Introduzione dellAutore
Lo scritto che vi accingete a leggere è una
libera ricostruzione della prima conferenza tenuta da Henry David Thoreau (18171862)
[nella foto], scrittore e conferenziere statunitense noto per aver scritto Walden,
ovvero Vita nei Boschi (1854) e La Disobbedienza Civile (1849). La conferenza
si svolse al Lyceum di Concord, Massachusetts, in data 11 aprile 1838, e presumibilmente
durò allincirca unora. Per la ricostruzione di questa conferenza, mi sono
basato sia sui pochi appunti che lo stesso Thoreau ci ha lasciato nel suo voluminoso Journal
[cfr. note a piè di pagina], sia sulla mia personale conoscenza dellopera e del
pensiero thoreauviani. Benché mi sia preso alcune libertà e licenze come ad
esempio laver fatto menzionare da Thoreau linfallibilità del Papa, dogma che
non sarà disposto prima del 1870, vale a dire più di trentanni dopo la conferenza
le frasi che leggerete e i concetti che vi saranno proposti si discostano molto
poco da quello che avreste potuto realmente udire in presenza di Henry Thoreau; e ad ogni
buon conto, parafrasando Ralph Waldo Emerson, il quale scrisse che "Una cosa Vera in
un posto è Vera dappertutto", si può allo stesso modo affermare che "Una cosa
Vera in unepoca è Vera sempre". Anche per gli esempi che compaiono nel corso
della conferenza ho per lo più cercato di usare immagini e idee che fossero familiari a
Thoreau, tratte principalmente dalla Natura, la dimensione da egli senzaltro più
conosciuta e amata. La ricostruzione di questa conferenza è a sua volta tratta dal
dodicesimo capitolo di un romanzo di ambientazione storica, in parte ispirato alla vita di
Henry Thoreau, alla cui stesura il sottoscritto è attualmente impegnato.
Per maggiori approfondimenti sulla vita e lopera di Henry D. Thoreau si rimanda
al sito ufficiale della Thoreau Society (www.walden.org); per informazioni sulla
cittadina di Concord visitare il sito ufficiale allindirizzo web www.concordma.com
Stefano Paolucci (doppiacroce@tiscalinet.it)
Signore e signori, bentrovati tutti. Il mio nome è Henry
Thoreau e questoggi vorrei spendere qualche parola sulla società; quella degli
uomini, voglio dire. È un argomento che riguarda ciascuno di noi, giovane o vecchio,
ricco o povero, sano o malato, colto o insipiente.
Vorrei anzitutto incominciare col dire che la famosa affermazione fatta da Aristotele,
cioè che luomo è nato per la società, non è affatto corretta. Un tempo, ogni
proverbio sui giornali era una verità. Per questa ragione la massima secondo la quale
luomo è stato creato per la società, finché non poté scontrarsi con
unaltra importante verità, non convinse nessuno, me per primo. Tuttavia, ora che
quelle stesse parole stanno a significare qualche altra cosa, fosse pure una menzogna, noi
siamo tenuti, affinché il suo significato possa preservarsi, a riscrivere da capo la
massima del peripatetico, in modo che essa opportunamente reciti: La società fu creata
per luomo.1
Il rovesciamento dellaffermazione di Aristotele non vuole essere un diniego stizzoso
dellimportanza delle organizzazioni sociali, ma semplicemente un modo per ricordare
che la società, così comè, non è sufficiente né soddisfacente, ed è inoltre
solo uno dei mezzi di cui lindividuo può servirsi al fine di raggiungere la
propria realizzazione.
Luomo non è nato subito nella società, ma a
malapena nel mondo. Il mondo che egli è nasconde al contempo il mondo che egli abita.2
Che la società non sia un elemento in cui nuotiamo, o su cui siamo sbalestrati alla
mercé delle onde, ma piuttosto una striscia di terraferma che si protende nel mare, le
cui sponde sono quotidianamente lavate dallonda, ma che solo la marea di primavera
riesce a coprire del tutto.3 Che le cosiddette leggi della società, enorme coacervo di
convenzioni, squallido teatro di tradizioni, ci riguardino il meno possibile e ci
osservino da distanza siderale. Permettere il contrario, averle cioè sempre alle
calcagna, o addirittura portarle appese alla cintura come fanno alcuni, significa
dimostrare di non sapere, che dico, neppure immaginare di sapere,
dellesistenza di leggi più alte, superiori alluomo e ancor più alla società
da egli pensata e costituita.
