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Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002

 STORIA - pag. 10

I Farnese (seconda ed ultima parte)

Roma,Palazzo Farnese(Alberto Restivo). il ritorno dei papi da avignone
Con il ritorno dei Papi da Avignone e con il loro insediamento in Vaticano, protetto dalla fortezza di Castel S. Angelo, il papato dette inizio ad una lenta, ma costante opera di corrosione del potere laico attestato sul Campidoglio. Attaccata da Bonifacio IX nel 1390, con l’occupazione del Campidoglio, la fazione laico repubblicana si andò assottigliando di numero e carica ideale: agli inizi del ‘500 le antiche aspirazioni vivevano soltanto in un mondo letterario, paganeggiante e, come si è potuto rilevare dalle fonti, ormai ridotto solo a simbolismi, allusioni erudite e velenosi epigrammi contro il papato.
Alessandro Farnese approfittò di questo momento, indirizzando la sua opera per far risorgere il Campidoglio, ma da buon Pontefice, aggiogandolo al carro del Vaticano.
Con Michelagelo, rinnovò la piazza e vi trasferì nel 1538 la statua equestre del Marco Aurelio e, da allora, il Papa sarà presente non solo dal torrione vicino all’Aracoeli, ma ancora e più efficacemente da quella specie di loggia delle benedizioni (trasformata nel seicentesco palazzo dei Musei capitolini) che affacciandosi sulla piazza, finì per contrapporsi al potere laico delle magistrature capitoline (il Palazzo senatorio e quello delle Conservatorie) svuotate definitivamente di ogni contenuto.
Fu un’abile mossa diplomatica del Pontefice Farnese: da allora in poi per generazioni future, tutto sarebbe dipeso dal Papa.
alessandro farnese e castel s. angelo
I lavori sul Campidoglio terminarono nel 1540 ed il Farnese ridimensionò un precedente progetto di fortificazione di tutto il periplo delle mura della città, che prevedeva la realizzazione di ben 18 torri a protezione delle invasioni barbariche e turche, limitando le opere alla fortezza residenza del Castello e Borgo.
Fu sicuramente un grande desiderio di rivalsa che spinse il Farnese a mettere in opera i lavori per la creazione del suo lussuoso appartamento, rivalsa contro il Papa Innocenzo III che lo aveva rinchiuso in fortezza avendo scoperto che il futuro Paolo III allora cardinale, aveva falsificato un Breve del Papa.
Il Farnese scampò alla tragedia che si profilava contro di lui, evadendo con l’aiuto esterno dal Castello, facendosi calare dall’alto del cilindro mediante una cesta attaccata alla fune del montacarichi fissato sull’orlo esterno del cilindro stesso. Così narra Benvenuto Cellini che ebbe modo di apprezzare anch‘egli gli “agi“ dell’ospitalità per i residenti nella fortezza.
Quindi, vita avventurosa quella di Alessandro Farnese, ma anche e soprattutto vita di umanista e mecenate eccellente. Basterebbe ricordarlo come colui che ottenne la realizzazione del Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina, la cui ideazione originaria spetta a Clemente VII.
palazzo farnese
Avendo lasciata alle spalle Giordano Bruno, che ha ripreso le sue sembianze originarie, siamo venuti a trovarci nella famosa Piazza Farnese da cui sono partiti i nostri interessi di indagine e di scoperta: ed è come se una cinepresa, facendo una dissolvenza sul passato ci portasse ora davanti a quello che è il prototipo dei palazzi cinquecenteschi romani, la cui costruzione iniziò nel 1517, quando Alessandro era ancora cardinale; in realtà l’edificio originario più piccolo era stato acquistato dal futuro Papa già nel 1495.
L’incarico fu affidato ad Antonio da Sangallo il giovane che proseguì i lavori fino alla sua morte (29.9.1546), determinando l’aspetto generale dell’edificio, completato poi da Michelangelo (1546-1550) e dal Vignola (1550-1573) e infine da Giacomo Della Porta.
Il Vasari riporta che il Sangallo dopo l’elezione del Farnese, modificò sensibilmente il progetto originario “parendogli avere a fare un palazzo non più da cardinale, ma da pontefice”.
La posizione del palazzo è nota: esso volge le spalle a Via Giulia, strada parallela al Tevere, e si apre su una larga piazza che si congiunge con Piazza Navona tramite Via dei Baullari, dal nome degli artigiani che lì avevano le loro botteghe.
L’elegante facciata è disposta su tre ordini, con un portale di bugnato al centro, affiancato da sei finestre per ogni lato e sormontato al primo piano da un balcone sopra il quale si trovano tre stemmi dei Farnese: al centro quello più grande di Paolo III.
Ma l’elemento che ingentilisce la facciata, togliendole l’aspetto di vero e proprio fortilizio, è il bellissimo cornicione aggettante sulla facciata realizzato da Michelangelo, che presenta una fascia continua adorna di gigli farnesiani. Nella facciata posteriore, verso il Tevere, Giacomo Della Porta inserì la loggia papale.
Palazzo Farnese è senza dubbio una delle opere più celebri dell’architettura del 500 per la sua capacità di riproporre “in termini contemporanei l’antica esigenza monumentale”.
Dopo essere passato dai Farnese ai Borbone e quindi ai Sovrani del Regno delle Due Sicilie, attualmente, il Palazzo Farnese è sede dell’Ambasciata di Francia (ma sempre di proprietà dello Stato Italiano).
