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anno VIII n. 9 - settembre 1999

  

 DOVE VIVIAMO?

Viaggio all'Inferno
La vita della Laguna è in grave pericolo

Benvenuti all’Inferno. Alte torri nascoste nella nebbia sputano lingue di fuoco e neri fumi che offuscano la vista. Più in basso deformi rialzi dai colori innaturali si gettano in mare, in un’acquaFoto di Roberto Canò che ribolle ed effonde aspri odori.
No, non siamo all’Inferno, ma vi siamo molto vicini. Il gommone di Greenpeace sfreccia veloce sull’acqua della Laguna Veneziana. Mentre i turisti attoniti si reggono saldamente alle funi, ci avviamo sulla strada del ritorno. Anche questo viaggio nell’incubo di Porto Marghera è finito. Novelli Caronte, noi del Gruppo dei Castelli Romani, come altri volontari di Greenpeace, ci siamo prestati a condurre e a guidare i visitatori della città lagunare in un breve ma intenso viaggio dal paradiso di Venezia all’inferno, il Petrolchimico della laguna. Breve: sono solo 3 chilometri di acqua a separare la poesia di Piazza San Marco dalle atmosfere irreali del polo industriale. Intenso: perché per molti sarà un viaggio da ricordare, forse più delle passeggiate tra cale e canali.
È l’estate alternativa di Greenpace, l’ennesima tappa della guerra contro chi vuole mettere a rischio una delle città più belle del mondo, di chi vuole continuare ad avvelenare gli abitanti delle laguna, a uccidere gli operai del Petrolchimico, di chi tenta di insabbiare le proprie malefatte dietro rassicuranti comunicati stampa e una sterile campagna promozionale. Da anni ormai indagini, ricerche e studi effettuati da organizzazioni ambientaliste, dall’Istituto Superiore di Sanità, da magistrati e da università di tutto il mondo hanno provato lo stato agonizzante della Laguna Veneta. L’aria, l’acqua e la terra sono costantemente, da troppo tempo, oggetto di ogni tipo di inquinamento: si chiama inquinamento ubiquitario, è ovunque e non si può fare nulla per evitarlo. Causa di tutto è il tristemente famoso Petrolchimico. Il gommone di Greenpeace passa velocemente in rassegna le principali «attrazioni»: la raffineria dell’Agip, i fanghi colorati del Canale industriale Ovest, gli scarichi SM3 ed SM15.
La vita della Laguna è in grave pericolo. A partire dagli anelli più bassi della catena alimentare sino a quelli più alti, uomo compreso: si vive ormai in una situazione di quotidiana emergenza.
Delle dodici sostanze ritenute più inquinanti per l’ambiente da una commissione inter-governativa nel 1995, ben 5 sono presenti nella Laguna. Tra queste una delle più pericolose è la diossina: l’assunzione di dosi elevate di diossina ha sull’uomo effetti cancerogeni, può alterare l’appartato endocrino, riproduttivo, immunitario, può causare ritardi e riduzione nella crescita e aborti. Tracce più che significative di diossina sono state rilevate in tutta la zona del Petrolchimico: addirittura nei pressi dello stabilimento Enichem la concentrazione di questo inquinante supera dalle 30 alle 300 volte il limite di sicurezza posto dalla Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale. La diossina è originata dai processi di clorazione dei composti del cloro, come il CVM: e, guarda caso, proprio la Evc, joint venture tra Enichem e Ici, produce in laguna questo composto. Presenza di diossina è stata perfino rilevata da uno studio condotto da Greenpeace nelle vongole prelevate a Porto Marghera. Addirittura nella zona adibita alla raccolta dei sedimenti del polo industriale (denominata PM1) si è arrivati a una concentrazione tale che, secondo le leggi vigenti negli Stati Uniti, una dose di vongole provenienti da quell’area superiore a 0,1 g comporterebbe gravi rischi per la salute; stessa cosa per una dose di 1,4 g nella zona di Chioggia. Il pericolo che sulle tavole dei ristoranti veneziani finiscano vongole inquinate da diossina è reale: Chioggia infatti è un importante centro di molluschicoltura e il PM1, nonostante sia stato dichiarato zona chiusa, è sempre stato oggetto di raccolta illegale di vongole che vengono poi rivendute a prezzi stracciati ai ristoratori veneziani.
