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Sommario anno X numero 7 - luglio 2001

CURIOSITÀ STORICHE - pag. 24 -27


Voglia di calcolare
Breve storia degli strumenti (terza parte)
di Luca Nicotra

Calcolatori analogici e digitali

Secondo il tipo di rappresentazione utilizzato per i numeri, i calcolatori possono essere analogici o digitali.
I primi utilizzano una grandezza fisica (una lunghezza, un angolo, un’intensità di corrente, eccetera) per rappresentare i numeri. Infatti, se una grandezza fisica può essere rappresentata dal numero che ne esprime la misura, cioè il suo rapporto ad un’altra grandezza fisica con essa omogenea (cioè dello stesso tipo) assunta come unità di misura, viceversa si può pensare di rappresentare un numero con una grandezza fisica di cui esso sia la misura. Tale tipo di rappresentazione fa quindi riferimento sostanzialmente all’uso dei numeri come risultato della misurazione di una grandezza fisica.
I secondi, invece, rappresentano i numeri per mezzo di un insieme finito e discreto di simboli od oggetti e fanno riferimento più correttamente al concetto di numero e al sistema posizionale della sua rappresentazione. Le cifre del sistema di numerazione usato (0,1,2,3,…9 per il sistema decimale) non sono che un possibile, ma certamente non unico, esempio di simboli differenti per rappresentare i numeri da "zero" fino al numero intero predecessore della "base" del sistema di numerazione adottato (nove per il sistema decimale). Al posto di tali cifre potrebbero essere utilizzati altri simboli differenti od oggetti differenti o stati differenti di uno stesso oggetto.
Un esempio di calcolatore analogico è il regolo calcolatore, dove i numeri sono rappresentati da lunghezze lineari, mentre esempi di calcolatori digitali o numerici sono gli abachi e tutti i modelli di calcolatrice meccanica a ruote dentate nonché i moderni calcolatori elettronici.
Struttura delle calcolatrici meccaniche
La ruota è l’invenzione che caratterizza per eccellenza la civiltà meccanica. La ruota dentata costituisce, in particolare, il fonte battesimale del calcolo automatico
, poiché sicuramente è l’elemento fondamentale per il funzionamento di tutti i modelli di calcolatrice meccanica che si sono succeduti in quattro secoli, dall’ipotetica invenzione di Leonardo Da Vinci fino agli esemplari commerciali della prima metà del Novecento. Il principio è semplice ed è quello già illustrato nella seconda parte. Ad ogni ordine di unità sono dedicate una ruota dentata completa, con dieci denti corrispondenti ciascuno ad una delle dieci cifre, da 0 a 9, del sistema di numerazione decimale, e una ruota o tamburo con un solo dente, collegante due ruote consecutive in modo da permettere di registrare il riporto da un ordine di unità al successivo. Il numero di ruote dentate che rappresentano le cifre determina quindi il massimo ordine numerico rappresentabile. Una macchina con dieci ruote dentate complete può, per esempio, rappresentare numeri fino ai miliardi, con il valore massimo 9.999.999.999: tutte le dieci ruote dentate saranno ruotate in modo da presentare in posizione di lettura, attraverso una finestrella, la cifra 9. Le rotazioni delle ruote per impostare i numeri e per eseguire le operazioni aritmetiche erano effettuate tramite meccanismi di leve o di cursori.
La macchina calcolatrice a ruote dentate costituisce una naturale evoluzione dell’abaco. Infatti, il principio di funzionamento rimane quello di rappresentare i numeri con un sistema posizionale: le scanalature o i fili dell’abaco, dedicati ciascuno ad un ordine di unità, sono sostituiti dalle ruote, e i "calculi" o bottoni o palline dell’abaco sono sostituiti dai denti delle ruote, ciascuno rappresentante una cifra.
