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Anno IX numero 10 - ottobre 2000

 I NOSTRI PAESI

monte compatri

Acconciature in passerella
Un successo strepitoso, dopo l’esperienza dello scorso anno

Nell’ambito delle serate organizzate per i festeggiamenti di Borgo Ghetto, propedeutiche alla "Sfida dei Borghi", si è tenuta a fine luglio, nella splendida cornice di Piazza Manfredo Fanti, resa ancora più bella da una ricca scenografia curata nei minimi particolari da artisti locali, la seconda "Sfilata d’Acconciature". La manifestazione attesa con interesse e partecipazione da tutti i monticiani è stata proposta, come lo scorso anno, dalla stilista Sabrina Goffi, alla quale si sono prestate come modelle una trentina di splendide ragazze di Monte Compatri.
Un successo strepitoso, ma non inaspettato dopo l’esperienza dello scorso anno, ha arriso alla manifestazione. Le acconciature, dalle più sofisticate alle più semplici, tendevano a mettere in risalto bellezza e personalità delle modelle, e per questo hanno incantato sia i normali spettatori sia i professionisti presenti.
Le modelle, da parte loro, hanno dato un contributo notevolissimo alla riuscita della manifestazione, sfilando con molta disinvoltura e professionalità, e certo agli occhi della maggior parte del pubblico che gremiva all’inverosimile la piazza, nulla avevano da invidiare alle vere professioniste della passerella.
Un plauso particolare va alla signora Teresa Spasiano che realizzando i costumi indossati dalle modelle ha in modo non trascurabile contribuito alla riuscita della manifestazione.
L’augurio della redazione di Controluce è che questa manifestazione, nata lo scorso anno e già diventata grande, possa proseguire il suo cammino di successo anche nei prossimi anni.
Tarquinio Minotti


Collezionismo

Lettera di richiesta di associati

Vi saremmo grati se voleste pubblicare la piccola nota che segue sul Vs. Giornale.
Vorremmo dar vita ad una Associazione senza alcun fine di lucro, apolitica, che riunisca i collezionisti di Filatelia, Numismatica, Cartoline e Telecarte.
Chiunque fosse interessato a tale iniziativa è pregato di scriverci indicandoci i propri interessi collezionistici, la propria eventuale disponibilità a collaborare alla sua realizzazione. Risponderemo a tutti entro il prossimo mese.

Anna Pontecorvo Potenza
Gianfranco Potenza

Via S. Cesareo, 57 - 00030 Rocca Priora
Tel 0644244328 - fax 0602721


rocca di papa

Calendario

Manifestazioni autunno 2000

Dal 7 al 22 ottobre
-Mostra di pittura di Franco Carfagna
"Chi non vive non fa storia. Protagonisti del 1900".
Dal 20 al 22 ottobre
-XXI sagra delle castagne.
4 novembre
Festa del patrono s.Carlo Borromeo.
Dicembre 2000
-Accensione stella cometa sulla fortezza.
-3° concorso "letterina a babbo natale"
-Natale in musica (canti e concerti)
-Mostra fotografica
-Capodanno in piazza


monte compatri

La "Sfida dei Borghi" per il palio dell’Assunta
Cronaca del "prologo" e della giornata del palio di mezzo agosto

Era il 23 dicembre del 1613 quando …………
Domenica 13 agosto 2000 ore 17,00 inizia la rievocazione storica. Cala il ponte levatoio del castello, ricostruito minuziosamente in piazza Marco Mastrofini, il popolo di Monte Compatri fluisce nell’ampia piazza e, come per incanto, le vecchie botteghe prendono vita: il fabbro martella e dà forma al ferro rovente mentre alcuni sgherri sono in attesa per rifilare le loro armi; al forno, le donne sono indaffarate, chi a preparare l’impasto, chi ad ammassare e preparare le forme per il pane; nel mentre, delle contadine stanno allestendo il banco per la vendita dei prodotti dell’orto. L’osteria è già piena di birri ed avventori con i boccali pieni di vino.
Il popolo, tutto, è indaffarato, ci sono le solite comari che scambiano due chiacchiere e c’è chi torna stanco ed affaticato dalla campagna. Mentre la vita scorre monotona e tranquilla come in tutti i piccoli paesi del tempo, un cavaliere galoppa verso il castello e, sceso, consegna un plico al capitano delle guardie, passa un pò di tempo e un banditore, scortato da due tamburini, annuncia alla cittadinanza, svelando il contenuto del plico, l’arrivo del cardinale Scipione Borghese nuovo proprietario del feudo, elevato per l’occasione a Principato da papa Paolo V, suo zio.
Il popolo, con in testa le autorità vestite in pompa magna, si riunisce in attesa del Principe. Squilli di trombe ne annunciano l’arrivo. Il corteo del Cardinale, scortato da guardie svizzere, nobili, cavalieri, stallieri e portatori carichi di bauli, sfila verso il castello. Qui giunto, il cardinal Borghese è accolto dalle grida di giubilo del popolo. Il reggente legge la bolla di elevazione a principato di Monte Compatri e il principe Borghese nella sua munificenza indice la "Sfida" tra i Borghi, mettendo in palio un trofeo.
Questa la sintesi della riuscitissima e applauditissima manifestazione che ha fatto da prologo alla "Sfida dei Borghi" tenutasi poi il 15 agosto successivo e dedicato all’Assunta; vinta contro ogni previsione da Borgo Missori. Ma veniamo ai fatti.
Erano ancora le ore 17,00 quando il giorno 15 agosto le genti dei cinque borghi, vestiti con costumi del 1600, uscivano dai loro ritrovi e sfilavano ognuno per proprio conto per le vie del centro storico per riunirsi, come convenuto, con gli altri davanti al Duomo dedicato all’Assunta.
La sfilata era aperta dal Cardinal Principe Scipione Borghese e dalla sua scorta di guardie e nobili. Seguiva, primo tra i borghi, quello di San Michele, vincitore della sfida dello scorso anno, poi gli altri quattro tutti composti da nobili, birri e popolani nei costumi tipici dell’epoca. Al passaggio del corteo numerosi gli applausi della folla assiepata ai bordi delle vie, ammirata dallo sfavillare dei bellissimi costumi, realizzati dai bozzetti del costumista Luciano Capozzi, di armigeri e nobili, mentre quelli delle popolane, dei bambini, del popolo minuto, dei mestieranti con gli attrezzi da lavoro, hanno conquistato l’immaginario degli ospiti per la fedele ricostruzione e per la bellezza intrinseca delle realizzazioni che, unita all’omogeneità dei costumi, difficilmente riscontrabile in altre manifestazioni dello stesso tipo che si tengono in altre parti d’Italia, ha contribuito in modo sensibile alla riuscita della manifestazione.
Terminata la sfilata, il corteo si è sfilacciato ai bordi della piazza, mentre si allestiva la postazione per il tiro con l’arco e il bersaglio che, a differenza dello scorso anno, questa volta era mobile e dondolava come il pendolo di un orologio dentro l’arco d’ingresso del castello.
Venivano chiamati gli arcieri, uno per borgo. Ogni arciere aveva a disposizione 5 frecce da scagliare sul bersaglio entro un tempo massimo di un minuto e mezzo. L’ordine di tiro era stato stabilito in base ai risultati delle gare che si erano svolte tra i borghi nei giorni precedenti: "Curza de la Meccanica", "Tiro della Fune" per ragazzi e per grandi, "Gara di Braccio di Ferro", "Gara della Saccoccia", "Gara dei Trombolieri" e "Curza de le Conghe", che avevano avuto come vincitore Borgo Missori seguito da Borgo Ghetto, Borgo Pantano, Borgo San Michele ed infine Borgo Le Prata. Pertanto, veniva chiamato sulla postazione l’arciere di Borgo Missori. L’arciere prende posizione, il giudice dà il via; immediatamente un silenzio irreale scende nella piazza, il bersaglio appeso al pendolo sembra prendersi gioco dell’arciere, due frecce vanno a vuoto, poi la terza, quasi miracolosamente, centra il bersaglio. Un urlo. La folla rompe il silenzio! Altre due frecce a vuoto, la delusione della gente di Borgo Missori è grande. Sale sul podio il rappresentante di Borgo Ghetto, le aspettative sono molte, è un buon tiratore. Il pendolo entra in funzione e scocca il primo tiro; va a vuoto, poi di seguito gli altri, tutti a vuoto! È difficile descrivere la delusione sul suo viso e su quello dell’aiutante al suo fianco. La sfida continua, è la volta dell’arciere di Borgo San Michele, è lui il vincitore dello scorso anno. Il silenzio nella piazza è assoluto; tutti gli occhi sono su di lui. Prende la prima freccia, fa per inserirla nell’arco. Lo stress deve essere tremendo, migliaia di occhi che ti guardano nel silenzio più assoluto esercitano più pressione di un enorme maglio; la freccia gli cade dalle mani, è persa; la seconda va fuori bersaglio come la terza e la quarta; sta per impostare nuovamente, ma il tempo implacabile corre veloce, così come è veloce e fredda la voce del giudice che ferma l’arciere: il tempo è scaduto.
Ora è la volta di Borgo Pantano, anche per lui la prova risulta difficilissima. Il bersaglio mobile, inserito nella manifestazione per la prima volta, sembra non voler dare soddisfazione. Comunque, alla terza freccia il bersaglio viene colpito nel cerchio più grande.
L’ultimo arciere viene accolto dall’incoraggiamento del pubblico, sembra impossibile che sia così difficile far centro. Al via, la prima freccia cade nel vuoto, poi la seconda coglie il bersaglio nella parte blu. L’arciere è abile, scocca la terza e anche questa coglie il pendolo, ma solo nel pagliericcio, così come la quarta. L’ultima freccia. Il silenzio di tomba è rotto dal battito dei cuori delle genti di Borgo le Prata e di quelli di Borgo Missori che in questo momento sono i meglio piazzati, i primi hanno il cuore in gola perché possono vincere. L’arciere sembra aver preso le giuste misure al bersaglio, gli altri soffrono in silenzio: sono vicini al tanto sospirato Premio, ma un’ultima freccia può negarglielo. La freccia è scagliata, un grido resta soffocato in gola, un altro esplode nei petti della gente di Borgo Missori: Fuoriiiiiiiii!
Ma la gioia è rimandata di pochi minuti, il boia è pronto. Gli arcieri perdenti vengono circondati dai birri e scortati al patibolo (costituito da quattro botti in legno da mille litri, piene d’acqua fino al bordo). I condannati prendono mestamente posto sul patibolo; ad un cenno del giudice il boia fa il suo dovere: una leva viene abbassata e i poveretti cadono a mollo in un’acqua resa tiepida e piacevole dalla forte calura d’agosto.
Esplode la gioia delle genti di Borgo Missori, una vittoria insperata. L’arciere, con il Palio appena consegnato dal principe Borghese, viene preso e portato in trionfo tra grida festanti. La manifestazione si conclude con un corteo al seguito del vincitore e con l’invito a tutta la cittadinanza di partecipare alla festa che il borgo vincitore indice per il sabato seguente.
Tarquinio Minotti


auguri

Il 29 settembre Elio Verzieri e Fermina Buffi hanno festeggiato i loro 71 anni di matrimonio, auguroni dai nipoti Mirco e Simonetta

Il 10 settembre si sono uniti in matrimonio Daniela Minotti e Franco Giuliani; gli sposi ringraziano parenti, amici e tutti coloro che hanno partecipato alla loro gioia.
La redazione augura ai due giovani un futuro pieno di felicità.


parco dei castelli romani

Ferragosto in compagnia… in campagna

Anche quest’anno ho rispettato la tradizione, insieme ad amici e parenti, una quindicina di persone in tutto, si è passato il ferragosto in compagnia… in campagna… o meglio tra i boschi che circondano le nostre colline. Girovagando come spesso faccio per i sentieri del parco dei castelli (sono un utente con i piedi incalliti), stavolta la mia attenzione è stata attirata da un angoletto davvero incantevole nella zona che ricade nel comune di Monte Compatri, detto il bosco del piantato. L’Ente Parco ed il Comune hanno effettuato in loco ottimi lavori di manutenzione, circondando il posto con bellissimi muretti a secco (carrarecce) segnando vistosamente un bel sentiero con annessi vari cartelli di segnalazione, pulito la macchia dalle sterpaglie mettendo cosi in risalto antichi e bellissimi alberi di quercia e acacia… ecc... Da qui abbiamo potuto ammirare e commentare le evoluzioni e il "librare" di diversi falchi che hanno trovato in questi luoghi un habitat ideale... godere di uno straordinario "ponentino" che non ci ha lasciato per tutto il giorno. Credetemi una meraviglia, andate a vedere!
La nota dolente (è per questo che ho scritto a Controluce) sta nel fatto che a 100 metri da noi un mucchio di ragazzi diciamo... un po’ vivaci... facevano un po’ troppo come gli pare, non prendendo in considerazione neanche uno dei cartelli esposti. In breve: falò acceso, prova di gimcana coi motorini, stereo a mille decibel e chi più ne ha più ne metta. Ho fatto presente la cosa con il risultato che non mi si sono filati per niente e visto che in fondo era ferragosto pure per loro, che non stavano in casa mia, che gli organi preposti stavano festeggiando in altro luogo (se vede che nun jè costato niente) ho pensato… chi se ne frega! Comunque, quasi al tramonto è arrivato un "folletto" che ha spento il fuoco e raccolto un po’ de munnezza (detta alla Frascatana). Ferragosto è ferragosto ma un po’ di sorveglianza non guasta, va be’ che i vecchi dicevano che: "na calla fa bene puro d’agosto!", ma se se potesse evita’!
Piero Maccaroni


monte compatri

Beniamino Gigli e il suo Mito
Una tre giorni per ricordare il grande Maestro

Con una manifestazione ad alto livello artistico e culturale, articolata in tre giornate, che si è svolta nei locali dell’antico e suggestivo Convento dei PP Carmelitani Scalzi di S.Silvestro, il Comune di Monte Compatri, con il patrocinio della Regione Lazio e della Provincia di Roma, ha commemorato il grande maestro "Beniamino Gigli e il suo Mito", esaltando le sue maggiori attività: canto, teatro lirico e cinema. La manifestazione, che ha ottenuto un grande successo, si è aperta con una Mostra-Museo (allestita al piano superiore del convento dal quale si può ammirare un vasto panorama che abbraccia Roma e la sua campagna) comprendente costumi di scena originali ed una ricca documentazione fotografica di momenti di vita familiare ed artistica del grande tenore. Nei pomeriggi si sono svolte proiezioni di immagini tratte da film girati da Gigli e restaurati per l’occasione. Tre indimenticabili serate: Gran Concerto "Melodie Immortali" con il soprano Anna Maria Altamura, accompagnata al pianoforte dal M° Rolando Nicolosi (un nome di fama mondiale); "Gran Concerto Lirico" con l’orchestra Philarmonica Straussiana Italiana composta da 43 elementi diretta dal M° Carlo Monticelli Cuggiò e con la partecipazione della soprano A.M. Altamura, del mezzo soprano Ileana Orsomando, del tenore Scin Sean Seop, del baritono Wo Jo-Ho, mentre nella terza serata è stata la volta delle "Canzoni Napoletane e Spagnole" egregiamente eseguite dal soprano A.M. Altamura e dal tenore Robert Steiner accompagnati al pianoforte dal M° Rolando Nicolosi. Nella Pinacoteca del Convento si è svolta, poi, la cerimonia della consegna del premio della cultura "Beniamino Gigli e il suo Mito" , istituito dal comune di Monte Compatri.
Tra i premiati: la principessa Irma Capece Minutolo; l’attrice Sandra Milo, il M° Mario Morelli, presidente del prestigioso Foyer des Artistes; l’On Giovanni Mealli presidente del Consiglio Superiore delle Arti e dell’Artigianato; il M° Rolando Sessi; il M° Rolando Nicolosi, il giornalista Augusto Giordano, lo scrittore Claudio Modena, il telecronista Cesar Brown e il nipote di Beniamino Gigli, Luigi Vincenzoni. Presentatrice e madrina delle tre serate Paola Perissi.
Pietro Ciuffa


