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anno VIII n. 10 - ottobre 1999

  

 ARCHEOLOGIA

Proswpon, Fersu, persona
Fer, l'Uomo come maschera (seconda parte)

di MARIO GIANNITRAPANI

La connotazione scenica del «gioco» spiega il significato di «maschera teatrale», nel latino persona, poi da Tertulliano reso (con valenza trinitaria) con l’etimo upostasis (ipostasi), derivato da un facilmente ricostruibile vocabolo etrusco phèrsuna, cioè «appartenente al Phersu», il quale proprio nella maschera aveva il suo elemento caratterizzante; proprio nell’antico irlandese il termine che designa l’uomo è Fer, il quale deriva da wiro-s, fir, ossia «dell’uomo», da wir-i. In questa premessa (cfr. I parte), senza avere necessariamente alcun crisma glottologico, è dunque possibile scorgere l’antichità dell’idea che sottende la raffigurazione celante un significato profondo dell’io dietro la Disegno di Roberto Proiettisemplice iconografia pittorica. La maschera nella sua valenza originaria era tale per aver qualcosa di «tipico, non- individuale, specie quando si trattava di maschere divine».4 Così anche molto interessanti sono le immagini frequenti in tutto l’arco della paleostoria di molteplici uomini raffigurati mascherati in contesti magici e rituali. Dalle famose pitture paleolitiche di grotta dell’Addaura (Sicilia – individui mascherati con protomi d’uccello), all’estrema varietà nell’arte sahariana delle teste rotonde fino alle figure cornute della grotta di Porto Badisco (Puglia) e alle numerose maschere cultuali dell’Europa neolitica sud-orientale (immagini di dea e dei)5. Ma è soprattutto l’antichità greco-romana con le numerose rappresentazioni teatrali e funerarie, nonché le altrettanto famose maschere di attori, muse ispiratirici e varie divinità, che ha trasmesso fino a noi la pluralità di immedesimazioni sceniche e rituali in cui gli antichi si cimentarono 6. Si rifletta inoltre sulla vasta letteratura etnografica relativa all’utilizzo della maschera presso i popoli «primitivi» attuali, al valore strettamente magico-sacrale e ai significati a questa connessi nelle cerimonie iniziatiche, nei riti di passaggio, nelle manifestazioni in genere legate alla guerra. Ciò che emerge dalla documentazione antica, nelle sue fonti letterarie ed in quelle archeologiche, sembra sempre più accentuare un significato differenziato dal «moderno» valore che la persona umana oggi assume. La persona difatti, come manifestazione di un principio sovraordinato nel quale cade l’accento del sé, si differenzia dal semplice individuo avendo una forma, essendo se stessa ed appartenendo a se stessa. Perciò in ogni civiltà autenticamente tradizionale a differenza dell’individuo, la persona non fu chiusa verso l’alto e rappresentò l’idea della qualità, della differenza, in maniera ancor più pregnante nella misura in cui sussisteva un riferimento a qualcosa che ovviamente era più che personale («l’essere personale non è se stesso ma ha se stesso», rapporto fra l’attore e la sua parte). Proprio nella perdita moderna di quest’ultimo riferimento, la phersona si è trasformata in individuo, permettendo così l’affermazione del soggettivismo e dell’individualismo, tratti peculiari e tipici del mondo contemporaneo. La cosiddetta esteriorizzazione del centro, lo spostamento verso l’esterno ha maggiormente illuso l’individuo profano, dignificando e celebrando se stesso nel tipo attuale del «genio» o dello «scienziato scopritore».
L’approdo al regno della contingenza, della relatività, con lo smarrimento delle radici e delle forze originarie ha sancito di conseguenza lo smarrimento dei tratti anti-individualistici che la persona preservava negli evi antichi7 con la nascita e l’affermazione delle grandi individualità dell’umanesimo culturale (diversamente nel sacro «il genio è come nascosto, preserva l’ineffabile e profuma d’infinità, d’assoluto»).
(fine II parte)


