Anno VI
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Anno VI numero 11/12 - nov/dic 1997 -
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I NOSTRI PAESI
FRASCATI
Inaugurazione del Centro di Ascolto "La
Tenda"
Ognuno di noi è portatore di un messaggio di amore che Dio ci
manda, e la Caritas ha istituito questo "strumento di lavoro" al fine di
suscitare l'amore di Dio mediante la quotidiana condivisione con i poveri, i deboli e gli
esclusi da questa società
E' con piacere che abbiamo risposto all'invito che la Caritas
Diocesana di Frascati ci ha rivolto in occasione dell'inaugurazione del Centro di Ascolto
"La Tenda", tenuta il 23 ottobre presso la sua sede.
La copertina del quaderno n. 1 (lavoro di presentazione
dell'iniziativa) riporta un'immagine la quale vuole rappresentare Dio che scrive un
messaggio d'amore e, più in basso, una persona ,radiosa, che raccoglie il suo messaggio
per poterlo poi trasferire ad una terra malata. «Ebbene, dice il direttore della Caritas
don Baldassare, ognuno di noi è portatore di questo messaggio di amore che Dio ci manda,
e noi abbiamo istituito questo "strumento di lavoro" al fine di suscitare
l'amore di Dio mediante la quotidiana condivisione con i poveri, i deboli e gli esclusi da
questa società».L'intervento alla manifestazione del teologo don Piero Coda ha
qualificato ancora di più l'idea che «Amare è soprattutto "sapere
ascoltare"». L'ascolto è un atteggiamento fondamentale che ci apre agli altri e,
prosegue don Piero, «chi ascolta "si annulla a favore di chi parla"»; ciò
rappresenta, in alcuni momenti, la maggiore difficoltà comportamentale. Don Piero
conclude il suo intervento dicendo che «la Chiesa deve "farsi ascolto", la
comunità cristiana deve "farsi ascolto", e questa iniziativa dovrà servire
anche per diffondere una sorta di "pedagogia dell'ascolto", un vero e proprio
richiamo per la società civile che se osservata nel suo aspetto "rampante"
viene a perdere il senso della sua vitalità e della sua verità».
Chiude la manifestazione il vescovo Matarrese che conclude il suo
intervento così: «Per ascoltare ci vuole qualcuno che parla. Gesù disse "chi
ascolta voi ascolta me; chi ascolta me ascolta chi mi ha mandato". L'inaugurazione di
questo centro non è "un fatto di Frascati" ma riguarda tutta la diocesi. Il
lavoro sarà duro e voi dovrete dare ascolto e conforto a chiunque ve lo chieda, quale che
sia la sua razza o religione!»
Vogliamo infine riportare qui di seguito un estratto del contenuto
del già citato quaderno n. 1 in modo da offrire un panorama più esauriente sui valori
umani che questa iniziativa esprime.
AG
Il Centro di ascolto
"Il primo servizio che si deve fare al prossimo è quello di ascoltarlo. Come
lamore di Dio inizia dallascolto della sua parola, così linizio
dellamore per il fratello sta nellimparare ad ascoltarlo. È per amore che Dio
non solo ci dà la sua parola, ma ci porge anche il suo orecchio. Altrettanto è
lopera di Dio se siamo capaci ad ascoltare il fratello". (D. Bonhoeffer)
Quando ci accostiamo a unaltra persona, accoglierla e ascoltarla significa
permetterle di esprimere tutta lumana ricchezza nella sua unicità, da riconfermare
anche nel momento della sofferenza, della solitudine, dellabbandono, della speranza
e della personalità oltraggiata. Solo se ascoltiamo veramente laltro possiamo
arrivare alla condivisione della sua realtà. In questo incontro lascolto è il
primo e fondamentale strumento per giungere alla condivisione, una condivisione che ci
interroga nella prospettiva Carità-Giustizia e sulle sue mediazioni. Il modo attuale di
lavare i piedi ai poveri è anche quello di lottare per un mondo in cui i poveri abbiano
una sorte migliore. Il Centro di Ascolto è uno strumento pastorale con forte valenza
sociale per mezzo del quale la comunità cristiana intende lascolto vicino ai
poveri, e questo come testimonianza irrinunciabile di fedeltà al Vangelo. Una comunità
cristiana deve saper cogliere dallascolto quotidiano dei poveri unoccasione
unica e benefica per riscoprire il volto di Dio e modellare continuamente la propria
testimonianza nella società, facendo così trasparire la continua chiamata a essere tutti
figli del medesimo Padre. Il Vangelo ci chiede di non scegliere i nostri poveri da aiutare
e da far diventare prossimi, ma di farci prossimi a quelli che si incontrano e che abitano
con noi. Compito del Centro di Ascolto è quello di "discernere" e qualificare
con la carità il territorio diocesano e parrocchiale dove viviamo. La comunità cristiana