Villa "Matidiae"

Terminata il 18 agosto la quinta campagna di scavo

Chi percorre la Maremmana III provenendo da Frascati, nel curvone che precede L’Osservatorio Astronomico a Monte Porzio Catone, noterà sicuramente delle grandi nicchie, meglio note come "Le Cappellette" semicircolari, sono i contrafforti che fanno da argine ad una enorme piattaforma artificiale sulla quale si elevano altre imponenti sostruzioni facenti parte di una ricca area archeologica su cui sorgeva la c.d. Villa "Matidiae"
Era il 1996 quando, a seguito di un rinvenimento occasionale di alcuni tratti di pavimenti in mosaico, la Soprintendenza Archeologica per il Lazio concesse al GAL (Gruppo Archeologico Latino), il permesso per il recupero e la valorizzazione di quella che è ritenuta la villa di Matidia Augusta in virtù del ritrovamento in sito, nel 1888, di una "fistula acquaria" in piombo con inciso il nome di Matidia Augusta. Attualmente conservata nel museo di Grottaferrata. Sì stabilì di dare all’intervento connotati didattici, per offrire l’opportunità di una formazione tecnico scientifica, in particolare, ai partecipanti non professionisti. Il cantiere ha assunto così valenza di seminario permanente aperto a più esperienze caratterizzate da una metodica comune.
Da allora il lavoro svolto si è rilevato molto importante (sarà distribuito prossimamente un libro che illustrerà quanto fin qui fatto) e l’iniziale cantiere di recupero si è trasformato in un vero laboratorio di ricerca.
Dal 31 luglio al 18 agosto scorso è stata portata a termine la 5a campagna di scavo, alla quale per il secondo anno consecutivo ha collaborato anche il Gruppo Archeologico Comasco "Ulisse Buzzi".
La campagna si è potuta effettuare grazie all’autofinanziamento, derivato in parte dalle quote associative e, per il resto, con l’intervento diretto dei partecipanti allo scavo stesso. La spinta a visitare l’area interessata allo scavo, è venuta, anche, dalla curiosità di veder lavorare gomito a gomito un così consistente gruppo di lavoro (ca. 70 volontari tra cui dieci archeologi, provenienti da paesi diversi). Nei settori, infatti, in cui era stato suddiviso il campo di scavo, ho conosciuto persone provenienti da Turchia, Olanda, Svezia, Svizzera, USA, Spagna, oltre ai numerosi italiani, tutti soci dei Gruppi Archeologici d’Italia.
L’armonia era assoluta, i lavori procedevano alacremente e in allegria, sotto un sole rovente filtrato solo da un leggero telo ombreggiante. In ogni lotto c’era chi scavava, armato di piccoli attrezzi, chi raccoglieva e versava la terra nel setaccio, chi osservava, controllava, puliva e catalogava ogni rimanenza reputata di una certa importanza, mentre le particolarità erano annotate sul borderò della giornata e sulle schede di unità stratigrafica.
Finita la visita, mentre tornavo sui miei passi, provavo invidia per quella gente intenta allo scavo; scavare, cercare, capire, mi ha sempre affascinato. Quella perenne sensazione che da un momento all’altro possa tornare alla luce un reperto importante che confermi o apra un nuovo capitolo della storia mi da un’ebbrezza indescrivibile. Il Gruppo Archeologico Latino, che opera su tutto il territorio del Latiun vetus, quest’anno ha operato in ben 4 progetti; la villa imperiale in località S. Maria a Nemi in collaborazione con le Accademie Scandinave, la villa dell’Osservatorio Astronomico di Monte Porzio catone, il Barco Borghese e il Tuscolo in collaborazione con la scuola Spagnola di Storia e Archeologia di Roma. Oltre alle suddette attività di scavo e di ricerca il gruppo svolge corsi ed attività di restauro del mosaico e della ceramica antica.
La sede operativa del G.A.L. è presso l’Osservatorio Astronomico di Monte Porzio Catone in via Frascati, 33.
Per informazioni in segreteria: martedì e giovedì dalle ore 17,00 alle 19,00 - Tel./fax 06/9419665 - E.mail gal.latino@tiscalinet.it
Tarquinio Minotti


Auguri

Gli auguri della redazione al cav. uff. Pietro Dominicis e Valeria D’Annibali che hanno festeggiato contornati da parenti e amici, con una cerimonia religiosa, tenutasi nel santuario di San Silvestro, i 50 anni di matrimonio.


I Conti di Tuscolo
Il Papa bambino

E così, Ottaviano divenne Papa alla verdissima età di sedici anni. Lo aveva deciso il padre di lui: l’onnipotente Alberico. Lo aveva fatto educare da piccolo, o meglio, fin da piccolissimo a quello stato sacerdotale che si può abbracciare solo se si è saldissimamente convinti di moltissime cose, a seguito di una scelta fatta in assoluta libertà e autonomia.
Libertà ed autonomia? Parole sconosciute intorno all’anno mille! In ogni caso come addebitargli, alla luce di quanto appena detto, se, come riferisce il famoso storico Ferdinando Gregorovius, si "gettò nel vortice dei piaceri più sfrenati?" Povero Ottaviano, bisogna essere oltremodo indulgenti con quel ragazzo, al contrario di quello che ne dicono i molti che hanno scritto su di lui. Vorrei proprio vedere qualcuno di noi uomini moderni, a sedici anni, scippati della giovinezza schiacciata sotto il peso della tiara, essere investiti della dignità di Principe e Senatore di tutti i romani, dover esercitare il governo di una Roma ingovernabile, nella necessità di preservarla da nemici domestici e stranieri fronteggiando, contemporaneamente, sia gli Imperatori tedeschi, sempre pronti a scendere in armi dalle Alpi, che quelli di Bisanzio che, da oltre il Mar Egeo, sono sempre pronti ad affermare di essere loro e non altri i veri successori dell’Impero di Roma. Povero Ottaviano. Prese il nome di Giovanni XII e regnò dall’anno 955 fino al 964. Fra le due date, prima lancia una sfortunata guerra di conquista nell’Italia del Sud, poi chiede aiuto al Re Ottone di Germania per far fronte a Berengario II che, invece, scende da Nord. Ottone lo aiuta, ma vuole essere nominato Imperatore. Ottaviano acconsente e lo nomina; ma una volta allontanatosi da Roma per consolidare la sua influenza sull’Italia settentrionale, il Papa, che nel frattempo si era pentito di quell’investitura, cerca di allearsi con i nemici di quello per estrometterlo dalla scena politica. Ottone che, diffidando di lui, aveva lasciato a Roma numerose spie, viene avvertito di quei contatti che il Pontefice stava intessendo alle sue spalle e torna indietro per fronteggiare la situazione. Ottaviano, forse memore del valore paterno, indossa la corazza e va incontro all’esercito dell’Imperatore germanico per difendere Roma, però il cuore gli viene meno e fugge sui monti portando seco il tesoro della Chiesa. Ottone entra in Roma per la seconda volta e fa giurare, sia ai nobili che al popolo, fedeltà a lui ed a suo figlio. Era l’anno 963. Inoltre convoca un sinodo, fa deporre il Papa e gli contrappone un nuovo Pontefice: Leone VIII. Poi riparte nuovamente da Roma avendo lasciato sul Soglio di Pietro una persona della quale, pensava, potersi fidare; ma appena allontanatosi dall’Urbe, Ottaviano vi rientra, depone Leone VIII e si vendica sui partigiani di quello che fu il primo "antipapa". Narrano le fonti storiche che al Cardinale Giovanni fece amputare il naso, la lingua e due dita di una mano; ad Azzone, addetto alla Cancelleria Imperiale, fece tagliare, invece, una mano.
Morì improvvisamente vittima di un marito tradito, dicono le narrazioni cui si riferisce lo storico Gregorovius e lo storico Liutprando, conferma la notizia di quella morte nelle circostanze che si è detto… precisando che avvenne di notte. Aveva solo ventotto anni.
Chi ricorda il titolo che fu dato a queste righe, rammenterà che era "I Conti di Tuscolo, tre millenni e… la Magistra vitae".
Vogliamo vedere se tale maestra abbia insegnato qualcosa nel corso dei secoli che, sommati gli uni agli altri, stanno diventando pesanti millenni?
Intorno all’anno mille abbiamo visto come andassero le cose di questo mondo. Facciamo passare un altro mezzo millennio ed apriamo di nuovo il libro della storia, certi che l’uomo, anzi, l’Uomo abbia imparato molto dalla sua esperienza; e pur ammettendo che cinque o seicento anni non sono certo l’eternità, sono tuttavia un bel lasso di tempo.
Quel ramo del lago di Como… Correva l’anno 1.600 e la Lombardia era sotto la dominazione spagnola. Ecco vediamo una bambina giocare, da sola, con delle bambole vestite da monaca. Che strano. Un padre che voleva che tutto il suo patrimonio ed il suo titolo andassero al figlio maschio, l’aveva ridotta così. Il Principe, (ed al Manzoni non regge il cuore di chiamarlo padre), aveva destinato a Geltrude il chiostro fin da prima che nascesse, per quei motivi dinastici-economici di cui si è accennato. Si trattava solo di sapere se sarebbe stato un monaco od una monaca; decisione per la quale era necessario non il suo consenso, ma la sua presenza.
"Che madre badessa" era, per lei, il complimento più usato in famiglia. E quando, poi, le si voleva negare qualcosa: "quando sarai madre badessa, allora comanderai a bacchetta, farai alto e basso".
Una volta in convento, contro la sua volontà sebbene inespressa per paura, compressa ed insoddisfatta del suo stato, fu facile preda di Egidio, lo scapestrato, che le rivolse la parola ed al quale quella poveretta rispose. Tutti sappiamo come finì quella storia. Ella era stata addirittura nominata maestra delle educande. Una di queste, sgridata eccessivamente da lei, accenna a quella relazione e firma, così, la sua condanna a morte. Ed ecco il parallelo fra le vite di Papa Giovanni XII e Gertrude: entrambi destinati ad una vita che non avevano scelto. Il povero Ottaviano viene fatto Papa a sedici anni. A quanti anni mandano in convento la monaca di Monza? Tra i due fatti corre mezzo millennio, nulla è cambiato e la "Magistra vitae" osserva sgomenta. Se qualcuno si sente di gettare una pietra, faccia pure: la strada ne è piena.
Il fratello di Ottaviano era Gregorio, passato alla storia come Gregorio I Conte di Tuscolo. Fu lui, secondo alcuni storici, il vero capostipite di quella casata. Di lui, che per aver accolto S. Nilo in Grottaferrata è particolarmente importante per quella cittadina, parleremo prossimamente.
Massimo Medici


rocca priora

Il salutare soggiorno a Rocca Priora di Raffaello Sanzio

Corre l’anno 1513. Raffello sta ultimando il capolavoro "Le stanze del Vaticano" con il celebre dipinto della "Trasfigurazione", quando subisce una forte crisi creativa, che lo rende irrequieto e gli procura una forte depressione.
Un breve soggiorno in una località montana isolata e tranquilla gli viene consigliata da chi gli sta vicino per ben superare la crisi; ma quale comunità salubre e tranquilla a due passi da Roma, poteva essere meglio di Rocca Priora? Sicché Raffaello fu avviato proprio a Rocca Priora, e prese alloggio in una modesta casetta sita in un vicoletto nello storico centro urbano del paese (oggi identifica Via Raffaello Sanzio). In conseguenza di tale avvenimento, nella toponomastica del tempo, venne ascritto come Via del Pittore (elemento significativo), fino a quando, verso la fine dell’ottocento, venne convertito in Via Raffaello Sanzio, questo cenno conferma tale storico evento. Raffaello quindi, fu ospite illustre di Rocca Priora tra il 1513/14, naturalmente recandosi a Roma per curare il suo eccelso capolavoro, ogni qualvolta le esigenze pittoriche lo richiedevano.
Sta di fatto che la sua permanenza a Rocca Priora lo riabilitò e sembra che, nell’alternanza dei suoi impegni, con l’ausilio dei suoi lavoranti, fra i quali Lorenzo Lotto detto il "Lorenzetto", relizzò alcuni "rosoni" a mò di "edicola", con figure di Madonna, figure che si sono estinte coll’andare del tempo. Anche se la parte pittorica è attribuita a Raffaello, la parte muraria di queste "edicole" è opera del Lorenzetto.
In quella che trovasi in via Umberto I, fino a cinquanta anni fa, si poteva intravedere una figura di Madonna –Forse quella del Cardellino – mentre in quella di Via Raffaello Sanzio, forse la Madonna della Seggiola.
I due reperti storici, trascurati nel tempo, nell’anno 1997 sono stati riportati alla luce –dietro mio petulante interessamento– con un restauro di ottima fattura, opera del pittore e scultore Giovanni Michetti detto "Gianni", di Monte Compatri.
Si legge nella "Vita di Raffaello":
"Raffaello Sanzio si reca Roma chiamato da Papa Giulio II che gli commissionò la decorazione e l’affresco delle "Stanze vaticane".
Nella prima "Stanza", quella delle "Segnature", la "Scuola di Atene", il "Parnaso" e la "Disputa del SS. Sacramento".
Nella seconda, quella di Eliodoro, dipinse "L’espulsione di Eliodoro dal Tempio", il "Miracolo di Bolsena" e la "Liberazione di San Pietro".
Nella terza, quella dell’incendio di Borgo dove lavorò dal 1514 al 1517…
È il periodo in cui, tra tutte le altre opere come Santa Cecilia, Santa Caterina, e il ritratto di Giulio II, realizza la sublime opera "La Fornarina". Ma qui la fantasia creativa subisce una crisi profonda, che lo rende irrequieto e teso… e da qui venne il salutare soggiorno a Rocca Priora.
Si può ben dire tale soggiorno giovò tanto alla sua salute e lo mise in condizione di finire la sua ultima opera "La Trasfigurazione" (Pinacoteca Vaticana), definita "Una mirabile armonia di colori e di linee, e un bell’equilibrio costruttivo"...
Ma la sua salute e le crisi si riacutizzarono, e Raffaello morì, ad opera ultimata, nel 1520.
La sua salma venne tumulata al Pantheon in Roma.
Mario Vinci


Le navi di Nemi
Il salvataggio. La distruzione.