Le parti fondamentali delle calcolatrici meccaniche, realizzate secondo tecniche differenti nei vari modelli, sono un’unità di input, un attuatore, un totalizzatore, un contagiri e un’unità di stampa, non sempre presente. L’unità di input è un meccanismo costituito da cursori o leve o tasti che permette di impostare, vale a dire inserire nella macchina, i numeri su cui essa deve operare. L’attuatore è invece il meccanismo che con i suoi cinematismi collega l’unità di input al totalizzatore. Questo è costituito da un insieme di ruote dentate, opportunamente e variamente collegate per il riporto automatico, dedicate ciascuna ad un ordine di unità, e fornite di tanti denti quante sono le cifre della base del sistema di numerazione su cui è basata la macchina. Il contagiri è poi un insieme di tante ruote dentate quanti sono gli ordini di unità rappresentabili con la macchina, con la funzione di registrare il numero di giri compiuto dalle ruote di ciascun ordine del totalizzatore oppure di registrare la somma dei valori restituiti da diversi totalizzatori. L’unità di stampa, infine, apparsa per la prima volta nel 1872 per opera di E.D. Barbour, ha la funzione di stampare i risultati dei calcoli effettuati dalla macchina. Nell’ambito del totalizzatore, la parte più delicata da realizzare è il traspositore, vale a dire il dispositivo di riporto automatico, di cui sono stati ideate diverse soluzioni, che hanno dato luogo ad altrettanti "tipi" di calcolatori meccanici. La ruota dentata con un solo dente, di cui si è già detto, è il più semplice traspositore. Un esempio più complesso è costituito dal traspositore a gradini di Leibniz.
Calcolatrici meccaniche non decimali
fig30È possibile immaginare facilmente delle varianti alle macchine calcolatrici meccaniche decimali, cioè dedicate a trattare numeri del sistema decimale. fig31Già la Pascalina (figura 30) era una calcolatrice non decimale, ideata per il computo con il sistema monetario francese dell’epoca, che non era decimale. Infatti, si ricordi che lo scopo dell’invenzione di Pascal era di fornire al padre Etienne, esattore delle tasse, uno strumento che lo aiutasse ad eseguire le innumerevoli e tediose addizioni e sottrazioni per il loro computo. Delle sue otto ruote (o meglio set di ruote) sei erano a dieci denti per rappresentare le lire, che seguivano il sistema decimale, e due erano a venti denti, numerati da 0 a 19, e a dodici denti, numerati da 0 a 11, per rappresentare rispettivamente i "soldi" e i "denari" del sistema monetario francese dell’epoca (figura 31). Questo era costituito dalla lira, che era formata da venti soldi, e dal soldo che era formato da dodici denari.
Se anziché considerare il sistema decimale, adottassimo, per esempio, quello ottale, a "base", ogni ruota di ciascun ordine dovrebbe avere otto denti, numerati da 0 a 7. Dunque, il meccanismo delle ruote dentate è in grado di rappresentare numeri in qualunque sistema di numerazione.
fig32fig33Oltre la Pascalina, altri esempi di calcolatrici meccaniche non decimali sono la macchina dell’italiano Burattini del 1659 (figura 32) che operava in base 12, 20 e 7, la macchina dell’inglese S. Morland (1666) che utilizzava la base 12 del sistema monetario inglese dell’epoca, la macchina di Leibniz (1673) che utilizzava il sistema binario, la macchina dell’inglese Thomas Fowler (figura 33), l’unica nella storia delle calcolatrici ad utilizzare il sistema ternario, con la curiosa variante che anziché utilizzare le cifre 0,1,2 utilizzava i segni "-", "0", "+".
Il cammino dei calcolatori
I principi e i progressi tecnologici che hanno reso possibile la realizzazione degli strumenti per il calcolo oggi appaiono ormai una conquista scontata, ma in realtà rispecchiano, con una continuità che non è facile trovare in altri campi, gli sforzi intellettuale e materiale dell’uomo di affrancarsi dalle attività ripetitive di più basso livello, per concentrarsi su altre più creative. Questo crescendo di invenzioni teoriche e pratiche, che si sposano felicemente nelle realizzazioni concrete di tali strumenti, culmina negli attuali elaboratori elettronici, che sono diventati sempre più alla portata di tutti, anche dei nostri ragazzi. È pertanto doveroso volgere lo sguardo al passato per capire e apprezzare maggiormente il nostro presente.