va abituata a questa prossimità con i poveri, compiendo un discernimento dentro la storia
nella quale vive il suo pellegrinaggio. Il Centro di Ascolto è uno strumento promosso
dalla Caritas, organismo pastorale della comunità cristiana che, attraverso
lascolto diviene occasione di continua sollecitazione alleducazione alla
Carità e alla sua testimonianza. Ogni comunità parrocchiale del territorio deve
progettare il Centro perché diventi "luogo e ambito" in cui tutta la comunità
cristiana vive la dimensione dellascolto e testimonianza di carità. Il centro di
ascolto va concepito sempre come uniniziativa promossa dalla Caritas e
contemporaneamente quale strumento sintonizzato con le finalità specifiche
dellOsservatorio Permanente delle Povertà e della Risorse: queste finalità
riconducono sempre a unattività promozionale, formativa e pastorale. Oggi colui che
giunge al Centro di Ascolto è sempre più spesso il bisognoso estremo: limmigrato,
il senza lavoro e senza casa. Occorre ripensare una modalità di ascolto diffuso meno
strutturato, più capillare per incontrare anche quanti subiscono in silenzio la loro
povertà, il loro disagio, la loro emarginazione. Purtroppo ancora oggi la carità è
spesso ridotta solo a elemosina, o comunque a "dare cose" anziché a proporsi
come persone: lesercizio della carità è vissuto come atto marginale nella vita
individuale e comunitaria, seguendo lemotività e con scarsa continuità; è accolta
come realtà separata dalla giustizia, in termini assistenzialistici, anziché liberatori
e promozionali. Tutto questo rischia di creare atteggiamenti di rigetto da parte degli
uomini moderni impedendo alla carità cristiana di essere veicolo di annuncio di quel
Cristo che per amore delluomo ha dato se stesso: è morto ed è risorto.
Le vere caratteristiche della Carità sono da scoprire entro lamore
di Gesù per luomo.
Esso è lamore che pone laccento sullessere anziché sul dare,
sulloffrirsi anziché sulloffrire, sulla relazione anziché
sullorganizzazione; è un messaggio profetico centrale della vita cristiana; è
conseguenza di unesistenza concepita come dono; è amore liberante che tende a
superare il rapporto benefattore-beneficiato e a vedere la persona autonoma; è Carità
continuativa, non episodica, secondo i caratteri dellalleanza biblica tra Dio e
luomo.
"ero forestiero. e mi avete accolto"
Una forte immigrazione di persone del Terzo Mondo in cerca di migliori e più umane
condizioni di vita, spinte dal bisogno economico, dalla violenza politica, o da esigenze
culturali, bussa alle nostre porte. Si tratta di milioni di persone che si rivolgono
anche alla nostra Chiesa cercando in essa un punto di riferimento per la loro difesa e
promozione.
Il comando della Bibbia: "amate il forestiero, poiché anche voi foste
stranieri nel paese dEgitto" (Dt. 10,19) trova oggi piena attualità, e spinge
allattualizzazione. Cristo Gesù si è identificato nel povero e nel pellegrino e
chiede di essere accolto e amato. Nonostante gli impegni delle comunità ecclesiali per la
coscientizzazione, e le molteplici attività promosse dalla società civile (sindacati,
pubblica autorità, volontariato) il problema è ancora molto grave e sono lontane le
situazioni strutturali per linserimento sociale (lavoro, casa, ecc.) degli
immigrati. In tale contesto, la condizione di illegalità favorisce sfruttamenti economici
e ricatti morali, mentre linformazione punta quasi sempre a fatti episodici, o
aspetti sensazionali, dimenticando le cause e i condizionamenti:
La Chiesa italiana è impegnata alla soluzione globale del problema perché è in gioco
la dignità della persona umana, della famiglia, della cultura e della religione di
origine.
Occorre accettare gli immigrati quali persone, prima ancora che come
fattore economico, non tanto sulla logica della pubblica sicurezza, quanto in uno spirito
di cooperazione e sviluppo, con il sostegno di interventi legislativi e amministrativi.È
necessario rimuovere il pregiudizio che gli immigrati portano via il posto di lavoro
alla nostra gente. Sono infatti gli italiani che rifiutano molti lavori socialmente
declassati e senza di loro alcuni settori produttivi entrerebbero in crisi. Va eliminata
poi la riserva mentale che gli immigrati siano vettori di criminalità. Un giudizio
generalizzato è un grande errore, nessuno vuole proteggere delinquenti che siano provati
tali. Come anche va rifiutato latteggiamento inconscio dellistintivo senso di
superiorità verso gente del Terzo Mondo, che si basa sullequivoco di confondere
progresso economico con civiltà.