Note:
4 Per il
Fer nell’antico irlandese cfr. A. Martinet 1993, L’Indoeuropeo, lingue popoli, culture, pp. 198-99 ; per il senso dell maschera cfr. J. Evola 1961, Cavalcare la Tigre, ed. cons. 1995, pp. 99-101 ;  sulla valenza ‘normale’ della maschera cfr. «se una lucidità assoluta accompagna tutto il proceso di risveglio, la personalità allora tende a tornare ciò che è naturalmente in ogni uomo normale : maschera ridente di un Nume immortale … » da Phersu, la maschera del Nume, gruppo dei Dioscuri. È necessario peraltro avere ben presente la distinzione netta tra «Sé» ed «Io» o fra la persona e l’individuo, più volte rimarcata da Evola-Guènon ; l’individuo risponde all’ unità astratta, numerica, informe, non possiede nulla di specifico che lo distingua, è appunto la molteplicità atomica nel mondo della quantità, diversamente la persona esprime l’assenza dei tratti accidentali dell’individuo di fronte ad un quid superpersonale, rimanifesta l’intelligenza impersonale, vasta, misteriosa ove il talento individuale è appunto disiciplinato, confondendosi con la funzione creatrice dell’intera tradizione in cui la degenerazione «individualistica» non ha motivo d’essere. Nel momento in cui perciò l’individuo si fa «tipico» quindi superindividuale, diviene altresì anonimo, assurge all’identificazione con il Phersu, diviene persona, anonimo nella più profonda valenza sacrale che l’etimo esprime : il senza nome, nessuno, in forza del detto estremo orientale per cui «il nome assoluto non è più un nome» cfr. R. Guènon, Considerazioni sulla via iniziatica, ed. cons., 1988, pp. 276-282, Id., «Il mentale elemento caratteristico dell’individualità umana» in Gli stati molteplici dell’essere pp.71-78.
5 Per grotta dell’Addaura: P.Graziosi 1973, 5 Per grotta dell’Addaura: P.Graziosi 1973, Op. cit., tav. 60-64 e tav. 159 ; ancor più interessante, forse più che una semplice coincidenza, il celebre antropomorfo schematico di Sezze è per l’appunto rappresentato con il motivo del f greco. Per il motivo magico-sacrale della maschera in Sahara : U. Sansoni 1996, «La maschera nell’arte delle teste rotonde (Sahra centrale)» in Bollettino del Centro Camuno di Studi Preistorici, v. XXIX, pp. 97-110 ; per il motivo della maschera nell’Europa neolitica cfr. M. Gimbutas 1974, «The Mask in Old Europe, from 6500-3500 B.C.» in Archaeology 27, (4), pp. 262-269 ; la maschera negava radicalmente per la sua funzione disindividualizzante nell’antichità l’accezione moderna dell’individuo, quest’ultimo difatti «spariva nei suoi tratti accidentali di fronte ad una struttura significativa che potrà perfino riapparire uguale dovunque la stessa perfzione sia raggiunta» in J.Evola Cavalcare la Tigre, pp. 100-101.
6 Si vedano le varie collezioni nei musei archeologici ed in particolare per il tipo filosofico cfr. P. Zanker 1997, , pp. 100-101.
6 Si vedano le varie collezioni nei musei archeologici ed in particolare per il tipo filosofico cfr. P. Zanker 1997, La Maschera di Socrate – l’immagine dell’intellettuale nell’arte antica, Torino.
7 Per J. Evola molte celebri scoperte ed intuizioni del mondo moderno risulterebbero quindi come conseguenze dello spostamento del centro verso l’esteriore, cfr. 7 Per J. Evola molte celebri scoperte ed intuizioni del mondo moderno risulterebbero quindi come conseguenze dello spostamento del centro verso l’esteriore, cfr. op. cit., p. 100. Sul valore della maschera in ambito etnologico : G. Allard - P. Lafort 1984, Le Masque, area asiatica ed africana, S. Ladislas 1976, Masks of Black Africa, Pannier e Mangin 1989, Masques de l’Himalaya du primitive au classique, area del Nepal e tradizione Buddista tibetana.


 

  


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