È comprensibile il fatto che i primi dispositivi eseguissero soltanto addizioni e sottrazioni, essendo queste, dopo il contare, le operazioni più semplici, e l’una derivata dall’altra. Soltanto successivamente si è pensato di rivolgersi all’automazione della moltiplicazione e della divisione, implementate, secondo la loro definizione, rispettivamente come addizioni e sottrazioni ripetute. È nell’orologio calcolatore di Schickard (1623) che compare per la prima volta il tentativo di automatizzare la moltiplicazione, aggiungendo nella sua metà superiore un marchingegno costituito da cilindri di Nepero (vedi la Seconda Parte), ma soltanto alla fine del Seicento, con le macchine di Morland (1666) e di Leibniz (1673), si realizzano dispositivi realmente funzionanti per il calcolo delle moltiplicazioni e delle divisioni.
Insomma, il progredire delle realizzazioni tecniche, nel campo dei dispositivi per il calcolo, segue di pari passo sia il progresso delle tecnologie meccaniche sia l’ordine logico della complessità delle operazioni matematiche.
Il Settecento: macchine per meravigliare
fig34fig35Dopo la macchina di Poleni del 1709, per tutto il Settecento si ebbero molte altre realizzazioni di calcolatrici meccaniche da parte di vari autori, quali Lepin e Antonius Braun nel 1725 (figura 34), Jacob Leopold nel 1727 (figura 35), Hillerin de Boistessandeau nel 1730, C.L. Gersten nel 1735, Jacob Isaac Pereire nel 1750, Philip Mathieus Hahn nel 1774 (figura 36), Charles Mahon o Lord Stanhope nel 1775 (figura 37), John Helfreich Muller nel 1783, Jacob Auch nel 1790, Reichhold nel 1792. Non si ebbero, però, grosse innovazioni, ma soltanto varianti sul tema del cilindro a gradini di Leibniz o cilindro a denti di lunghezza variabile, come nella calcolatrice dell’ecclesiastico Philip Mathieus Hahn, realizzata con dodici cilindri di Leibniz in disposizione circolare anziché parallela.
fig36fig37Charles Mahon, noto anche come Lord Stanhope, migliorò nel 1775 la macchina "aritmetica ciclologica" inventata da Samuel Morland un secolo prima, integrandola con il dispositivo per il riporto, che era originariamente esterno.
Fino ai primi anni dell’Ottocento, le calcolatrici meccaniche rimasero sostanzialmente "curiosità tecnologiche", da mostrare per suscitare ammirazione e meraviglia, ma non furono utilizzate in pratica. Esse, inoltre, furono prodotte in forma prototipica e non industriale. Le limitazioni della tecnologia dell’epoca impedivano di realizzare meccaniche di precisione, com’era richiesto per il funzionamento dei delicati meccanismi di quelle macchine, vanificando, almeno temporaneamente, le nobili intenzioni di Pascal e Leibniz di dotare l’umanità di strumenti pratici che l’asservissero dalle noie e fatiche del calcolo.
L’Ottocento: nasce l’industria delle calcolatrici
L’Ottocento è caratterizzato da una parte dall’industrializzazione dei dispositivi inventati alla fine del Seicento, grazie ai progressi della tecnologia degli orologi che consentivano di costruire con tecniche di meccanica di precisione, e dall’altra parte da profondi mutamenti nel pensiero matematico e conseguenti nuove invenzioni pratiche.
Le macchine calcolatrici inventate alla fine del Seicento sono riprese in considerazione e perfezionate tecnologicamente. Per esempio, il difetto principale della macchina aritmetica ciclologica di Samuel Morland (1666) era costituito dal fatto che per incrementare un numero di un’unità di un ordine superiore (per esempio quello delle migliaia), occorreva agire contemporaneamente su tutte le ruote, da quella delle unità semplici fino a quella dell’ordine considerato, sottoponendo pertanto il meccanismo ad uno sforzo meccanico che spesso lo portava a rottura. Roth nel 1842 risolse tale problema, modificando opportunamente la macchina di Morland in modo da farla diventare un vero prodotto, funzionante e affidabile, di cui riuscì a mettere in commercio un gran numero di esemplari.
