LETTERATURA
La dimesione fluviale di Ananìa
Il faticoso e accidentato cammino del poeta ne Le ali di Darwin
di LORENZO POMPEO
Superata liniziale e viscerale repulsione dovuta dalla scelta di
un titolo che ricorda troppo da vicino una delle più detestabili (in verità per nulla
diversa da tutte le altre) trasmissioni di intrattenimento nazional-popolare, mi sono
accostato alle liriche di Ananìa timidamente. Da subito mi hanno colpito alcune liriche,
come «Libero mercato» oppure «Settembre», della prima sezione. La trama e le immagini
nitide di queste due liriche mi hanno aperto la strada per entrare nel mondo poetico
dellautore, ma mi fu chiaro da subito che era necessario percorrere una via più
lunga del previsto e rileggere più di una volta i versi della raccolta prima di tentare
di decifrare la sua cifra stilistica. La lieve malinconia delle immagini, come in un verso
di «Settembre» che fa: «la solitudine è di nuovo rumore», oppure «Questo
pingue deserto | non risponde» in «Libero mercato» mi è apparsa dalla prima
lettura uno dei pregi maggiori di questa poesia. Una malinconia stemperata in una
quotidianità, come quella del mercato evocata nellomonima poesia. Proprio questa
dimensione della quotidianità, della poesia che diventa «diario» del poeta, appare una
delle più importanti chiavi di lettura del lavoro di Ananìa. Aspro e amaro si fa il tono
nelle liriche «amorose» della prima parte della raccolta come in «Giardino» o in
«Larte del dono», che si chiudono entrambe con unamara considerazione.
Fondamentale appare il ruolo delle chiusure in queste e in molte altre liriche della
raccolta, dove la forza dellenunciato spesso si impone da sé per la potente
densità paragonabile a quella di un epigramma aforistico, così come possiamo rilevare,
ad esempio, nella breve e intensa lirica «Barabba», che si chiude con un verso come «questo
barabba è il Cristo non risorto». Ma dopo unattenta lettura del volume, sono
proprio le liriche amorose che mi sono apparse le più convincenti, a tratti persino
commoventi. La gamma dei sentimenti e le sfumature sono le più varie, e si va
dallira di «Questue» che si apre con «Quando smise di fingere era morta»,
ai toni più intimi e dimessi di una lirica come «Laltro» in cui il poeta scrive: «Ed
ecco in lei, così assidua dellombra, | una luce che dissipa il disprezzo.»
Nella prima parte della seconda sezione intitolata Lei la scrittura appare come
unica possibile riparazione di una dolorosa separazione (la sezione si chiude con «da
un anno non scrivevo»). Commovente in questa sezione è la presenza-assenza di una
alterità che dà vita a immagini ricche di autentico pathos, come quando il poeta scrive:
«In me riaffiora lamore | e il suo affanno si quieta | il dito sosta
nellarca | del mio ricordo saddormenta. | Ora nel suo | è il seme del mio
sonno.» Allo stesso modo pregevoli appaiono i componimenti della la sezione Gemella,
nella quali il tema centrale è quello della morte. Anche in questo caso gli approcci e i
punti di vista sono diversi e, talvolta, opposti: dal tono tragico del componimento che
apre il ciclo, che comincia proprio con il verso «morte nata con me», che ci
ripercorre un topos caratteristico della lirica barocca, al tono più scherzoso e
dimesso di «Un taxi macilento mi ha sfiorato», dove il poeta in modo semiserio prefigura
la sua morte nel letto domestico mentre si trova in Nuova Guinea. Particolarmente riuscita
è la lirica che chiude la sezione, «Agosto, in miasmi
», nella quale in una città
deserta ad agosto appare «il mio nonno risorto | che il suo silenzio semina»,
dove lombra dellavo chiude la lirica, ma anche la sezione incentrata sul tema
della morte, con linvocazione di unombra per mezzo di quelle facoltà
medianiche che da sempre solo la poesia sembra possedere. A Gemella segue una
sezione, Ustioni, dedicata al rapporto del poeta con il mistero divino. Anche in
questo caso il poeta dichiara in uno dei suoi più riusciti componimenti la sua personale
idea del divino: «Questo lassoluto che venero | lordine rigoroso del
precario | la sua normalità e incanto.» Il tema del contrasto tra lordine e il
caos è centrale in questa sezione, in cui il poeta sembra rinunciare in modo volontario
ed esplicito a tracciare una qualsiasi forma di tassonomia o gerarchia nel caos
dellesistente, ma sceglie di venerare lintero mondo animato, che sembra
rappresentare per Ananìa lunico sintomo del divino.
