Sommario anno X numero 11 - novembre 2001
ARTE
-
pag. 09
Il
diavolo degli esorcisti e quello dei pittori
di Luca
Ceccarelli
Che
cosa si nasconde dietro le apparizioni diaboliche, vere o presunte? La
domanda è sempre di attualità, tanto più che oggi, a seguito degli
attentati terroristici di New York, si tende addirittura ad identificare
un uomo ben definito con il diavolo. In verità, anche a voler lasciare da
parte il poeta e traduttore della Bibbia Guido Ceronetti, che ha sostenuto
che dietro l’acronimo www di internet si nasconderebbe la cifra 666, che
com’è noto simboleggia il Maligno, nella storia italiana più e meno
recente non era mancato chi dichiarasse di essere vittima di assalti da
parte dell’Avversario. Basti pensare solo al Beato padre Pio, rispetto a
cui l’aneddotica di apparizioni demoniche, esorcismi ed aggressioni è
nutritissima, e pochi hanno pensato che, ad esempio,
un uomo molto vecchio può cadere dal letto da solo e battere il
viso in terra, senza interventi demonici. Tra gli esorcisti è salito
ultimamente alla ribalta delle cronache Milingo. Ma Milingo non è il
solo: un altro esempio di esorcista particolarmente noto, e ad alta
esposizione mediatica, è monsignor Gabriele Amorth, che qualche maligno
ha paragonato al Mago Otelma. Se è vero che il padre Amorth dichiarò ad
un vaticanista de Il Tempo che il 30 per cento dei romani ha un
avuto un contatto con il diavolo (dunque, molte centinaia di migliaia),
egli dovrebbe essere sovraccarico di lavoro.
Al di là di queste pratiche, più o meno raccomandabili, un modo più
credibile, e meno grezzo di pensare la figura del diavolo non va cercato
non tanto nella lingua dei teologi, ma in quella degli artisti. Il
discorso sarebbe molto lungo, partendo almeno da Giotto, per arrivare
Ensor, e oltre. E basti pensare a quante pittori si sono cimentati in un
soggetto come le Tentazioni di Sant’Antonio (Bruegel, Mathias
Grunewald, Pietro Longhi, e molti altri). E c’è senza dubbio un filo
che collega quella del 1556 del fiammingo Peter
Bruegel il Vecchio (all’Ashmolean Museum di Oxford) e quella del
simbolista belga Félicien Rops del 1878 (alla Bibliotheque Royale di
Bruxelles). Nella prima, il sant’uomo volta le spalle inorridito ad una
visione allucinante di una testa mostruosa da cui spuntano uomini, e
sotto, la didascalia recita in latino che il versetto del salmo che
“molte saranno le tribolazioni dei giusti, dalle quali tutte il Signore
li libererà”.
Di Bruegel dobbiamo ricordare anche almeno la Caduta degli angeli
ribelli e il Trionfo della Morte, di grande potenza visionaria.
Nella seconda, davanti all’asceta che contempla il crocifisso, un
crocifisso scarno e sanguinante, quest’ultimo viene scalzato assieme
agli scheletri di gusto gotico che lo affiancavano, e viene sostituito da
una donna giovane, nuda e bellissima, sorridente e coronata di fiori. E
dietro alla croce si staglia, agile e lascivo, un demonio coperto di una
veste rossa che allunga una lingua appuntita, beffardo. Davanti al santo
è aperto un grande libro, intitolato De Continentia Josephi.
L’ironia è evidente, da parte di un gaudente che in un’altra sua
opera, nota anche come Initiation Sentimental aveva raffigurato
un’immagine simbolica di donna in parte inscheletrita, e con in una mano
la testa di un uomo, con il posteriore nudo in bella evidenza, e la
scritta In lumbis diaboli virtus. Si tratta di un aspetto piuttosto
graffiante del simbolismo pittorico, di opere comunque a suo tempo poco
considerate di questo artista che ha vissuto a lungo a Parigi e ha girato
il mondo, e che ha pubblicato edizioni illustrate dei Fleurs du Mal
di Baudelaire, e di opere poetiche di Peladan, Mallarmé e Verlaine. Nei
lavori a olio, invece, Rops mantenne sempre una pennellata in linea con il
realismo, come imponeva la committenza.
Sommario
anno X numero 11 - ottobre 2001 |