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Anno IX numero 12 - dicembre 2000

 ARCHEOLOGIA

Alla ricerca della lunga Alba: ragguaglio di un tesoro disperso ed ancor occulto

di Mario Giannitrapani

Mentre una disciplina come l’Archeoastronomia si appresta ad entrare nel novero delle varie scienze ufficiali - in virtù anche del III convegno ufficiale dedicatogli dall’Accademia dei Lincei - sono state sviluppate recentemente delle ricerche che sembrano conferire per la prima volta un antico rilievo astrale significativo Clicca per ingrandire all’area dei Castelli Romani. Sebbene privo di quell’apparecchiatura sofisticata tipica dell’astronomo ufficiale, Enrico Di Lernia, quasi come un Graham Hancock nostrano, con molta passione e serietà, si è dedicato alla scoperta di interessanti coincidenze archeo-astronomiche. Di Lernia infatti, fornendo un’organica rassegna di tutti quei reperti tuscolani dispersi nei vari musei italiani ed europei, ha ricevuto dallo stesso Prof. Chiarucci, direttore del Museo di Albano, un atto meritorio di stima. Ma per capire esattamente le coordinate di questo studio, seppur con le dovute differenze del caso, è bene rifarsi appunto ad alcuni degli ultimi saggi di grande successo mondiale come Il Mulino di Amleto di Santillana-Dechend, Lo Specchio del Cielo di Graham Hancock o Il Mistero di Orione di Bauval e Gilbert, dove si tentò di delineare quella straordinaria spiritualità degli antichi desunta dalle leggi dell’astronomia e celata nei resti dei più antichi santuari del cosmo. E’ una decifrazione di un codice segreto tradotto con la lingua degli astri del cielo, quello che è rimasto occulto ai più, ma palese ai pochi che seppero penetrare il mistero delle geometrie sacrali fin dall’epoca dei più remoti recessi di quelle grotte, come per esempio la celebre Lascaux in Francia. In quest’ultima sono proprio i sei punti in rilievo sulle spalle del grande toro affrescato, con la stessa distribuzione spaziale rispetto alla testa ed al muso, che sembrano richiamare quelli delle Pleiadi, istituendo così un rapporto "molto profondo" tra quel particolare toro e la costellazione del Toro appunto. Con questo tipo di prospettiva, l’indagine dell’autore applicata agli aborigeni (antichi abitatori autoctoni) del Thus-culum (Thus, incenso, il fuoco divino che sale ; culum, luogo da cui esce, es. Otriculum, Oraculum etc.) affascina e seduce ma non può esser tacciata di suggestione; difatti quello che oggi siamo abituati a concepire come un insieme scisso di conoscenze parcellizzate nei rispettivi domini della scienza, era diversamente dagli antichi racchiuso nell’organica formulazione di un sapere integrale. Tuscul-anum (barlume del fuoco che esce dalla terra e squarcia la notte) come gestazione, è in relazione con l’Alb-anum (ove il fuoco-sole si manifesta nel cielo sopra il Monte Cavo determinando la lunga Alba) come parto e generazione. La relazione fra il tempio dei Dioscuri (Castore e Polluce) sull’arce del Tuscolo, la congiunzione astrale dei Gemelli in cui entrò il Sole all’alba del 20 marzo dell’equinozio di Primavera del 6.650 a. C., per uscirvi solamente nel 4.490 a. C. (i due millenni del ciclo precessionale), le due colline gemelle di Tuscolo (il Monte Salomone e la Rocca Tuscolana), creano così quel sistema di relazioni indagato dall’autore anche nei corrispettivi mitologici egizi (Tefnout e Chou) ed etruschi (Thuculcha e Carun). L’approfondimento simbolico-semantico di Tus fa individuare allo studioso ben tre livelli interpretativi (fonetico, grafico, misterico) ; è quest’ultimo il più sorprendente che nel sistema geo-mantico ricostruito diviene "elevazione dal buio del fuoco," analogo alla stella polare