Non manca infine una piccola sezione centrata sui temi dellimpegno politico, nel
quale dietro le immagini appare più nitido il ricordo, ovvero lautobiografia
dellio lirico.
Anche se questa sezione non è certamente la più efficace della raccolta, la dimensione
dellimpegno politico appare sincera e coerente rispetto alle altre liriche, nelle
quali tale dimensione talvolta era già affiorata. Nella raccolta, che raccoglie il lavoro
degli ultimi cinque anni, dal 1993 al 1998, si avverte linteso lavoro che il poeta
ha dedicato alla sua poesia. Evidentemente molte cose sono cambiate in questo decennio che
ci siamo da poco lasciati alle spalle e molte delle liriche di questa raccolta tentano di
raccogliere la sfida dei tempi nuovi, in cui la dimensione dellimpegno politico
appare sempre meno efficace e/o sincera, mentre il mito dellideologia si è
definitivamente sgretolato. Ed è come se la rinuncia al punto di vista ideologico e a
ogni forma di sintesi dellesistenza imponesse un salutare bagno nel fiume degli
eventi, una immersione nellesistenza.
E proprio tale dimensione «fluviale» della raccolta di Ananìa appare laspetto
più affascinante. La lirica di Ananìa non è un fiume in piena, o un fiume dalla enorme
portata, come, per intenderci, per Pablo Neruda o per il migliore Majakovskij.
Lautore evita le immagini ridondanti e spegne i toni più accesi. Tuttavia la sua
poesia, pur servendosi di mezzi stilistici e/o linguistici quasi sempre «modesti», non
persegue fini affatto modesti. Al contrario, la poesia di Ananìa vuole esplorare la
dimensione esistenziale della lirica più «alta», si pone di fronte al problema della
morte e al mistero del divino, ma senza mai perdere il contatto con il mondo concreto
della quotidianità.
Il cammino del poeta nel mondo appare faticoso e accidentato, così come il ritmo dei suoi
versi, che talvolta si serve della rima per creare qualche punto dappoggio
allenunciato poetico, ma che nel verso successivo abbandona subito la tentazione
della rima facile, per cercare, di volta in volta, di afferrare la pulsazione irregolare
della singola lirica. Del resto la dichiarata adorazione di Ananìa verso «lordine
rigoroso del precario» appare limpronta della sua poesia, in bilico tra il
trionfo e il fallimento.
Landamento dei versi, che pare talvolta tortuoso e che necessita di alcune attente
riletture, è la conseguenza di quel «precario equilibrio» che il poeta ha
assunto come suo punto di vista. La dimensione del «focolare domestico» è quella che
caratterizza i migliori componimenti di questa raccolta. Le vicende evocate nelle liriche
si svolgono quasi tutte allinterno delle mura di un appartamento, ma affiora in
più di una occasione la memoria di un mondo rurale più antico. In «Resti», poesia
dichiaratamente autobiografica, questa memoria è volontariamente evocata, mentre in altre
liriche questa memoria del «mondo antico» si stempera in quella nota lievemente
malinconica, che rappresenta a mio avviso una delle migliori note della raccolta.
Forse proprio oggi, dopo il tramonto delle forme metriche chiuse, in unepoca di
totale scetticismo, scrivere poesia è diventata cosa quantomai pericolosa e insana.
Mancando punti di riferimento, il rischio di essere fraintesi è altissimo e ciò che è
serio può facilmente apparire involontariamente comico o viceversa. Per questo e per
quanto sopraddetto, va la nostra gratitudine allautore. (Le
ali di Darwin (poesie 1993-1998) di Vincenzo Ananìa è pubblicato da Loggia de
Lanzi Editore, Firenze 1999, L. 20.000).
Per l'intero numero in formato pdf clicca su: Versione PDF
Se non disponi di acrobat Reader, puoi scaricarlo da:
|