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Anno IX numero 10 - ottobre 2000

 SATIRA E COSTUME

Tigri e ciucci
C’ero anch’io in quel quartetto

di Francesco Barbone

Un servo negro ascolta la padroncina bianca suonare al piano una gavotta. Siamo dalle parti di NEW Orleans, verso i primi del novecento. All’africano piace quel motivetto e decide di suonarlo con gli amici; ma la musica della sua etnia è su scala pentatonale, (cinque note e non sette, come la scala europea) e, quando si arriva al sì bemolle o al mi bemolle, le due note mancanti vengono dal negro cantate o suonate "fuori centro"; ne sortisce un effetto, poi denominato "nota blue" che dà carattere all’esecuzione, sia se triste (struggenti blues) sia se pirotecnicamente allegra (rag). La gavotta della nipotina di Rossella O’Hara si trasforma in "Tiger rag", il ballo della tigre. La tromba squilla perentoria, il clarinetto frinisce i suoi ricami, il trombone borbotta un contrappunto di note basse: è nato il primo Jazz , l’Hot Jazz.
Ai cultori della musica classica che snobbano il jazz (forse perchè non lo capiscono?) giova ricordare ciò che scrisse Giacomo Puccini durante il suo viaggio in America."Sono stato in un localino dove ho ascoltato degli ottoni magnifici!".
A quei tempi altri emigrati in America, italiani, amavano la musica, orfani di "O’ sole mio". In un paese di lingua straniera, i nostri connazionali, per lo più meridionali con problemi anche con la madre lingua, avevano ovviamente difficoltà di comunicazione.
Ad aumentare la confusione concorreva una curiosa circostanza. "Cumpà -è la lettera di un emigrato- accà le strade so’ larghe e le chiammano street, e lu friddo se dice cold". Ignari delle ultime novità partenopee gli italiani provavano a canticchiare la musica locale. Andava di moda un motivetto jazz, "Darktown strutter’s ball".
Geniale soluzione! Cantarlo in dialetto meridionale. E a quella canzoncina le parole vennero così modificate: "Mo’ te vengo a piglià co’ quattro ciucc - dimani sera all’ott e mezz - tenimmo n’ appuntament - sotto ‘o monument - È meglio ca te fai truvà - ca se no me fai incajà .- Ce facimmo ‘na tarantell - ma ‘na tarantella bell - Se virimm all’ott a City Hall".
Negli anni sessanta un simpatico cantante italo-americano, Lou Monte, rispolverò questo motivo, e un quartetto di ragazzi, i "Freddies", lo propose al pubblico televisivo in una lontana Canzonissima in bianco e nero. Me ne ricordo perchè... in quel quartetto suonavo la chitarra.


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