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Sommario anno X numero 11 - novembre 2001

 ARTE - pag. 09

Il diavolo degli esorcisti e quello dei pittori

di Luca Ceccarelli

Félicien Rops - Il Diavolo (1878)Che cosa si nasconde dietro le apparizioni diaboliche, vere o presunte? La domanda è sempre di attualità, tanto più che oggi, a seguito degli attentati terroristici di New York, si tende addirittura ad identificare un uomo ben definito con il diavolo. In verità, anche a voler lasciare da parte il poeta e traduttore della Bibbia Guido Ceronetti, che ha sostenuto che dietro l’acronimo www di internet si nasconderebbe la cifra 666, che com’è noto simboleggia il Maligno, nella storia italiana più e meno recente non era mancato chi dichiarasse di essere vittima di assalti da parte dell’Avversario. Basti pensare solo al Beato padre Pio, rispetto a cui l’aneddotica di apparizioni demoniche, esorcismi ed aggressioni è nutritissima, e pochi hanno pensato che, ad esempio,  un uomo molto vecchio può cadere dal letto da solo e battere il viso in terra, senza interventi demonici. Tra gli esorcisti è salito ultimamente alla ribalta delle cronache Milingo. Ma Milingo non è il solo: un altro esempio di esorcista particolarmente noto, e ad alta esposizione mediatica, è monsignor Gabriele Amorth, che qualche maligno ha paragonato al Mago Otelma. Se è vero che il padre Amorth dichiarò ad un vaticanista de Il Tempo che il 30 per cento dei romani ha un avuto un contatto con il diavolo (dunque, molte centinaia di migliaia), egli dovrebbe essere sovraccarico di lavoro.
Al di là di queste pratiche, più o meno raccomandabili, un modo più credibile, e meno grezzo di pensare la figura del diavolo non va cercato non tanto nella lingua dei teologi, ma in quella degli artisti. Il discorso sarebbe molto lungo, partendo almeno da Giotto, per arrivare Ensor, e oltre. E basti pensare a quante pittori si sono cimentati in un soggetto come le Tentazioni di Sant’Antonio (Bruegel, Mathias Grunewald, Pietro Longhi, e molti altri). E c’è senza dubbio un filo che collega quella del 1556 del fiammingo Peter  Bruegel il Vecchio (all’Ashmolean Museum di Oxford) e quella del simbolista belga Félicien Rops del 1878 (alla Bibliotheque Royale di Bruxelles). Nella prima, il sant’uomo volta le spalle inorridito ad una visione allucinante di una testa mostruosa da cui spuntano uomini, e sotto, la didascalia recita in latino che il versetto del salmo che “molte saranno le tribolazioni dei giusti, dalle quali tutte il Signore li libererà”.Peter Bruegel - Il Trionfo della Morte Di Bruegel dobbiamo ricordare anche almeno la Caduta degli angeli ribelli e il Trionfo della Morte, di grande potenza visionaria.
Nella seconda, davanti all’asceta che contempla il crocifisso, un crocifisso scarno e sanguinante, quest’ultimo viene scalzato assieme agli scheletri di gusto gotico che lo affiancavano, e viene sostituito da una donna giovane, nuda e bellissima, sorridente e coronata di fiori. E dietro alla croce si staglia, agile e lascivo, un demonio coperto di una veste rossa che allunga una lingua appuntita, beffardo. Davanti al santo è aperto un grande libro, intitolato De Continentia Josephi. L’ironia è evidente, da parte di un gaudente che in un’altra sua opera, nota anche come Initiation Sentimental aveva raffigurato un’immagine simbolica di donna in parte inscheletrita, e con in una mano la testa di un uomo, con il posteriore nudo in bella evidenza, e la scritta In lumbis diaboli virtus. Si tratta di un aspetto piuttosto graffiante del simbolismo pittorico, di opere comunque a suo tempo poco considerate di questo artista che ha vissuto a lungo a Parigi e ha girato il mondo, e che ha pubblicato edizioni illustrate dei Fleurs du Mal di Baudelaire, e di opere poetiche di Peladan, Mallarmé e Verlaine. Nei lavori a olio, invece, Rops mantenne sempre una pennellata in linea con il realismo, come imponeva la committenza.


Sommario anno X numero 11 - ottobre 2001