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Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002

 ENERGIA PER TUTTI - pag. 12

Le fonti di energia

Una facile esposizione per capire tutto dell’energia (15a parte)


Proseguiamo con la presentazione di una serie di articoli divulgativi relativi al tema «energia». Ora sappiamo come viaggia l’energia elettrica, come viene prodotta nelle centrali idroelettriche, termoelettriche e nucleari, quali sono gli impianti ad energie alternative e  quali sono i rischi derivanti dalla trasformazione di queste fonti energetiche. Nella scorsa puntata abbiamo analizzato il tema del riparmio energetico ed ora tratteremo il tema della politica dell’energia.


(Giovanni Vitagliano). 14) La politica dell’energia
Forse non esiste tuttora in nessun paese del mondo una vera politica dell’energia. Eppure, l’energia è un bene irrinunciabile e fondamentale.
Una delle caratteristiche della cultura contemporanea (dovremmo veramente in questo caso parlare di mancanza di cultura), a cui neanche gli italiani si sottraggono, è il conformismo ideologico. Intendiamo riferirci al fatto che chi appartiene ad un partito, ad un movimento culturale o ideologico, o ad una qualunque associazione, è portato a considerare come sacre ed inviolabili le scelte fatte dai capi della sua organizzazione, rifiutandosi perfino di pensare alla sola possibilità che siano errate, o quanto meno dovute più a motivi politici e di interesse che a vero amore per il prossimo e la verità, o ad autentici motivi ideologici. Per cui, chi appartiene al partito “A” amerà quel tale scrittore, quel tale pittore, quella certa musica, quel certo modo di vivere, semplicemente perché gli viene in qualche modo imposto; magari, leggerà migliaia di barbosissime pagine, annoiandosi mortalmente e non comprendendone un’acca, perché il suo partito gli ha detto che “quello” scrittore è l’unico degno di essere letto; oppure, andrà a teatro a vedere un’opera o un attore che magari gli è cordialmente antipatico, perché il partito gli ha giurato che è l’unico in grado di rendere alcuni determinati valori, etc.
Il conformismo ideologico è molto diffuso anche per quanto riguarda il tema che stiamo trattando, quello dell’energia. Se un certo partito decide che l’energia non è necessaria, tutti i sostenitori di quel partito diventeranno immediatamente dei crociati contro l’energia, scovando, con inesauribile impegno, tutti i suoi lati negativi; prontissimi però a cambiare immediatamente idea se il partito (naturalmente per motivi ideologici, e non certo di tornaconto politico, vero? ) decidesse un bel giorno che l’energia è utile, anzi addirittura indispensabile!
A queso punto, chi ha il diritto di affermare se l’energia è o no necessaria? Il politico? Il tecnico? Lo scienziato? L’economista? Il produttore di energia? Il consumatore?
Lasciamo questo interessante problema al lettore, perché, secondo noi, questo diritto, potremmo dire, lo hanno tutti e nessuno, ma certo non può arrogarselo una persona sola per conto di tutto il resto dell’umanità. Lo scopo di questa lunga rubrica, volutamente scritta in modo molto semplice ed accessibile a chiunque, è soprattutto quello di informare nel modo più corretto ed obiettivo possibile, perché riteniamo che l’informazione obiettiva sia la cosa più importante per aiutare ciascuno a pensare con il proprio cervello; se alla fine di questa lettura, o di altre più avanzate, rimarrà incerto come prima, speriamo che sia un’incertezza dovuta alla difficoltà intrinseca del problema, che non intendiamo certo sottovalutare; ma nessuno dovrà sentirsi colpevole se propenderà per una soluzione che non coincide perfettamente con quella che hanno tentato di improrgli con sottili forzature psicologiche.
Fin dall’inizio di questa modesta opera, si è parlato dell’energia in tutti i suoi aspetti: che cosa è, che storia ha avuto, come viene prodotta, quanta ne viene prodotta, come viene utilizzata, che rischi presenta, come ci si difende dai suoi rischi. Non si è fatto alcun tentativo strumentale per nascondere qualcuno degli aspetti del problema: si è tentato (questo verbo è stato usato moltissime volte) di chiarire le idee su tante realtà, per dare un modesto contributo ad una sana e obiettiva informazione. Ed a questo punto, ferma rimanendo l’assoluta autonomia di pensiero e di decisione di tutti (purché basata su proprie riflessioni) suggeriamo alcuni spunti per una discussione del problema.
