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Anno VI num 11/12 __________________ Pagina 23 - Le rubriche


Anno VI numero 11/12 - nov/dic 1997 - pagina 22


LE RUBRICHE "CON" I LETTORI


 

Dal mondo del Lavoro

Nell’ultimo periodo il legislatore ha moltiplicato le iniziative a sostegno dell’occupazione. Il cosidetto "pacchetto Treu" ha aggiornato alcuni istituti già presenti nel nostro ordinamento, come l’apprendistato ed i contratti di formazione ed ha introdotto nuovi strumenti per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, come le borse di lavoro ed il lavoro interinale.

Delle borse di lavoro abbiamo trattato in precedenza, anticipandone contenuti e potenzialità successivamente confermate dal positivo riscontro ricevuto sia dai giovani che dal mondo imprenditoriale.

Il lavoro interinale costituisce senza ombra di dubbio una novità assoluta nel complesso panorama della legislazione sul lavoro e, per certi aspetti, sancisce una svolta rispetto all’impostazione seguita finora nella regolamentazione del rapporto di lavoro subordinato.

Da quando si è ventilata l’ipotesi di introdurre il lavoro interinale tra gli istituti che disciplinano il rapporto di lavoro, si sono registrate opinioni contrastanti tra: studiosi della materia, parte del sindacato e rappresentanti dell’imprenditoria.

Cerchiamo di analizzare le divergenze e di sintetizzare le posizioni delle parti. Il lavoro interinale viene crudamente definito lavoro in affitto dai suoi detrattori, in quanto consente alle aziende bisognose di manodopera di "approvigionarsi" di lavoratori senza osservare la procedura ordinaria prevista dalle leggi sul collocamento, passando per il tramite di agenzie private che selezionano ed offrono lavoratori qualificati anche per periodi limitati di tempo.

Parte del sindacato e dei lavoratori affermano pertanto che il lavoro interinale costituisce una minaccia alla sicurezza ed alla stabilità del rapporto di lavoro, in quanto introduce un’ulteriore forma di precariato per cui il lavoratore viene utilizzato solo alla bisogna, fermo restando che al cessare delle necessità dell’azienda utilizzatrice, questi viene rispedito all’agenzia che lo ha reclutato.

Un altro appunto viene mosso riguardo alla presunta similitudine con l’appalto di manodopera, finora vietato e perseguito dal nostro ordinamento giuslavoristico.

Gli imprenditori, da tempo fautori di una maggiore liberalizzazione e flessibilità del mercato del lavoro, evidenziano i fattori che ritengono positivi, sottolineando che il lavoro interinale offrirà a donne, giovani e disoccupati l’opportunità di accedere più facilmente ad un’occupazione. Ciò in quanto le aziende, svincolate dall’obbligo delle assunzioni a tempo indeterminato, saranno invogliate a creare maggiori opportunità lavorative, anche se saltuarie.

E’ opinione diffusa che, pur di usufruire di queste maggiori occasioni di lavoro, occorrerà sacrificare la stabilità dell’occupazione, rimuovendo il concetto di posto fisso, tanto radicato nella nostra cultura.

Vista la sostanziale divergenza delle posizioni, era legittimo aspettarsi che il legislatore analizzasse lungamente i possibili riflessi sociali ed economici legati all’introduzione di uno strumento normativo cosÏ innovativo e controverso. Ci si è orientati infine verso la costruzione di un modello italiano di lavoro ad interim, utilizzando anche le esperienze positivamente maturate in altre nazioni ove questa forma è ampiamente sperimentata e coinvolge annualmente diverse centinaia di migliaia di lavoratori.

Proprio in virtù della maggiore esperienza nel settore, molte delle agenzie di lavoro interinale che si stanno costituendo in queste settimane in Italia sono emanazioni di multinazionali straniere che operano già da anni in Europa e negli Stati Uniti.

Ad ogni modo, la legge che introduce il lavoro interinale nel nostro ordinamento ha cercato, come spesso accade, di mediare le esigenze delle parti in causa, aumentando il livello di flessibilità del rapporto di lavoro pur cercando di non andare a scapito dei diritti del lavoratore.

E’ stato pertanto istituito un Albo delle imprese di lavoro interinale, le quali potranno operare dal 1998, rispettando adeguati criteri di solidità patrimoniale e diffusione sul territorio stabiliti dalla legge. Le aziende dovranno infatti essere presenti almeno in quattro regioni e disporre di un capitale di un miliardo. Dovranno versare 700 milioni a titolo di deposito cauzionale per i primi due anni di attività ed alimentare un fondo per il finanziamento di iniziative di formazione professionale a favore dei lavoratori temporanei, pari al 5% della retribuzione loro corrisposta.

