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Sommario anno X numero 8 - agosto 2001

 I NOSTRI PAESI - pag. 14


nemi

L’incorreggibile china
di Bruna Macioci bmacioci@tiscalinet.it

Van Ban - Laocoonte
Non si può correggere. Se ti sbagli, se sbagli un solo tratto, non resta che strappare il foglio piangendo, e ricominciare. L’inchiostro di china è così. E tanto più miracolosa, quindi, appare la realizzazione di grandi quadri eseguiti a pennino e china, come quelli esposti in questi giorni a Nemi da Van Ban, giovane pittore genovese che ha eletto Nemi come sua residenza dopo molto girovagare per tutta Europa. Una mostra assolutamente da vedere, e da vedere da vicino; per rendersi conto dell’arte e della pazienza d’altri tempi con cui questo pittore riesce a rendere la plasticità delle forme attraverso un certosino tratteggio unidirezionato o incrociato - a seconda dell’effetto d’ombra voluto. Una chiara evoluzione segna i suoi quadri. I primi, copie - ma personalissime - di statue classiche o di dipinti rinascimentali, mostrano, nell’isolamento dei volti, o dei particolari, una ricerca della tecnica perfezionista e insieme un grido di sofferenza (il volto altero, quasi ferino, del Bronzo di Riace; il volto sconvolto del Laocoonte; il volto doloroso del Cristo di Giambologna); poi gli studi leonardeschi sul corpo umano e animale (scheletri, muscolature a nudo, altre urla di dolore) che rivelano un attento studio miologico; poi i richiami alle mitologie nordiche o del deserto (il Signore del Lago; il Leone Bianco); e ritratti quasi fotografici, tanto son vivi (il Pierrot Italiano, un bimbo in maschera che ride), fino alla stilizzazione quasi da poster della grande tigre, o alla raffinata Rosa Mistica, di evocazione stilnovistica, o al quasi-astrattismo della Sapienza Cosmica, dove l’immagine pian piano si indistingue finendo per sfumare in un nulla - un tutto? - universale, come certe statue di Michelangelo che sembrano uscire semisbozzate dalla pietra viva, e nella pietra viva subito rientrare. Evoluzione di tecnica e d’anima, perché - ha spiegato l’artista stesso durante la conferenza-stampa tenuta nel pomeriggio di sabato - ogni quadro è come il canto d’un periodo della sua vita, che è stata - ci è parso di intuire - molto movimentata, forse avventurosa, sicuramente differente dal ‘solito’. Il professor Grosso Ferrando ha spiegato che la china, tecnica antica di 4 o 5 millenni, nella modernità è stata quasi del tutto abbandonata, riservandone l’uso alcuni maestri ai soli schizzi, in piccoli formati, solo per uso personale, come studi da cui poi ricavare il quadro vero e proprio. Ma nessuno dei moderni la frequenta più, tendendo l’arte ormai quasi soltanto alla forma della installazione, come si vede in questi giorni alla Biennale di Venezia, e quindi questo semi-sconosciuto, coraggioso Nicola Alferi - tale è il vero nome di Van Ban - opera in totale contro-tendenza rispetto all’epoca. Ma perché la china? Per il fascino dell’antichità, ha rivelato l’artista, e insieme per la possibilità di far scoprire all’osservatore quanto un quadro in bianco e nero può dare l’impressione del colore grazie al chiaroscuro di infinite gamme che il pennino rende possibile. Infine anche i fotografi, anche i registi migliori affidano le loro immagini al bianco-e-nero. Perché non anche il pittore? L’urlo della Magnani falciata dal mitra tedesco non ha bisogno del colore, e la vita le fugge via irrimediabilmente anche senza il rosso del sangue sul selciato di Roma. Quel sangue si vede lo stesso. È sangue nero, nero come un grido di rivolta. E neri e urlanti sono i muscoli dello Scorticato, neri sono gli occhi della tigre, nero il cielo contro cui si staglia la misteriosa e dolcissima donna che reca in mano una rosa. Quanti neri, quanti bianchi, e quanti grigi intermedi. Quanti dolori e quante cicatrici nell’anima di questo nuovo artista tutto da scoprire. Da rivedere, speriamo, ammesso alla Quadriennale di Roma, prossimamente.


palestrina

Attività dell’Arma
di Luca Marcantonio

In occasione del 187° annuale della fondazione dell’Arma dei Carabinieri, il comandante della Compagnia di Palestrina, Capitano Matteo De Marco, ha illustrato a tutti gli intervenuti i risultati ottenuti durante l’ultimo anno. Dopo aver salutato le autorità e rivolto un affettuoso saluto alle vedove e ai figli dei militari caduti in servizio, il Capitano De Marco ha reso noto che la Compagnia di Palestrina (della quale fanno parte efficienti stazioni come quelle di San Cesareo comandata dal maresciallo De Pasquale, di Zagarolo, Gallicano ed altre), ha tratto in arresto 114 persone, individuato gli autori di 700 delitti, elevato 7500 contravvenzioni e inviato a Roma per le operazioni di espulsione ben 150 extracomunitari. In particolare, gran parte delle energie sono state dedicate alla lotta contro lo spaccio di sostanze stupefacenti e alla repressione dei reati contro la persona ed il patrimonio. Un ringraziamento è poi andato ai cittadini, che sempre più fiduciosi verso l’operato dei Carabinieri, si sono a loro rivolti per ben 3500 volte, chiedendo aiuto o segnalando la commissione di reati. Un bilancio che fa onore al lavoro svolto dagli uomini dell’Arma, presenza assolutamente insostituibile sul nostro territorio cui nessuno dirà mai grazie abbastanza.


