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Sommario anno X numero 3 - marzo 2001

DIRITTI UMANI - pag. - 16 - 17


Mine Antipersona

Dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1980 al Trattato di Ottawa del 1997

di Isidoro Palumbo

16mine-cartello.jpg (21837 byte)Il 16 settembre scorso lo Stato africano del Burkina Faso ha ratificato il trattato internazionale per la messa al bando delle mine antipersona, firmato ad Ottawa nel dicembre 1997 da 155 Stati. Il Burkina Faso è il quarantesimo Stato che ratifica il Trattato e ciò consentirà l’entrata in vigore del bando totale dal primo marzo 1999. La "Convenzione per la messa al bando dell’uso, lo stoccaggio, la produzione ed il trasferimento delle mine antipersona e per la loro distruzione", firmata ad Ottawa dal 3 al 4 dicembre 1997, è un accordo internazionale che coinvolge Stati di tutte le regioni del mondo i quali hanno deciso di unire le loro forze al fine di realizzare l’interdizione totale delle mine antipersona. In effetti, per la prima volta, gli Stati hanno accettato - nell’ambito del diritto internazionale umanitario - di interdire totalmente un’arma già largamente utilizzata. Stabilendo una norma internazionale che, senza ambiguità, pone le mine antipersona "al di fuori della legge", il Trattato di Ottawa rappresenta una tappa decisiva dell’azione a lungo termine intrapresa per stroncare il flagello delle mine terrestri e sbarazzare il pianeta da queste armi odiose.

La genesi del Trattato di Ottawa

Regole molto chiare esistono tanto nel diritto internazionale umanitario quanto nella dottrina militare classica sull’utilizzo responsabile delle mine antipersona. Ma queste norme sono raramente rispettate. Infatti, uno studio realizzato su incarico del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) da un gruppo di esperti militari dei maggiori Stati del mondo ha permesso di stabilire che nel corso di 26 conflitti scoppiati dopo la Seconda Guerra Mondiale, le mine antipersona sono state raramente utilizzate in maniera conforme alle esigenze del diritto, da un lato, e della dottrina militare, dall’altro lato. Anche per gli eserciti professionisti debitamente formati è molto difficile usare correttamente le mine in situazioni di combattimento. Inoltre, le mine sono sempre più utilizzate nell’ambito di conflitti brutali in cui i civili sono le vittime sistematiche, soprattutto nei conflitti interni che caratterizzano le guerre di questa fine del XX° secolo. Vediamo quale era il diritto in vigore prima del Trattato di Ottawa in materia di mine antipersona. Il diritto internazionale - più precisamente il diritto internazionale umanitario, che comprende la maggior parte delle norme generali applicabili a queste armi - impone limiti all’utilizzo delle mine antipersona. Tra le disposizioni più importanti, due derivano da norme consuetudinarie del diritto della guerra e sono, di conseguenza, obbligatorie per tutte le parti, in tutte le situazioni di conflitto armato:
a) Le parti in conflitto devono sempre fare distinzione tra civili e combattenti, e i civili non devono costituire obiettivo di attacco. In virtù di questo principio tutte le armi con effetti indiscriminati non possono mai essere usate;
b) È vietato usare armi che "per loro natura causano mali superflui". Questo significa che tutte le armi costruite per provocare ferite più gravi di quelle che sono sufficienti a mettere un soldato "fuori combattimento" (in altri termini, tutte le armi costruite per provocare ferite ingiustificate) sono vietate e non possono essere utilizzate.
16mine-bimbi.jpg (18501 byte)Oltre a queste due norme generali del diritto consuetudinario, disposizioni più dettagliate sono contenute nella Convenzione delle Nazioni Unite del 1980 sull’interdizione e la limitazione dell’uso di certe armi classiche che possono essere considerate come aventi effetti traumatici eccessivi o con effetti indiscriminati: il 2° Protocollo annesso a questa Convenzione tratta specificamente di mine, trappole e degli altri dispositivi esplosivi. Dato che si tratta di uno strumento di diritto internazionale - e non di una norma di diritto internazionale consuetudinario - non si applica che agli Stati che hanno accettato di essere vincolati alle sue disposizioni. La debolezza delle disposizioni contenute nella Convenzione del 1980 appare chiaramente se si considera che non è stata realmente rispettata nella maggior parte dei recenti conflitti nel corso dei quali le mine sono state usate. I lavori per la revisione della Convenzione del 1980 sono iniziati, su iniziativa della Francia, nel 1993 ma solo il 18 settembre 1997 la Conferenza Diplomatica di Oslo ha adottato la "Convenzione sull’interdizione dell’uso, dello stoccaggio, della produzione e del trasferimento delle mine antipersona e della loro distruzione" - firmata a Ottawa il 3 e 4 dicembre 1997.