La prima nave, strappata alle acque del lago, è, per ora, al riparo sotto un capannone nell’attesa che sia costruito un museo che possa degnamente accoglierla, insieme ai reperti che le sono stati trovati sopra ed intorno.
A questo punto nascono due correnti di pensiero. Alcuni sono contrari al salvataggio anche della seconda nave; altri, invece, pensano che si debba recuperare anch’essa. I primi adducono a ragione delle loro perplessità il fatto che le strutture della nave che è ancora sott’acqua sono identiche a quelle del natante che è già stato tratto a riva, quindi sarebbero spese e fatiche inutili. Inoltre affermano che i reperti che si troverebbero, sempre che se ne trovassero, sarebbero certamente del tutto simili a quelli già rinvenuti sopra ed attorno alla prima nave e che, quindi, sia le spese sia le fatiche risulterebbero vane anche per loro. I secondi, invece, sono dell’avviso che si debba trarre fuori delle acque anche l’altra imbarcazione. Essi affermano che, in ogni caso, spese e fatiche sarebbero ampiamente giustificate dall’importanza di ciò che sta ancora sotto il Lago di Nemi.
Prevalse la seconda tesi: anche l’altra nave fu tratta a riva ed entrambe trovarono posto nel Museo delle Navi Romane che possiamo ancora ammirare. Purtroppo possiamo ammirare solo il museo e non più le navi per le ragioni che saranno narrate tra poco.
Il sottotitolo del capitolo precedente recita così: "Peccato che agli uomini non sia dato guardare, nemmeno un poco, nel loro futuro. Se lo avessero potuto, forse…".
Ma è un peccato od una fortuna che non si possa guardare, nemmeno per un attimo, ciò che sta per accaderci? Quante volte, in cento occasioni, c’è capitato di dire a noi stessi "Ah, se l’avessi saputo prima…". Se l’avessimo saputo non avremmo forse fatto così. Ma se l’avessimo saputo, che gusto ci sarebbe a vivere? Sarebbe come leggere un libro conoscendo "a priori" come andrà a finire. O, forse, sarebbe meglio? Ognuno ha le sue idee. E per fortuna, almeno queste, possono navigare nell’infinito senza confini, meravigliosamente libere, sulle ali dei nostri pensieri, e questa è una cosa bellissima.
Ma torniamo a terra, anzi sulle rive del Lago di Nemi.
Il museo, maestoso anch’esso, le conservò entrambe. Alzando gli occhi ad osservarne l’altissimo tetto, sembra che questo abbia la forma di un’enorme imbarcazione rovesciata dalla quale si possa ammirare il fasciame, in alto, sopra le nostre teste. Anche i numerosi reperti trovarono posto accanto alle due antiche navi. Leoni e pantere di bronzo guardavano il turista incutendogli rispetto e destandone meraviglia ad un tempo. Antichissimi macchinari che, nella loro modernità, ci stupiscono e che credevamo frutto di scienza recente, erano, invece, il risultato di una tecnica millenaria. Ed il turista, e non solo il turista ma anche lo studioso, anzi soprattutto lo studioso, si aggirava fra tutti quegli oggetti che erano risorti a nuova vita con quell’ammirata meraviglia piena di rispetto per una civiltà che aveva forgiato il mondo antico e risplendeva ancora in quello di oggi. I secoli passati scorrevano lenti di fronte a noi che avevamo la ventura, che avevamo la fortuna, di poterli osservare nel loro lento incedere maestoso. Nel loro muto linguaggio parlavano a chi sapeva ascoltarlo. Per i millenni futuri, alle future generazioni.
Ma venne il fuoco. Tutto avvampò nelle fiamme: le belle navi, i tanti oggetti antichi, la loro storia.
Perché? Correva l’anno 1944 e c’era la seconda guerra mondiale. La notte tra il giorno 31 maggio ed il giorno 1 giugno le fiamme rischiararono il Lago di Nemi. Bombardamento? Cannoneggiamento? Scintille sfuggite ai fornelli degli sfollati che, riparatisi nel museo, cuocevano il desinare sotto le navi? Atto vandalico delle truppe tedesche in ritirata? Non si seppe mai, con certezza, il perché di quelle fiamme. Tutto andò distrutto. Si salvarono solo quei reperti che erano stati, precedentemente, trasportati nel Museo Nazionale Romano, proprio per essere più sicuramente conservati.
Ora quel che resta, quel che si è salvato, è stato ricomposto alla venerazione dei visitatori e degli studiosi. Le due navi sono state riprodotte in scala 1/5, i cui modellini sono, l’uno dietro l’altro, esposti in un’ala del museo, bastandone, purtroppo, una sola a contenerli entrambi.
Quel che resta, però, è ancora sufficiente a stupire il visitatore.
Nel prossimo articolo, che sarà l’ultimo, saranno esaminati nella forma e descritti nell’utilizzo tutti i reperti ora esposti.
Massimo e Marina Medici


monte porzio catone

Luoghi archeologici dimenticati
La Casaccia di Monte Porzio Catone

Nella accattivante cornice del Barco di Borghese, il borgo recentemente restaurato alle porte di Frascati il 12 settembre la dott.ssa Mirella Ghigo, presidente dell’Archeoclub di Monte Porzio Catone, ha organizzato una interessante conferenza su: "La Casaccia di Monte Porzio Catone, storia di un monumento e del suo rilievo".
Validi conferenzieri, i professori Diego Maestri, della Facoltà di Architettura dell’Università di Roma Tre e Rodolfo Maria Strollo, della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma Tor Vergata, decisamente accattivante il tema proposto.
A chi si trova a passare in prossimità della chiesetta di S. Antonino, sul versante nord-occidentale del colle di Monte Porzio Catone non può certo sfuggire quella strana costruzione che una mano di ciclope sembra aver tentato di capovolgere. Si tratta, nella realtà, di un antico sepolcro romano del I secolo d.C. così ridotto forse a causa del cedimento della volta di un cunicolo protostorico sottostante. Il risultato è quello che oggi si vede: il blocco delle fondazioni è emerso, anche aggettando, dal terreno, dando all’opera quel suo caratteristico aspetto così affascinante ed ad un tempo inquietante.
E‚ proprio questa peculiare caratteristica, per un reperto in fondo non molto grande né di particolare pregio storico-archeologico, a renderlo unico in Italia e forse al mondo, sia per il curioso aspetto sia per l’insolita resistenza che a tutt‚oggi dimostra la struttura in muratura che, unicamente, lo costituisce.
I relatori con toni appassionati e competenti hanno illustrato a un pubblico particolarmente numeroso e qualificato i risultati dei loro studi, protrattisi per vari anni, sul monumento.
In particolare hanno illustrato i metodi usati per il suo rilevamento, reso difficile dalla particolare giacitura che la tomba ha assunto nel tempo, avendo subito in tutta la sua interezza una rotazione, lungo una diagonale, di 30° circa, nel verso opposto alla pendenza del monte.
Decisivo, nell’aiutare la comprensione dell’effettiva disposizione del monumento e della spazialità interna (troppo difficile e pericolosa da visitare dal vero), è risultato il grande plastico scomponibile in scala 1:20, dell’opera e del suo intorno, realizzato ed illustrato con dovizia di particolari dai due relatori.
Grazie all’impegno dei professori Maestri e Strollo, della Sede Tuscolana dell’Archeoclub d’Italia, del Comune di Monte Porzio Catone dell’Associazione Amici di Frascati e della rivista Castelli Romani, è stato possibile aggiungere un nuovo tassello alla conoscenza del nostro territorio.
Un territorio ricco di storia che gli Amministratori ed Enti preposti potrebbero valorizzare e culturalmente sfruttare al meglio sull’esempio di quanto avviene in altri Paesi esteri dove perfino organismi del XIX secolo, vengono monumentalizzati e trattati alla stregua di fondamentali reperti di storia locale.
Roberta Abbate


grottaferrata

È a rischio di lottizzazione il Colle della Molara
Tra i programmi dell’attuale Amministrazione comunale ci sarebbe quello di lottizzare un versante di Colle della Molara.
Se ciò avvenisse sarebbe un danno per un ambiente così ricco di storia e di cultura

Il luogo dove si trovano i resti del castello della Molara ospitava fin dal IV secolo l’antico monastero di S. Agata, officiato da monaci di rito basiliano.
Alcuni storici hanno ipotizzato che il monastero sia stato fondato da Giovanni di Cappadocia, allievo di S. Basilio il Grande, intorno al 370 dell’Era cristiana. S. Basilio, ordinatore e organizzatore del monachesimo greco-orientale, donò a Giovanni il suo cappuccio, donatogli a sua volta da un altro grande padre di Cappadocia, Gregorio Nazianzeno.
Nei pressi del monastero di S. Agata in epoca romana doveva esserci probabilmente la Statio Roboraria, luogo di sosta e ristoro lungo la via Latina (via, questa, diventata poi nel Medioevo via Anagnina ed oggi ribattezzata Tuscolana ). La Statio era riportata nell’Itinerarium Antonini del 217 d. C. ed era attestata ancora dall’anonimo ravennate nel sesto secolo, nonché dal cosmografo Guido nel VIII sec. La zona del monastero di S. Agata era, tra l’altro, ricca di acque sorgive e importante dal punto di vista viario. Era infatti attraversata da antichi sentieri, probabilmente diverticoli di epoca romana, che dalla via latina conducevano al Mons Albanus, oggi Monte Cavo.
Le genti latine che si recavano al santuario sul Mons Albanus per celebrare la festa della loro etnia, le Feriae Latinae, dovevano percorrere necessariamente quei diverticoli.
La radura di Molara collegava, infatti, la viabilità della zona labicana (oggi quasi coincidente con la via Casilina) e Tuscolana a quella Albana, fino alla via Appia.
È verosimile che anche il monastero basiliano di S. Agata avesse un suo Xenodochium, ospizio per poveri, malati e pellegrini che percorrevano la via Latina, poiché il fondatore dell’ordine S. Basilio il Grande, dopo il Concilio di Nicea che aveva esortato i vescovi a promuovere fattivamente l’assistenzialismo cristiano, fu un entusiasta sostenitore di questa idea.
Il monastero di S Agata fu abbandonato dai monaci nel 1004, che andarono a dimorare dove oggi sorge l’attuale Abbazia di S. Nilo
Il santo monaco calabrese Nilo da Rossano, ormai ultra novantenne, proprio nel 1004 si spegneva nell’antico monastero basiliano. Dopo aver vissuto lunghi anni nello studio, meditazione, paziente copiatura dei codici, e istruzione dei primi discepoli, prima nel monastero di Merkurion in Calabria, poi in altri: a Capua, Montecassino, Vallelucio, Serperi vicino Gaeta, si era trasferito infine a Tuscolo in quello di S. Agata. Le sue spoglie furono portate in processione dai monaci nel luogo dove trasferirono la nuova dimora nell’attuale Grottaferrata. Seguiva il feretro il Signore di Tuscolo, Gregorio I, che altre volte era sceso dal suo castello ad ossequiare il santo monaco.
Il Conte di Tuscolo aveva donato a S. Nilo, poco tempo prima di morire, una piccola parte dei suoi domini dove sorgeva l’oratorio detto Cryptaferrata con le annesse rovine di una villa romana. Nel 1004 qui fu edificato il nuovo monastero che portò il nome del santo monaco e che poi divenne Abbazia S. Nilo.
Pochi anni dopo i Conti tuscolani donarono quel che restava del monastero di S. Agata alla abbazia benedettina di Montecassino.
Quando nel 1191 Tuscolo fu rasa al suolo dal popolo romano, i suoi abitanti trovarono rifugio nei territori circostanti e probabilmente anche tra le rovine del monastero di S. Agata gravitante sulla via Latina, che stava riacquistando l’importanza delle origini, risalenti in età protostorica, quando costituiva il principale tracciato verso la Campania.
Eredi dei Conti di Tuscolo, erano insieme ai Colonna, gli Annibaldi che, data l’importanza assunta dalla via Latina, fecero costruire un castrum sul Colle della Molara inglobando quanto restava del monastero di S. Agata.
Il castello raggiunse il suo massimo splendore verso la metà del ‘200 ad opera del Card. Riccardo Annibaldi. Nipote di Papa Innocenzo III, Riccardo fu fatto Cardinale diacono di S. Angelo nel 1238. Divenne uno dei maggiori protagonisti della vita della Chiesa, ricoprì diverse cariche ed esercitò notevole influenza sui papi di quel periodo.
Nel suo castello di Molara il Cardinale ospitò Papa Innocenzo IV, che nel 1254 percorreva con il suo seguito la via Latina, per recarsi a Napoli a rivendicare quel regno alla Chiesa. Nel 1266 il Cardinale poteva pure accogliere nello stesso castello Carlo D’angiò con il suo esercito in viaggio verso il sud. L’Angioino era stato da poco nominato Re di Sicilia dal Papa francese Clemente IV, nomina questa caldeggiata proprio dal Cardinale Riccardo. Dopo la sosta a Molara Carlo d’Angiò percorse la via Latina e giunto a Benevento si scontrò con Manfredi, figlio di Federico II, che perdette oltre al regno anche la vita.
Il Cardinale morì nel 1276. Poco prima di morire accolse a Molara un capitolo di Agostiniani, ordine di cui era stato promotore e protettore. La chiesetta in forma gotica del Cardinale Riccardo, che portava incisa sulla porta il nome di "S. Agata de Tuscolana" forse prese il posto di quella già esistente del Monastero di S. Agata. Un nipote del Cardinale, Annibaldo Annibaldi, compagno di studi a Parigi di S. Tommaso d’Aquino, ospitò quest’ultimo a Molara, che sicuramente pregò in quella chiesetta.
La potente famiglia degli Annibaldi prese il nome "della Molara" a significare che il castello omonimo era il fulcro della loro potenza.
Il castello, infatti, avendo necessità di un’adeguata rete di avvistamento per sopravvivere, era diventato nel corso degli anni il centro di un sistema di dominio territoriale, composto da torri semaforiche, fortilizi e castelli, dislocati su più linee e a quote diverse.
Gli attuali resti del castello suggeriscono che esso era costituito da due cerchie di mura, una inferiore con torri cilindriche, e l’altra superiore con torri quadrate, con al centro il torrione baronale. Il nome del castello è legato anche a Frà Iacopo Molara, un Annibaldi maestro dell’Ordine Templare.
Nel 1463 Papa Pio II lasciò scritto che aveva trovato Molara in completo abbandono. La rovina del casato degli Annibaldi travolse anche la vita dell’intera Valle Latina che nei secoli successivi si inselvatichì. In questo periodo furono abbandonati altri monasteri e chiese della zona.
Nel fianco sudoccidentale del Colle del castello di Molara si può ancora vedere una grotta scavata nel tufo , risparmiata da una cava del ‘700, poco distante da un’altra che reca incisa la data del 1759.
La cava di tufo potrebbe aver spazzato via altre grotte simili a quella esistente, ed è possibile che appartenesse all’antico cenobio basiliano.
Si tratta di un ambiente scavato interamente nella roccia, con la volta leggermente convessa, la pianta ellittica e un abside sul fondo.
Di sicuro i monaci di rito greco-orientale usavano ricavare gli ambienti dei loro monasteri dalla viva pietra, o utilizzare grotte naturali. Così pure è certo che il successivo castello, edificato sul colle, inglobò la grotta entro la sua cerchia muraria.
Oggi quest’area, che rientra nel territorio del Comune di Grottaferrata, è di proprietà della Famiglia Aldobrandini. Tra i programmi dell’attuale Amministrazione comunale ci sarebbe quello di lottizzare un versante di Colle della Molara. Se ciò avvenisse sarebbe un danno per un ambiente così ricco di storia e di cultura. E se ci si prepara a festeggiare tra quattro anni con tanto entusiasmo la ricorrenza del millennio dalla morte di S. Nilo a Grottaferrata, la cui storia è tanto legata al Santo, perché non tenerne conto!
Giovanna Ardesi


rocca di papa

Paese bello, bellissimo, ma dove scrivere è difficile, difficilissimo
La forza democratica di un paese dipende anche dalla cultura delle sue famiglie e dall’energia dei suoi cittadini

