Notizie in... Controluce Notizie in... Controluce
 Versione digitale del mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e Prenestini

sei il visitatore n.

 

home | indice giornali | estratti | info | agenda | cont@tti | cerca nel sito | pubblicità

 

 

Anno X numero 2 - febbraio 2001

 VISTO DA...

L’incontro con il divino
L’incontro con il divino dell’uomo contemporaneo, è più maturo, più
disinteressato, più povero di paure e più ricco di gioie interiori e di valori cosmici

Quand’ero bambino ero piuttosto introspettivo e tale caratteristica ho conservato per molto tempo, fino a età adulta. Un mio collega ingegnere, che stimavo molto e consideravo grand’osservatore nonchè persona colta e arguta, mi disse una volta che, dall’esterno, si aveva l’impressione che stessi affacciato alla finestra del mondo e osservassi attentamente tutto quanto mi avveniva intorno, proprio come se assistessi ad un film. Però, diceva l’amico, il mio non era un osservare passivo, ma davo l’impressione come di annotare e vagliare silenziosamente ogni cosa. Quell’amico era troppo intelligente per sbagliare! Ma la mia introspezione non mi ha portato mai a pessimismo, bensì, a volte, ad un’esistenziale malinconia, che in apparenza può essere scambiata per pessimismo, ma in realtà è ben tutt’altra cosa. Il pessimista ha un rapporto conflittuale con il mondo reale perché, in genere, interpreta come ostili e inaccettabili eventi del reale che più semplicemente non si accordano con le sue attese, oppure che sono naturalmente e obiettivamente avversi, senza avere nulla di personale. La malinconia è un atteggiamento più maturo di coscienza e accetazione dell’inelluttabilità del bene e del male, della casualità, delle naturali motivazioni sentimentali, psicologiche e razionali da parte degli altri uomini nei nostri riguardi, che possono condurli ad azioni a noi sfavorevoli. Il pessimista è fondamentalmente antireligioso e ateo, non tanto perché si sente lui stesso ingiustamente colpito, quanto per il fatto che pensa che tutti gli uomini siano crudelmente esposti ad un’ingiustizia che è della Natura, prima ancora che dell’uomo, e quindi proveniente da Dio. In altri termini, pensa o che Dio non esiste o che si è dimenticato degli uomini, perché il vero pessimista universalizza il suo sentimento negativo.
Il malinconico, cronico o intermittente, invece, accetta il male, anche se con mestizia, perché è fondamentalmente credente, e quindi non interpreta al negativo segni o eventi sfavorevoli di cui non pretende di capire il recondito significato o le motivazioni, poichè crede nell’ineffabilità e inscrutabilità del divino. Il mio professore di filosofia, al liceo, amava ripetere sempre che Dio, se esiste, è ineffabile, cioè nulla si può dire di Lui. Io non sono mai stato praticante, e anzi ho sempre avuto una certa avversione per le religioni, intese come forme di credenza istituzionalizzate. "Il plurale le religioni presuppone un concetto di religione: ma solo un concetto e non necessariamente qualcosa di realmente esistente che si possa chiamare la religione, senza che sia questa o quella religione concreta. Resterebbe da chiarire il concetto di religione. Ma la nostra situazione appare paradossale: per parlare delle religioni dovremmo sapere che cosa intendere per religione; d’altra parte, finchè non conosciamo le religioni, non possiamo formarci un concetto di religione". (Da "Introduzione alla storia delle religioni" di Angelo Bulich, Edizioni dell’Ateneo, Roma, 1966). Nelle lingue dei popoli primitivi, e anche nel latino, non esiste nessun termine equivalente al nostro moderno concetto di religione. I Latini usavano la parola "religio", da cui discende l’attuale termine religione, ma per indicare semplicemente certi sentimenti e atteggiamenti dell’animo, quali i timori, le proibizioni, le tradizioni. Da bambino, la mia introspezione mi portava, oltre che alla malinconia, a un diretto intrattenimento con il divino, una sorta di colloquio senza parole con la Cosa o Colui che istintivamente assumevo come origine di tutto. La religione, intesa come sentimento religioso, non si studia, né si predica. Anche la persona più scettica e razionale può disdegnare i dogmi e l’irrazionalità dei racconti e precetti religiosi, ma non può mai sottrarsi al naturale desiderio di non sentirsi orfano come creatura umana. Il più elementare, e per ciò stesso il più forte, sentimento religioso nasce nell’uomo dalla propensione a proiettare su scala cosmica il concetto di paternità. Il bambino ha bisogno del padre e della madre, perché nel suo immaginario rappresentano la cupola del suo mondo.
Non c’è nessuna cosa più rassicurante, a livello psicologico, che sentire la presenza dei propri genitori. Anche quando si è adulti! Nelle epoche passate, che più esponevano indifeso l’uomo alle catastrofi naturali, alle malattie incurabili, alle epidemie, alle guerre continue, alla povertà, alla fame, che cosa poteva esserci di più naturale per l’uomo dell’invocazione di un’Entità suprema e benevola che accogliesse le sue richieste di protezione? È lo stesso atteggiamento del bambino nei confronti del padre e della madre, che vede adulti e potenti, quindi affidabili e protettivi.
La scienza e la tecnologia del mondo contemporaneo hanno fornito all’uomo strumenti potentissimi di controllo delle forze della natura, e quindi di difesa, sconosciuti all’uomo anche soltanto di un secolo addietro. La fiducia dell’uomo nelle proprie forze è enormemente accresciuta, e in tal senso il Rinascimento, con il suo inno alla centralità dell’uomo e alle sue virtù, è oggi più che mai presente. L’uomo contemporaneo non sente perciò quello stesso sentimento religioso tipico dell’uomo medievale e anche dell’uomo dell’antichità classica.
La "religio" degli antichi Latini è sempre più estranea alla sensibilità dell’uomo d’oggi. Ma questo non significa che Dio è scomparso dai nostri cuori e dai nostri pensieri. Anzi, l’incontro con il divino dell’uomo contemporaneo, forte della sua scienza e delle sue capacità, è più maturo, più disinteressato, più povero di paure e più ricco di gioie interiori e di valori cosmici. Non le paure, ma la grandiosità e la complessità del creato sono gli stimoli più giusti alla ricerca del divino.
Non le celebrazioni religiose farcite di elementi umani e storici, ma gli spettacoli infiniti delle meraviglie della natura, nel loro bene e nel loro male, sono le vere messe di chi sente il divino dentro di sé, nell’intrattenimento continuo e senza parole con la Forza Suprema, e dinanzi a sé, nel continuo, stupefacente e misterioso esternarsi dell’Ineffabile.
Luca Nicotra


Per l'intero numero in formato pdf clicca su: Versione PDF (non disponibile)
Se non disponi di Acrobat Reader, puoi scaricarlo da: