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Sommario anno X numero 4 - aprile 2001

 VISTO DA... - pag. 02


La notte come il giorno

Favola inedita sui ritmi di vita dell’uomo nel Terzo Millennio

di Cristiano Torricella

Agli albori dei tempi Dio aveva dato all’uomo ed a tutte le creature la notte, per riposarsi e per dormire, ma l’uomo inventò l’elettricità, i computers, gli elettrodomestici ed il motore a scoppio e tutte le altre nuove tecnologie e la notte non fu più riposo e pace, ma lavoro e stress, ricerca d’informazioni e sete di guadagno, corsa affannata verso la scuola o l’ufficio. La notte si lavorava, si andava in banca o all’ufficio postale o in piscina. La notte diventò quasi come il giorno, a causa del risparmio energetico, perché i dirigenti di una grande azienda elettrica semi-statale avevano deciso che consumare energia elettrica di notte e nei giorni festivi sarebbe costato meno, e costando meno perciò tutti la consumavano di notte in grande quantità. Alle ore 02.00 di un giorno qualunque del 2002, in un palazzo qualunque, in un quartiere qualunque, di una qualunque grande città italiana si svolgeva così una febbrile e sconcertante attività. Per strada c’era il solito traffico, parecchie persone mettevano in moto l’automobile ed andavano a lavorare in azienda per coprire il secondo turno notturno, prima inesistente. Alle ore 03.00 del mattino il web designerFabio si connetteva con il proprio computer ad Internet e nella notte rimbombava il segnale di connessione di linea occupata, poiché altri navigatori stavano già navigando in rete e le lineee erano già tutte intasate. Dopo dieci tentativi andati a vuoto Fabio desisteva e si metteva a stampare i documenti da portare l’indomani in ufficio, per progettare il sito Internet. Nella medesima ora il vicino di casa inseriva il suo cd preferito nel lettore cd del proprio personal computer ed ascoltava a tutto volume la sua musica preferita, mentre tre piani più su alcuni ragazzi giocavano una partita notturna con il proprio videogame preferito, producendo esplosioni, spari ed urla agghiaccianti nel cuore della notte. Ora qualcuno stava esultando, poiché la sua squadra del cuore aveva segnato un bel rigore, in televisione. La città intera "chattava", inviava messaggi di posta elettronica ai quattro capi del mondo, scaricava dai furgoni computers, telefonini, giornali e vaccini antiallergici, o costruiva di notte siti aberranti ed orribili per pubblicizzarsi in Internet. Persone per strada telefonavano con il proprio cellulare ai parenti lontani, urlando nell’apparecchio (erano sordi?) e svegliando i propri cari nel cuore della notte, per il solo fatto che di notte le telefonate interurbane costavano meno. Era l’uso errato da parte dell’uomo delle nuove tecnologie, che mutavano così anche i naturali ritmi di veglia e di sonno ed impedivano all’uomo di ricaricare naturalmente le proprie batterie, poiché dormire di notte era ormai considerato alla stregua di una perdita di tempo ed un lusso per ricchi.

Attraverso i muri sottili degli appartamenti si sentivano nella notte persone che parlavano ad alta voce, gridavano al telefono, litigavano, lavavano piatti, ridevano, si lavavano, facevano ginnastica o trascinavano letti o pacchi, con rumori d’acqua, di posate, di spostamenti di mobili o sedie e di chissà quali altri oggetti che producevano mille innumerevoli rumori notturni.

Alle cinque del mattino un rappresentante suonava alla vostra porta di casa volendo mostrarvi l’ultima enciclopedia informatica esistente, ottocentomilacinquecentotré pagine su cd-rom multimediale contenenti tutto lo scibile umano delle materia informatiche attualmente esistenti, rifiutavate e speravate infine di poter dormire un po’, ma la vostra speranza era vana, il giorno era ormai quasi già iniziato e con esso una maggiore frenetica attività umana. Suonavano così le sirene delle fabbriche che invitavano gli operai ad iniziare il turno delle cinque e un quarto del mattino, l’allarme di un’automobile presa d’assalto dai ladri e l’antifurto di una grande banca, scattato per errore. Ora la gente approfittava di quelle ore rubate al sonno per fare le cose che di giorno non riusciva mai a fare, come studiare, leggere, imparare una lingua straniera, scrivere, dipingere, disegnare, fare piccoli lavori di bricolage, tagliare la siepe del proprio giardino alla luce dei lampioncini, scolpire il marmo di notte o suonare la chitarra elettrica o il sax.