Se scrivi che ci sono cristiani che per avidità ricercano sempre più potere e soldi, ti obiettano che ce l’hai con chi, pur incassando gonfi affitti e pur percependo grasso stipendio, non esita a far lavorare la moglie, con buona pace del giovane disoccupato che la sostituirebbe nell’impiego.
Se scrivi che poco di buono puoi aspettarti da una giunta con un architetto assessore al bilancio, ti ribattono con che coerenza facevi l’assessore tu, non risultando la tua specializzazione proprio per niente connessa ai lavori pubblici, anzi contraria.
Se scrivi delle misere condizioni socio-economiche di Rocca di Papa nell’800, lamentano che svergogni il paese, quello stesso che plaude ai suoi compari di pagnottella denuncianti Rocca sporca, buia, antennata, oggi.
Se scrivi che hanno fatto male a sopprimere il giornale parrocchiale, serio produttore di religione e cultura, ti crei malcontento.
Se scrivi che la sistemazione del Corso è un buon lavoro, un’apprezzabile rifinitura urbana; ma che – d’altra parte – su quella pendenza s’è sempre scivolato, specie in presenza di neve e/o ghiaccio; che l’attuale amministrazione nella fattispecie c’entra poco o niente, trattandosi di progetto degli anni miei, scontenti alcuni.
Se scrivi che di certi consiglieri, presentatisi per fare il "coso" ai passeri, s’è persa traccia, scontenti altri.
Se scrivi che è strano accordare patrocinio a chi recita dialettale e lesinare con chi fa Teatro, non tanto o non solo per la differente valenza culturale, ma perché uno incassa milioni sonanti, l’altro paga di proprio, scontenti un clan.
Se scrivi che il prato del campo-giochi ai giardinetti è durato non più di un mese, ne scontenti un altro.
Se scrivi che i bus del Cotral tarderanno, si romperanno, non passeranno, e che all’acqua, al freddo, alla neve in mezzo alla strada ad aspettare troverai anziani-ragazzi-filippine, e che allora pensiline lungo la strada statale 218 sarebbero finalmente democratiche e popolari, ti dicono minimalista.
Se scrivi che niente si intravede circa un progetto urbanistico serio, complessivo, credibile, t’accusano d’andar per punti.
Se scrivi che niente o poco si fa per la cultura, scontenti il sindaco.
Se scrivi che la politica del PPI si riduce ormai ai casi di due/tre persone, scontenti il vice sindaco.
Se scrivi che gli Anziani danno tanto rispetto al niente appioppato ai giovani e ragazzi, ti fai 600 antipatie.
Se scrivi di piaceri ad amici e parenti, ti tirano le orecchie.
Se scrivi dell’abusivismo, ti tirano i sassi.
Se scrivi che l’opposizione si barcamena, più che contrastare, insorge l’opposizione.
Se scrivi che alla fin fine la maggioranza si regge sui voti AN, insorge la maggioranza.
Se scrivi che la via di Marino, quella che collega con l’ospedale più amato dai rocchiciani, sarebbe in qualche modo da allargare, sistemare, s’inquieta un delegato.
Se scrivi che la situazione dei gemellaggi è micragnosa, s’inquieta un altro.
Se scrivi che nella giunta c’è più supponenza che stoffa, rischi che ti si ritorca contro.
Se scrivi che nell’altro schieramento si fatica a scorgere chi alle prossime elezioni potrà credibilmente sfidare Ponzo, rischi altrettanto.
Se scrivi che avrà imbarazzo a votare chi è stato trattato bene e da Enrico Fondi e da Carlo Ponzo, pare che sei geloso.
Se scrivi che uguale imbarazzo sarà di chi è scontento e dell’uno e dell’altro, pare che vuoi provocare.
Se scrivi che sarebbe tanto gradito un interessamento forte per la riapertura della strada che collega col lago, ne dimezza la distanza e fa evitare galleria e passaggio a livello, disturbi certi addetti ai lavori.
Se scrivi che ti preoccupa il destino del lago, visti a quali enti è affidato, ne disturbi altri.
Se scrivi che a Rocca di Papa i furbi e i furbastri di ogni tempo hanno avuto storicamente vita facile, e che tentativi autentici di ricondurre alla regola sono stati solo quelli di Tito Basili e Ciampa – agguerrito il primo, più velleitario il secondo – mezzo paese ti toglie il saluto.
Allora se le cose stanno così che fai? Non scrivi? Certo che scrivo, anzi: per bagnare la collaborazione a Controluce prendo un argomento serio quant’altri mai, la Cultura, di non facile gestione, di non scontata popolarità, col rischio di espormi, a chi in malafede o non conoscente, a caccia di esibizionismo, e mi volgo direttamente a:
Caro Sindaco,
Verificato che fra le deleghe da te rilasciate non rilevo contemplata quella alla Cultura; attestato che ritengo la omissione assolutamente da recuperare, perché la Cultura si concretizza in acquisizione di conoscenze nuove, approfondimenti di conoscenze possedute, in affinamento delle idee. La Cultura va oltre le sue determinazioni e i suoi conseguimenti immediati, e si traduce in acquisizioni per sempre, in idee e valori senza tramonto. Proprio della Cultura è suscitare nuove idee e bisogni meno materiali, formare una classe di cittadini più educata e civile. La Cultura non è un rifugio, una consolazione, ma necessità senza alternative. La Cultura è una scelta, libera e incondizionata, verso la civiltà, verso il rispetto di se stessi e del prossimo, verso la vita, capita e gustata. È sempre stato fin troppo facile attribuire agli amministratori le carenze del Comune. A ben osservare, la forza democratica di un paese non dipende solo dalla capacità e dall’integrità della sua classe politica, ma anche dalla cultura delle sue famiglie e dall’energia dei suoi cittadini. Sull’importanza della Cultura, sulla sua decisività circa l’innalzamento complessivo di una cittadinanza, potrei continuare, ma – fidando, caro Sindaco – sulla tua perspicacia, non voglio sottrarti ulteriore tempo per tante incombenze di giornata, delle quali, con cinque elezioni alle spalle, ho buon ricordo.
Tirando le somme, vivamente ti sollecito a una pronta assegnazione della delega alla Cultura e, qualora ti impacciasse questione umana, ricordato che in politica ho riportato una, e una sola accusa: quella di idiosincrasia al potere e ai privilegi, mi permetto proporre Gianfranco Botti per la delega. Garantisce: tempo-serietà-competenza-gratuità-rendiconto alla lira.
Comunque, ti rinnovo la mia stima, ti saluto cordialmente e auguri di buon lavoro.
Gianfranco Botti


colonna

Il Palio degli Asini

Una festa nata pochi anni fa che è già diventata tradizione

Quando nell’agosto 1994 andai ad Allumiere ad assistere al Palio degli Asini, rimasi sorpresa per l’interesse e la partecipazione di tutta la comunità nella realizzazione della manifestazione. Poi seppi che anche a Colonna si sarebbe svolta la stessa festa e fui piuttosto scettica nel ritenere che nel piccolo paese castellano si sarebbe affermata una tradizione capace di coinvolgere la popolazione in cortei in costume e sfide rionali. Invece l’ideatore della manifestazione, Gianni Ghirelli, ha creduto nella creatività e volontà dei Colonnesi e nel giro di tre anni si è avuto il primo corteo storico: il principe, la principessa, i rappresentanti dei rioni guidati dal Capitano e la sua dama, seguiti da nobildonne, damigelle, tamburini, e poi popolani, frati, contadini… Una sfilata ricca di colori, di abiti realizzati con cura e fedeltà ai dati storici, sfavillanti di pietre, gioielli, velluti e broccati, la cui preparazione inizia diversi mesi prima con la creazione di nuovi costumi, la messa a punto dei vecchi e l’allestimento degli addobbi. Colonna annuncia infatti l’evento prima ancora che attraverso manifesti e locandine, attraverso uno sgargiante abito colorato fatto di bandiere, striscioni, luminarie che decorano abitazioni, strade, negozi, cambiando quasi completamente il suo aspetto abituale.
Il palio è diventato uno dei principali appuntamenti culturali per Colonna e anche quest’anno, il 2 luglio, dal "Palazzaccio", antica dimora della famiglia Pallavicini, è partito il corteo che ha sfilato lungo le vie del Paese, accompagnando gli asinelli, che subito dopo si sono esibiti nella competizione femminile, vinta dal rione Maranella e in quella maschile, conquistata dal rione Circonvallazione.
La festa, secondo un rituale che gli abitanti di Colonna amano rispettare, è stata preceduta la sera di sabato da una cena comunitaria organizzata in ogni quartiere, dopo la quale la popolazione si è ritrovata in piazza per la consegna ufficiale dei quadrupedi.
Sebbene il 2 luglio si svolgesse la finale dei campionati europei di calcio, la competizione degli asinelli ha attirato ugualmente molto pubblico, dimostrando ancora una volta che il lavoro durato mesi ha il suo valore ed è molto apprezzato.
Gabriella Giuliani


castel gandolfo

Manifestazione civile e religiosa
Presentato il libro "Itinerari nella campagna romana Castrum Gandulphi, Castel Gandolfo", di Luigi Devoti.

Sabato 2 settembre, in occasione della festa di San Sebastiano, patrono di Castel Gandolfo, si è fatta coincidere la ricorrenza religiosa con una serie di manifestazioni civili. La cerimonia si è aperta con la presentazione del libro "Itinerari nella campagna romana Castrum Gandulphi, Castel Gandolfo", scritto da Luigi Devoti. "Non è un libro ma un diario di viaggio, interessante perchè ormai non si viaggia più nel vero senso della parola" ha commentato Mammuccari. Ed è vero, Devoti coglie anche i dettagli del paesaggio che lo circonda durante questo viaggio, descrivendoli poi nei minimi particolari. "La novità è che Devoti sceglie una sua strada personalissima, riuscendo a realizzare un bel volume su Castel Gandolfo, che mancava; il tutto mettendo in luce una serie di itinerari nascosti" ha aggiunto Petrillo, Direttore delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo.
"Girando e curiosando per i castelli romani, mi accorsi dello scempio che veniva fatto su tante belle opere, soprattutto fontane", è stata questa constatazione, ed il desiderio di far riscoprire ai suoi lettori tutte le "opere d’arte" che siamo abituati a vedere ma non ad osservare, a far scattare in Devoti la scintilla che ha ispirato il libro.
Luciano Toti, Sindaco di Castel Gandolfo, sentendosi "legato da fraterna amicizia al "collega" di Chateauneuf du Pape, in occasione del quinto anniversario del gemellaggio con la cittadina francese, ha voluto titolarle il sottopasso pedonale e conferire al sindaco la cittadinanza onoraria, consegnandogli la "chiave della città". Si è proseguito con la titolazione, a Sandro Pertini, del Terminal Bus e della Piazza "perchè le nuove generazioni non dimentichino l’uomo che aveva capito l’importanza dell’Europa unita".
Il sindaco Toti, dopo aver letto il telegramma inviato dal cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato pontificio, che non è potuto intervenire alla cerimonia, ha offerto a Devoti ed a Mammuccari una moneta coniata per l’occasione. Pergamene di riconoscimento sono state consegnate, tra gli altri, a Petrillo, a Giorgio Fiandesio (artefice del gemellaggio con Chateauneuf du Pape), al Parroco della cittadina francese ed a don Claudio De Portu che non è potuto intervenire alla cerimonia. Al Sindaco di Aughen, paese tedesco gemellato con Chateaunef du Pape da 25 anni, il Sindaco ha consegnato due statuine, copia delle matrone romane ritrovate nel lago e conservate ora presso il museo di Albano Laziale.
Al sindaco Toti è stato consegnato, dal collega tedesco, un quadro rappresentante la sua cittadina, dal collega francese bicchieri e caraffa con i simboli dei due comuni. Il tutto è stato supportato dall’esposizione di "Castel Gandolfo nelle cartoline d’epoca" della collezione privata di Luciano Mariani, dalle icone di Adriana Alexanderson e dalle cartoline raffiguranti riproduzioni di francobolli di Maurizio De Simone. Dopo è seguita una suggestiva rappresentazione delle Olimpiadi del 1960, in cui il castellano Aldo Dezi, in coppia con Francesco La Macchia, vinse la medaglia d’argento di canoa.
La manifestazione si è conclusa con una serie di diapositive sulla storia del gemellaggio e rappresentazioni teatrali, musicali e balletti.
Valeria Scillieri


palestrina

Acquerelli: magie di Giorgio Borghesani

Il sindaco, Enrico Diacetti, ha inaugurato l’interessante mostra di acquerelli di Giorgio Borghesani, esaltandone le qualità artistiche. Cinquanta opere sono state esposte nel magnifico chiostro del convento di San Francesco. Già nel tardo quattrocento Albrecht Durer dava inizio alla difficile tecnica dell’acquerello, seguito da tanti altri importanti artisti, e tra questi il grande e celebrato William Turner. Borghesani ha voluto abbandonarsi alla realizzazione di questa mostra inneggiante allo spettacolo della natura, narrando con magistrale perizia alcuni tagli scenografici di vedute d’insieme di Palestrina e Zagarolo. Stradine medievali, anguste con sorprendenti fughe prospettiche accidentali, e scalinate con luci radenti. L’opera dal titolo "Chierichetti di S. Agapito", i cui ragazzi in composizione si snodano frontalmente in linea orizzontale, rivelandosi un veicolo di intelligenti chiaroscuri e un sincero momento di azione cristiana, è immersa in una suggestiva atmosfera di fede. Borghesani sa trarre da questa difficile tecnica vibrazioni inusitate di notevoli effetti. "Le tre cime di Lavaredo" ed "Emiciclo a Palestrina", rappresentano una trasfigurazione lirica: i due soggetti emergono da un processo pittorico che coinvolge l’interiore poesia dell’autore.
Carlo Marcantonio


colonna

Gemellaggio culturale
Un gemellaggio con i fiocchi per il Centro Anziani di Colonna con il centro socio-culturale di Ponte S. Giovanni