Non credo che esistano molte persone che sono contrarie all’energia in se stessa; ma ne esistono molte che affermano (in buona o mala fede) che i danni prodotti dalla produzione di energia sono rilevanti; in particolare, come ben sappiamo, alcuni movimenti asseriscono che i danni, reali o potenziali, prodotti dall’energia nucleare sono tanti e tali da sconsigliarne del tutto l’impiego, come in effetti è avvenuto in Italia. Che la produzione di energia comporti rischi, inquinamento e conseguenze talvolta spiacevoli ed anche disatrose, è fuori di dubbio. Ma esiste un altro dato di fatto molto importante, di cui attualmente la moderna cultura scientifica comincia a tenere conto: il rischio non è dovuto soltanto alla presenza di infrastrutture, ma anche alla carenza di esse. Se l’energia venisse a mancare del tutto ed in modo totale, sarebbe la morte di tutta l’umanità; se l’energia cominciasse a scarseggiare, in un clima di spinta “austerità energetica”, i più deboli comincerebbero immediatamente a soffrirne; è il “rischio di carenza”, da contrapporre al “rischio di presenza”.
È un pò come se si decidesse di abolire gli aerei, o le automobili, o i trattori agricoli, o qualunque altro prodotto della tecnologia moderna, perché in qualche caso hanno causato la morte di qualche persona; quante persone in più morirebbero se questi moderni mezzi per spostarsi e lavorare venissero eliminati?
Per quanto riguarda la non necessità dell’energia, abbiamo già detto, e lo ripetiamo perché è un concetto molto importante, che nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di proclamare che l’energia non è necessaria. Può dire una cosa simile soltanto chi vuole negare le vita stessa, perché l’energia è vita; lo sanno bene le popolazioni che soffrono la fame essenzialmente per la mancanza di energia, e quando parliamo di popolazioni non intendiamo riferirci soltanto a quelle dell’Africa, ma anche a chi soffre la fame nei paesi sviluppati.
Qualcuno afferma che attualmente la domanda di energia è in calo, il che vuol dire che la necessità di energia va diminuendo; ma è molto probabile che la diminuzione di richiesta sia dovuta ad un fenomeno recessivo che bisognerebbe scongiurare a tutti i costi, e non ad un’effettiva minore necessità. Un esempio di una casa a energia solare. Un mulino a vento pompa l’acqua e pannelli solari riscaldano gli ambienti interni.Per costruire una centrale termoelettrica occorrono molti anni, un pò meno se si tratta di una centrale turbogas o a ciclo combinato; una centrale nucleare richiede almeno dieci anni; quindi, non costurie una centrale adesso significa non avere energia elettrica tra 10-12 anni, in pratica determinare il modo di vivere delle generazioni successive, e cioè assumersi grosse responsabilità verso quelli che oggi sono i giovani. Queste note sono scritte in un periodo in cui la disoccupazione giovanile è un dato di fatto estremamente preoccupante, e non accenna a diminuire.
Indubbiamente, non è neanche affatto facile valutare quanta energia occorrerà fra dieci anni; gli stessi specialisti sono discordi in materia, del che nessuno si meraviglia, perché discordano anche su molti altri argomenti. Ma c’è il rischio che, di fronte ad una (anche se relativa) improvvisa richiesta di energia, si possa rimanere scoperti ed inermi, favorendo i ricatti e le speculazioni di altri; oppure, che in questo caso il rimedio venga scelto in modo frettoloso ed improvvisato, senza le necessarie garanzie contro i rischi.