La laguna è colpita anche da inquinamento dovuto a metalli pesanti. Il più presente e pericoloso è il mercurio, la cui presenza in elevate percentuali è da addursi alle celle elettrolitiche usate nelle industrie del cloro, e il cui uso dovrebbe per legge essere stato ormai abolito. Nonostante questo la concentrazione del metallo nei sedimenti vicini al collettore SM15 (dove vengono raccolti gli scarichi di Enichem, Evc, Società Ambiente ed Edison) supera di 50 volte la soglia di rischio, raggiungendo il livello di Minamata, zona in cui la presenza di mercurio fu fatale per parte della popolazione. Il mercurio metallico è ancor più pericoloso se si pensa che una volta venuto a contatto con l’acqua lagunare si trasforma in mercurio organico, divenendo biologicamente disponibile, ed entrando così nei tessuti degli organismi marini (nelle vongole la sua concentrazione supera in alcune zone del 60% i limiti di legge). Ultimo anello, come per la diossina, l’uomo. Il mercurio ha portato a un cambiamento della fauna lagunare, e nell’uomo tra le altre cose causa alterazioni del sistema immunodifensivo.
Terminiamo la nostra carrellata di veleni ricordando tra gli altri i livelli elevati di HCB (pesticida a base di cloro, la cui alta concentrazione è cancerogena e causa disfunzioni di ogni tipo) e di PCB (derivato del cloro che si lega facilmente alle materie grasse e quindi agli organismi viventi, uomo compreso, causando alterazioni neurologiche).
Lo stato della laguna è, come abbiamo visto, grave, e i rischi connessi alla presenza di inquinanti in aria, in acqua e negli alimenti richiede un intervento deciso. L’industria del cloro di Porto Marghera invece continua a prosperare, nonostante i frequentissimi incidenti agli stabilimenti che causano il rilascio di sostanze venefiche, e nonostante i ripetuti interventi della magistratura. Da parte sua il Governo ed il Ministero dell’Ambiente fanno poco, se non emanare decreti che di fatto non migliorano la situazione, andando a tutto vantaggio delle aziende del Petrolchimico. Prova ne sono gli oltre 6.000 miliardi stanziati a favore della «difesa del degrado» e dell’istituzione di un Magistrato dell’Acqua, che sono stati gettati al vento: non è stato fatto nulla per il degrado e il magistrato non ha in realtà alcun potere. Anche i sindacati badano più alla contingenza e al mantenimento di buoni rapporti con i vertici delle aziende, piuttosto che alla difesa della salute dei lavoratori (ne sono morti tanti a causa di incidenti o del costante contatto con i veleni delle fabbriche) e a una programmazione seria di riconversione di un’industria, quella del cloro, destinata secondo numerose indagini (confermate dagli stessi produttori di cloro) a un trend sempre più negativo, il che significa cassa integrazione e perdita per molti operai del proprio posto di lavoro.
Ogni anno la Laguna veneta è invasa da 100.000 tonnellate di inquinanti e da 700 tonnellate di composti cancerogeni, tutti provenienti dal Polo industriale di Porto Marghera: chi ha lavorato o lavora nelle industrie continua a morire, gli incidenti si ripetono, l’ecosistema lagunare è ormai snaturato e gli effetti dell’inquinamento colpiscono in diversi modi abitanti e turisti veneziani. E non si sta facendo nulla. Greenpeace propone una seria e graduale riconversione del Polo Industriale verso tecnologie pulite, che risolvano i problemi ambientali e che garantiscano un futuro occupazionale. È necessario quindi ritrovarsi tutti intorno a un tavolo: industrie, Comune, Governo e associazioni ambientaliste. Un appello, questo, caduto sinora nel vuoto. Noi intanto continueremo a dirigere i nostri gommoni verso l’Inferno, verso quelle lingue di fuoco e quei rialzi dai colori innaturali che, piano piano, stanno uccidendo Venezia.
Per informazioni, e-mail: castelli.romani@greenpeace.it
Sito Web: http://www.greenpeace.it/local/castelli.romani
Marco Pennacchiotti
(Greenpeace GdA Castelli Romani)

 

  
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