Domenica 17 Settembre presso il Centro Sociale Anziani di Colonna si è svolto il Gemellaggio con il Centro Socio-Culturale di Ponte S. Giovanni, circoscrizione situata nella periferia di Perugia.
Già il 18 Ottobre del 1997 nella città umbra si era proceduto ad un accordo preparatorio per favorire e consentire una approfondita conoscenza e scambio delle diverse culture, delle proprie storie, dei caratteri, nonché degli usi e costumi delle due comunità.
Il Comitato di Gestione del Centro si è dato molto da fare per la perfetta realizzazione dell’evento. Tutti i componenti di tale Comitato, il Presidente Nicola Trivelli, il Vice Presidente Silvano Cannuccia, il Tesoriere Pietro Nardella e i Consiglieri Luciana Roffo, Natalina Ferretti, Luisa Zenobi e Pietro Michelini hanno sensibilizzato i tanti soci iscritti (circa 280) e la popolazione intera per una massiccia partecipazione alla festa.
Alla presenza delle varie autorità, il Sindaco Gaetano Bartoli e l’Assessore alla Terza Età Stefano Battistini per il Comune di Colonna, ed il Vice Presidente del Consiglio Provinciale di Roma Maria Grazia Passuello e del Consigliere Bruno Astorre in rappresentanza dell’Amministrazione Provinciale di Roma, presso la sede sociale sita in Via Frascati, si è svolta la cerimonia ufficiale con i vari saluti di circostanza.
Per tale occasione il Centro Sociale Anziani ha curato la ristampa del libro "Storia di Colonna" che Don Paolo Di Re pubblicò nel 1982 e del quale era rimasto in circolazione ormai un numero limitatissimo di copie. Lo stesso autore è stato premiato dal Presidente del Centro Anziani e da Angelo Zaratti, Presidente della Banca di Credito Cooperativo del Tuscolo-Rocca Priora, istituto che ha generosamente finanziato l’iniziativa.
A seguire molto gradita è stata l’esibizione della Scuola di danza A.D.S. Time Dance diretta da Franca Monacelli e notevole successo ha riscosso l’esibizione del coro "Arunte Volumnia" diretto dal prof. Ermanno Brenci di Perugia. Coreograficamente apprezzata poi la sfilata in costume d’epoca da parte del Comitato dei Rioni del "Palio degli Asini".
A tutti gli intervenuti sono state servite delle succulenti specialità gastronomiche locali.
La festa odierna rappresenta un primo passo – ci ha confidato il Presidente Nicola Trivelli – verso la completa azione di socializzazione di tale Associazione, secondo quanto previsto dal nostro statuto approvato lo scorso anno. Il Centro infatti organizza molteplici attività: gite, simposi, serate danzanti, serate a teatro, attività ricreative, ludico motorie, ma anche scambi con le nuove generazioni, incontri culturali in genere e favorisce l’inserimento dell’Anziano nel mondo del lavoro. A tal proposito nel corso dell’anno tante sono state le iniziative intraprese: vari incontri con i ragazzi della Scuola Media, gita sociale a Spoleto e Todi, il Giubileo a San Pietro nel mese di Maggio, la 16° Festa Sociale in Giugno, il soggiorno marino a Vasto, le numerose serate danzanti in estate e tante altre iniziative sono in programma per i prossimi mesi.
L’attività frenetica del Centro non conosce sosta e costituisce pertanto uno stimolo maggiore per gli iscritti e per coloro che ancora non conoscono tale realtà. Complimenti per l’impegno e l’abnegazione con cui vengono affrontate le varie manifestazioni.
Fausto Giuliani


Feste e sagre, il lato genuino

Per fortuna, non tutti i cittadini hanno perso i propri valori, e ci sono ancora momenti di aggregazione in occasione di feste e riunioni paesane. Nelle scorse settimane si sono succedute diverse iniziative in tutti i paesi, come le sagre dell’uva, la festa vetriciana, la festa delle capanne, lo stradarolo, l’estate a palazzo rospigliosi e le serate sancesaresi, le feste per il Patrono eccetera. Tutto questo grazie a coloro che in queste riunioni credono fermamente come indispensabili per non far morire le tradizioni, gli usi, i costumi e i momenti di aggregazione sociale nel nome dell’amicizia e della fratellanza. Come gli amministratori, i componenti delle associazioni e dei comitati di quartiere, i presidenti delle Pro-Loco, i volontari della Protezione Civile, sempre presenti, i Carabinieri e i Vigili Urbani, e come i semplici cittadini che amano il proprio paese e che quindi si adoperano gratuitamente per far sì che tutto riesca nel migliore dei modi. Finchè ci sarà gente così, forse abbiamo ancora una speranza.
Luca Marcantonio


rocca di papa

Giornata Mondiale della Gioventù
Un discreto numero di volontari si sono attivati per rendere confortevole il soggiorno dei ragazzi nel nostro paese

Con diversi mesi di anticipo la nostra Diocesi e le nostre Parrocchie si sono preparate al grande appuntamento del Giubileo della Chiesa Giovane, rispondendo così all’appello lanciato dal Papa attraverso il suo "Messaggio ai giovani del mondo" che aveva come titolo "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Quante volte l’abbiamo letta questa frase? L’Uomo Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio, colui che è potente si è fatto debole per noi e con il sacrificio della Sua vita, ha testimoniato l’amore infinito di Dio per noi. Alla luce di questa riflessione sconvolgente (un Dio fatto uomo), il Papa chiede a noi e soprattutto ai giovani di riconoscere nel Figlio di Maria, il nostro Dio e Salvatore e a diventare annunciatori e testimoni per il millennio che inizia.
A Rocca di Papa i giovani hanno cominciato ad arrivare lunedì 14 agosto. Ospitati nella locale Scuola Media a Villa Pocek, nei locali della Chiesa del Sacro Cuore ai Campi d’Annibale e presso i vari istituti di religiose e religiosi hanno trovato ospitalità circa 540 giovani provenienti dalla Francia, dal Libano, dall’Inghilterra e dall’Italia.
Sotto la direzione di Alberto Zitelli e Rocco Giudice, coordinati da don Franz Vicentini, un discreto numero di volontari si sono attivati per rendere confortevole il soggiorno dei ragazzi nel nostro paese cominciando già dalla prima sera, nei locali della Chiesa del Sacro Cuore, offrendo la cena ai ragazzi che erano arrivati durante la giornata. Giovedì 17 agosto nel Parco Comunale dei Campi d’Annibale alle 20, 00 le Comunità Parrocchiali e l’Amministrazione Comunale hanno organizzato una festa di benvenuto a cui ha preso parte il Vescovo di Frascati S.E. Mons. Giuseppe Matarrese, il Sindaco di Rocca di Papa, Umberto Ponzo, l’Assessore al Turismo Roberto Sellati. Ai ragazzi sono stati offerti cibi e dolci locali e sono stati intrattenuti con canzoni romane e napoletane eseguite da "Corrado Amici e fratelli" in una calorosa atmosfera che li ha coinvolti a ballare insieme ai roccheggiani.
Le giornate sono trascorse veloci e senza intoppi tra momenti di catechesi e i pasti a Frascati e i pellegrinaggi giubilari a San Pietro a Roma. Venerdì nel pomeriggio si è svolta a Grottaferrata la Solenne Via Crucis della Diocesi con la partecipazione dell’Archimandrita della Abbazia di San Nilo, all’interno della quale si è conclusa tale celebrazione, e che ha dato occasione a S.E. Matarrese di familiarizzare gioiosamente con i giovani.
Sabato 19 e Domenica 20 il grandioso appuntamento a Tor Vergata. Quanti di noi non l’hanno seguito almeno per un attimo attraverso la televisione? Che testimonianza offerta dai 2 milioni dei Wojtyla Boys durante la Celebrazione Eucaristica officiata da Giovanni Paolo II, giovane tra i giovani a suo agio tra i ragazzi, senza imbarazzi, né rituali da rispettare. A Tor Vergata i ragazzi non sono arrivati portando solo un sacco a pelo e lo stuoino, ma tante aspettative e sogni per un cammino vissuto con una lunga preparazione che li ha condotti al Circo Massimo per il Sacramento della Riconciliazione, alla Porta Santa di S.Pietro, a condividere esperienze vissute e speranze realizzate.
Il Messaggio del Papa, che ha affidato i giovani alla protezione della Madonna, li invita ad essere santi del nostro tempo: "Spalancate le porte a Cristo, non abbiate timore di essere santi, amanti della preghiera, coerenti con la fede e generosi nel servizio ai fratelli, di "incendiare" la vita quotidiana con testimonianze di fede concreta in ogni gesto".
Ma oggi è possibile essere santi? Certo! Essere santi non significa rinunciare al mondo, alla gioia, all’amore, agli amici, ma impegnarsi quotidianamente per un mondo nuovo, fondato sulla potenza dell’amore e del perdono, sulla lotta contro l’ingiustizia ed ogni miseria fisica, morale e spirituale, essere al servizio dell’uomo e del suo sviluppo integrale.
Sergio Troia


castelli romani

Giornata Mondiale della Gioventù

Dal 14 al 20 agosto i Castelli Romani sono stati oggetto di un autentico assalto da parte di migliaia di pellegrini che hanno raggiunto la provincia di Roma in attesa della giornata mondiale della gioventù celebrata a Tor Vergata il 20 agosto. L’organizzazione dell’evento è stata praticamente perfetta soprattutto grazie alla disponibilità di circa trecento volontari che nell’area castellana hanno assicurato un complesso servizio di ordine e di assistenza ai coetanei provenienti da ogni parte del mondo. I colori, i suoni, l’allegria dei ragazzi hanno riempito principalmente gli edifici scolastici che, per l’occasione, sono stati trasformati in ostello. Naturalmente, oltre ai momenti di convivialità, sono stati significativi gli appuntamenti spirituali: dalla catechesi organizzata quotidianamente a Frascati, alle confessioni al Circo Massimo, alla via Crucis di Grottaferrata. Il momento centrale è stato, come da programma, tra il sabato e la domenica quando i nostri ospiti hanno raggiunto i due milioni di pellegrini radunati a Tor Vergata prima per la veglia e poi per la celebrazione eucaristica. Il deflusso dall’area è stato particolarmente impegnativo: sono infatti saltati i contingentamenti previsti e tutti i pellegrini si sono riversati verso i varchi di uscita contemporaneamente. La situazione, però, è rimasta sempre sotto controllo e tranne qualche ragazzo interessato dal classico colpo di sole tutti hanno potuto raggiungere i luoghi di accoglienza in tempi più che accettabili.
Jeorge Herrera


artena

"Operazione Buffalo" 25 maggio – 4 giugno 1944

Grazie ad associazioni internazionali e regionali di collezionisti storici, i Comuni di Artena, Rocca Massima e Giulianello rivivono i tragici giorni della fine della seconda guerra mondiale.
Lo scorso luglio si è svolta l’ottava Fiera della Città di Artena, e tra le innumerevoli iniziative è apparsa di rilevante interesse quella della IMVCC (International Military Veichle Collectors Club), italian charter, associazione di rilevante spessore internazionale con sede legale nella città di Torino e della Associazione Storia del Lazio 1943-45. Queste associazioni, oltre a raccogliere materiale fotografico, testimonianze e documentazioni del secondo conflitto mondiale, si interessano al recupero, restauro e mantenimento di mezzi militari dell’epoca, organizzando manifestazioni di carattere storico-culturale in tutto il territorio nazionale . Il 15 luglio, giorno di apertura della 8a Fiera, con 15 mezzi storici e circa 50 partecipanti (tutti rigorosamente in divisa d’epoca), il corteo, dopo un breve giro per la città di Artena, nella mattinata depositava ritualmente nella chiesa S.M. delle Grazie, bombardata nel ’44, la corona ai caduti.
Dopo un percorso di circa 30 chilometri tra boschi e campagne circostanti le guide storiche, insieme a testimoni dell’epoca, rievocavano con emozione vecchie battaglie e la drammaticità di quei momenti vissuti dalla popolazione e, alle ore 12.00, il corteo veniva accolto con entusiasmo dalla popolazione di Rocca Massima dove alla presenza del Sindaco, della Giunta comunale, del Presidente della locale ProLoco e cittadinanza tutta, veniva deposta una corona sull’altare in onore ai caduti. Raggiunto il belvedere della cittadina il sig. Mortari Massimo, esponente delle associazioni, commentava, rievocando tutti i movimenti bellici della zona adoperati dagli Alleati contro le truppe di Kesserling, comandante delle truppe tedesche del III Reich nell’Italia meridionale, in un’atmosfera densa di ricordi e di immagini vissute con fantasia da noi presenti. La cittadina, come ricordò Mortari, fu un punto strategico di controllo del fronte dal mare alla SS 6 Casilina e venne liberata dalla 1a Special Service Force, tramite l’operazione "Buffalo" 25 maggio – 4 giugno ’44 del 6 US Corps attraverso il percorso Rocca Massima-Giulianello-Artena -Valmontone. Il Sindaco poi, dopo il rituale discorso, ringraziava le associazioni interessate per aver organizzato e commemorato con tale nobile iniziativa la bellissima manifestazione in onore dei caduti in guerra, ribadendo ai presenti di "…non dimenticare mai quegli anni tristi e drammatici, nella memoria dei caduti e di chi può ancora testimoniarne la tragedia umana, grazie anche a tali commemorazioni…" con l’invito di un "arrivederci a presto".
Nella città di Giulianello raggiunta alle ore 16.15, la popolazione accorsa in massa applaudiva il corteo storico ed anche qui insieme ai reduci locali veniva deposta un’ennesima corona sull’altare dei caduti. Il vice Sindaco dopo un ampio discorso di ringraziamento sottolineava che tali manifestazioni rivestono all’interno della comunità cittadina "…un’importanza vitale atta al non dimenticare gli anni più bui della storia del nostro paese…", invitando a breve le associazioni partecipanti a nuove commemorazioni.
Successivamente il corteo, durante il tragitto di rientro snodato nelle campagne artenesi, raggiungeva altri siti commemorativi valorizzandone l’intera giornata. Nel tardo pomeriggio la sfilata rientrava ad Artena. Le Amministrazioni pubbliche di Artena, Giulianello, Rocca Massima e la stessa ProLoco delle Città visitate, nonché le Associazioni culturali coinvolte, hanno ringraziato gli organizzatori della IMVCC e della Storia del Lazio ’43-45 rinnovando nuovi inviti, i quali rimangono un obbligo morale e sociale per tutti coloro che vorranno per l’immediato futuro partecipare con impegno e sacrificio alla commemorazione dei Nostri caduti per la Patria in nome della Libertà.
Chiunque fosse interessato a partecipare a tale manifestazioni può contattare i seguenti numeri: Arena Ennio 0349-6045584 06-9439290 fax 06-9439290; Sorci Alberto 0349-7527470; Bucci Marco 0347-5926733
Roberto Sciarra


