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Sommario anno X numero 7 - luglio 2001

GASTRONOMIA - pag.18 - 19


La cottura delle carni
Rubrica di gastronomia curata dal professor Giancarlo Tomassi dell’istituto I.P.S.S.A.R. "P. Artusi" di Roma.


Le carni per l’alimentazione sono fornite da animali terrestri, volatili e acquatici, ma, in genere, col nome di carne ci si riferisce alla parte muscolare - a cui sono unite piccole quantità di altri tessuti, in specie il grasso - di animali da macello: vitello, vitellone, manzo, bue, cavallo, maiale ecc. e all’animale completo quando si tratta di polli, conigli, abbacchi, anatre e così via.
Per quanto riguarda gli animali da macello il metodo di cottura delle loro carni dipende dalla qualità delle stesse e dalla parte anatomica da cui derivano, in base alla quale vengono classificate in tagli di prima, seconda e terza qualità.
La qualità delle carni dipende dalla razza, dall’età, dallo stato di nutrizione, dall’attività, ecc. dell’animale ed è in base a questi elementi che una carne sarà più o meno pregiata e gustosa.
I procedimenti di manipolazione e di cottura delle carni servono, oltre che a dare loro più tenerezza e più sapore, anche a distruggere eventuali agenti patogeni e tossine in esse presenti, per cui è necessario che il calore penetri nell’interno delle masse muscolari in misura tale da far raggiungere a queste temperature non inferiori ai 65 o 7O°C, e ciò è facilmente controllabile per il fatto che a tali temperature il muscolo perde il suo caratteristico colore rosso e diventa quasi bruno, grigio o bianco per la denaturazione delle cromoproteine, come in seguito vedremo.
Il tempo di penetrazione del calore è in stretta relazione con la quantità del pezzo da cuocere e, ancora più, con il suo volume.
Anche la tenerezza della carne e la temperatura di cottura incidono sul tempo di penetrazione del calore.
Per es., un pezzo di toro richiederà maggior tempo di un uguale pezzo, per qualità, taglio, peso e volume, di bue o di vitello.
Una volta tolta la carne dalla sorgente di calore, se si vuole evitare che l’interno della massa continui a cuocere, si dovrà provvedere a tagliarla, perché la parte interna, com’è l’ultima a ricevere il calore, così è l’ultima a raffreddarsi.
Per saggiare il grado di cottura interna delle carni, sono in vendita degli speciali termometri, il cui uso sarà utile, specialmente per catering, ristoranti, mense ecc.
MODIFICAZIONI CHIMICO-FISICHE DOVUTE AL PROCESSO DI COTTURA
I principali metodi di cottura delle carni sono rappresentati dalla cottura a calore umido (brasata, in umido o stufato, in acqua o lessata) e dalla cottura a calore secco (arrosto, alla griglia, in casseruola, fritta).
Siccome durante la cucinatura si verifica l’indurimento delle fibre muscolari, per coagulazione dovuta al calore, e l’intenerimento del tessuto connettivo, inspecie del collagene, (è una proteina che forma la parte più resistente del connettivo che se si prolunga la bollitura con acqua, dà luogo alla formazione della colla o gelatina) per idrolisi sempre dovuta al calore, siccome l’umidità intensifica i due fenomeni, ne consegue che per ottenere una razionale cottura è necessario cuocere i singoli tagli a calore secco o umido a seconda della loro costituzione anatomica, in base alla quale sono suddivisi in:
tagli di prima qualità: filetto, controfiletto, lombo, noce, girello, controgirello, pezza, rosa, piccione;
tagli di seconda qualità: fracosta, campanello;
tagli di terza qualità: pulcio, muscolo, copertina, spuntatura di petto, petto sottile, petto spesso, pancettone, muso, garretto, coda ecc.
Quelli di prima qualità sono più teneri per la scarsezza del tessuto connettivo; quelli di terza sono più duri perché più ricchi di tessuto connettivo; quelli di seconda stanno tra gli uni e gli altri.
Comunque, l’abilità del cuoco o del macellaio, può renderli teneri come quelli di prima qualità.
Le trasformazioni più sensibili di natura fisica e chimica che subisce la carne quando viene cotta si verificano a carico:
1) delle proteine protoplasmatiche (protoplasma è la sostanza di tutte le cellule animali e vegetali nella quale si svolgono i fenomeni vitali) che per azioni del calore coagulano (tra i 600 agli 800) provocando una retrazione delle fibre muscolari nel senso della lunghezza e della larghezza.
La retrazione muscolare è in diretta dipendenza del tempo di cottura, ossia più dura la cottura più la fibra si riduce;
2) del peso, che subisce una diminuzione (può anche superare la metà del peso originario) per la fluidificazione e la fuoriuscita del succo organico e di sostanze grasse.
3) del collagene del tessuto connettivo, che per idrolisi si trasforma in una sostanza molle, chiamata gelatina, da cui dipende la morbidezza della carne.
La gelatinizzazione del collagene è minima intorno ai 65°C. e aumenta a mano a mano che aumenta la temperatura;
4) delle cellule di grasso, che per effetto del calore si fondono e fuoriescono dalla massa muscolare.
Se la temperatura è molto elevata il grasso si decompone;
5) del colore, che da rosso più o meno intenso diventa prima rosa, poi bruno o grigiastro. Ciò è dovuto alla mioglobina che a 50°C. si ossida e si trasforma in ossiemoglobina (in tal caso il colore diventa rosa pallido), la quale con l’aumentare ancora della temperatura contribuisce alla comparsa di quel colorito brunastro o grigiastro, caratteristico della carne giunta a giusto punto di cottura.
La temperatura non agisce sul colore delle carni conservate, per es. carni in scatola, prosciutto, ecc., perché per effetto del processo di conservazione la mioglobina si trasforma in una sostanza detta nitroso-mioglobina, insolubile al calore.
6) dell’aroma, il quale essendo soprattutto nel succo, si perde nelle carni che sempre per azione irrazionale del calore, sono state impoverite del succo organico e sono diventate dure e tigliose, perciò poco appetibili;
7) della succulenza, la quale, in una cottura mal condotta (per temperatura e per durata) si perde completamente e, così, la carne perde il suo sapore;
8) della tenerezza, che è legata al metodo di cottura - a secco o in umido - al grado e alla durata della temperatura.
Ai fini di un migliore intenerimento, in cucina si usano varie sostanze, come vino, aceto, zucchero, ecc.; anche il sale da cucina intenerisce le fibre per la sua azione idratante;
9) dei principi nutritivi, la cui perdita può raggiungere punte sensibilissime nella cottura a calore umido, soprattutto quando il pezzo di carne da cuocere viene tagliato in più pezzi di piccole dimensioni e immerso nell’acqua fredda; mentre immergendolo intero nell’acqua bollente le perdite vengono ridotte perché sulla superficie del pezzo si forma una crosta, per la rapida coagulazione delle proteine protoplasmatiche superficiali, che impedisce la fuoriuscita del succo organico. Comunque in ambedue i casi, se la cottura è prolungata le perdite sono sempre sensibili, ma non è tanto la temperatura dell’acqua in cui viene immersa la carne da cuocere, quanto la superficie della carne esposta alla cottura che ha importanza ai fini di una maggiore o minore dispersione di sostanze nutritive. È logico che quanto più è estesa la superficie tanto più aumentano le possibilità di migrazione verso il liquido circostante dei costituenti idrosolubili ed estrattivi della carne.
Nella cottura a vapore si ha una minore perdita di sostanze, in particolare di sali e di vitamine, soprattutto nel caso della carne tagliata in piccole porzioni, altrimenti le perdite più o meno si equivalgono.
Nella cottura a calore secco la carne conserva quasi inalterato il suo valore nutritivo perché le proteine protoplasmatiche superficiali a contatto con il caldo si coagulano e formano una crosta che protegge l’interno della massa muscolare e, quindi, non permette o, quanto meno, limita la diffusione all’esterno delle sostanze idrosolubili ed estrattive. La soluzione in acqua della mioalbumina coagula col calore e, nel brodo, forma la schiuma.
Le sostanze estrattive sono quelle sostanze che nella cottura in acqua vengono estratte, ossia passano nel liquido circostante. Esse sono: creatina, urea, aminoacidi, basi puriniche. La cottura, nei limiti delle modalità di cucina più usate, non incide sul valore biologico delle proteine, siano esse di animali terrestri od acquatici; anzi, pare, che mantengano integro il contenuto in aminoacidi.
La carne tenera va salata nel piatto di portata a cottura quasi ultimata come in quelle cotte al calore secco, ciò per non disperderne i principi nutritivi.
La tenerezza della carne è collegata al contenuto idrico della stessa, contenuto che viene aumentato con l’aggiunta di sale, durante la cottura, perché il sale ha, appunto la capacità di ritenere acqua.