fissa intorno alla quale tutte le altre girano, ed associabile alla realtà sacrale del punto preciso della nascita del Sole, linea di confine tra notte ed alba, ossia la "primitiva porta del Sole." Questa linea immaginaria - che nel saggio diviene un vero e proprio "orologio solare dei colli" - da cui partiva il Fuoco-Sole, cominciava dalla piana (ventre con il feto) di Gabi (Geb, Gea), allusione alla gabbia come catasta di legna, "dove un fanciullo era sacrificato appunto su di una pira lignea," per seguire poi nell’accensione dell’incenso sul Tuscolo (mattino) fino al momento del parto di luce appunto, e la manifestazione sopra il Monte Cavo (nascita-bambino). Questa epifania luciferica proseguiva da Albalonga (Aplu, Apollo) con la sua piena ascesa, per giungere sino a Velletri (Marte, Maris ; guerriero) nella metà mattina, e sopra Ardea toccare il suo culmine (adulto). Da Anzio (l’anziano) infine, il declino fino alla linea del mare. Chiarite le coordinate astrali e storico-mitologiche, sarà poi bene intendere qual è il concreto punto di forza su cui Di Lernia costruisce la credibilità di un sistema che per alcune (neolitico, 6.650-4.490 a. C.) delle età cui ci si riferisce, diversamente dai grandi megaliti di altre zone, nel comprensorio tuscolano c’è rimasto ben poco. Difatti alcuni reperti esistono ma sono per lo più di epoca storica (classica e tardo-antica), ma non lasciano adito ad esasperati scetticismi ; se si accetta di entrare nel sentiero preparato dall’autore, non si può che condividerne fino in fondo la ricerca eseguita. Il Mosaico della Minerva, trovato nel quadrato dei Pini dopo la Villa della Rufinella nel 1741 (Musei Vaticani), unico per il suo contenuto astrale-divino, è l’asse portante della teoria. Al centro del primo cerchio-sole c’è Minerva raffigurata "con un cenno del capo," che è circondata da una fascia blu ove sono raffigurate le fasi della Luna intervallate da stelle. La Dea, nata dalla testa di Giove che ordinò ad Efesto di spaccargliela con la scure per il troppo dolore, è il simbolo della lava che erutta dal Monte Cavo ; il quadrato all’interno del cerchio che rappresenta i Telamoni (punti cardinali) nell’atto di sorreggere il cerchio interno, forse sintesi della Terra, presenta al suo esterno i quattro visi dei venti. Tutto il complesso insieme, comparato con le varie divinità cui corrispondevano determinati segni ed astri, e a loro volta confrontati con i nomi delle città dei Castelli, determina una straordinaria mappa geografica ante-litteram, a sua volta vero Pantheon degli Dei nelle varie chiavi di lettura proposte. E’ bene ricordare, come dice l’autore, che proprio nel periodo di realizzazione (età domizio-adrianea) del mosaico, si accentuò il ruolo della rivoluzione "tempo-calendario" eseguita da Cesare. Nella carta geografica del Tuscolo (rielaborazione della Pianta del Canina) annessa al libro, vi è anche l’indicazione delle Grotte della Sibilla Tuscolana poste sotto le porte della città, poco sotto l’attuale croce ancor oggi ben visibile, eretta sopra i resti dell’antico Tempio di Giove. Il sasso lanciato nello stagno dal Di Lernia sembra determinare i suoi primi effetti : nell’ultimo numero della rivista Documenta Albana è stato infatti edito un contributo di Antonia Huyzendveld sull’interpretazione di Alba Longa in chiave archeoastronomica come "lunga alba." Tuscolo Porta del Sole è quindi ben più che una mera ipotesi ed una semplice teoria ; è forse il primo tentativo chiaro e comprensibile a tutti, di far conoscere in una luce diversa sia il territorio sia alcuni dei reperti dei Castelli Romani, un testo da adottare nelle scuole e dalla cui lettura, ogni "castellano," non si può sottrarre.