san cesareo

Pittori in piazza

Organizzata dall’Associazione Commercianti, il giorno 24/9/2000 si è svolta a San Cesareo una estemporanea di pittori che ha riunito interessanti artisti nella piazza centrale della cittadina. L’uva era il tema conduttore del concorso, ed i pittori, provenienti oltre che dal circondario anche da Campobasso, Chieti, Fiuggi ecc. si sono espressi validamente creando opere, nonostante il limitato tempo a loro disposizione, di rilevante contenuto culturale ed artistico. La giuria, presieduta dal prof. Carlo Marcantonio e composta fra gli altri dal pittore Mario Magliocchetti e dal gallerista romano Piersergio Lazzari ha assegnato il 1° premio all’artista Francesco Costanzo, il quale ha presentato un’opera dal contenuto mitologico interpretando alla perfezione la millenaria cultura della coltivazione della vita. Al 2° posto si è classificato il giovane Antonio Marziale con un bel paesaggio campestre bloccato nella notte di San Lorenzo: migliaia di stelle cadenti che illuminano le fatiche dell’uomo espresse in una serie di campi ben coltivati e produttori di vita. Il 3° premio infine è stato vinto da Antonio Civitarese di Chieti con una spettacolare composizione architettonica di un paese dove l’interesse maggiore viene catturato dalla calda luce che proviene dagli interni delle case, ritrovo della famiglia contadina dopo una dura giornata di lavoro. Molto bravi e premiati anche gli artisti Lamberto De Angelis e Luigi Fusano. I premi sono stati consegnati dal presidente dell’ Associazione Commercianti di San Cesareo Mauro Ginepri.
Mirco Buffi


montecompatri

"Fogli castellani"
Esposti il 26 e 27 agosto i disegni di Roberto Proietti

La mostra "Fogli castellani" di Roberto Proietti raccoglie il materiale prodotto dal disegnatore per il nostro mensile diffuso nei Castelli Romani. Si tratta di disegni realizzati per illustrare i numeri del giornale degli ultimi due anni. Il disegno, qui, è quindi frutto di un’associazione incrociata, fra gli scritti degli autori di Notizie in… Controluce e il disegnatore, e fra il disegnatore e il giornale, saltando a piè pari, nella stragrande maggioranza dei casi, il rapporto fra il disegnatore e gli autori degli scritti.
La mostra ha offerto la possibilità di vedere gli originali che sono stati pubblicati, più qualche pezzo in anteprima, come la serie dei disegni ispirati dai versi romaneschi di Trilussa. Questi lavori inediti vedranno fra breve la pubblicazione sul nostro giornale. La scelta adottata non è stata quella di proporre una mostra in qualche modo unitaria, tematica, dal punto di vista iconografico: come avviene nella gran parte delle mostre, in cui si seleziona il materiale, togliendo all’occhio del visitatore tutti quei disegni in qualche modo "meno riusciti". Volendo "documentare" gli originali che stanno dietro alle pubblicazioni del giornale, appariva contraddittorio, e comunque lontano dalle finalità della mostra, proporre i lavori di Proietti che spiccassero per la riuscita "artistica", magari inserendo altre illustrazioni dell’autore, o l’opera fumettistica.
A questo punto, è facile notare la diversità delle illustrazioni degli articoli del giornale dalle illustrazioni dei racconti. Nel caso dell’illustrazione degli articoli, non si richiedevano all’autore liquidi voli pindarici in architetture e arcobaleni di linee e colori. Al contrario: si richiedeva un disegno molto semplice, lineare, il cui fine era la stampa di una illustrazione piccola come un francobollo, e il cui tempo di realizzazione del lavoro era di poche ore. Nel caso dei racconti, il discorso è diverso. Trattandosi di un’opera di fantasia, nel genere della narrativa, il racconto assume forme estetiche e drammatiche diverse, con colorazioni sonore e ambientazioni che possono variare di molto. Si tratta di un sistema di scrittura più articolato, da cui si possono trarre opere teatrali, fumetti, film o sceneggiati televisivi. Nella sua brevità il racconto dà un umore e un’atmosfera, richiama odori, eppure, non sviluppando molto i temi e i personaggi, permette di essere una sorta di soggetto, su cui si può ancora lavorare.
Il rischio per un disegnatore che voglia illustrare un racconto è simile a quello di un traduttore che voglia rendere in italiano una poesia o un romanzo stranieri. Può adottare la propria voce, naturalmente, il proprio stile, di certo, annullando o comunque sommergendo la voce e lo stile dell’originale. L’abilità di Proietti su questo terreno sdrucciolevole è stata quella di rendersi subito conto della differenza fra un lavoro artistico personale, fatto per sé soltanto, e un lavoro artistico fatto per un giornale e i suoi lettori. Rispettando tutti, ha dato sfoggio a una serie di illustrazioni stilisticamente variegate, mantenendo una fedeltà fisionomica e ambientale rispetto ai personaggi originali, ma ricorrendo a un disegno che cerca di riprodurre l’ironia di un autore, l’amarezza di un altro, la crudezza di un altro ancora, attraverso colorazioni e tratti di volta in volta studiati per l’occasione.
Nelle serie "L’odore dell’assoluto" e "Il buco", la mania e la fobia per i buchi venivano trattati con inquietante ironia dallo scrittore Lorenzo Pompeo, e allora il disegno di Proietti assume tratti scanzonati e innocenti di un certo modo di fare fumetti in Francia (a partire da Tin Tin). Questa soluzione sarebbe stata inadeguata a raccontare per immagini il dramma di Irina (nell’omonimo racconto): qui il contesto della prostituzione e del degrado sociale e affettivo, che lo scrittore Fabrizio Natalini ha reso in modo informato, con un’ottima tenuta drammatica e una rischiosa quanto controllata abilità linguistica, ha prodotto una serie di disegni che trovano le proprie radici nel fumetto nero italiano. Di fronte alla realtà rurale della rivolta contadina nel Mezzogiorno raccontata con amarezza da Michele Pascale in "Papara Ciompa", l’esito iconografico prende spunto dai murales come mezzo di denuncia sociale: una sorta di radio o televisione del sottosviluppo. Da "Joycismi Protosenili" di Sergio Maria Faini, l’uomo solo, in attesa di una temuta telefonata, si concretizza in un disegno rarefatto e compatto, con zone di depressione cromatica, intese a chiudere il personaggio nel suo isolamento, addirittura a distorcerlo nella sua massa figurativa, in una sorta di instabilità emotiva, e, ancor più, instabilità di identità: l’instabilità psicologica si fa irrequietudine che invade tutto il corpo, e il personaggio si vede "guardato", sottoposto al giudizio di un occhio esterno. Delicato e trasognato appare il disegno di Proietti nella trasposizione figurativa del racconto "Ritratto di luna con cascina", mentre nel caso dell’illustrazione de "Il revisionista", un racconto più didascalico e complesso degli altri, Roberto Proietti ha voluto aderire al lavoro della scrittura di Piero Vaglioni attraverso il proprio stile più congeniale: quello che in genere impiega nella costruzione del fumetto.
Felici appaiono alcuni esiti dell’incontro con la poesia presentati nella mostra. Il poeta romanesco Trilussa viene riscandito attraverso alcune vignette divertenti, e qui la scansione, più che seguire i versi, è libera, e questo offre delle possibilità di realizzazione originali, che vanno oltre l’illustrazione, assumendo le caratteristiche più proprie della satira.
Articoli giornalistici e letteratura d’autore hanno attraversato quindi la mostra, che è stata goduta sotto vari profili: l’osservazione del disegno in sé, il disegno come momento editoriale, il disegno come rilettura dell’opera di altri. La gamma dei profili è ampia, e il taglio documentaristico della mostra ha permesso al visitatore di far libero ricorso alla propria sensibilità e ai propri interessi più particolari.
Nicola D’Ugo

Roberto Proietti è nato a Roma l’11 febbraio 1970. È autore di fumetti. Lavora per diverse aziende nell’ambito della grafica pubblicitaria e collabora con Notizie in… Controluce come illustratore. Nel 1999 è stato premiato a Catania alla mostra-concorso "Grandi catene per piccoli schiavi. Fumetto contro lo sfruttamento dei minori", organizzata dalla Fondazione Marco Montalbano e dall’associazione Mani Tese. È membro del "gruppo di frascati".


labico

Premio Internazionale per la creatività

La piccola ma attiva città di Labico anche quest’anno ha voluto regalare ai propri cittadini e ai numerosissimi intervenuti dai molti centri del comprensorio, una manifestazione eccezionale sotto diversi punti di vista. Già nel ’99 la giunta comunale con a capo il sindaco Alfredo galli e l’assessore alla cultura Tulli, coadiuvati da tutti gli altri amministratori, ha fornito una prova di coraggio e di buon gusto nell’organizzazione della prima edizione. Quest’anno le cose sono andate ancora meglio per la presenza di giovani talenti di livello nazionale nel campo della moda. Sono stati presentati modelli a firma di Balestra, Massimo Orlando, Jamal Taslaq, Massimo Capuzzolo e Canistrà. Ospite d’onore, la stilista Slana Dragana Ognjenovic di Belgrado, città con la quale Labico è gemellata. Molte le presenze importanti, dal vicesindaco Giordano ad alcuni sindaci dei paesi limitrofi quali Enrico Diacetti, Latini, Angelo Miele. Per San Cesareo, Mariani ha inviato un suo rappresentante. Presenti inoltre gli Onorevoli Santoro e Cacciotti, e il noto gioielliere di Via Veneto Nicola Capuano, che ha donato le targhe assegnate agli stilisti e alla presentatrice della serata, l’attrice Anna Kanakis. Alcune simpatiche battute dell’attore Stefano Masciarelli hanno concluso la serata molto apprezzata dagli oltre tremila presenti.
Carlo Marcantonio


san cesareo

Achtung, rifugiati!

Ha suscitato un vivo allarme nella popolazione la notizia che in paese sarà aperto un centro di accoglienza per rifugiati politici. Immediata l’agitazione e il fastidio provato dai paesani che, evidentemente, sono venuti a conoscenza di qualche motivo valido per provare un senso di ribrezzo lungo la schiena a causa della venuta di stranieri. Il Copir, Conferenza Permanente Internazionale dei Rifugiati, ha acquistato in Via Nazario Sauro una villa che accoglierà in un clima ostile gli ospiti non Italiani. Immediata e decisa la crociata per preservare la purezza del territorio e della popolazione da parte di molti cittadini. Alcuni hanno consegnato al sindaco Mariani una petizione con 150 firme al fine di scongiurare il pericolo di contaminazioni. Il primo cittadino però ha fatto sapere che ad avere ospitalità non saranno profughi, delinquenti o clandestini entrati in Italia chissà come, bensì normali famiglie perseguitate nel proprio paese per motivi politici, quindi di tipo razzista. Miglior sorte non troveranno, a quanto pare, i perseguitati, evidentemente tali in ogni parte del mondo. Recita un vecchio proverbio che, a chi nasce sfortunato, piove sul didietro anche se sta seduto. Mariani non esprime preoccupazione per la trentina di rifugiati che saranno accolti a partire dal prossimo gennaio, bensì per i più pericolosi clandestini che si aggirano nel territorio perpetrando reati.
Luca Marcantonio


genzano

Addio a un Maestro

La fine dell’estate ci ha portato un lutto che ci fa sentire un po’ più soli. Renato Torti ci ha lasciati, così, con la stessa semplicità e modestia con cui ci ha accompagnato tutti questi anni, lungo le vie dell’arte e delle tradizioni artistiche dell’Infiorata, lungo via Livia, dove molto spesso lo si incontrava e ci si discuteva sulle nostre tradizioni, su come mantenerle, su come farle rifiorire. Lui era un vero e proprio maestro infioratore. Ha vissuto per questa tradizione, ha dedicato ogni suo minuto a farla conoscere portando per primo, un corso sull’infiorata nelle scuole di Genzano. "perché la tradizione va insegnata" ha ripetuto spesso, corroborando una scelta fatta col cuore. Molti sono i suoi acquerelli e le sue vedute del lago di Nemi che lui aveva il privilegio di osservare ogni giorno da casa sua. Suo è il libro per eccellenza sull’Infiorata di Genzano, scritto dopo attente ed accurate ricerche storiche, anche questa, un’opera fatta soprattutto per ragioni di cuore. Basta avvicinarsi ad ogni sua opera per sentire la passione con la quale ha amato la sua cittadina, per avvertire l’empatia che ha sempre avuto con questi luoghi. Questo è ora l’unico modo per ritrovarlo, per "scambiarci quattro chiacchiere" per permearci della sua capacità e della sua umiltà nel portare a termine i progetti tesi a dare lustro al nostro Paese ed alla nostra cultura.
Silvia Del Prete


PIO IX a Monte Compatri 135 anni fa
...un paese tutto messo a festa e adorno di apparati, ghirlande di verdura, bandiere, tappeti o arazzi alle finestre, iscrizioni o epigrafi nei diversi più segnalati punti delle strade, le quali erano state accomodate, a renderne più agevole la salita

