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Anno X numero 2 - febbraio 2001

IL RACCONTO


Un Amore Lunghissimo

Nella memoria conserviamo piccole foto ritoccate appena dall'immaginazione

Quando questa storia iniziò i mondi erano solo due e ci volevano mesi per andare dall’uno all’altro.C’erano meno cose, allora, ma erano più intense. La fame, ad esempio. E il sole.C’era molta luce, allora, e molto caldo d’estate.D’inverno invece era molto freddo e la neve era più bianca. Per conoscere bene la neve, capire bene cos’è, bisogna camminarci sopra coi piedi scalzi dentro gli zoccoli. Solo allora si capisce bene cos’è la neve.Anche i giochi erano più divertenti. Peccato ci fosse poco tempo per giocare. Allora bisognava fingere di giocare mentre si lavorava. Lo so che sembra difficile, ma ci avete mai provato?Ad esempio lavare i panni al fiume è un bellissimo gioco se il sole è caldo, l’erba è alta e verde, l’acqua è fresca e ci sono le amiche per scherzare. E soprattutto se si hanno dodici anni.Anche spaccare pietre è un bellissimo gioco, se coi pezzetti più piccoli che si staccano si fa tirassegno con gli amici e si ride e si canzona quando sbagliano il bersaglio. E soprattutto se si hanno quattordici anni.La storia comincia quando lei tornava dal fiume col cesto pieno di panni umidi e lui tirava i sassi con gli amici.E per disgrazia la colpì in mezzo alla fronte, che lei aveva spaziosa e prominente, proprio la cosa che si notava di più sul suo viso un po’ selvatico.Era un sasso appuntito e abbastanza pesante e la colpì nel modo peggiore, di punta, dove era stato spaccato a martellate.Lei che era temprata a tutto come un acciaio spagnolo non pianse per niente e lasciò colare giù il sangue finchè le arrivò in bocca ma non poteva asciugarsi perchè non aveva un fazzoletto in tasca e quelli nel cesto che aveva appena lavato mai e poi mai li avrebbe sporcati. Lui era molto imbarazzato e si guardava in giro senza saper cosa fare. Si frugò in tasca e le diede il suo fazzoletto sporco che lei prese subito per pulirsi e gli disse "Dopo te lo lavo io".Il primo incontro fu tutto qua. Si conoscevano anche prima, tutti si conoscevano perchè il paese era piccolo, ma non si erano mai parlati.Fu proprio un caso che si incontrassero così, quel giorno, perchè di lì a poco lei partì con tutta la famiglia. Andarono nell’altro mondo, con la nave, lei, i genitori, i fratelli e le sorelle.Ci vollero quasi due mesi, nel mare che anche quando era calmo le tormentava le budelle e quando arrivarono quasi non stava in piedi ed era dimagrita, lei che già prima non si poteva credere potesse diventare più magra.L’altro mondo era bello, c’erano più cose che nel primo e molte erano meno intense. La fame, per esempio.Così rimasero molti anni, lei e tutta la famiglia. Non avrebbe mai pensato a quel ragazzo del sasso, neanche una volta, se non fosse stato per il buco che le aveva lasciato in fronte e che glielo ricordava ogni volta che si guardava allo specchio.La mamma per consolarlo le diceva che quel segno sembrava una stella, ma lei sapeva che non era vero e quelle stupide delle sue sorelle più piccole ridevano. Ma non gliene importava poi tanto e a lavorare era brava come e più degli altri. Sarebbe stato molto peggio se quel sasso le avesse storzato un dito, che allora avrebbe fatto più fatica a lavorare.Passarono dieci anni e le cose andavano bene, nel secondo mondo al di là del mare. Ma il padre della ragazzina, che ormai era una donna, si ammalò di una strana malattia che gli strozzava il respiro. Diceva che l’aria di quel mondo era malsana e gli faceva marcire i polmoni. Alla fine decise di tornare al primo mondo, dove c’erano meno cose, il freddo era più freddo, il caldo era più caldo, la fame più fame, ma l’aria non era maligna.Furono altri due mesi di mare e di budelle attorcigliate, poi arrivarono al vecchio paese.Un giorno incontrò il ragazzo del sasso. Era diventato un vero socialista e portava al collo un fazzolettone rosso, che sembrava quello di quel giorno, intinto nel sangue della sua fronte. Lui non la riconobbe, ma lei sì, aveva la memoria buona per le facce e anche se ormai era un uomo, gli occhi erano sempre quelli.Gli disse: "Hai visto cosa mi hai fatto?" indicando la brutta stella ammaccata che aveva in fronte e fu sicura che era proprio lui quando vide il suo sguardo smarrito e spaventato, tale e quale quello di dieci anni prima, quando le aveva tirato il sasso.La sera della prima