LETTERATURA
Gli eroi e antieroi di Raymond Queneau
«Si avvicinò ai merli per considerare un momentino la
situazione storica.»
Raymond Queneau, I fiori blu (1965)
di NICOLA D'UGO
Vi sono vari romanzi del Novecento che raccontano storie di gente
comune e di eroi. Per uno scrittore, alcuni di questi raccontano storie come altre, che si
perdono nei rivoli delle possibilità delle nostre vite o delle nostre fantasticherie. A
volte vorremmo ripetere le gesta di quel personaggio qualsiasi avviluppato di nebbie e
oscurità, che una lucentezza improvvisa, una chiarezza natalizia, fatta
di festoni e palle di Natale accese, rende invidiabile per un certo tepore che abbiamo
conosciuto in un momento della nostra esistenza; a volte, più trasognanti, vorremmo
essere quel tale eroe che compie gesta straordinarie e traccia un segno netto nella storia
delluomo e delle sue possibilità. Questi due tipi di uomini e personaggi la critica
letteraria, che si è autorizzata a descrivere la letteratura degli uomini, li ha voluti
chiamare «eroi» e «antieroi». Nel Novecento non vi sono solo gli antieroi (gli uomini
comuni costretti dai loro limiti virtuali), ma anche gli eroi dellantichità
riproposti da certi gialli e da certa fantascienza, che i nomi di Maigret e Superman
rappresentano in maniera esemplare. Questi eroi non sono invincibili, ma, come Achille,
hanno una sorta di loro tallone, sia esso la kryptonite, o qualche pistolettata o beffa
criminosa imprevista dal protagonista.
Al romanzo di Raymond Queneau I fiori blu (Les fleurs bleues, 1965) sono
giunto tardi, nella traduzione per me postuma di Italo Calvino, uno scrittore
razionalizzatore della realtà e della narrativa, al punto che un lettore come me si è
dovuto chiedere: dove finisce Calvino e inizia Queneau?
Questa ipotesi di viaggio da lettore mi ha accompagnato nellintero tragitto che
dallincipit del romanzo conduce alla sua fine. Dopo un po, a forza di giochi
di parole su giochi di parole, appariva evidente una certa vena queneauiana (o
queneauesca) che forviava la lettura dai meccanismi della scrittura del celebre narratore
italiano. I fiori blu apparivano allora un racconto divertentissimo vergato dalla
penna maestra di un inventore di storie e situazioni inaspettate, cui
linterpretazione dei più grandi comici parlanti di questo secolo (Chaplin, Totò,
Sellers, Benigni, de Funès) si sarebbe adattata in modo meraviglioso. Immaginiamo il
protagonista, un duca del Duecento, che addormentandosi sogna di essere un pacato
diseredato urbano che vive su una chiatta, il quale, addormentandosi a sua volta, torna ad
essere il duca dAuge. Due storie parallele che attraversano il romanzo, ma con
protagonisti che, nello scorrere delle vicende e dei sogni (uno che sogna il futuro,
laltro il passato), si imbattono in luoghi comuni e assaporano bevande comuni. Prima
o poi, rimanendo nella stessa situazione (è il caso di Cidrolin) o risalendo la Storia
(è il caso del duca dAuge), i due si incontrano nei tempi moderni. Alla fiducia nei
propri mezzi delleroe medievale, impegnatissimo in avventure e ribellioni e alti
consigli nobiliari, fa eco a futura distanza, come da una grotta della modernità,
lantieroe Cidrolin, immobile e sonnacchioso nella sua chiatta, come se non vi
fossero speranze di innovazione nella vita delluomo contemporaneo. Tutta la realtà,
così vivida nella penna di Queneau, non è che un sogno continuo, mentre la realtà vera,
di chi non sogna, appare destinata a morire.
Da questo romanzo divertentissimo e ricco di critiche alla storia delluomo e alle
sue etnicità sono state tratte varie interpretazioni (psicanalitiche, antropologiche,
sociologiche e storiografiche). Si pensi solo alle figure femminili che attraversano il
romanzo, dai calci nel sedere che si prendono le figlie del duca allemancipazione di
quelle di Cidrolin, ai comportamenti dei generi dei due protagonisti. Ogni episodio, anche
apparentemente marginale, ha il pregio, oltre di suscitare ilarità, di contenere una
critica delle ragioni umane, come nel caso di personaggi secondari, per esempio il
giustiziere che pensa sempre e non sogna mai, il quale muore per il crollo di un edificio
«in costruzione» (come il pensiero raziocinante). Se si tiene conto dellassunto
della filosofia di Cartesio, fondatore del razionalismo seicentesco («Je pense, donc je
suis»: «Penso, dunque sono»), appare evidente il giudizio negativo indirizzato da
Queneau a chi, ritenendo di esistere nella misura in cui pensa, si trova a lasciare campo
alla vita di chi sogna, in un romanzo dedicato al sogno e allimmaginazione come
costituto fondamentale dogni realtà duratura e dogni conquista e innovazione
tecnica, artistica, tecnologica e giuridica futura.
Il romanzo di Raymond Queneau è uno dei più felici esempi di come lestrosità
della scrittura si sposi con lassennatezza dello scrittore, mettendo in discussione
gli schemi vigenti di una realtà che il linguaggio e gli stili fortunati e alla moda
rischiano di fuorviare in seriosità vacue ed effimere e in pose da pennivendoli di
mercato. Da un punto di vista politico, la retorica dei tanti fanfaroni delle tornate
elettorali appare in un quadro più duraturo dogni contesto storico, nella
straordinaria descrizione degli uomini di potere e dei loro meccanismi mentali, delle loro
arroganze e gratuità malefiche nei confronti dei loro sottomessi. Allestetica e
alla stilistica formidabili va aggiunto questo premio politico allautore.
(Il romanzo è edito da Einaudi)
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