Viene beatificato il 2 settembre 2000, in occasione del Giubileo, Giovanni Maria Mastai Ferretti - Pio IX - l ‘ultimo papa-re sul soglio pontificio, tra i protagonisti della tormentata vicenda risorgimentale conclusasi con la breccia di Porta Pia. Nato a Senigallia nel 1792, di spiccate capacità intellettuali iniziò gli studi tra gli Scolopi di Volterra e poi a Roma. Ordinato sacerdote a 27 anni, ebbe un breve incarico diplomatico in Cile e, giovanissimo - aveva solo 35 anni - fu consacrato vescovo. Fu arcivescovo di Spoleto, poi di Imola. Divenne cardinale nel 1840 e, il 16 giugno del 1846, dopo meno di due giorni di conclave, fu eletto papa. Il suo fu il più lungo pontificato: ben 32 anni. Pio IX morì infatti il 7 febbraio del 1878. Devotissimo al S. Cuore e alla Madonna (di cui proclamò il dogma dell’Immacolata nel 1854), Pio IX, ebbe agli inizi del pontificato i favori di molti esponenti liberali convinti di un suo appoggio alla causa dell’unità d’Italia, soprattutto secondo gli ideali ‘neoguelfi’ di Gioberti, ma poi il papa fu costretto da successive vicende - i moti di Roma, la breve Repubblica romana, l’esilio a Gaeta, l’assassinio di Pellegrino Rossi , ecc. - a ripiegare sulla strenua difesa del potere temporale. Condannò massoneria, società segrete, liberalismo e socialismo, nel cosiddetto Sillabo allegato all’enciclica Quanta cura. Indisse il Concilio Vaticano I, sospeso poi il 20 ottobre del 1870 un mese dopo la presa di Roma e la caduta del potere temporale dei papi.
Con la collaborazione dell’attivo cardinale Giacomo Antonelli, suo segretario di Stato, dette vita a molteplici opere, tra cui la programmazione, ed in buona parte l’attuazione, delle linee ferrate nello Stato pontificio, la prima delle quali la Roma-Frascati fu inaugurata nel 1856. Al papa piaceva andare in visita alle chiese suburbicarie ed ai Castelli in particolare, soprattutto quando nel periodo estivo soggiornava nella residenza di Castel Gandolfo. Venne pertanto più volte tra il 1852 e il 1868 a Frascati, Grottaferrata, Rocca di Papa, Monteporzio, e anche a Monte Compatri. In questa ultima località fu calorosamente accolto il 12 di agosto del 1865. Il Giornale di Roma del 14 agosto di quell’anno, in una particolareggiata cronaca - ripresa da La Civiltà Cattolica del 16 settembre 1865 (quaderno n. 372) - ne descrive l’arrivo del papa verso le dieci della mattina in un paese tutto messo a festa e adorno di apparati, ghirlande di verdura, bandiere, tappeti o arazzi alle finestre, iscrizioni o epigrafi nei diversi più segnalati punti delle strade, le quali erano state accomodate, a renderne più agevole la salita; ed esse, come pure le case adiacenti, eransi anche abbellite il meglio che fosse dato di fare. Presso la chiesa il Santo Padre fu ricevuto da Cardinal Cagiano de Azevedo vescovo di Frascati e dal cardinal Pentini. Quindi ‘ascoltò la S. Messa celebrata da uno de’ suoi cappellani’. Vedendo poi nella chiesa accolte le ragazze frequentanti le scuole del paese, chiamò a sé le Maestre Pie che le istruiscono e consegnò loro oggetti diversi perché li distribuissero in dono alle giovinette più assidue alla scuola, più savie in condotta, più diligenti nello studio.
Dalla chiesa il papa si recò al palazzo comunale e dal balcone di esso impartì la benedizione alla sottoposta popolazione accalcata, la quale salutò con immenso applauso l’amato padre e Sovrano, così al primo suo mostrarsi come al dipartirsi. Dopo aver ammesso al bacio del piede clero e magistratura, i principi Borghese e personalità varie, il papa ebbe l’omaggio di una bambina che, recitando alcuni versi per la circostanza, gli donò una notevole offerta per l’Obolo di S. Pietro. Era questa offerta un omaggio di tutta la popolazione per comprovare la sua gratitudine all’amato Sovrano, che la onorava di sua augusta presenza. Terminato il bacio del piede, Sua santità, seguita da quanti avevano avuto l’onore di avvicinarla, volle scendere a piedi la lunga scoscesa via, la quale era tanto ingombra da tutta la popolazione accorsavi, che la folla, per buon tratto di tempo, rese impossibile alle carrozze di avvicinarsi. Fu così che il Papa colse l’occasione per avvicinare alcuni giovanetti scolari con nastro bianco-giallo sulla spalla e bandierine con gli stessi colori e li interrogò sulla Dottrina cristiana, cui seppero ben rispondere tanto da premiarli con una piccola medaglia data a ciascuno.
Arrivate le carrozze e salutati i cardinali, Pio IX si recò al Santuario di San Silvestro, abitato ed uffiziato dai padri Carmelitani scalzi. Quivi, ricevuto dai superiori dell’Ordine e da quella religiosa famiglia, e trattenutosi per alcun tempo, prima nella chiesa ad orare, poscia a benigno colloquio coi padri nel convento, se ne ripartì verso mezzogiorno per Castel Gandolfo. Sua Santità, come ha sempre praticato nei luoghi visitati, lasciò per i poveri di Monte Compatri una generosa elemosina. Ma il S. Padre anche ad altri luoghi delle diocesi di Albano e di Frascati volle estese le sue larghezze, ed infatti nei giorni seguenti, non appena ebbe ricevuto in dono a Castel Gandolfo una cassa di paste fine da minestra, dispose che queste paste, perché leggere e gustose, servissero agli ammalati dei due ospedali di Albano e Frascati, cui le fece ripartitamente distribuire.
Cinque anni dopo, il 20 settembre 1870, la breccia di Porta Pia e la conseguente presa di Roma, relegò il papa in Vaticano da cui non uscì più se non dopo la morte, quando tre anni dopo (nel luglio del 1881) la sua salma verrà trasferita al Verano (il pontefice aveva espresso questo desiderio prima di morire) correndo però anche il rischio di essere gettata nel Tevere a causa delle contestazioni anticlericali e massoniche.
Valentino Marcon


genzano

Pane: Una tradizione sostanziale

Non è certo un’invenzione di oggi. Testimonianze prodotte ci rivelano che il pane, questo semplicissimo impasto di farina, acqua, lievito e sale nutre e sfama i popoli dai tempi degli antichi egizi. L’odore che promana dai forni, durante la notte e la mattina presto ed il richiamo della "sfornata" di mezza mattinata continuano ad esercitare un sano desiderio di qualcosa di buono, una sensazione di benessere, dandoci l’impressione del "sentirci a casa". È per questo che Genzano esalta la propria tradizione, oltre che ogni giorno, da 12 anni a questa parte con la festa del pane, onorando questo semplice e basilare alimento. Genzano si è sempre fatto portatore e difensore dei diritti del pane: a cominciare dalle lotte per esso nell’Ottocento, quando tale alimento era la principale vivanda della dieta quotidiana e quando la tradizione voleva che in ogni famiglia la donna di casa dedicasse un giorno, in genere quello della festa, quasi a mo’ di rito, alla preparazione dell’impasto. E la tutela del pane è divenuta un fiore all’occhiello delle iniziative genzanesi, soprattutto da quando, nel 1988, è nato il "Consorzio Tutela Pane Casereccio di Genzano" e da quando al nostro pane è stato riconosciuto il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta). Dopo questi primi dodici anni, le "celebrazioni" del pane hanno avuto come scopo l’elaborazione di un bilancio su quanto si è lavorato e su quanto ancora rimane da fare per promuovere sempre più il nostro amato alimento. I festeggiamenti hanno preso il via con una mostra sul pane italiano ed un convegno tenutisi nel week-end del 23-24 settembre presso il palazzo Sforza Cesarini. Il momento più atteso è stato naturalmente la degustazione della domenica dei prodotti tipici e la realizzazione, per il terzo anno consecutivo, della bruschetta più lunga del mondo alla quale hanno partecipato i 17 forni del consorzio. Anche quest’anno abbiamo migliorato il nostro record, che è stato "cancellato" in un sol boccone quando c’è stato l’assalto al serpentone di pane, condito con olio, crema di olive, pomodorini, verdura, fagioli e che percorreva via Livia quasi tutta intera, facendo la felicità di quanti si erano appostati lì ed erano rimasti in attesa per circa 2 ore! L’abbuffata è stata accompagnata dalla sfilata storica dell’Associazione culturale Folklandia che ha allietato con canti e balli in piazza l’evento, seguita dai Grezzi Per Caso un novello gruppo di teatro dialettale che si sta guadagnando, con l’esilarante simpatia attraverso la quale rappresenta i "genzanesi tipo", una meritata fama. Non resta che fare una passeggiata e conoscere, far apprezzare ed assaporare questa meravigliosa e semplice bontà che ci accompagna tutti i giorni!
Silvia Del Prete


san cesareo

Giubileo, ospitalità da record

Campioni di accoglienza. Con queste parole il sindaco Filippo Mariani ha sintetizzato quanto è accaduto in paese. Mariani aveva fatto appello alla tradizionale ospitalità dei sancesaresi chiedendo loro di accogliere nel miglior modo possibile i partecipanti alla Giornata Mondiale della Gioventù. Come molte altre cittadine della provincia, anche San Cesareo ha infatti ospitato molti giovani arrivati per incontrare il Papa in occasione del Giubileo. Ma il vanto è stato quello di aver offerto, unici a farlo, una serie di iniziative collaterali per non lasciare allo sbando e nella noia i ragazzi nelle ore serali e in quelle in cui non era richiesta la loro presenza a Roma. Così, il sindaco ha predisposto servizi e diversivi per intrattenere gli ospiti, circa quattrocento e tutti tedeschi, accolti a San Cesareo in case, scuole e palestre. Il comune ha innanzitutto messo a disposizione un interprete per farsi portavoce del gruppo. Sono poi state organizzate serate di intrattenimento con gare, giochi popolari, targhe per premiare sia vincitori sia il sacerdote che li ha accompagnati. Alcuni componenti del comitato "Le capanne" hanno addirittura comprato un camion di cocomeri, andato esaurito in poco tempo, mentre un giorno sono state offerte a tutti grandi quantità di penne all’arrabbiata, ovviamente graditissime dagli ospiti. Inoltre, una sera è stata perfino allestita un grande discoteca in piazza par far ballare i ragazzi, entusiasti per l’accoglienza ricevuta. Insomma una festa nella festa, che ha reso felici i giovani, ringraziati dal sindaco per aver portato da lontano una così grande testimonianza di fede, fratellanza e amicizia. Mariani ha poi voluto ringraziare anche coloro che hanno reso possibile tutto questo con la loro assidua presenza, come il comandante Pizziconi dei Carabinieri, il comandante dei Vigili Urbani, Guido Scarpato, e i componenti del "Circolo 77" tra cui Daniele Baccarini. Fantastica anche l’accoglienza riservata dalle molte famiglie che hanno avuto con loro i pellegrini, che oltretutto si sono comportati in maniera estremamente civile. Stupenda, per fare un esempio, l’iniziativa della famiglia di Franco e Amalia Fiasco che, avendo ospitato tre ragazze tedesche di cui una diventata maggiorenne proprio durante quei magici giorni, ha organizzato per costei una grande festa a sorpresa con tanti invitati, regalando alla ragazza un ricordo tanto commovente quanto indimenticabile.
Luca Marcantonio


nemi

Non datecela a bere
Acqua potabile delle abitazioni: valida alternativa alle bottiglie

Il 16 e 17 settembre Nemi è stata ospite di una tappa dell’iniziativa di Greenpeace volta a dimostrare che l’acqua potabile delle abitazioni è una valida alternativa a quella in bottiglia; ciò eviterebbe un grave danno all’ambiente, causato dalla plastica delle confezioni. È cosa ormai nota, infatti, che per le industrie è più conveniente produrre nuove bottiglie di plastica, anziché riciclare quelle vecchie.
Uno dei problemi principali è la dispersione dell’acqua ad uso industriale e domestico; ciò avviene perché gli acquedotti sono ancora quelli degli anni ’50, in cemento armato. Attualmente il sistema più utilizzato in Italia per rendere potabile l’acqua che scorre dai rubinetti di casa, consiste nell’aggiunta di cloro, ma a Torino e Pomezia (RM) si stanno sperimentando nuovi metodi basati sull’utilizzo di raggi ultravioletti e, in alternativa, acqua ossigenata. D’altra parte ognuno può facilmente verificare che nemmeno acquistando acqua in bottiglia si può avere la certezza di trovare le giuste componenti. Recentemente, infatti, nella maggior parte dei casi la composizione indicata sull’etichetta non risulta verificata.
Il sindaco di Nemi, che ha dato la sua disponibilità nell’ospitare la manifestazione, ha dichiarato "sono certo che l’acqua di Nemi non è buona ma ottima, perché viene captata a 300 metri di profondità e subito immessa nella rete. L’ultimo intervento di modernizzazione dell’impianto è stato fatto quest’anno, si deve ancora solo innovare la rete di distribuzione per eliminare le dispersioni". Il sindaco si dichiara propenso ad accogliere i suggerimenti di Greenpeace sulla sperimentazione di sostanze alternative al cloro per le acque potabili, promettendo di inoltrare la proposta alle autorità competenti.
La campagna condotta da Greenpeace ha confermato che la regione più a rischio per le acque potabili è l’Emilia Romagna, mentre il Lazio sostiene il record opposto; a conferma di ciò, da un’analisi effettuata sull’acqua della fontana di Nemi, questa risulta assolutamente potabile, anzi migliore di quelle distribuite nei punti vendita, ciò a conferma di quanto sostenuto dal sindaco.
Valeria Scillieri


genzano

L’Accademia in Museo
"Le ultime generazioni"

Quello sopra citato è il titolo di un ciclo di tre mostre che si stanno snodando durante quest’anno e che sono state organizzate dall’Assessorato alla cultura, turismo e sport del Comune di Genzano, in collaborazione con l’accademia delle Belle Arti di Roma. L’evento si sta tenendo presso il museo dell’Infiorata della cittadina. Scopo di questa manifestazione è evidenziare come si sia sviluppato il linguaggio dell’arte dei giovani artisti nel corso di questi ultimi dieci anni, grazie all’evoluzione artistica che è stata perseguita anche dall’Accademia di Belle Arti di Roma. "Le ultime generazioni" è la seconda delle mostre proposte, dopo quella inaugurata il 13 maggio. Il progetto prevede l’esposizione di opere elaborate da cinque giovani dell’Accademia e segnalati dal Direttore dell’Istituto stesso, il professor Antonio Passa, e che si sono distinti in questi anni.
Gli artisti che espongono durante questa seconda occasione sono: Roberto Carbone, Silvia Cini, Emanuele Costanzo,i Matia, Federico Pietrella. Tutti costoro si sono diplomati da circa cinque anni e la loro proposta artistica è già stata valutata in modo estremamente positivo dai critici d’arte. Esprimono la loro arte attraverso la pittura, la fotografia, fino ad utilizzare i più moderni strumenti grafici. Il progetto a cui hanno partecipato nell’esposizione ha previsto un elaborato proposto appositamente per gli spazi del museo. La mostra, inaugurata il 30 settembre, durerà fino al 28 Ottobre 2000 e rispetterà un orario dalle 17.00 alle 20.00, tutti i giorni. Per ulteriori informazioni ci si può rivolgere allo 06 93711315.
Silvia Del Prete


velletri

Monte Artemisio
Danni ambientali per l’esbosco

Gravissimo il danno ambientale provocato dall’esbosco del taglio sul Monte Artemisio.
Il Club Alpino Italiano S/Sezione di Velletri, in accordo con il Circolo Legambiente Appia – Sud "il Riccio", invitano le altre associazioni ed i singoli cittadini a vigilare sul patrimonio boschivo, che è fonte di ricchezza ma anche un fragilissimo ecosistema che va difeso e tutelato. Periodicamente in occasione dell’esbosco vengono aperte nuove piste, con movimentazione di notevoli quantità di terra e distruzione di pareti basaltiche, nonché il conseguente sconquasso del suolo e del sottobosco. Stando così le cose, non è da escludersi la violazione di siti archeologici e gravi danni nei territori sottostanti. La zona attualmente interessata al danno ambientale sul Monte Artemisio è quella delle "fontanelle del maschio", ricadenti nel territorio del Comune di Rocca di Papa.
Il Club Alpino Italiano e Legambiente hanno ripetutamente comunicato e documentato la situazione alle autorità preposte e vogliono ora informare e sensibilizzare la cittadinanza affinché vigili sulla sicurezza propria e dell’ambiente circostante.
Valeria Scillieri


