Sommario anno X numero 10 - ottobre 2001
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L’Angola
Viaggio tra le culture, i popoli, i fatti di un mondo tutto da scoprire
di Renato Vernini
A
leggere i freddi dati statistici che riguardano l’Angola si accappona la
pelle. Un bambino che nasce oggi in quel ritaglio d’Africa può sperare
di vivere 46,5 anni, sempre che non sia tra i 170 bambini su mille che non
raggiungono l’età adulta. Il suo rischio di perdere la mamma durante il
parto o nei primi giorni di vita è dell’1,5 %! Se lo stesso bambino
avesse bisogno di un medico si deve mettere in fila insieme ad altre
25.000 persone, ma l’accesso alle cure mediche è garantito solo al 30%
della popolazione, mentre, raggiungono un grado elementare di
alfabetizzazione solo il 42,5% degli individui. Eppure l’Angola è un
paese potenzialmente in grado di garantire ai suoi 12,5 milioni di
abitanti una dignitosa esistenza. Innanzi tutto il petrolio: l’Angola,
con 760.000 barili al giorno è il secondo produttore dell’Africa
Subsahariana dopo la Nigeria. Anche i diamanti offrono un considerevole
apparto economico, collocando il paese al quarto posto tra i produttori
mondiali. La lunga fascia atlantica, fino a 150 km dalla costa, è fertile
e garantisce la possibilità di produrre mais, patate dolci, manioca,
banane, canna da zucchero. Al nord gli altopiani forniscono una buona
produzione di caffè, principale voce agricola di esportazione.
A cosa si devono quindi i dati sconfortati che abbiamo citato in apertura?
Fino al 1975 l’Angola è stata una colonia Portoghese. Subito dopo l’indipendenza,
il partito di governo, l’MPLA (Movimento Popolare Liberazione Angola),
ha dovuto sostenere una lunga guerra contro l’UNITA (Unione Indipendenza
Totale Angola), sponsorizzata da Stati Uniti, Zaire e Sudafrica, partito
che, tuttora, conta circa 40.000 uomini armati. A leggere la cronologia
del 2000 si comprende qualcosa della drammatica situazione del Paese:
folle di profughi Angolani che fuggono in Zambia, l’UNITA che in un sol
colpo massacra oltre cento civili a Chicandula, la benzina rincarata del
1600%, il Belgio che, secondo l’ONU, omette di controllare la
provenienza dei diamanti, i quali finanziano la lotta dell’UNITA.
Bambini crocifissi dai ribelli. Tasso di disoccupazione al 65%. Suore,
seminaristi e giornalisti uccisi. Infine il figlio dell’ex presidente
Mitterand accusato ed arrestato in Francia per una storia di traffico
illegale di armi verso l’Angola. I popoli che abitano l’Angola hanno
probabilmente iniziato la loro agonia nel 1482, data dello sbarco dei
portoghesi che trovano nel re Muemba ne Lumbu uno straordinario alleato:
il re fornisce schiavi ai colonizzatori in cambio di missionari e
progresso. Un triste errore che è un paradigma per tutta l’Africa.
Sfruttato fino all’indipendenza e poi diviso da guerre interne di una
cruenza solo immaginabile. La storia è tristemente conosciuta in molte
parti del continente nero. Eppure dodici milioni e mezzo di persone non
possono accettare di cedere ai grandi interessi della classe politica
locale, ampiamente corrotta, così come non ci si può rassegnare alla
sponsorizzazione delle grandi potenze alla guerra civile. Da due anni gli
uomini di buona volontà hanno aderito al movimento Pro Pace, nel quale
gioca un ruolo determinante la Chiesa Cattolica locale. La società
comincia a strutturarsi e nascono i primi sindacati di un certo rilievo,
il più organizzato è quello degli insegnanti. Per comprendere le
difficoltà attraverso le quali si muove il movimento civile basti solo
ricordare come sia difficilissimo superare le barriere che gli angolani
hanno eretto tra civilizados, assimilados, indigenas. I primi, eredi
diretti dei colonizzatori, si sentono forse assediati e lottano contro i
loro rivali, gli assimilados i quali, appresi usi e costumi occidentali
tentano di salire la scala sociale scalzando i civilizados e tenendo a
distanza gli indigenas, i reietti figli dell’Africa nera. Tuttavia le
impressioni più positive le abbiamo ricavate dal sito internet dell’Angola
(www.angola.org) . Al
di là della propaganda governativa, viene dato grande rilievo all’offensiva
di pace condotta dal presidente José Eduardo dos Santos, il quale, di
fronte ai ripetuti attacchi dell’UNITA, ha promesso l’amnistia per chi
deponesse le armi. Un dispaccio di agenzia del 10 agosto avverte, invece,
che a Luanda, capitale dell’Angola, sta partendo la sesta campagna
nazionale per la vaccinazione contro la poliomielite che porterà alla
immunizzazione di oltre un milione di bambini. Il segnale, invece, della
voglia di chiudere con un presente di miseria e lotta viene, come spesso
succede, dallo sport: nel sito Angolano si da orgogliosa notizia del
successo per 68 a 60 della nazionale contro il Senagal, si descrivono con
entusiasmo le gesta di un certo Jean Jacques e si spera per il proseguo
del torneo.
L’Angola è più vicina all’Italia di quanto si possa pensare: 14
organizzazioni non governative lavorano per il Paese Africano. Inquietanti
le parole del Presidente del VIS (legata ai salesiani) riportate da
Nigrizia: "se fossimo razionali dovremmo andar via dall’Angola
domani mattina", questo per gli alti costi operativi ed il
disinteresse dei governanti che lasciano che due milioni di angolani siano
sfamati dal programma alimentare mondiale, a fronte dei dieci milioni di
dollari al giorno incassati attraverso i diritti petroliferi.
Bibliografia:
Un anno con l’Africa, EMI 2001;
Dossier Angola, In: Nigrizia, maggio, 2001;
www.angola.org
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