È strano che la maggior parte di noi si dimentichi che la società è formata da
individui, cioè da singoli esseri umani, ciascuno con le proprie idee e il proprio modo
di pensare e vivere larco di vita concessogli. E ancor più strano, direi anzi
incredibile, è il fatto che noi non ci ricordiamo, o facciamo finta di non sapere, che
luomo è già una società di per sé. Il suo organismo è un esempio chiaro e
incontestabile, da che la medicina e la chirurgia ci hanno permesso di saperlo, di
società complessa perfettamente funzionante. Il nostro corpo, come del resto quello di
tutti gli altri animali, insetti compresi, esplica funzioni allapparenza molto
semplici, come la respirazione, la digestione, il sonno eccetera, ma la loro effettiva
complessità suscita spesso grande meraviglia persino nei fisiologi. Ora, per quel che ne
sappiamo, vale a dire per quello che la storia dellumanità cinsegna, nessuna
società duomini, finanche la più evoluta, ha mai lontanamente sfiorato un livello
di convivenza neppure simile a quella presente nel nostro organismo, dove cuore e
fegato, pur così diversi per forma e compito, si dimostrano perfetti vicini di casa, per
i quali lerba nel giardino dellaltro non è affatto più verde.
A differenza degli organismi animali, concepiti da Dio e partoriti da Madre Natura, nei
quali il cervello sta ad indicare il massimo punto di evoluzione e il miglior
rappresentante dellorganismo stesso, le società odierne e passate, create dagli
uomini senza la benché minima preoccupazione di considerare le leggi della Natura e ancor
meno la volontà di Dio, non hanno mai raggiunto il livello del loro migliore esponente;
al contrario, si sono degradate al livello del più abietto. Come direbbero i riformatori,
è un livellamento verso il basso, non verso lalto. Da ciò, la società è solo un
altro nome per calca, e tutti gli abitanti della Terra riuniti in un unico luogo
costituirebbero il più grande accalcamento.4
La massima vicinanza cui gli uomini pervengono fra di loro ammonta appena a un contatto
meccanico. Come quando sfregate tra loro due pietre: sebbene emettano un suono che è
udibile, esse in realtà non si toccano.5 Proprio come è successo pocanzi fra le
persone in questa sala.6
Nella contea di Merioneth, nel Galles, vi sono montagne le cui vette pendono così vicine
tra loro, che i pastori di quelle parti riescono senza fatica a parlarsi, pur stando
ciascuno sopra una vetta. Tuttavia, anche se le parole delluno giungono
allorecchio dellaltro, ai loro corpi occorrerebbe un giorno di cammino perché
possano incontrarsi, così vasta è la profondità delle valli che li divide.7 Altrettanto
potrebbe dirsi, in senso morale e spirituale, delle relazioni fra la gente di queste
pianure, poiché, sebbene unudibile conversazione ci sia, esiste pur sempre un vasto
golfo di vacuità che si frappone e scaglia quelle relazioni a qualche giorno di cammino
da una comunicazione autentica e veritiera.8
In obbedienza a un istinto naturale, gli uomini hanno piantato le loro capanne e le loro
patate a una distanza tale da consentire di parlarsi, e così facendo hanno dato origine a
paesi e villaggi: ma essi non si sono associati... si sono solo assembrati.
La società, da sempre, non è altro che una convenzione di uomini.9 Se realmente
desideriamo vivere in un consorzio umano e civile, facciamolo almeno secondo leggi che
nessuno può mettere in discussione, vale a dire secondo "regole" che non siano
veramente regole, ma lucida consapevolezza di stare seguendo dei princìpi comuni a tutte
le espressioni del creato, e che perciò siano accettate unanimemente, senza possibilità
di contrasti o dissensi. Noi siamo soliti considerare gli animali inferiori e gli insetti
addirittura infimi, ma gli entomologi non si sono affatto sbagliati nel definire le api,
le termiti e le formiche (per citare solo i più noti) insetti eusociali, vale a
dire "insetti veramente sociali".
Basterebbe che luomo cercasse quanto meno dimitare lorganizzazione di un
alveare o di un termitaio o di un acervo di formiche perché la sua vita sociale migliori.
Possiamo infatti considerare sia un formicaio del Cile che un termitaio dellAfrica
centrale dei veri e propri organismi, muniti di un cervello, di un apparato
digerente ed escretorio, di una rete di nervi, di depositi per gli alimenti, di un
sofisticato sistema di difesa e di rigenerazione, di polmoni, di un naso, di orecchie, di
occhi, e così via.10 Chi ha studiato la vita perché di vita si tratta
di questi formidabili insetti si è presto reso conto della complessità della loro
vita sociale, al punto da scoprire, per esempio fra le termiti, lesistenza di una
scrupolosa e controllata attività agricola. Le termiti, in altre parole, praticano
lagricoltura da molto più tempo di noi esseri umani. Per la precisione, esse
praticano la fungicoltura. Ora, il quesito che sorge spontaneo è questo: perché le
formiche, appena si sono accorte che le loro vicine di casa coltivavano certi tipi di
funghi, hanno anche loro subito imparato a coltivare quei funghi, mentre noi, esseri
umani, Homo due volte sapiens, che ci reputiamo superiori agli
insetti, più intelligenti di una formica, abbiamo dovuto aspettare millenni prima
di apprendere i rudimenti dellagricoltura, pur avendo sottocchio
lesempio e delle termiti e delle formiche?
