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Sommario anno X numero 7 - luglio 2001

ARTE - pag. 08


l’Arte Sposa l’Arte…
di Mario Bernardi

08-arte-sposa.jpg (11911 byte)Si è svolta il 30 maggio scorso a Roma una manifestazione desueta e singolare, nell’atelier di abiti da sposa di Miryam Pieralisi sono stati esposti insieme gli abiti creati da Laura Pieralisi e i disegni di Stefania Fabrizi. La rassegna, a cura di Massimo Scaringella, è stata una occasione per dimostrare quanto la creatività, unita all’alta sartorialità, dia vita a oggetti il cui valore va ben oltre l’uso per cui normalmente vengono creati. L’abito da sposa è infatti uno di quegli ‘oggetti’ il cui valore sociale corrisponde, come in tutti gli oggetti di lusso, al valore economico e il cui unico scopo è quello di essere ostentato nell’occasione solenne del matrimonio. Ma può questo oggetto di lusso avere anche un valore estetico? La mostra, organizzata per fini esclusivamente espositivi e non commerciali, è stata l’occasione per riflettere sul valore dell’abito da sposa in quanto creazione artistica. La mia impressione è stata che se un’arte ‘pubblica’ vi sarà in futuro questa partirà proprio da oggetti consimili: gli abiti da sposa infatti dovendo rispondere a esigenze pratiche, cioè essere indossati in una cerimonia esaltando la bellezza della sposa e ostentandone la ricchezza, coniugano funzionalità e creatività, innovazione e abilità artigianale. Quest’ultima capacità in particolare, cioè quella di creare tessuti preziosi, ricami in oro, argento e cristalli, recupera all’arte i valori dell’alto artigianato, ormai smarriti da oltre un secolo. Non può esistere, a mio avviso, un’arte che non si basi su una profonda conoscenza tecnica ed espressiva, tramandata appunto dalla trazione artigiana.
L’accostamento di abiti eleganti e preziosi ai disegni di Stefania Fabrizi ha avuto la funzione di ‘sdrammatizzare’ l’inevitabile seriosità dell’abito da sposa. Questi disegni erano contraddistinti da una vena ironica tutta giocata sulle citazioni di quadri famosi, come ad esempio la cacciata dall’Eden ripresa dal celebre affresco di Michelangelo, e sulla presenza di veli-bavagli e di volti ammiccanti all’androgino. L’effetto complessivo è stato di sapiente leggerezza e raffinata eleganza.
Sottrarre quindi gli abiti da sposa al loro contesto usuale e proiettarli in ambito artistico è stata una esperienza importante per riflette sul valore che gli oggetti hanno in sé, indipendentemente dal loro valore strumentale di mezzi, di oggetti di consumo. Non credo sia inopportuno scomodare Heidegger per sottolineare quanto l’essenza degli oggetti, la loro ‘cosalità’ (Dingheit), deriva dal modo in cui noi ci poniamo ‘in ascolto’ rispetto ad essi. Questo viene il più delle volte determinato dal contesto in cui li poniamo: l’arte e la fruizione estetica, che non ha quindi altri fini all’infuori di sé, è il contesto per eccellenza che consente questa comprensione del valore autentico e profondo degli oggetti. Credete dunque ancora di sapere che cosa sia l’abito da sposa in realtà?
In ultimo spero che eventi come questi, che pongono oggetti densi di valore sociale in contesti artistici, si ripetano e si moltiplichino, grazie all’iniziativa di giovani artisti come Laura e Stefania.


Sommario anno X numero 7 - luglio 2001