la farnesina
È superfluo precisare il numero, rilevante, di opere d’arte in sculture, pitture e affreschi presenti in Palazzo Farnese, mentre costituisce motivo di piacevole sorpresa menzionare la presenza di una Villa detta La Farnesina costruita nel 1508-1511, ai piedi del Gianicolo da Baldassarre Peruzzi, senese, per il banchiere Agostino Chigi. Pur trattandosi di un piccolo edificio, La ha notevole importanza architettonica come esempio di villa costituita da un blocco centrale fra due ali, che avrà seguito notevole nel Rinascimento.
Anche qui, come nel Palazzo Farnese, ritroviamo al sommo dell’edificio un festoso fregio di putti che reggono dei festoni.
Splendide le decorazioni pittoriche all’interno: Raffaello dipinse il Trionfo di Galatea nella loggia sul giardino al piano terreno della villa, il Peruzzi affrescò la sala detta appunto di Galatea, con l’oroscopo di Agostino Chigi. Raffaello ideò ed eseguì, con l’aiuto dei suoi allievi, la decorazione della vasta loggia centrale ove si intrecciano le avventure celesti di Amore e Psiche.
Soddisfacendo i desideri del Chigi, ed analogamente a come era stato già fatto in altre ville della Famiglia Chigi, il Peruzzi, nel salone al primo piano della Farnesina, dipinse stupende scene illusionistiche architettoniche, con vedute di Roma e di paesaggi laziali aperte al di là di finte colonne simulanti grandiosi loggiati degni del Bramante.
Nel 1579, La Farnesina venne in possesso del cardinale Alessandro Farnese (da cui ebbe il nome), poi passò in eredità ai Borbone di Napoli e nel 1928 fu acquistata dallo Stato Italiano. Oggi è sede dell’Accademia dei Lincei.
Con il nome di Farnesina (prati, orti, colli, monti della F.) viene indicata quella zona di Roma sulla destra del Tevere a valle del Ponte Milvio ed intorno a Villa Madama (progettata da Raffaello per il Cardinale Giulio de’ Medici), divenuta di proprietà di Margherita di Parma (figlia naturale di Carlo V) e moglie di Ottavio Farnese, II duca di Parma e Piacenza.
Ciò per dire che il titolo dato all’attuale sede del Ministero degli Esteri (già sede di Palazzo del Littorio durante il “ventennio“), sarebbe impropria: la vera Farnesina è quella che abbiamo menzionato più sopra; possiamo però accettare l’attribuzione del titolo alla grande struttura dello Stato italiano derivata ovviamente dall’ampia zona in cui sorge, la cui denominazione, comunque, deriva dal nome illustre dei Farnese.
Invece, con il nome di Farnesina dei Baullari (dal nome della strada su cui affaccia) è noto il Palazzo Le Roy, per i gigli di Francia che lo ornano e che in passato furono scambiati con quelli dello stemma Farnese, dal vicino palazzo omonimo. Fu costruito nel 1523 dal Sangallo il Giovane ed ospita il Museo Barracco.
la chiesa del gesù
Questa esplorazione nel mondo dei Farnese, ci ha infine regalato una sorpresa fra le sorprese: la Chiesa del Gesù, ubicata nella omonima piazza.
È la più insigne e la maggiore chiesa dei gesuiti: sorse per volontà del cardinale A. Farnese, su progetto del Vignola (1568 ).
La facciata presenta il prospetto a due ordini suddivisi da lesene ed è opera di Giacomo Della Porta, mentre, l’interno si compone di un unico vano rettangolare fiancheggiato da cappelle, il tutto sontuosamente decorato, con motivi sacri che moltiplicano all’infinito gli effetti della resa spaziale.
Oggetto di attenzione è la decorazione ad affresco della volta con il Trionfo del nome di Gesù (1679), opera del Baciccia (il genovese Giovan Battista Gaulli), su commissione del Preposto generale della Compagnia di Gesù: sono centinaia le figure che si muovono in uno spazio chiaro e l’insieme dei colori rende più intensi gli effetti della luce, aumentando la sensazione dello spazio.
Vorremmo indugiare più a lungo nella descrizione, immersi in questa visione di bellezza soprannaturale, che ha la forza di allontanare tutto ciò che di negativo circonda l’uomo sulla terra.
Ma ciò che, con infinita modestia, abbiamo appreso in questa ricerca è come le vite illustri del passato non si pongono come su di un piano, separate l’una dall’altra, ma si intersecano nei loro incontri producendo brani di vita più complessi e sempre nuovi, in un continuo divenire che finisce per generare quella che oggi chiamiamo STORIA.
I Farnese, i Chigi, i Colonna, i Barberini ecc. ecc. sono nomi di famiglie illustri che incontreremo sempre nel nostro distratto girovagare attirati dalle vetrine luminose dei negozi, dei pub, dei drug-store (e chi più ne ha più ne metta), elementi questi di una realtà che non riuscirà mai ad offuscare la bellezza di tutto ciò che è patrimonio artistico culturale.
Degna di essere menzionata è la risposta del Principe Prospero Colonna alla giornalista Paola Pisa che lo intervistò per ”Il Messaggero” il 14 giugno 2000, in occasione del triplo anniversario della dinastia (900 anni) alla domanda. “Cosa significa essere un aristocratico e un Colonna, oggi, nel 2000?“.
Risposta: “Vuol dire avere ereditato un luogo come questo, lavorare per dargli un futuro al meglio. Significa anche avere più responsabilità di altri. Perché questi patrimoni sono un po’ di tutti“.



Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002