La disciplina del lavoro interinale, così come è stata introdotta in Italia, al momento si differenzia per alcuni divieti di applicazione rispetto a quanto attuato all’estero: da noi il lavoro temporaneo non potrà essere adottato per assumere i lavoratori con le qualifiche più basse, ed è vietato nell’edilizia ed in agricoltura. Ovviamente ciò costituisce un freno alla diffusione di questa nuova forma di occupazione, in quanto esclude a priori una larga fascia di soggetti potenzialmente interessati dall’argomento. Ad ogni buon conto, prima di poter giudicare gli effetti sortiti dall’introduzione del lavoro interinale, occorrerà attendere un congruo periodo di tempo necessario all’entrata a regime della legge e dei relativi regolamenti attuativi, tuttora in via di emanazione.


Guida al fisco

Dal 1 gennaio 1998 entreranno in vigore una serie di nuove disposizioni fiscali che, a vario titolo e misura, ci riguarderanno tutti. Innanzitutto dovremo misurare i nostri redditi con le nuove aliquote dell’Imposta sulle persone fisiche (Irpef) e con la nuova articolazione dell’attuale sistema delle detrazioni.

Le nuove aliquote saranno cinque, e sostituiranno le sette attualmente esistenti. La nuova curva Irpef si articolerà come segue:

 

milioni di reddito aliquota

fino a 15 19%;

da 15 e fino a 30 27%;

da 30 e fino a 60 34%;

da 60e fino a 120 40%;

oltre 120 45%.

Il sistema in vigore attualmente e fino al 31 dicembre, comprende invece un’aliquota minima del 10% ed una massima del 51%. La forbice è stata quindi sensibilmente ridotta, apparentemente a vantaggio dei redditi più elevati.

Ad un primo approccio sembra infatti che il Fisco voglia accanirsi contro i contribuenti meno abbienti, raddoppiando quasi l’aliquota che colpisce i loro redditi, premiando invece i più facoltosi per i quali la nuova articolazione dovrebbe consentire sensibili risparmi di tasse!

Il condizionale è d’obbligo perché i tecnici del Ministero delle Finanze assicurano che ciò non avverrà per almeno due motivi:

1) per l’estensione della fascia di reddito colpita dall’aliquota più bassa, che passa dagli attuali 7,2 milioni di reddito ai 15 previsti dalla nuova regolamentazione;

2) per l’innalzamento delle detrazioni d’imposta per coniuge e figli a carico, calibrate in maniera da controbilanciare l’aumento dell’imposta lorda.

La detrazione relativa al coniuge a carico diminuirà con il crescere del reddito, partendo da un massimo di 1 milione per redditi fino a 15 milioni, fino a scendere a 400 mila lire per coloro che conseguiranno redditi superiori a 60,6 milioni. Per ogni figlio sono invece previste detrazioni nella misura unica di Lit. 408 mila, da ripartire tra i genitori in base all’onere sostenuto per il mantenimento.

Qualora la detrazione spetti ad un unico genitore, questa sarà pari a Lit. 504 mila. Contrariamente al passato, non si potrà più beneficiare della detrazione in misura doppia qualora anche l’altro coniuge sia a carico.

Anche le detrazioni per lavoro dipendente sono state riviste ed articolate in 17 scaglioni decrescenti in funzione del variare del reddito, per cui la misura della detrazione scenderà da Lit. 1.710.000 per i redditi più bassi fino ad arrivare alla detrazione minima di Lit. 100.000 per i redditi più alti.

E’ stato ampiamente assicurato che l’effetto complessivo di questa revisione non dovrebbe portare ad aumenti di gettito, ma servirà sostanzialmente ad equilibrare maggiormente il sistema impositivo.

Altre novità riguardano le detrazioni per oneri, ridotte dall’attuale 22% ad un risicato 19%.

Per quanto concerne il contributo straordinario per l’Europa, meglio noto come Eurotassa, sembra che il promesso rimborso avverrà dal 1999 e solo per il 60% dell’importo versato dai cittadini. Al momento si presume che detto rimborso potrebbe avvenire attraverso un meccanismo di crediti d’imposta o mediante sottoscrizione di azioni di aziende in via di privatizzazione.

Prossimamente ci occuperemo anche dell’IRAP e delle altre novità introdotte nel nostro sistema fiscale.