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Anno VI num 11/12 __________________ Pagina 8 - I Nostri paesi


Anno VI numero 11/12 - nov/dic 1997 - pagina 7


I NOSTRI PAESI


MONTE PORZIO CATONE

Tra gli scavi archeologici al Tuscolo

E’ facile tornare con la mente indietro nel tempo, girovagare e perdersi tra la gente indaffarata che affolla le vie di Tuscolo, fare balzi nel tempo, trovarsi tra le prime genti che si insediarono su questo monte

Fa sempre un certo effetto assistere ad uno scavo archeologico, vedere e toccare reliquie del passato. Le strane vibrazioni che ti prendono quando l’attrezzo usato dall’archeologo tocca e scopre quello che, a prima vista, sembra il più stupido dei cocci, aumentano quando un membro dell’equipe ti dice, girando il coccio nel palmo della mano, "questa ceramica risale al VII/VI sec.a.C." e continuando "dovete sapere che in questo tratto abbiamo trovato tracce di insediamenti databili tra il IX e l’VIII sec. a.C. e rinvenuto proprio sotto i nostri piedi una necropoli, usata fino al Medio Evo", ossia fino alla distruzione di Tuscolo (1191 d.C.). "Vedete, quelle sono delle tombe in pietra, non ricche, ma evidentemente di una famiglia abbastanza agiata, mentre numerosi resti umani li abbiamo trovati adagiati sulla terra nuda, senza alcuna copertura".

Non è strano sobbalzare alla vista di uno scheletro che sporge dal taglio fresco della terra, ed estraniarsi e fantasticare mentre l’archeologo continua a spiegare e a raccontare di ciò che ci ha restituito la terra in questa campagna di scavi. E’ facile tornare con la mente indietro nel tempo, girovagare e perdersi tra la gente indaffarata che affolla le vie di Tuscolo, fare balzi nel tempo, trovarsi tra le prime genti che si insediarono su questo monte, vederle costruire le prime dimore, le mura, i templi, il teatro; assistere alle lotte al fianco degli altri popoli latini contro l’egemonia di Roma, diventarne poi il più fidato degli alleati e seguirne gli splendori e la grandezza; assistere alla sua trasformazione ed al suo sviluppo economico; ammirare la sontuosità del Foro, del Teatro, dell’Anfiteatro, la ricchezza delle dimore imperiali, delle case e delle tante ville che la circondavano, vivere poi, il suo lento declino e la ripresa medievale quando i suoi Conti dominavano Roma ed i loro rampolli sedevano sul soglio di Pietro.

Non è facile svegliarsi ma la voce dell’archeologo che dice "ora ci sposteremo per vedere gli scavi nel teatro" ti riporta alla realtà, fa svanire il sogno e lentamente ti avvii dietro al gruppo, avido di conoscenza e di curiosità.

La zona del Teatro è stata studiata con meticolosità, scavi e sondaggi hanno dato risposte e svelato segreti sfuggiti ai precedenti scavi. Lo studio degli strati lasciati in alcuni pozzi di drenaggio situati ai suoi lati ha datato in modo preciso epoche e periodi di costruzioni e ristrutturazioni. La vecchia fontana pubblica, costruita per ricevere le acque del piccolo acquedotto scavato sotto la parte alta della città, ha confermato quanto già si sapeva, ma scavi fatti a pochi metri, hanno riportato alla luce, ad una profondità di circa m. 1,20 sotto il livello della strada imperiale, la vecchia strada che scendeva verso la Labicana, fatta di blocchi molto più piccoli e di forma rettangolare. Gli scavi effettuati ai lati del Foro hanno dimostrato che la sua ampiezza era maggiore di quanto creduto in precedenza, e hanno evidenziato in modo singolare i cambiamenti intervenuti nel corso dei secoli, con sovrapposizioni di reperti di età repubblicana, imperiale e medievale. Per circa due ore gli archeologi spagnoli che dal 1994 conducono la campagna di scavi, ci hanno accompagnato ed illustrato il loro progetto scientifico e lo stato delle ricerche. Poi nel pomeriggio, nel corso di una conferenza, hanno completato l’illustrazione del lavoro fatto con una proiezione di diapositive scattate nel corso delle varie fasi degli scavi, assicurando che, data l’importanza e il valore della ricerca, sono già stati stanziati i finanziamenti per il proseguimento della stessa, dandoci così un arrivederci ai prossimi anni. Ad essi, che partecipano con cinque équipe: Escuela Espanola di Historia y Arqueologìa en Roma; Museu d’Arqueologia de Catalunya-Empùries della Generalitat de Catalunya; Il Consorcio de la Ciudad Monumental Historico-Artìstica y Arqueologica de Mérida della Junta de Extremadura; l’Università del Pais Vasco (Vitoria/Gasteiz); l’Università de la Rioja (Logrono), alla Soprintendenza Archeologica del Lazio, all’XI Comunità Montana del Lazio ed al Gruppo Archeologico Latino, un grazie per il contributo che stanno dando alla crescita delle conoscenze storiche ed artistiche di Tuscolo.