Il trattato di Ottawa

La definizione di mina antipersona comprende tutte le mine che sono costruite per esplodere al contatto di una "persona". Il modo in cui sono posizionate (posate in campi minati il cui perimetro è segnalato o disperse a distanza su vaste superfici) non è preso considerazione. Sono comprese anche le mine antipersona "intelligenti" - ovvero munite di un meccanismo di autodistruzione (che provoca automaticamente la loro distruzione) o di un meccanismo di autodisattivazione (che rende le mine inerti) - che si disinnescano al termine di un periodo preprogrammato. Tuttavia, in virtù dei recenti progressi realizzati nella tecnologia delle mine terrestri, la distinzione tradizionale tra mine antipersona e mine anticarro non è più tanto netta e facile da individuare. Molti tipi di mine messe a punto possono essere considerate "a doppio uso" - ovvero la loro esplosione può essere innescata tanto da parte di una persona che da parte di un veicolo.
17mine-bimbo.jpg (29488 byte)Tutte le mine "a doppio uso" sono vietate dal Trattato, così come tutte le mine anticarro che possono essere innescate anche dalla pressione effettuata da una persona. La sola eccezione residua sono le mine anticarro equipaggiate con un dispositivo antimanipolazione che provoca l’esplosione della mina anche quando qualcuno la tocca. Rileviamo che, se il Trattato di Ottawa non si applica a questi tipi di ordigni, tuttavia tutte le mine anticarro la cui esplosione non può essere causata che da un veicolo o da un carro sono coperte dalle regole previste dal diritto consuetudinario e dal 2° Protocollo annesso alla Convenzione del 1980. Gli Stati devono assicurare che le mine di questo tipo - anche le mine posizionate a distanza e quelle equipaggiate di dispositivo antimanipolazione – siano utilizzate in maniera responsabile, nel rispetto del diritto internazionale umanitario e della attuale dottrina militare. Il Trattato di Ottawa mira a far sparire completamente le mine antipersona dagli arsenali di tutti i combattenti. Al fine di realizzare tale scopo, il trattato identifica e vieta una vasta gamma di attività: lo sviluppo, la messa a punto, la produzione, lo stoccaggio, il trasferimento e l’uso di queste armi. Il carattere globale di questo divieto costituisce una benvenuta innovazione nel diritto internazionale umanitario.


Bonifica delle zone minate

Ai termini del Trattato di Ottawa, ciascuno Stato parte è tenuto a procedere alla bonifica di tutte le mine antipersona già posizionate, e ciò al più tardi entro dieci anni dall’entrata in vigore del Trattato. Più precisamente, ciascuno Stato parte deve distruggere tutte le mine antipersona "nelle zone minate" sotto la sua giurisdizione o sotto il suo controllo, ovvero che possono trovarsi non solo sul territorio medesimo di quello Stato, ma anche su un territorio occupato da quello Stato. Nel caso in cui uno Stato abbia delle difficoltà a procedere nel termine di 10 anni allo sminamento e distruzione di tutte le mine antipersona che si trovano nelle zone sotto la propria giurisdizione o controllo, tale Stato può domandare agli altri Stati parti di accordargli una proroga, fino a dieci anni, del termine fissato. Tale proroga può essere rinnovata più di una volta. Inoltre, gli Stati hanno l’obbligo di fornire cooperazione ed assistenza internazionale nell’ambito dello sminamento, in termini di mezzi finanziari e tecnologici o di risorse umane.