La ricetta

18-gastronomia.jpg (48333 byte)SCALOPPINE DI TACCHINO PROFUMATE
Ingredienti per 4 persone:
· 4 fettine di petto di tacchino da gr. 80,
· 2 cucchiai di olio d’oliva,
· 1 cucchiaio farina,
· 30 g burro,
· ¼ di vino bianco secco,
· 4 fette di mozzarella da g. 40 l’una,
· 1 pomodoro,
· basilico, prezzemolo,
· sale, pepe bianco.
Procedimento:
Battere le fettine di petto di tacchino, infarinarle leggermente e farle dorare a fiamma bassa in una padella con poco olio. Togliere le scaloppine e gettare l’olio; rimettere le scaloppine nella padella, salare, pepare; bagnarle con il vino bianco, farlo evaporare non completamente. Disporre sopra le scaloppine le fette di mozzarella, mettervi al centro il pomodoro tagliato a quadretti e coprire la padella con un coperchio per pochi minuti, finché‚ la mozzarella non si sia sciolta. Cospargere, per ultimo, di prezzemolo tritato e delle foglioline di basilico spezzettate. Disporre le scaloppine sul piatto di servizio, far addensare la salsa con l’aggiunta del burro, leggermente infarinato e versarla caldissima sulle scaloppine.


Sommario anno X numero 7 - luglio 2001