La Chiesa italiana in questi anni ci ha spinto ad accogliere gli immigrati nello
spirito del Vangelo, mettendo in atto interventi di difesa, assistenza e promozione. Ogni
cristiano pertanto è invitato a conoscere e partecipare in difesa delle persone e delle
culture, in sostegno di una vita umanamente dignitosa, civilmente integrata e
religiosamente libera. Tutto ciò discende dallamore gratuito ed universale
dellunico Dio, dalluguale dignità umana e dalla complementarità di ogni
cultura. Non possiamo ignorare che Gesù, buon samaritano, ci ha insegnato a soccorrere il
malcapitato in situazione di necessità: un obbligo la cui gravità dipende dal bisogno
altrui e dalle nostre concrete possibilità.
Accogliere il malato mentale
Spesso i malati mentali, insieme alle loro famiglie, si trovano confinati ai margini
del vivere comune. A causa degli atteggiamenii "non secondo le norme comuni"
essi generano paure e ansie. In simili occasioni quasi sempre noi preferiamo rimuovere il
problema, invece, che lasciarci coinvolgere con laccoglienza e la condivisione.
La povertà evidenziata come disagio mentale è senzaltro una sfida alla
convivenza sociale, e sta assumendo dimensioni preoccupanti, non solo per la profonda
sofferenza che provoca, ma anche a causa delle risposte inadeguate.
Seguendo le direttive della Chiesa italiana (vedi documento dopo Palermo) e le
esperienze che la Caritas ha realizzato in questo settore, le nostre comunità
parrocchiali sono chiamate, attraverso momenti di formazione sul disagio mentale, a
confrontarsi con questo fenomeno diffuso di povertà, a conoscere la tematica e le
risposte che la scienza ha iniziato da tempo a praticare, il cammino scientifico alfine di
farci "prossimo" assieme agli operatori delle strutture pubbliche
e del volontariato, con chi vive in situazione di grave marginalità.
Il corso di formazione, con operatori della ASL RM-H e della facoltà di Psichiatria
dellUniversità di Tor Vergata, ci servirà per conoscere gli aspetti clinici,
mettere a fuoco le principali definizioni della malattia mentale, sgomberare il campo
da una serie di equivoci e di pregiudizi che caratterizzano spesso la percezione e la
valutazione comune della gente nei confronti della persona malata di mente. Per consentire
al malato di recuperare la qualità della relazione con il mondo "sano" occorre
qualificare il lavoro prezioso dei volontari attraverso il ruolo
indispensabile degli operatori, creando una strategia di lavoro a rete. (.....)
Tutto ciò significa (.....) supportare le famiglie estendendo la rete di
solidarietà a tutti i soggetti coinvolti.
In tal modo la comunità locale e i volontari sono chiamati ad attivare tutte le
dinamiche atte a restituire alla persona la sua dignità esistenziale.
I processi formativi devono offrire ai Volontari la possibilità di valorizzare le
esperienze rendendole capacità educative. Una simile formazione permetterà di entrare
facilmente in relazione con chi soffre, attraverso metodologie di lavoro accurate e
professionali. Una parte importante in tutto ciò la possono giocare senza dubbio
lidealità e la passione che animano il lavoro dei Volontari.
Il disagio mentale, nella sua quotidianità, va affrontato dalla comunità locale
(operatori, famigliari, volontari) attraverso una serie di relazioni rispetto alle quali
nessuno può considerarsi estraneo. Il malato mentale, infatti, non deve
essere solo oggetto dinterventi, ma soggetto pieno di diritti, primo tra tutti
quello di potersi relazionare con ognuno di noi. Le riflessioni sulla sofferenza psichica
chiedono di pensare in modo diverso a quella che genericamente viene indicata come
"follia". La logica dellistituzionalizzazione cresce quando i problemi
della sofferenza psichica non diventano problemi di tutti, con cui la gente impara a
relazionarsi in termini corretti e competenti.
Troppo spesso i volontari sono visti come persone che intervengono caritativamente e
compiono assistenza, mentre dovrebbero lasciarsi mettere in discussione e acquisire una
competenza specifica per recuperare un modo di essere solidali. Occorre aprire sul
territorio interventi coordinati tra famiglie, operatori, volontari al fine
di creare un nuovo modo integrato di fare associazionismo. Lumanità si dovrà
misurare non solo sui livelli di produzione, ma anche sul senso delle relazioni
umane, della vita, del presente, degli affetti, della qualità del vivere che si
esprime anche nella capacità di "comunicazione" o "non comunicazione"
che la sofferenza psichica pone.
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