Assistenza alle vittime

Il Trattato domanda a tutti gli Stati che sono in grado di farlo di attivarsi per offrire alle vittime delle mine le cure e la rieducazione necessarie e facilitare il loro reinserimento. Un ruolo specifico è dato al Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa: "Ogni Stato Membro che ne sia in grado dovrà fornire assistenza per la cura e la riabilitazione, la reintegrazione sociale ed economica, delle vittime delle mine e per i programmi di informazione sulle mine. Suddetta assistenza potrà essere garantita, fra l’altro, tramite il sistema delle Nazioni Unite, le organizzazioni ed istituzioni internazionali, regionali o nazionali, le Croci Rosse nazionali e la loro Federazione Internazionale, gli organismi non governativi, ovvero sulla base di accordi bilaterali". Gli obblighi derivanti dal Trattato di Ottawa legano gli Stati firmatari e solo quelli. La firma da parte di uno Stato non è sufficiente a obbligarlo a rispettare tutte le disposizioni del Trattato. Tuttavia, il fatto di firmare un trattato indica l’intenzione di aderire formalmente successivamente (mediante una procedura di ratifica, approvazione o accettazione). Il diritto internazionale esige per altro che i firmatari si astengano da tutti quegli atti che priverebbero il trattato "dei suoi obiettivi e del suo scopo" prima della sua entrata in vigore (Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969 all’art. 18). La procedura in due tappe (firma e dopo adesione formale) ha per scopo, ad esempio, di permettere al parlamento nazionale o al legislatore di esaminare il trattato e le sue implicazioni, prima che sia presa la decisione finale di farne parte o meno. Per assicurare il rispetto del Trattato, sono stati previsti dei meccanismi destinati a promuoverne l’applicazione ed a risolvere le eventuali controversie. Ciascuno Stato ha, per esempio, l’obbligo di fornire regolarmente un rapporto sulle misure prese per onorare gli obblighi nascenti dal trattato: obbligo di cooperare per la risoluzione di controversie; misure legislative, regolamentari e altre da prendere a livello nazionale per prevenire le violazioni del Trattato; infine, riunioni regolari al fine di esaminare l’efficacia del Trattato e la sua applicazione. Il Trattato di Ottawa è uno strumento giuridico molto forte, ma è possibile che certe precisazioni dovranno essere apportate ulteriormente. Una disposizione fondamentale specifica sulla procedura di adozione (dopo l’entrata in vigore) di eventuali emendamenti è stata prevista per poter aggiornare le disposizioni del trattato in funzione dell’evoluzione della situazione mondiale e delle nuove tecnologie. Ciascuno Stato Parte può sottoporre una proposta di emendamento. Questa dovrà essere inviata al Segretario Generale delle Nazioni Unite, che la diffonderà all’Assemblea degli Stati Parte: la quale dovrà far sapere entro 30 giorni se è favorevole all’esame più approfondito della proposta. Se una maggioranza di Stati risponderà in tal senso, il Segretario Generale delle Nazioni Unite convocherà una Conferenza di emendamento alla quale saranno invitati tutti gli Stati Parte. Nella Conferenza di emendamento, la proposta di modifica sarà esaminata e messa i voti. Sarà adottata a maggioranza dei due terzi degli Stati Parte presenti e votanti. Nondimeno, l’adozione di un emendamento da parte della Conferenza di emendamento non è sufficiente a dare validità giuridica all’emendamento stesso. Alla fine della Conferenza, gli Stati dovranno notificare al Segretario Generale delle Nazioni Unite che accettano di essere obbligati dalle disposizioni contenute nell’emendamento. L’entrata in vigore dell’emendamento interviene allorquando la maggioranza degli Stati Parte avrà notificato la loro accettazione; solo gli Stati Parte che l’avranno accettato saranno legati da quell’emendamento. Una volta in vigore, gli emendamenti non sono applicabili a quegli Stati che non li hanno ratificati. Questi Stati sono legati al testo originale del Trattato. Le disposizioni del trattato non possono essere oggetto di riserve. Questo significa che al momento della firma o della successiva adesione al trattato lo Stato non ha il diritto di fare una dichiarazione unilaterale con la quale notifica che non rispetterà una o più disposizioni del trattato. Come in molti altri accordi giuridici internazionali, uno Stato ha il diritto di ritirarsi dal trattato di Ottawa. Per poterlo fare, deve notificare il ritiro al Segretario Generale delle Nazioni Unite, a tutti gli altri Stati Parte e al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Tuttavia, il ritiro non ha effetto che sei mesi dopo la ricezione della notifica. Se allo scadere dei sei mesi, lo Stato che si ritira è coinvolto in un conflitto armato, il ritiro non avrà effetto che alla fine del conflitto armato. In effetti, non è stata vietata la possibilità di ritirarsi dal trattato nel corso di un conflitto armato, così facendo la protezione conferita dal trattato rischia di sparire nel momento in cui è più necessaria, vale a dire in tempo di guerra. In conclusione, il Trattato di Ottawa costituisce innegabilmente una tappa storica della lotta contro le mine terrestri. Tanto, tuttavia, resta da fare ancora per debellare il flagello delle mine terrestri, gli Stati devono essere incoraggiati e sollecitati a:

- aderire al Trattato e ad applicarne le disposizioni;
- assicurare il loro appoggio ai programmi di bonifica e di assistenza alle vittime delle mine.

Come abbiamo visto, il Trattato di Ottawa chiede a ciascuno Stato Membro di intraprendere tutta una serie di attività. Ciascuno Stato deve:

- innanzitutto, far si che le mine antipersona non siano più utilizzate dalle proprie forze armate;
- far cessare lo sviluppo, la messa a punto e la produzione delle mine antipersona, distruggere le scorte esistenti e identificare, marcare e bonificare le zone minate. Benché l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 9 dicembre 1997, ha adottato la risoluzione 52/38A che chiede a tutti gli Stati Membri di firmare e ratificare la Convenzione e di contribuire alla sua applicazione integrale ed effettiva, molti Stati, tra cui i maggiori produttori, esportatori e utilizzatori di mine terrestri, non hanno né preso parte attivamente ai negoziati del Trattato di Ottawa né l’hanno ancora firmato.

Quindi, nessuno sforzo deve essere risparmiato da parte della comunità internazionale, dell’opinione pubblica mondiale, del Movimento internazionale delle Croce Rossa e Mezzaluna Rossa affinché il Trattato di Ottawa sia universalmente rispettato e che ciò accada il prima possibile. Il Trattato di Ottawa è una tappa fondamentale del cammino verso il debellamento totale delle mine antipersona, però non è che la prima tappa di questo faticoso cammino.


Sommario anno X numero 3 - marzo 2001