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Anno IX numero 11 - novembre 2000

 L'ANGOLO DELLA POESIA 

Attesa

Ti aspetto su quella strada bagnata
con le gocce di pioggia sul volto e
agli occhi la nebbia da poco diradata.
L'eco rimbalza da un albero all'altro
fino all'orecchio.
Il tuo nome mi brucia come un marchio
infuocato sulla pelle viva e forte mi
fa gridare: LIBERTÀ!!!

Mario Ceccani


Dolce e zuccherino è il sangue ingenuo

Ieri sera
               guardandoti in viso
ancora
            ieri
                   ancora ieri come oggi
la labbia tua
                     adducendomi
come di te ma un po' più in me credendoti

nubi nubifragi sterpaglie fauci fragili
ed ancora di te intemperie ancora di te duolo
ammorbidendomi
indurendomi
volendo soprassederti
come parte di me in declivio
 
oddio quanto ancora genufletterti ancora costringerti
e più che costringerti stringerti costringerci
tirarci in ballo sempre in pochi metri di terra
e piú che terra il lenzuolo la felpa l'impigliato cotone
il rammendo impietoso la severa lappa
la ferita lappata le ferite lappate
 
ma dolce e zuccherino è il sangue ingenuo l'oblio il ristoro la dimenticanza la liberazione

Nicola D'Ugo


Moana

Done, gone
la morte non perdona
la sanità del corpo
la floridità possente
cazzo e sigaretta
e la cornetta del telefono
nell'altra mano
la parola indifferente
al vizio esagerato
che si rivolge intensamente
solo a Città del Messico,
all'altro capo.
 
La morte non perdona
nulla. Improvvisa o esacerbata
d'altro male, d'altra
inesorabile verga
non si cura di pesi e di misure
e neppure d'alti e bassi,
di strette e soprassalti,
di impegni e di colloqui,
di sfide a vesti aperte,
provocazioni o giochi.
Nulla perdona, nulla
deve perdonare.
 
Certo non fu mai la preferita
dal mio giudizio estetico
fra le Adams Whites & Davis
Paris Rae Lynn & Porsche
e quant'altre pornodive
dei flashes a luci rosse
ma fu per molti
un simbolo dei tempi,
non mignotta, puttana, troia
ma Pornostar verace,
portavoce, icona, effigie
prendincula, bocchinara.
Ne ebbe ricchezza e gloria
successo da carnevale,
articoli sospetti
ma sempre puntuali
sui quotidiani nostri
ironici e demenziali.
 
A nulla conta infine
quell'autobiografia,
falso punto finale,
opera incompiuta,
consigli da manuale.
Nella fine della sua morte
per altri può contare.
 
Gone, done, gone.
È morta giovane
nacque a Genova
non vi può piú tornare.

Nicola D'Ugo


Pasquino e er Gatto

'N gatto de campagna
Volle anna' 'n trasferta
A vede' Roma
Quanno era deserta.
Girò pe lungo e largo
E quanno fu sotto
La statua de Pasquino
Vorse fa m'bisognino
Ner mentre era pronto
Pe fa l'atto
Sentì 'na voce 'n po' 'ncazzata
Che je disse:
a micio che lo fai qui
sta pisciata
er gatto preso dal magone
se anniscose dietro a 'n cantone
sortì fora
e diceva Pasquino
chi sei disse er gatto.
Arza la capoccia
So la statua che ciai de fronte
Io nun te conosco
Non so' der posto
'na vorta era 'na celebrità
pe sta città
quanno er popolo dormiva
quarcheduno sortiva
pe damme la parola
contro er papato
puro er popolo romano
me se' scordato
Aritonna fama e gloria
Quanno lo scolaro
Fa er ripasso della storia
Ma cè quello disattento
Che 'mme lascia 'n po' scontento
Quanno la maestra
Je dice:
chi era Pasquino
er fijo
de lo scopino

Angelo Fabri


Il mago di Natale a Monte Compatri

Se io fossi il mago di Natale
Farei spuntare un albero di Natale
In ogni casa, in ogni appartamento
Dalle piastrelle del pavimento.
Poi con la mia bacchetta magica
Me ne andrei per tutte le vie
A fare magie
Sotto l'Alberata farei spuntare
Un albero carico di giocattoli
Di ogni qualità.
Di bambole che chiudono gli occhi e
Chiamano mamma e papà.
Chi le vuole le prende:
gratis s'intende.
E per lo Stradone
Farei crescere un albero di panettone
In via Matteotti l'albero
L'albero delle scarpe e dei cappotti
a Belvedere farei crescere
un albero con un Gesù bambino vero
che dica a tutti
politici e vecchiettini
mamme papà e bambini
vedete sono qua,
sono venuto a portarvi
tanto amore, pace e felicità
allora si che questo paese
sarebbe speciale il giorno di Natale.
Ma un mago non sono
Che posso fare?
Non ho che auguri da regalare
Ve li regalo tutti quanti
Con la speranza che invece Gesù bambino
Ci porti questo bel regalino.

I bambini della scuola materna di Monte Compatri


Giungere a porsi le mani

Giungere a porsi le mani
fra i capelli
è il tentativo di domare
un incendio
con un vento di problemi irrisolti
su pensieri che si contorcono
e circoscrivere un dolore
indelebile
per cose radicate
andate in fumo.

Biagio Salmeri


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