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Anno VI num 9/10 __________________ Pagina 23 - Le rubriche


Anno VI num. 9/10 - set/ott 1997 - pagina 22


ITINERARI CULTURALI


La "Valle Santa"

Visita di un lembo di terra mistica d’Umbria alla ricerca dei primordi del "Francescanesimo

Se l’Umbria deve considerarsi a buon diritto la culla dell’Ordine Francescano, il Lazio se ne potrebbe dire ...la balia e questo grazie ai numerosi luoghi santificati dallo stesso Fondatore e dai suoi primi discepoli. Questo vale in special modo per la conca di Rieti attraversata dal Velino, che per i suoi eremi francescani -testimoni d’eventi memorabili della storia della Religione minoritica- ha meritato l’appellativo di Valle Santa

Le fonti storiche più attendibili, testimoniano una frequente presenza del Poverello e dei suoi compagni nel circondario reatino per lo più negli ultimi anni della sua vita e questo a differenza dì una tradizione più tardiva che lo ha voluto in questi luoghi già al tempo delle sue prime missioni.

Anche dopo la morte del Santo, la Valle Santa continuò ad essere punto di riferimento per i primi frati come ci testimonia la lettera dei frati Leone, Rufino e Angelo che scrissero da Greccio all’allora Ministro Generale Crescenzio da Jesi, li 11 agosto del 1246, colla quale accompagnavano i loro ricordi sulla vita dell’Assisiate. I santuari francescani, minuscoli gioielli di semplicità tanto cari alla primitiva regola francescana, e che tempestano le alture attorno la Valle Santa sono: Greccio, La Foresta, Fonte Colombo e Poggio Bustone.

Iniziamo da Greccio, uno dei luoghi più cari alla tradizione francescana. S.Francesco vi si recò a predicare con i primi compagni, e, dopo aver dimorato per alcun tempo in una capanna fatta costruire sul monte Lacerone che sovrasta il paese accondiscese alle insistenze del benefattore Giovanni Velita di stabilirsi in luogo meno scosceso, che, secondo una leggenda raccolta dal Waddingo, fu designato dal lancio di un tizzone di fuoco tirato da un bambino. Il tizzo miracolosamente trasvolando per l’aria e superando la valle, andò a colpire la parete rocciosa ove fu fondato il primo Ritiro e più tardi al tempo di S.Bonaventura da Bagnoregio (c. 1260), il convento.

E’ questo il luogo che maggiormente ha conservate intatte le strutture originali, nonostante -e, in parte, grazie- ai numerosi restauri in questi ultimi anni. Numerose le memorie che vi si conservano, sia del Poverello (fra cui il famoso ritratto del Santo che si asciuga le lacrime), sia d’altri famosi religiosi che vi abitarono o lo visitarono, come il già citato S.Bonaventura, il B.Giovanni da Parma, settimo Ministro Generale dell’Ordine (1247-1257) che qui si ritirò in solitudine per oltre trent’anni, S.Bernardino da Siena, il B.Antonio da Borgo Reatino, il B.Paolo Siciliano e numerosi altri. Ma Greccio è soprattutto famoso per l’origine del Presepio: S.Francesco festeggiando il Natale del 1223 davanti una mangiatoia tra il bue ed un asinello vide apparire -secondo il racconto di Tommaso da Celano- un fanciullo di meravigliosa bellezza che il Santo abbracciò teneramente. A quel giorno risale la pia invenzione del Presepio. Il prodigio sarebbe avvenuto nell’attuale cappella del Presepe o di S.Luca (subito dopo l’ingresso, a sinistra), alla cui parete dietro l’altare un affresco quattrocentesco di scuola umbra rappresenta l’evento: tra i personaggi si riconosce il ricco notabile Giovanni da Greccio, devotissimo del Santo e ricordato in un importante documento tra coloro che furono chiamati a testimoniare sulla verità delle Stigmate. La chiesina della prima metà del Duecento, con copertura a botte decorata di stelle con l’immagine del B.Giovanni da Parma, e che conserva intatto il coro ligneo ci ha restituito ultimamente una curiosità: il più piccolo "diurno", ossia breviario, fin ora esistente. Il codice (55 x 45mm) fu rinvenuto qualche anno fa nascosto tra i rudi stalli del coro. Sull’altare maggiore una "Deposizione" su tavola cinquecentesca di scuola umbra, e sulla parete sinistra sopra un affresco trecentesco un bel tondo "la Madonna col Figlio" del Quattrocento attribuito al fiorentino Biagio di Antonio.