Tarquinio Minotti


GROTTAFERRATA

Il Museo dell’Abbazia

E’ nascosto dietro un portone pieno di chiodi medievali, come s’addice ad una porta antica e forte, preceduta ed incorniciata da un arco fiancheggiato da due sedili in pietra, proprio di fronte alla statua del fondatore

Grottaferrata ed Abbazia di S. Nilo sono, spesso, un binomio inscindibile. Si dice l’una e si sott’intende l’altra. La pace della Chiesa e la calma della cittadina.

L’una con l’altra e tutt’e due una cosa sola come... un’ostrica e la perla che contiene. Ma se le perle fossero due? Se vicino a quella grande ve ne fosse un’altra più piccola, meno conosciuta, ma parimenti bella? Ebbene c’è: si chiama "Il museo dell’Abbazia". E’ nascosto dietro un portone pieno di chiodi medievali, come s’addice ad una porta antica e forte, preceduta ed incorniciata da un arco fiancheggiato da due sedili in pietra, proprio di fronte alla statua del fondatore. A destra del portone suoniamo il campanello elettrico per farci aprire e... "tac" il portone si apre. E’ l’unica operazione che ci riporta ai nostri tempi moderni, ma è un attimo, poiché appena superata la grande porta eccoci immersi in un'aria rarefatta ed antica, silenziosa e sospesa nel tempo come non avremmo mai creduto di trovare. Il cortile, non grande né piccolo, si apre sul lato sinistro della chiesa. Da una parte un antico convento, dall’altra alte mura separano il visitatore dal mondo esterno; infine una fuga di archi grigi e solenni proteggono piccole are funerarie, frontali di antiche ville romane, grandi sarcofagi, tavole vetuste con aforismi latini di sapore stoico ed epicureo, nelle quali sono stati ricavati dei fori per adattarle a finestre. Al centro del cortile un giardino con una grande palma, alberi di aranci, una fontana ed anche lì, disseminati, reperti dell’antica Roma, colonne, epigrafi latine. Se siete così fortunati che, entrandoci di sera, vi trovate anche la luna avrete veramente la sensazione di essere in un’oasi fatata, lontani da tutto, soli con voi stessi. Il museo vero e proprio è nascosto dietro una porta sotto gli archi. Una porticina, questa volta. Il museo si compone di non molte stanze. Entriamo. Una stele funeraria rappresenta un giovane, tranquillamente seduto, che svolge uno scritto a forma di rotolo. E’ arrivato a leggerlo a metà. Forse rappresenta la morte che lo ha colpito a metà della vita. Un animale, un gatto forse un cane, è accovacciato sotto la sua sedia; anch’egli tranquillo come il suo padrone e come la sua casa, poiché solo in una casa tranquilla un animale domestico si accovaccia sotto la sedia del padrone. Una lastra di marmo vi parlerà di un eroe caduto in battaglia. I suoi compagni lo portano lontano dalla lotta. Sono nudi come si conviene ad eroi antichi, ma con l’elmo, la fierezza e la forza di quelli.

