del Pliocene di Red Crag a Foxhall e riconobbe che alcuni reperti dello strato sottostante a Red Crag erano identici ai famosi utensili in pietra scheggiata, formazioni sottostanti che potevano avere dai 2 ai 55 milioni di anni, accettando poi in un libro postumo (1965) la possibile autenticità di un certo numero di schegge. Il testo poi prende in esame una lunga serie di casi famosi osteologici che riguardarono anche gli scheletri di Castenedolo di epoca Pliocenica a detta dello stesso celebre prof. Giuseppe Sergi.

Come si esercita il "filtraggio delle conoscenze"o meglio "soppressione diretta". Per poi comprendere i meccanismi di potere interni alla paleontologia umana è bene leggere attentamente i casi relativi alle scoperte di Sheguiandah (Canada), Hueyatlaco (Mexico), Sandia Cave (New Mexico), ove scienziati scopritori di reperti in contesti anomali "maledirono" il giorno in cui effettuarono determinati ritrovamenti. A Sheguiandah "lo scopritore (Lee) del sito fu cacciato dal suo impiego presso il servizio civile e gli venne rifiutato ogni lavoro per lungo tempo, i canali di pubblicazione vennero tagliati e le prove distorte da autorevoli scienziati della casta dominante", tonnellate di manufatti sembra che andarono dispersi nei bidoni deposito del Museo Nazionale del Canada ed il "dott. J.Rousseau che aveva proposto di far pubblicare una monografia sul sito venne licenziato e mandato in esilio"(N.B : non sono esagerazioni!). La maggior parte di queste relazioni vennero poi pubblicate dal giornale antropologico del Canada fondato e pubblicato dallo stesso Lee. Quasi identica sorte per Virginia Steen-McIntyre per i ritrovamenti degli utensili litici in situ datati a circa 250 mila anni fa (correlati a H.Sapiens Sapiens), considerata poi negli ambienti ufficiali una "opportunista, calunniata con taglio dei finanziamenti e con relazione inspiegabilmente ritardata per molti anni." Sembrerebbe quindi valere la massima secondo cui qualora "i fatti non corrispondono alla teoria favorita, sono i fatti che devono sparire," sebbene proprio per la quantità impressionante dei dati e delle occasioni verificatesi non si dovrebbe lasciar poi molto adito a quei dubbi che invece fioriscono numerosi quando si passano in rassegna le prove certe di una poco probabile "evoluzione," graduale, intermittente, multiregionale o monocentrica che sia. Si pensi inoltre che proprio Alfred Russel Wallace che condivise insieme a Darwin il merito di aver ipotizzato la teoria ben nota, ritenne con notevole costernazione che elementi o prove di una esistenza di esseri umani anatomicamente moderni nel Terziario tendevano ad essere "attaccate con tutte le armi del dubbio, dell’accusa e del ridicolo".

La seconda parte dell’opera

L’esame dettagliato dei singoli problemi ed aspetti di ognuna delle più famose scoperte con relative ambiguità ed elementi controversi ha portato gli autori a formulare la seguente serie di opinioni circa i ritrovamenti africani sull’evoluzione umana": esiste una quantità considerevole di prove provenienti dall’Africa che suggeriscono che esseri simili agli umani anatomicamente moderni fossero presenti nel primo Pleistocene e nel Pliocene, è falsa di conseguenza l’immagine dell’Australopiteco come bipede terrestre molto umano, è discutibile la condizione di antenati di quest’ultimo e dell’Erectus rispetto all’uomo nonché la posizione dell’Homo Habilis come specie distinta".

"Anche quindi limitando l’indagine alla sola seconda parte del lavoro il quadro dei collegamenti evolutivi proposti sembra essere tutt’altro che chiaro, bensì caotico e confuso come quello ovviamente di una scienza che ha le sue leggi fondanti nel caso, nell’utile e nell’economicismo materialistico di contemporanea memoria.

Auguriamo che questo lavoro perciò abbia un successo ben diverso da quello che rivestirebbe un comune best-seller che vuol diffondere clamore, sensazione e popolarità, bensì possa avere l’opportunità di evidenziare e rendere sempre più nota la profonda inesattezza e parzialità delle testimonianze addotte per spiegare la presunta speciazione evolutiva della più antica e della prima storia umana.

Mario Giannitrapani