La visita sì conclude percorrendo il "Dormitorio" composto di nude cellette lignee risalenti ai tempi. di S.Bonaventura.

S. Maria della Foresta,

distante da Rieti 5 km. Qui la presenza del santo è registrata dalle antiche cronache nell’anno 1225, quando il Santo, venuto a Rieti per curarsi gli occhi, volle qui appartarsi per sfuggire le manifestazioni di stima e di devozione dei reatini. Ma furono talmente tanto numerose le persone che sì recarono a visitarlo, da rovinare il raccolto della vigna del prete di S.Fabiano che lo ospitava al quale però il Santo fece ottenere una produzione di vino di gran lunga superiore a quella degli anni precedenti. I restauri e gli scavi effettuati dopo l’ultima guerra hanno rimesso in luce l’antica chiesetta di S.Fabiano. Ad essa era affiancata la canonica del prete che agli inizi del Trecento due eremiti, Giovanni e Nicola, trasformarono nella chiesa di S.Maria, condotta al termine e congiunta alla chiesa preesistente dai Francescani Clareni La facciata della chiesa è fiancheggiata dalle edicole della Via Crucis le cui stazioni provenienti dal convento di Frascati, sono in pannelli di ceramica policroma di Scuola napoletana La chiesa conserva del preesistente edificio vari avanzi di affreschi "Storie della Vergine e S.Caterina di Alessandria", i "S.S.Pietro e Paolo" e "S.Ludovico da Tolosa" ecc., tutti rimontanti al primo Trecento.

Nella tribuna della chiesa ampliata nel 1504 un bel coro ligneo del 1624 e sull’altare maggiore una statua di terracotta policroma della Vergine col Bambino. Una visita merita il rustico ma grazioso chiostro quattrocentesco in cui si affaccia una stanza, indicata dalla tradizione, come il luogo servito per pigiare l’uva del raccolto miracoloso...

Fonte Colombo

Il Santo, attratto da un monte rivestito di foltissimi boschi d’elci e di querce, posto in un luogo appartato ed impervio chiamato "Fons Palumbiae" vi soggiornò a più riprese e qui, nel Sinai francescano, nel 1223 S.Francesco si ritirò per compendiare la Regola dell’Ordine già approvata a voce da Innocenzo III, e che fu confermata nello stesso anno da Onorio III. E sempre in questo luogo vi subì la dolorosa cauterizzazione degli occhi ammalati. Sui fianchi di questo monte venne eretta alla metà seconda metà del Duecento una chiesina dedicata alla Vergine Maria e più tardi vi sorse, in cima, il convento la cui chiesa, dedicata ai S.S.Francesco e Bernardino, fu consacrata nel 1450 dal Cardinal Niccolò Cusano.

Gli edifici sì affacciano su un piazzale alberato e cinto di siepi, dominato da una croce di legno. La chiesa di modeste proporzioni, che conserva tutto il suo aspetto primitivo e devoto, ha l’interno, tutto imbiancato a calce, composto da una navata unica terminante in un’abside con volta a crociera. Nelle pareti finestrelle con vetri istoriati di Duilio Cambellotti e due altarini laterali. Vi si conservano anche due altorilievi seicenteschi scolpiti in legno d’elce da Fra Giovanni da Pisa (1645) rappresentanti uno "Cristo che detta la Regola e frate Leone che la scrive", e l’altro "Francesco adorante il Crocifisso"; in una vetrina l’abito del Beato Tommaso da Firenze (1647), con la "disciplina", ossia la sferza, usata da S.Leonardo da Porto Maurizio per la sua penitenza

Dal piazzale, prendendo a sinistra della chiesetta, sì scende, per una cordonata selciata, alla Chiesina di S.Maria detta pure la Cappella della Maddalena, già esistente al tempo di S.Francesco, decorata da vari affreschi tra cui una S.Maria Maddalena tutta avvolta nella fluente chioma rossa (sec. XIV). A sinistra nello sguancio della finestra il simbolico Tau francescano. Continuando a scendere sotto i lecci si giunge alla Cappella di S.Michele costruita sopra il Sacro Speco, ossia la grotta vera e propria, ove si ritirò il Santo.