Io conosco soltanto una risposta: la società di noi esseri umani non è costituita
secondo le infallibili leggi della Natura, bensì secondo uninfinita serie di
fallibilissimi, comodi compromessi che di volta in volta abbiamo chiamato "regole
etiche", "regole morali", "senso comune", "contratti
sociali", "costituzione", "leggi di mercato" eccetera.
Il contadino tiene il passo con i suoi raccolti e con lavvicendarsi delle stagioni,
mentre il mercante con le fluttuazioni del mercato. Osservate come camminano in modo
differente per le strade.11
Stefano Paolucci
Note:
Gli estratti dal Diario di Henry Thoreau sono tratti da: The Journal of Henry D.
Thoreau, edited by Bradford Torrey & Francis H. Allen, In Fourteen Volumes Bound as
Two, Dover Publications, Inc., New York, 1962. I numeri romani indicano il volume del Journal,
mentre i numeri arabi la/e pagina/e da cui essi sono tratti.
1 Journal, I, 36. Il testo originale riporta: "Every proverb in the
newspapers originally stood for a truth. Thus the proverb that man was made for society,
so long as it was not allowed to conflict with another important truth, deceived no one;
but, now that the same words have come to stand for another thing, it may be for a lie, we
are obliged, in order to preserve its significance, to write it anew, so that properly it
will read, Society was made for man."
2 Ibidem. "Man is not at once born into society, hardly into the
world. The world that he is hides for a time the world that he inhabits."
3 Journal, I, 40. "Let not society be the element in which you swim, or are
tossed about at the mercy of the waters, but be rather a strip of firm land running out
into the sea, whose base is daily washed by the tide, but whose summit only the spring
tide can reach."
4 Journal, I, 36. "The mass never comes up to the standard of its best, but
on the contrary degrades itself to a level with the lowest. Hence the mass is only another
name for the mob. The inhabitants of the earth assembled in one place would constitute the
greatest mob."
5 Journal, I, 38-39. "The utmost nearness to which men approach each other
amounts barely to a mechanical contact. As when you rub two stones together, though they
emit an audible sound, yet do they not actually touch each other."
6 Lautore del romanzo, da cui la ricostruzione della conferenza è tratta,
immagina che le persone del pubblico, sentendosi paragonare a un mera calca, diano
adito a un mormorio di risentimento che corre per la sala.
7 Journal, I, 43. "[Thomas Fuller relates that] In Merionethshire, in
Wales, there are high mountains, whose hanging tops come so close together that shepherds
on the tops of several hills may audibly talk together, yet will it be a days
journey for their bodies to meet, so vast is the hollowness of the valleys betwixt
them."
8 Costruito sulla falsariga del commento che fornisce Thoreau riguardo alla
sopramenzionata citazione.
9 Journal, I, 39. "In obedience to an instinct of their nature men have
pitched their cabins and planted corn and potatoes within speaking distance of one
another, and so formed towns and villages, but they have not associated, they have only
assembled, and society has signified only a convention of men."
10 "Lidea il sogno del superorganismo fu estremamente popolare
al principio di questo secolo. Come molti dei suoi contemporanei, William Morton Wheeler
vi ritornò più volte nei suoi scritti. Nel celebre saggio del 1911, La colonia di
formiche come organismo, egli asserì che una colonia di questi animali è davvero un
organismo e non, semplicemente, lanalogo di un organismo. Si comporta egli
disse come ununità: possiede caratteristiche distintive di taglia,
comportamento e organizzazione, che vengono trasmesse da una colonia allaltra e da
una generazione alla successiva; la regina è lorgano riproduttore, le operaie il
cervello, il cuore, le viscere e gli altri tessuti di supporto; lo scambio di cibo liquido
tra i membri della colonia equivale alla circolazione del sangue e della linfa." Da
pag. 184 di Formiche, di Bert Hölldobler e Edward O. Wilson, Adelphi Edizioni,
1997.
11 Journal, I, 78. "The farmer keeps pace with his crops and the revolution
of the seasons, but the merchant with the fluctuations of trade. Observe how differently
they walk in the streets."