La grande protagonista delle invenzioni nel campo del calcolo meccanico è stata la macchina di Leibniz. Ed è questa che è sottoposta a perfezionamenti per tutto il nuovo secolo, fino a quasi metà del Novecento.
fig38La macchina di Leibniz contiene due caratteristiche molto innovative, una tecnologica e l’altra teorica. Quella tecnologica è costituita dal cosiddetto tamburo a gradini o ruota di Leibniz (figura 38), così chiamata perché contiene nove denti di lunghezza crescente. La ruota dentata con esso accoppiata, potendo scorrere lungo la direzione del suo asse, viene a trovarsi in posizione relativa diversa rispetto ai denti di lunghezza variabile del tamburo, e quindi può ingranare con un numero variabile di denti. Per esempio, se la ruota dentata si trova in posizione tale da ingranare con tre denti del tamburo, quando quest’ultimo ruota di un giro, essa subisce una rotazione corrispondente a tre denti. Così, con un giro del tamburo, è possibile fare compiere alla ruota dentata accoppiata una rotazione variabile e quindi incrementare, in un solo colpo, di più unità la cifra rappresentata dalla ruota. L’innovazione teorica introdotta dalla macchina di Leibniz è invece costituita dall’uso del sistema di numerazione binario anziché decimale, anticipando genialmente l’uso sistematico che di tale sistema sarà fatto nei calcolatori elettronici.
fig39Nel 1820, per la precisione il 18 novembre, la macchina di Leibniz poté per la prima volta essere realizzata, col nome di "aritmometro" (figura 39), in maniera veramente semplice, funzionale e affidabile, per opera del banchiere francese Charles Xavier Thomas De Colmar. Per tale realizzazione De Colmar ricevette l’onorificienza di Cavaliere della Legion d’Onore di Francia. L’aritmometro di Thomas De Colmar, detto anche "macchina di Thomas", fu preso a modello per molte altre imitazioni, che furono realizzate in tutto l’Ottocento, mantenendo lo stesso nome di "aritmometro", che divenne pertanto di fatto sinonimo di calcolatrice aritmetica. La prima realizzazione veramente industriale risale però al 1850. Ben 1500 esemplari (molti per quell’epoca!) furono venduti, fino a quasi il 1930. L’aritmometro di Thomas De Colmar annuncia l’inizio della moderna industria delle calcolatrici meccaniche, che nasce in Germania nel 1878 con la società Erste di Arthur Burkhardt, autore di un nuovo tipo di aritmometro, prodotto da molte altre fabbriche in Inghilterra, Francia e Stati Uniti d’America. Altre varianti della macchina di Thomas, e quindi di quella di Leibniz, si ebbero alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento.
fig40fig41Le più importanti sono la macchina dello statunitense Frank Stephen Baldwin del 1875 (figura 40), la macchina dello svedese Willgodt Theophil Odhner del 1878 (figura 41), la MADAS (Multiplication Automatic Division Addition Subtraction) del 1913 (figura 42), la MADAS Semis del 1925, in cui era aggiunta la moltiplicazione semiautomatica e infine la MADAS Superautomat del 1927, in cui la moltiplicazione era interamente automatica. Riprendendo e perfezionando l’idea di G. Poleni, F.S. Baldwin sostituì il traspositore di Leibniz (cilindro dentato a gradini) con una ruota a numero di denti variabile (figura 43). Ciò era ottenuto facendo sporgere o rientrare, per mezzo di un sistema di leve, un numero variabile di denti dalla corona della ruota dentata. Tale tipo di traspositore fu ancor più perfezionato dallo svedese Willgodt Theophil Odhner nel 1878, in Russia dove lavorava.