Chi lavorava di giorno coltivava i suoi passtempi di notte, e viceversa, senza mai un attimo di tregua per fermarsi, riflettere o meditare. La notte era diventata così produttiva quasi come il giorno, un po’ meno frenetica ma assai diversa dal quieto vivere e dal bel silenzio che l’aveva caratterizzata in passato.

Ora le casalinghe, in piena notte, infornavano torte e cannelloni, azionavano lavatrici ed aspirapolvere, stiravano o stendevano panni in terrazza, vestivano bambini recalcitranti ed urlanti, lavavano i pavimenti di notte ed andavano a fare la spesa nei supermercati notturni. Ovunque da dietro le porte si udiva un brusio notturno di attività a volte frenetiche ed alienanti, e soprattutto, rumori mai sentiti prima d’ora, in quella fascia oraria: gente che litigava in strada per una mancata precedenza seguita da un tamponamento; portalettere che vi venivano a consegnare pacchi e raccomandate di notte; operai che venivano a leggere i contatori ad orari incredibili; persone che adoperavano l’ascensore alle cinque del mattino per scendere ai box per controllare il livello dell’olio del proprio autoveicolo; infine le martellate di un idraulico che veniva ad aggiustare un tubo che perdeva, nel vicino palazzo, alle quattro e trenta del mattino.

La maggior parte degli italiani, svegliati senza pietà da vari rumori produttivi ed industriali, con uno spiccato senso dell’imitazione si poneva poi la seguente domanda: "se lui aggiusta il tubo che perde a quest’ora della notte perché io non posso sverniciare ora il balcone con il frullino?".

Ed ecco allora che un’Italia operosa ed insonne si metteva all’opera, rimboccandosi le maniche, e suonando una sinfonia di frullini e di trapani che foravano, seghe circolari che tagliavano, martelli che battevano, luci di fiamme ossidriche che illuminavano a giorno la notte, muratori che muravano, imbianchini che imbiancavano, programmatori che battevano tasti di tastiere di computers, giornalisti che scrivevano, attori che recitavano ad alta voce la parte da imparare a memoria dal copione, ballerini che danzavano di notte e ricadevano pesantemente a terra con strepito e tonfi inauditi. La notte, si sa, amplificava sempre ogni minimo rumore. Così i cani si svegliavano ed abbaiavano, si udivano le urla di protesta di coloro che tentavano di dormire, erano sempre più frequenti le liti di condominio e le cause civili ad esse connesse, era cioè il solito caos notturno.

Fuori, con tutto il traffico che c’era ora in strada, avevano dovuto mettere dei vigili notturni che sorvegliassero il traffico e dessero multe a più non posso a chi parcheggiava in doppia o in terza fila, impedendo l’uscita alle altre auto del mattino. Inoltre di notte i camion trasportavano le merci per i supermercati, di notte i magazzini all’ingrosso di generi alimentari scaricavano le merci in arrivo e le posizionavano al loro posto sugli scaffali, di notte gli impiegati preparavano le fatture per le partenze del giorno dopo e controllavano il corretto funzionamento di terminali, computers e stampanti.

Di notte, con le nuove tecnologie, l’uomo lavorava e produceva sempre di più, imparava, studiava, comunicava, realizzava cose fino allora impossibili nella breve storia dell’umanità.

Di notte, però, per meri motivi di puro guadagno, l’uomo aveva perso le uniche cose che più importavano veramente per il proprio spirito e per la propria salute: la propria pace, il proprio tempo libero, la propria umanità.


Sommario anno X numero 4 - aprile 2001