rocca di papa

Progresso di Ferragosto
di Gianfranco Botti

Sarà pure lo spirito del TEMPO che tutto banalizza, ma, certo anche l’età contribuisce a smorzare il risalto di certe ricorrenze, nel passato significative. La Befana per ovvi motivi è la prima ad annacquarsi, via via seguono le altre, San Silvestro, Carnevale, Pasquetta, 1° Maggio. Di coinvolgente resta un po’ di Natale, ma non tanto. Anche Ferragosto subisce declino, non gasa più, ha finito di prevedere pollo arrosto. Era una festa grossa, antichissima, segnava il culmine della goduria estiva.
Importante per Rocca, per la villeggiatura, che, quando ancora soldi se ne vedevano pochi, almeno per tutti gli anni ‘50, portava denaro fresco. A guide, trattori, albergatori, botteganti e caffettieri. E a chi affittava le case, tanti, tra chi poteva ridursi in cantina o in coabitazione. La gente veniva, puntuale, numerosa. Qualcuno stiracchiava tutto l’anno per permetterselo. Passar ferie da noi era quotato, era ambito. Per l’amenità dei luoghi, l’aria buona, la frescura, la vicinanza. Per ben maritare la figlia, per il divertimento assicurato. L’albergo Righi e il Miramonti non erano solo spazi di soggiorno, garantivano animazione. Ai più giovani pensava la Pro Rocca con musica, balli, tennis e amori. Ai quali non si sottrevano le signore, per lo più morbide –a quei tempi – ai languori della villeggiatura. Per classista spirito d’emulazione anche le serve, come allora ancora si indicavano le attuali collaboratrici domestiche, correvano la cavallina, metafora aggraziata di precise disinvolture.
Adesso le cose sono cambiate, decisamente in meglio.
Anche noi andiamo in villeggiatura d’estate, magari a Sharm-El-Sheik. Così, capita di sentire questa. "È un po’ che non ti vedi". "Sono stato in Egitto". "Hai visto che forza il Mar Rosso?". "Non ho fatto il mare, ho fatto il Nilo, l’Egitto classico". "Non sai che t’hai perso".


nemi

5° edizione di Castelli in tavola
di Bruna Macioci bmacioci@tiscalinet.it

Dal 7 al 15 luglio si è svolta questa manifestazione di valorizzazione del patrimonio eno-gastronomico dei Castelli organizzata dal Consorzio imprese Castelli Romani con il patrocinio della Provincia, della Camera di Commercio, dell’ARSIAL (agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio), del Parco dei Castelli Romani. La manifestazione tocca anche Castelgandolfo e Frascati. Si sono viste mostre di pittura sul tema del cibo (Il ‘900 a tavola. Arte e cibo dal 1947 ad oggi) con quadri, disegni, sculture, foto, video di alcuni grandi contemporanei come Morandi, De Chirico, Guttuso ecc. I ristoranti hanno proposto menù a base di piatti tradizionali e comunque legati alla produzione locale. Il settore della manifestazione dedicato a Nemi si è intitolato Mangiare a Nemi f(r)agola, giocando su fragola e fa gola.


san cesareo

"Le Capanne" in festa
di Luca Marcantonio

Anche quest’anno ha registrato il consueto successo di pubblico la "Festa delle Capanne", giunta alla terza edizione ma già diventata un appuntamento da non perdere per tutti coloro che amano la tradizione e i sapori di un tempo, e anche un modo di vivere e rapportarsi agli altri decisamente più vero e genuino. Organizzata dal Comitato "Le Capanne", presieduto da Agostino Vernini, col patrocinio del Comune, la festa si è articolata in due giorni ricchi di appuntamenti. I cittadini che hanno riempito l’area della festa hanno assistito alla recita "Il Processo" messa in scena da impegnatissimi ragazzini, al Karaoke con Francesco Bellia, al trofeo interregionale di tiro con l’arco organizzato dalla "S.S. Lazio Arcieri S. Cesareo", ai giochi popolari per adulti e allo spettacolo musicale de "I Nobili" che hanno eseguito musiche per ballare il liscio degli anni ’60. Immancabili ovviamente gli stand gastronomici che hanno fornito una grande quantità di pietanze tipiche locali, apprezzate non poco dagli intervenuti, che hanno dimostrato di gradire non solo la bontà dei piatti, ma anche il grande lavoro svolto volontariamente da tanta gente, spinta solo dall’amore per il proprio paese e per le tradizioni. Un’oasi cui rifugiarsi senz’altro, specialmente in questo periodo che vede San Cesareo pullulare di pseudointellettualoidi invidiosi e spocchiosi d’ogni risma, pseudocritici, finti moralisti e spargitori d’acido sulle vetture altrui.


Sommario anno X numero 8 - agosto 2001