fig42fig43Baldwin e Jay Randolph Monroe fondarono la società Monroe Calculating Machine nel 1912, che produsse la macchina di Baldwin opportunamente migliorata da Monroe con l’aggiunta di una tastiera completa. Odhner, invece, con la sua società Maschinenfabrik & Metallgiesserei iniziò a S. Pietroburgo nel 1886 la produzione del suo tipo di calcolatore, assai simile al modello di Baldwin, arrivando a ben 30.000 esemplari, fino al 1917. In tale anno, a causa della rivoluzione bolscevica, , il figlio Alexander di W. T. Odhner riparò in Svezia continuando in tale paese la produzione di calcolatori del tipo Odhner, che furono detti "original-Odhner", per distinguerli da quelli prodotti in Germania e altri paesi europei. Infatti, nel 1892 W.T. Odhner cedette il suo brevetto alla compagnia tedesca Grimme, Natalis & Co. A.G. che produsse il modello di Odhner in Germania col nome di "Brunsviga" e successivamente la compagnia stessa assunse tale nome.fig44
Macchine calcolatrici del tipo Odhner furono costruite in tutta Europa da varie altre società fino all’inizio della produzione industriale dei calcolatori elettronici, vale a dire il 1970 circa: Dactyle, Eclair, Esacta, Minerva, Antares, Walther, Facit, Thales, Triumphator, Alpina. Una calcolatrice meccanica particolarmente evoluta e specializzata fu ideata da Leonardo Torres Quevedo nel 1895. Tale calcolatrice, detta "macchina algebrica" (figura 44), era in grado di calcolare le radici reali e complesse di un’equazione trinomia.
Un’invenzione straordinaria e nobile: la matematica pura
Mentre i progressi della tecnologia meccanica consentivano una sempre maggiore industrializzazione e diffusione delle macchine calcolatrici meccaniche derivate dal progetto di Leibniz, un’importante rivoluzione culturale aveva inizio intorno alla metà dell’Ottocento.
"Il diciannovesimo secolo, che si vantò dell’invenzione del vapore e dell’evoluzione, avrebbe potuto rivendicare un più legittimo titolo di gloria per la scoperta della matematica pura. " Così si esprime Bertrand Russell (figura 45) nel suo saggio La matematica e i metafisici (in Misticismo e Logica, Longanesi & C 1970) apparso già nel 1901 nella rivista americana "The International Monthly" con il titolo (tradotto in italiano) Un recente contributo alla filosofia della matematica.
fig45 - Bertrand Russelfig47 - George BooleLa scoperta cui allude Russell è contenuta nell’opera The investigation of the Laws of Thought (Esame delle leggi del pensiero) scritta dal matematico e logico inglese George Boole nel 1854
. Boole (figura 47) fu un personaggio straordinario: frequentò soltanto le scuole elementari, dopo di che fu un autodidatta per tutta la vita. Imparò da solo il greco e il latino, e studiò le opere matematiche di Laplace e Lagrange. Dapprima insegnante elementare, fu nominato professore al Queens College di Cork due anni dopo la pubblicazione delle sue Leggi del pensiero. La definizione di matematica pura data da Russell è, per il profano, alquanto strana e molto diversa da quella che si aspetterebbe basandosi sulla sua idea della matematica. "La matematica pura è interamente costituita da asserzioni per effetto delle quali, se un tale enunciato è vero per qualcosa, allora il tale altro enunciato è vero per quella cosa. È essenziale non discutere se il primo enunciato è realmente vero, e non indicare quale sia la cosa per la quale si suppone che sia vero. Entrambi questi punti attengono alla matematica applicata. Nella matematica pura partiamo da certe regole deduttive, mediante le quali possiamo dedurre che se un enunciato è vero, allora lo è anche un altro enunciato." (La matematica e i metafisici). Oppure, in maniera un po’ più tecnica: "La matematica pura è l’insieme di tutte le proposizioni della forma "p implica q" , dove p e q sono