notte di nozze non c’era niente in casa da mangiare. Andarono dai genitori di lei a chiedere un po’ di cena, ma gli dissero di arrangiarsi. Così quella sera, la prima di nozze, non cenarono e la mattina dopo andarono a lavorare, a piedi, nei campi, per guadagnare qualcosa e comprare un tozzo di pane.Il loro viaggio di nozze fu di due chilometri a piedi e durò meno di mezz’ora. Ma si può fingere di giocare in mezzo al grano giallo e alto, se ci sono i papaveri e c’è tanta luce di sole.Misero su un negozio di frutta e verdura, anni dopo.Lui andava in giro in campagna a comprare le verdure dai contadini, poi le vendevano sulla bancarella.Una volta fu lei a comprare dei fagioli da un contadino che era venuto per caso al mercato. Erano grossi, diversi dai soliti e quando lui tornò dal suo giro in campagna si arrabbiò, disse che aveva sbagliato a comprarli, che non li avrebbero mai venduti. Lei non dormì la notte a quel pensiero. Ma la mattina dopo li vendette tutti in pochi minuti. Da allora, tutte le volte che lui la faceva arrabbiare, si stringeva nelle spalle e si consolava pensando che lei, però, era stata più furba quella volta dei fagioli.Vissero per tanti anni così, una vita semplice e povera.Lui parlava sempre dei suoi sogni socialisti che restavano sempre sogni e lei gli stava accanto e lo ascoltava, faceva sì col capo e ogni tanto brontolava perchè non era sempre d’accordo.Intanto il mondo cambiava piano piano. C’era meno luce e una nebbiolina dappertutto e faceva più freddo. Non era solo la vecchiaia, c’era qualcos’altro, anche nella gente. Possibile che tutti avessero più di un vestito buono e stessero tanto tempo in giro senza lavorare nei campi? E che facessero tanti scarti a tavola che ci sarebbe campata un’altra famiglia intera? Stavano seduti vicini, sulle sedie impagliate, sulla soglia della loro casa piccolissima, a guardare il mondo che cambiava un po’ per volta.Giovanni morì a novantotto anni. Tutti pensavano: "Lei gli andrà dietro presto". Non credevano che potesse vivere senza di lui, dopo tanti anni. Ma lei non lo seguì, rimase in questo mondo. Era molto paziente, aveva aspettato tanto nella vita, poteva aspettare ancora.Alla vigilia dei cent’anni era sicura di essere arrivata alla sua meta e si preparò tranquilla alla morte. Festeggiò coi parenti il traguardo raggiunto e si congedò. Aveva fatto il suo dovere, era arrivata fino in fondo, era stata brava e i parenti potevano accontentarsi.Si addormentò pensando che fosse l’ultima volta e aveva Giovanni davanti agli occhi. Ma il mattino seguente il mondo era ancora lì, un pochino più buio e più freddo. Si toccò la stella sulla fronte con un sospiro e ricominciò ad aspettare.Fu poco dopo i cent’anni che scoprì il terzo mondo.Non era difficile arrivarci, non ci voleva un mese di mare con le budelle attorcigliate. Bastava desiderare di esserci, si apriva una porticina e si entrava.Tutto qua.Poteva farlo quando voleva e lasciando la porticina socchiusa si poteva tornare subito indietro. Di là, c’era il sole di una volta. Lei ridacchiava fra sé e sé e pensava: "In due cose sono stata proprio brava. A comprare i fagioli quella volta e a trovare questo posto". Poi correva nel campo di grano giallo, dove c’era Giovanni in piedi, con le spighe che gli arrivavano alle ginocchia e stava là ben piantato col fazzolettone rosso che sembrava il re dei papaveri. Lei gli correva incontro ridendo e gridando "Giovanni, che figura hai fatto quella volta dei fagioli".Giovanni faceva un po’ il muso, poi rideva anche lui e cominciavano a far finta di giocare, tagliando il grano col falcetto.Stava tanto bene lì, c’era sempre il sole e l’acqua fresca nel fiume per lavare i panni. C’erano anche suo padre, sua madre e le sorelle. Andava a trovarli con Giovanni e stava un po’ seria perchè era ancora offesa per la storia della cena della notte di nozze.Ma poi cominciava a sentire un suono sordo e ripetuto, sempre più forte, che la disturbava e la richiamava. Allora capiva che era il suo cuore che continuava a battere e non voleva smettere. Doveva salutare Giovanni e tutti gli altri e tornare alla porticina che rimaneva sempre socchiusa, anche se cercava di chiuderla, mentre il suo corpo, da questa parte, ripeteva: "Voglio dormire, voglio dormire". Quando tornava di qua, sospirava, si toccava la stella ammaccata sulla fronte e ricominciava ad aspettare.Era molto paziente, lei.
Roberto Zini


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