Subito a sinistra si conserva il tronco di leccio sul quale -secondo tradizione- Gesù apparve a S.Francesco per affermare la validità della Regola; nella speco accanto si nota un’impronta prodotta ... dalla testa di fra Leone presente al fatto e balzato in piedi per lo stupore.

Non meno suggestive sono le dimore dei Servi di Dio Bartolomeo da Salutio e fra Innocenzo da Chiusa..

Poggio Bustone

Dopo aver affrontato le serpentine di una ripida salita si giunge nel paese dominato dalla torre scapitozzata dell’antico Cassero e da qui al convento francescano. Il Santo, secondo tradizione, vi si recò la prima volta nel 1209 rivolgendo alla popolazione un amorevole saluto "Buon giorno buona gente"; quindi vi tornò frequentemente vivendo in un romitorio, donatogli dai Benedettini, posto sotto l’attuale edificio conventuale e ritornato alla luce durante gli scavi del 1947. La chiesa dedicata a S.Giacomo, risale alla metà del Quattrocento ed ha, nella lunetta, un deperito affresco del tempo. L’interno a navata unica di forme gotiche finisce in un’abside e nelle pareti tele e pitture del Cinquecento e Seicento. Nel chiostro, che conserva tutta la grazia della primitiva costruzione, una dolce Madonna col Bambino (sec. XV) e le "Storie del Santo" dipinti seicenteschi di sapore paesano. Ma le più suggestive memorie francescane sì trovano al Santuario, il romitorio, posto a 1019 metri, in un luogo solitario sotto la rupe incombente, dimora prediletta del Poverello, trasformato nel Seicento, in una cappellina piccolissima quasi quanto un guscio di noce.

Il Santo qui vi ebbe le visioni dell’Angelo che gli annunciava la remissione dei peccati e la futura missione dell’apostolato dell’Ordine, vi fu assalito dal Demonio e si salvò dal precipitare aggrappandosi alla roccia ove lasciò l’impronta del corpo. Si giunge nel romitorio affrontando un aspro sentiero del bosco fiancheggiato da sei edicolette del 1650 adorne di pitture e d’iscrizioni che indicano i luoghi d’altrettanti miracoli immortalati sulla pietra viva. La prima, difatti, ricorda che il Santo, colto dalla pioggia, cercò di proteggere il breviario nascondendolo nella roccia dove esso lasciò l’impronta; la seconda presenta il segno del suo corpo e del suo cappuccio stampatisi sulla pietra quando venne colto dal deliquio; la terza mostra l’orma del suo piede lasciata sul vivo sasso; la quarta, la sagoma del suo braccio che Egli posò sul suolo dopo aver, con esso, benedetto la valle Reatina; la quinta, i segni delle sue ginocchia sulla terra all’apparire dell’Angelo; ed infine la forma dei piedi d’un altro Angelo presentatosi sotto forma di un fanciullo. Potrebbero completare questa rapida rassegna dei santuari francescani nella Valle Santa altri due conventi suburbani tradizionalmente esclusi in quanto non coevi alla breve vita del Santo: quello di S.Antonio al Monte e quello dei S.S.Marone e Bonaventura. Il primo, fondato nel 1474, corona con il nitore dei suoi edifici la sommità del colle, folto, qua e là, di annose querce, e che si stacca dal sovrastante monte Belvedere; il secondo, dei Cappuccini, altra Famiglia Francescana, raggiungibile tramite un rustico e scenografico viale ombreggiato dagli alberi. Da qui come negli altri conventi rurali in cui la povertà -non la miseria- diventa Grazia del Creato e la superba semplicità della Natura che li circonda Maestà del Creatore, ci ritornano nella mente i versi. del Salmo 148 (!audate Dominum de caelis) e quelli del Cantico "Benedicte, omnia opera Domini, Domino" ispiratori della espressione più lirica del nostro Poverello, il Cantico delle Creature, che queste stupende contrade -secondo tradizione La Foresta- ascoltarono nel nascere.

Alberto Crielesi