proposizioni che contengono una o più variabili, né p né q contenendo costanti che non siano costanti logiche. Oltre a questi (è riferito al concetto di costanti logiche, nota dell’a.), la matematica usa un concetto che non fa parte delle proposizioni che essa considera, vale a dire la nozione di verità." (B. Russell I principi della matematica, capitolo I ). La matematica pura è quindi un sistema ipotetico-deduttivo, in cui partendo da delle premesse (assiomi), si ricavano tutte le possibili conseguenze applicando il ragionamento deduttivo. Il concetto di "vero", in tale contesto, muta radicalmente rispetto all’uso comune. Vero non significa più rispondente al reale, ma semplicemente "coerente". Un enunciato è vero, nell’ambito di un sistema ipotetico-deduttivo, se non è contraddittorio con le premesse (assiomi) e con gli altri enunciati precedenti del sistema. Anche le premesse (assiomi) sono "vere" semplicemente se non sono fra loro contraddittorie. La verità sia per gli assiomi che per gli enunciati che ne seguono, non è suggellata dalla loro corrispondenza ad oggetti del mondo reale. Quindi l’attributo "vero" non ha più un significato assoluto, ma soltanto relativo al sistema ipotetico-deduttivo cui si riferisce. E’ per questa sua totale mancanza di riferimento al mondo fisico che Russell, con umorismo tipicamente anglosassone, affermò che "la matematica (pura) può essere definita come la materia nella quale non sappiamo di che cosa stiamo parlando, né se ciò che stiamo dicendo è vero." (La matematica e i metafisici).
Il lettore non matematico non si spaventi! Ho riportato la definizione di matematica pura per due ragioni: primo, per dare un’idea di quanto diversa è la sua definizione rispetto al concetto che di essa comunemente si ha in base ai ricordi scolastici; secondo, per evidenziare il contrasto, soltanto apparente, evidentemente, con la sua maggiore creatura: gli elaboratori elettronici e buona parte dell’Informatica. Paradossalmente, proprio dalla "scoperta" della matematica pura, infatti, è potuta scaturire l’invenzione più pratica e più diffusa del nostro secolo. In altri termini, senza la scoperta della matematica pura, oggi non esisterebbe la società dell’informazione, con i suoi computer, il software e Internet! Chi l’avrebbe affermato che, dall’orgogliosa dichiarazione d’indipendenza della matematica pura dal mondo fisico, sarebbero scaturite applicazioni così reali e pratiche!
Un copioso materiale fotografico sui calcolatori può essere reperito nei seguenti siti, da alcuni dei quali sono state tratte le immagini del presente articolo:
http://www.cut-the-knot.com/blue/Abacus.html
http://www.dotpoint.com/xnumber/mechanical1.htm
http://www.geo.tudelft.nl/mgp/people/gerold/rekenmac.htm
http://www.webcom.com/calc/main.html
http://socoa.inria.fr/amisa/mamisaEng.html
http://www.geocities.com/SiliconValley/Peaks/2401/theoneus.htm
http://www.ph-ludwigsburg.de/mathematik/mmm/
http://www.deutsches-museum.de/mum/index.htm
http://www.computer-museum.org/
http://www.compustory.com/american_computer_museum.htm
http://www.hpmuseum.org/prehp.htm

CONTINUA
Luca Nicotra l.nicotra@infordata.net
Luca Nicotra l.nicotra@infordata.net
Note:
 1 Nel 1951, tra i resti di una nave affondata presumibilmente nell’anno 87 a.C. nelle acque di Anticitera, una piccola isola vicino Creta, fu rinvenuto un dispositivo a ruote dentate, noto oggi come "macchina di Anticitera", che serviva per calcoli astronomici. Ciò dimostra che l’idea di utilizzare la ruota dentata per il calcolo è antichissima.
 2 In realtà i contenuti di tale opera sono un’ulteriore elaborazione di idee già presentate da Boole nel suo precedente libretto intitolato Mathematical Analysis of Logic (Analisi matematica della logica) del 1847.


Sommario anno X numero 7 - luglio 2001