castelli romani

Antenne
Suggerimenti per i regolamenti edilizi comunali

Il problema dell’inquinamento elettromagnetico è diventato, ormai, argomento di pubblico dominio e discussione. È al centro dell’attenzione, provoca dibattiti e prese di posizione, basta sfogliare, in un giorno qualsiasi, un quotidiano, soprattutto quelli a diffusione locale, per leggere che più di un comitato di cittadini dimostra e protesta contro l’esistenza o la progettazione di linee elettriche o di antenne per tele-radio comunicazione.
Le associazioni ambientaliste cominciano ad interrogarsi su questo problema, essendo coinvolte sotto un duplice aspetto: quello della tutela paesaggistica e quello della prevenzione dall’inquinamento ambientale.
Sotto il profilo del quadro legislativo, riconducibile agli articoli 9 (tutela del paesaggio) e 32 (tutela della salute) della Costituzione, la materia ha avuto solo di recente una prima parziale regolamentazione. Il Decreto del Ministero dell’Ambiente N° 381 del 28 settembre 1998, che riguarda i soli impianti fissi per le telecomunicazioni, fissa i limiti di esposizione; le prescrizioni non sono applicabili nè ai sistemi radar, nè ai terminali mobili telefonici (telefonini cellulari). Dal punto di vista urbanistico non esistono norme specifiche in merito agli impianti fissi per telecomunicazioni ed in particolare per i cosiddetti impianti fissi per telefonia cellulare.
Qualche Comune ha cominciato a porsi il problema sulla base di una recente sentenza del Consiglio di Stato, che ha stabilito che anche l’installazione delle antenne è soggetta a concessione edilizia: di conseguenza le commissioni edilizie hanno cominciato ad esaminare progetti che riguardano l’installazione di antenne, con difficoltà di approccio dal punto di vista metodologico e normativo, non essendo contenuti nei regolamenti edilizi riferimenti specifici a riguardo.
Personalmente ho partecipato a riunioni di commissione edilizia interminabili sul posizionamento di antenne, sottoposto, ma per me è una abitudine, alle solite battute: "La tecnologia è progresso, non può essere fermata da ostruzionismi di principio!". Nell’imbarazzo generale, qualche soluzione è stata trovata, o meglio è stata suggerita dal Comune di Parma, che ha provveduto ad aggiungere un articolo al proprio regolamento edilizio, che si applica per l’installazione di antenne.
L’articolo del regolamento (42 bis) fa riferimento al D.M. Ambiente N° 381 per frequenze comprese tra 100 KHz e 300 GHz ed ai limiti imposti dal decreto (6 V/m per esposizioni delle popolazioni superiori a 4 ore). I punti chiave del regolamento sono costituiti dal comma 4): "le antenne e le parabole devono essere collocate sulle coperture degli edifici, sono pertanto escluse le installazioni in facciata e sui balconi", e dal comma 5) dove è consigliata l’ installazione "su falde non prospicienti la pubblica via". L’installazione è, inoltre, vietata ad una distanza inferiore a 100 metri da scuole, asili, ospedali e case di cura e sulle falde in contrapposizione visiva ad edifici di rilevante valore storico-artistico. Infine l’installazione di nuovi impianti o antenne funzionali alla telefonia mobile sarà ammessa solo a seguito della approvazione, da parte dell’ amministrazione comunale, del piano complessivo delle installazioni. Ovviamente per gli edifici storici vincolati dalla 1089/39 è necessario il parere della Soprintendenza, nelle aree soggette a vincolo ambientale, quali ad esempio i parchi regionali, è necessario il nulla osta dell’Ente di gestione. Recentemente il Parco Regionale dei Castelli Romani, gravato dalle installazioni di Monte Cavo (Rocca di Papa) e San Silvestro (Monte Compatri), ha coraggiosamente deliberato di sospendere il rilascio di nulla osta per le installazioni di telefonia mobile, e sta aprendo una trattativa con l’ENEL per la dismissione di tralicci non attivi.
È evidente, da quanto ho brevemente illustrato, che qualcosa può essere fatto nell’ambito delle commissioni edilizie comunali e all’interno degli Enti Parco, in attesa che venga approvata la nuova legge quadro sulle radio emittenze, cui seguiranno i provvedimenti attuativi. Mi pongo un interrogativo finale, non conoscendo gli effetti sulla salute dell’inquinamento elettromagnetico, vorrei consultare le rilevazioni epidemiologiche dell’ISTAT degli ultimi cinquanta anni relative alle zone a rischio elettrosmog.
Franco Medici


monte compatri

8-9-10 settembre 2000
Festa della Madonna del Castagno

Sono stati più interessanti del solito quest’anno i festeggiamenti in onore della Madonna del Castagno, la Sacra Immagine che da secoli protegge e dispensa grazie ai monticiani. La processione si è svolta il giorno 9 con partenza dalla Parrocchia di Montecompatri e arrivo davanti al Santuario del Castagno. Il programma dei festeggiamenti, oltre all’evento religioso, ha visto i monticiani cimentarsi in giochi popolari e nelle degustazione di piatti tipici locali preparati dagli organizzatori che ricordiamo sono i soci del "Circolo S. Antonio Abate". Numerosi sono stati gli stands presenti, con esposizioni di varia natura: scultura, pittura, poesia, fotografia, curiosità, ecc.; da non scordare poi la presenza dei volontari dell’Associazione Italiana per la ricerca sulla distonia di cui avremo modo di parlare in maniera più approfondita su queste stesse pagine. È stato inoltre presentato il libro di Anna Maria Di Massimo "…e d’inverno c’era l’odore della legna bruciata…", il toccante ricordo sulla vita di Frascati e Monte Compatri negli anni ’40 e ’50. Il10 si è svolto il quarto Torneo del Castagno: gara di tiro con l’arco tra i borghi storici di Monte Compatri che ha visto vincere borgo Le Prata; sul prato è stato installato un enorme gioco gonfiabile per la gioia dei più piccini; sabato 9 si è esibita la "Vasco Rossi Cover Band" e domenica 10 il solista Antonio. A chiusura dei festeggiamenti non sono mancati i tradizionali fuochi artificiali che a detta di molti, compreso chi scrive, sono tra i più belli che si possano ammirare in tutto il circondario.
Mirco Buffi


rocca priora

Sogno di mezza estate
"brulicar del borgo" non di persone, ma di motori. Il tempo corrode ed aggredisce la nostra storia, il nostro passato

Una sera qualunque di un giorno qualunque di mezza estate. Consumo una cena frugale dopodichè prendo la giacca e mi appresto ad uscire con mia moglie.
Salendo da Via Fontana M. apprezzo l’aria frizzantina dei nostri colli. Seguendo l’inerpicarsi di Via Roma verso il centro storico, sento i nostri passi infrangere la quiete della sera. "Sotto lu ponte", sopra un cavo dei lampioni, le "Palommelle" riposano al tepore delle pietre.
Eccola, Piazza del Belvedere dove lo sguardo passa dall’Artemisio a monte delle Faete, il tappeto di luci che da Roma si estende verso il mare si adagia sui pendii dei monti Tuscolo e Salomone. Incastrati tra due case, San Silvestro e Monte Compatri. Lo spirito è appagato della salita percorsa. La porta Ogivale immette in Piazza Vittorio Emanuele, brulicare di gente intenta a parlare, ridere, discutere. La vita della sera scorre lungo i vicoli, e ti accorgi che il tuo paese nulla ha da invidiare alle più blasonate piazze d’Italia (Capri, Ischia, Portofino ed i centri storici dell’Umbria). Proseguendo per Via Umberto I tra le persone aitanti, apprezzi portali, immagini votive sulle pareti e con occhio più attento una splendida scala elicoidale in peperino. La strada si allarga su Piazza Umberto I dove sovrastano padroni il castello fortezza dei Savelli del XII – XIV sec. e la parrocchia S. Maria Assunta in Cielo del sec. XIV – XV. I vicoli che salgono e le piazzette del vecchio borgo, portano un brulicare di voci provenienti dalle botteghe d’arte e Hostarie del centro storico, miste all’aria fresca degli 800 m.
Camminando in Piazza Zanardelli, tra i giardini e il monumento ai caduti, non puoi distogliere lo sguardo che in senso circolare ti accompagna dai monti Salomone e S. Silvestro, dove s’intarsia all’orizzonte la cupola di S. Pietro, a Monte Compatri coronata dal brillare delle luci della capitale. Dalla vicina Colonna alle luci sospese sui neri monti Tiburtini di Tivoli, Poli e S. Gregorio. Ai tuoi piedi S. Cesareo, Zagarolo, Gallicano e Palestrina adagiata con le sue luci sulle pendici dei monti Prenestini. Le frazioni di Colle di Fuori e Carchitti, aprono la strada verso le più lontane luci del Piglio e le zone di Valmontone – Colleferro. La splendida macchia nera di monte dell’Orso, lo Sbrincolo e monte Fiore, sostengono nel cielo le luminarie di Rocca Massima. Il crinale che dal Maschio dell’Ariano per monte Peschio unisce il Maschio dell’Artemisio abbraccia il Vivaro consegnandoti Palazzo Savelli. Mi siedo consapevole di godere un paese vivo ed un panorama unico: balcone sulla capitale, sull’Appennino Laziale – Abruzzese con la valle del Sacco, e sull’unicità del Vulcano Laziale.
Urla di bambini dietro un pallone, un improvviso fischio arbitrale, svegliano un illusorio sogno di mezza estate. Un volo nella mente e mi accorgo di aver vissuto una fantasia, non nelle zone descritte, ma nel deserto di gente che mi circonda portandomi ad una magra realtà del "brulicar del borgo" non di persone, ma di motori e macchine parcheggiate.
Il tempo corrode ed aggredisce la nostra storia, il nostro passato. Per la politica ancora parole e programmi di una cultura ormai dispersa. Usciremo dalle nostre case per il piacere d’incontrarci, camminando nella realtà di vivere un "sogno di mezza estate"?
P.S. Domenica di settembre, casualmente vengo a conoscenza che in Piazza V. Emanuele (la "piazza" del centro storico), tra le 18.00 e le 20.00, si esibisce una band che propone Jazz e Swing classico originale. Colgo l’occasione per una serata diversa. Una gradevole sorpresa nel vedere la nostra piazza vivere un momento musicale di ottimo livello. La piazzetta si anima, la musica Jazz si propaga lungo i vicoli. Molte persone scendono da casa, si apprestano a godere la sera. È, purtroppo, il passaggio e la sosta di auto ad infrangere le note. Apprendo con disappunto dell’iniziativa, voluta dall’ass. Alessandra Tibaldi, e che un’amministrazione assente non ha saputo divulgare ai cittadini. Nulla in questi mesi è trapelato sul fatto che tutte le domeniche, sino al 17/9, vi era una band ad esibirsi nella piazza.
Il gruppo si propone con varie formazioni, parliamo della Swing Machine, la Jazz Lyons o anche la Otis Jazz Band. Si compone di un terzetto base che forma la sezione ritmica, sono il prof. Franco Antonucci alla chitarra, ed i maestri Angelo Otis al contrabbasso e Bob Casciotti alla batteria. Di volta in volta s’inseriscono strumenti a fiato. È il turno dei maestri Roberto Nicolai al trombone a coulisse e Massimo Montagnolo al sax soprano e clarinetto.
Assistiamo, forse, alle prove per un futuro "sogno di mezza estate"?
Martini Gelsino


monte compatri

"La collina verde" c’è sempre
Un invito a tutti coloro, che desiderano modificare il proprio stato e quello del nostro paese: scrivete sul retro della cartolina di Monte Compatri allegata al giornale

Ho letto con interesse l’articolo dell’amico Riccardo Simonetti su Monte Compatri "Zero metri sul livello del mare". È un’analisi amara, che a prima vista sembra tutta negativa: i problemi, le lamentele, la rassegnazione, la non tutela dell’individuo, le chiacchiere, l’apatia, l’assenza o il perdersi in teorie e teoremi delle istituzioni sociali e religiose, la non partecipazione alla vita del paese, il custodire il proprio orticello, il trascinarsi stancamente, il sopravvivere. Ritengo però, che sia proprio lui a fornire la soluzione, perché Monte Compatri da ridente "collina verde" non rimanga "una pianura brulla" e la spiegazione sta nella frase dove egli dice che:
"…la musica era lì, per tutti".
È da quest’affermazione che partirei per un’analisi di riflessione positiva.
Bene, per fare ciò bisogna essere predisposti, bisogna cancellare dalla mente tutte le cose negative che ci turbano, dobbiamo liberare le parole e i sentimenti che vengono dal profondo, in un confronto di reciproco rispetto, dobbiamo allontanare vecchi rancori e vedere con "nuovi occhi e mente", dobbiamo sentirci "forti dentro" per superare facilmente le avversità in uno scambio reciproco di esperienze e opinioni.
Mi si può obiettare che:
"questa è solo utopia";…"non riuscirei mai a dire quello che provo o penso";…"quando trovo l’altro disponibile, con il carattere che ha?";…."con la vita frenetica d’oggi? Non c’è tempo per queste cose";…."L’altro non mi capirebbe mai";…"non possono essere sempre rose e fiori!"……
Ma ricordate?
"…la musica era lì, per tutti".
Per accettarla e farsi cullare, bisogna essere disposti, lasciarsi penetrare togliendo la corazza e l’elmo che ci creano impedimento, per danzare liberi, cantare in coro, affinché il canto si diffonda lontano.
Soltanto così potremo sentire la "collina verde"che è dentro di noi. Ma la "collina verde" può essere Monte Compatri o qualunque altro posto dove vogliamo che sia, o vogliamo vederla. Può essere in famiglia, tra gli amici, nell’associazione "tal dei tali", nel gruppo politico o religioso, nel posto di lavoro o in qualunque altro luogo.
Basta cercarla, cogliendo l’attimo.
Se veramente vogliamo cambiare Monte Compatri, dobbiamo partire da qui: rivedere dentro di noi, curare e ampliare quello che di positivo abbiamo fatto e dato agli altri e ai nostri figli, perché noi e loro possiamo cambiare questa vecchia, stanca, chiusa e apatica mentalità, che ci sta stritolando.
Fare questo sforzo, che costa fatica, non è impossibile: basta volerlo!
È sufficiente non farsi ammaliare e coercizare da vecchi schemi, liberarsi con sincerità e spontaneità delle nostre preoccupazioni e cominciare a fare qualcosa con gli altri che condividono la stessa idea. È così che il modo di agire e di comportarsi diventa più facile, più sincero, più proficuo per noi e per gli altri. Si può colloquiare con tutti, per capire, elaborare programmare, ma soprattutto "fare" con lealtà ed impegno comune.
È questa l’azione principale ed il percorso che deve essere intrapreso da tutti e soprattutto dalle istituzioni e associazioni che hanno a cuore Monte Compatri.
Senza il coinvolgimento e la conoscenza delle problematiche, senza la valorizzazione della pluralità delle opinioni e delle persone, non può esserci la forza che fa muovere facilmente le cose.
Dobbiamo adattarci a questo mondo "globale" in continuo mutamento, dove noi "sopravviviamo" con fatica, mentre i nostri figli debbono "vivere" e lo debbono fare da protagonisti, senza paure, con slancio e con tanta fiducia da parte nostra.
Queste sono solo belle parole, ma i fatti?
"I fatti" sono in quelle poche persone che ancora ci credono e tirano avanti "la carretta" di questa o quell’associazione, aspettando fiduciose che qualcosa cambi, che qualcuno arrivi a dare una mano o un ricambio; oppure in quel politico che crede veramente nella risoluzione dei problemi di Monte Compatri, ma è rimasto impotente o impastoiato dai giochi di potere. I fatti sono in quelle persone che credono ciecamente di "far bene", ma non hanno avuto la possibilità di confronto o è mancata l’esperienza; ma soprattutto, in tutti gli altri (e sono tanti) che per timidezza, paura, non opportunità, o perché respinti o non interpellati, non si sono ancora esposti. È a loro che va il mio incoraggiamento ed è comunque a tutti che propongo di operare in modo nuovo ed aperto.
Per questo motivo, invito tutti coloro, che non vogliono "la pianura brulla" o "l’eutanasia di se stessi", ma desiderano modificare il proprio stato e quello del nostro paese a: scrivere sul retro della cartolina di Monte Compatri allegata ai giornali distribuiti a Monte Compatri:
Si dovrà specificare il proprio nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico e inviare la stessa al responsabile dell’ente sociale, religioso, sportivo, culturale, artistico, o altro, che si desidera sostenere.
Coraggio, c’è tanto da fare!
Leandro Pitolli


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