Si tratta, forse, di Ettore l’eroe caduto per mano di Achille? Oppure di Meleagro, ucciso dai suoi compagni per aver donato alla bella Atlanta, con un atto di amore, la pelle di un terribile cinghiale? Quale eroe in una folla di eroi? Più avanti ci viene incontro una donna di pietra: la "piccola ercolanese" con la veste bagnata che, a stento, nasconde le forme femminili. Eretta incede verso di noi. Nelle altre stanze vedrete alcuni grandi sarcofagi di marmo istoriati con racconti di déi, di baccanti, di lotte, di tradimenti, di feste. Poi la cultura della Grecia si farà sentire in tutta Roma; guidando per mano quel grande popolo guerriero e forte attraverso il dedalo del pensiero. I vincitori romani saranno vinti dalla cultura dei greci. Diventeranno più sottili, più pensosi, più profondi. Probabilmente pensando di più soffriranno di più ... e questo influirà anche sugli scultori dei sarcofagi che parleranno di Bacco, della resurrezione, della vita oltre la morte. Nel medioevo alcuni sarcofagi furono ridotti a vasche, atri, ancora, tagliati ed usati per abbellire i frontali delle ville di personaggi ricchi e potenti. "Ma queste sono cose del passato; ora non succedono più".

Più oltre un’antichissima meridiana verticale a due facce. Ve ne sono solo altre due così al mondo. E’ un orologio solare che segna da una parte le ore del mattino; dall’altra quelle del pomeriggio. E’ appunto questa la sua rara particolarità. Ha circa tremila anni... ma non è molto preciso, va avanti ben tre minuti al giorno. Ed ancora si possono ammirare gli antichi affreschi che ornavano l’Abbazia e che le sono stati strappatii con una tecnica moderna per preservarli dall’umidità e dal lento degrado. Conservati nel museo raccontano del popolo d’Israele della sua fuga dall’Egitto, delle piaghe mandate da Dio al popolo egiziano per convincere il Faraone a lasciare liberi gli ebrei, dell’attraversamento del Mar Rosso, della morte dei soldati egiziani travolti dalle onde di quel mare che si richiudeva su di loro. Più avanti antiche lampade ad olio ad uno, due o tre fuochi. E poi tegole delle ville e delle case dell’antica Roma con il timbro del costruttore. Tubi delle costruzioni, che avevano un vero e proprio impianto idraulico, con il nome del proprietario di duemila anni fa, oppure con il nome dell’imperatore del tempo.

Prezioso elemento, questo, che ci permette di datarle esattamente. Statuette votive per ringraziare gli déi della guarigione da passati malanni. Specie di antichi "ex voto" che dimostrano come, quando l’uomo è attanagliato dalla paura, i secoli passino invano. Ed ancora tavolette opistografe, monete romane, "cursus honorum", che sinteticamente descrivono le importanti opere di qualche importante personaggio, scolpiti nella pietra. Un’antichissima tomba principesca di una giovinetta, dell’età del ferro laziale, con tutte le suppellettili trovate nella tomba. Fibbie che risalgono a tremila anni fa, che servivano a sostenere i vestiti su di una spalla trasformandoli, così, in un drappeggio fino ai piedi.

Piccolissimi dischetti d’oro che ornavano quei vestiti. Braccialetti, vasellame e piccoli contenitori da profumo per una lontanissima vanità femminile. Un distanziatore di cavalli usato per non far allontanare fra loro quei quadrupedi quando trainavano il carro e tanti altri oggetti che si mettevano nelle tombe nella convinzione che il defunto se ne potesse servire.

Ed ancora una grande anfora che serviva per il trasporto di notevoli quantità di derrate alimentari.

E poi una stanza tutta affrescata con delle figure grottesche; e poi paramenti sacri particolarmente preziosi; e poi un rinfrescatoio in ceramica tutto finemente dipinto.

E poi... e poi...

tante altre cose che non aspettano che voi.

Massimo Medici