Infine, la questione dell’impatto ecologico, e qui occorre fermarsi un momento a riflettere. Non è possibile pretendere che un qualunque organismo vivente riesca a sopravvivere senza minimamente alterare l’ambiente in cui vive; ogni pianta, ogni animale, ogni essere umano modifica l’ambiente per sostentarsi. Le piante sottraggono alimento alla terra, e lo portano fuori del terreno; gli animali si nutrono di piante, estripandole dal terreno, oppure di altri animali, uccidendoli; il primo uomo che ha dovuto nutrirsi ha cominciato a modificare anch’egli l’ambiente, cogliendo a sua volta frutti ed uccidendo animali; la scoperta dell’agricoltura (ricordate? la seconda tappa della storia dell’energia) ha inciso sull’ambiente in modo più profondo, cominciando a concentrare in una zona più ristretta le risorse del suolo; poi, è seguito tutto il resto. Ora, la quantità di esserei umani viventi sulla terra è di oltre cinque miliardi e mezzo, il che ha certamente enormemente modificato il mondo dalla sua nascita. Ma l’uomo stesso non è scisso dalla natura in cui vive: è esso stesso un pezzetto di natura, al quale, molti secoli orsono, fu detto di usare il mondo per le sue necessità e di dominarlo. È naturale che ciò non significa che ciascun uomo sia libero di modificare l’ambiente a suo piacimento, perché in questo caso lederebbe i diritti dei suoi simili; ma è evidente che alcune scelte debbono essere fatte, per non correre il rischio di ammazzare l’intera umanità per salvare la natura. E, nonostante tutto quello che dicono i pessimisti, non si può certamente affermare che la tecnologia uccida, perché il progresso tecnologico, checché se ne dica, continua a migliorare le condizioni generali di vita. Tuttora, sono molti di più quelli che muoiono di fame e di stenti che quelli che muoiono di troppa tecnologia. A chi dice che bisogna ritornare alla natura perché è sana, mentre tutto quello che costruisce l’uomo è insano e nocivo, vorremmo ricordare che i microbi e i batteri sono naturali, mentre le medicine sono opera dell’uomo, anche se spesso sono basate anch’esse su principi “naturali”. A tutti noi piace l’aria pura e pulita d’alta montagna, ma nessuno di noi se la sentirebbe di viverci all’aperto e senza qualche “modernissima” costruzione per proteggerci dal freddo.
In conclusione, i problemi certamente esitono, ma occorre lottare e lavorare per superarli, e non annullarli fingendo di ignorarli.
Assodato che l’energia non solo serve, ma è un bene prezioso ed indispensabile, abbiamo il problema di come renderla disponibile. Qualunque fonte energetica non è mai immeditamente utilizzabile, ma richiede, per essere sfruttata, tempo e mezzi. Il petrolio deve essere cercato ed estratto, e lo stesso vale per il carbone, il gas, o l’uranio.
L’enrgia elettrica di origine idroelettrica richiede opere imponenti e trasformazioni di grande portata di località molto estese, e di solito localizzate in montagna, quindi con numerosi problemi di trasporto e di trasformazione dell’assetto geologico del luogo. I prodotti che vengono estratti dal suolo devono essere lavorati; quindi, occorrono raffinerie, impianti di trattamento e impianti di ritrattamento. Infine, questi prodotti devono essere usati, e quindi occorrono macchinari adatti e di volta in volta diversi. Tutto ciò richiede programmi, investimenti, scelte, decisioni. I programmi richiedono a loro volta ipotesi di sviluppo, previsioni circa tendenze e scelte future, conoscenza dello stato della ricerca, conoscenza delle risorse disponibili. In una parola, occorre una politica dell’energia, come esiste una politica delle comunicazioni, o dello spettacolo, o della conquista di altre terre, o di come dominare il resto del mondo. L’unica differenza è che tutte le altre politiche nominate esistono, se non dappertutto almeno in qualche paese, mentre quella dell’energia non esiste praticamente in nessun paese.
Concludiamo questo capitolo con una frase di Edward Teller, un grande scienziato di nascita ungherese ma nazionalizzato americano, che è stato uno dei grandi padri dell’energia nucleare (e, purtroppo, della bomba atomica, avendo partecipato, insieme ad altri scienziati tra cui Enrico Fermi, al famoso progetto Manhattan):
“Nell’anno 2000 la situazione mondiale sarà decisamente migliore o decisamente peggiore di quella di oggi. L’incerto equilibrio attuale, in altre parole, non può durare ancora per molti anni.
 Che la vita sul nostro pianeta diventi triste e grigia, o che diventi invece più conforme alla dignità dell’uomo, dipenderà comunque dalle decisioni che verranno prese in un futuro molto prossimo”.



Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002