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Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002

 IL RACCONTO - pag. 13

Storia di piccole penne

(Massimo Medici).  Quando si è giunti ad una certa età non è più il tempo delle attività fisiche molto impegnative ed il migliore sport che si possa fare è l’andare, “lento pede” a spasso per chilometri, specialmente quando essendo sopravvissuti a 35 anni di banca, si tenti dl prolungare, in libertà, la vita che resta lubrificando le ossa con lunghe passeggiate nei Castelli.
E così un giorno, cammina cammina, cercando le strade meno trafficate, in compagnia di me stesso, ripercorrevo all’indietro la mia vita e ne ritrovavo le ombre e le luci. Camminando sotto gli alberi, appunto, si alternano queste a quelle ed ogni tanto mi tornava in mente qualche verso di un giovane poeta sconosciuto:

Raggio di sol s’insinua tra le foglie
e sulla terra taglia l’ombra scura,
fuga tristezza e l’ira mala toglie
facendo luogo a giovinezza pura.

Quel poeta era molto giovane ed il raggio di sole che si insinuava fra le foglie illuminando la terra, metteva veramente in fuga la tristezza lasciando tutto lo spazio alla giovinezza pura.
Il tempo passa, pensavo camminando. Ma giovinezza è passata, rimane la libertà che è bella quasi quanto la giovinezza. E così camminavo libero, mentre il sole brillava in cielo e si nascondeva, di tanto in tanto, dietro qualche foglia, in alto, sui rami.
Che strano, però, basta una piccola foglia vicina per nascondere addirittura il sole così grande e lontano.
“Chiuuuuu…”
Mi fermai per guardare, per ammirare, quell’uccello che, libero come me, più di me, volava su quei rami. Le foglie si muovevano tra me ed il sole, ma non vidi nulla. Guardai ancora: nulla. Bah, pensai, è volato via. Con le ali che possiede può volare dalla cima di un albero a quella di un altro e guardare il mondo dall’alto al basso… senza che nessuna foglia gli tolga la vista del sole. È proprio fortunato! Vai, fratello alato, vola, vola anche per me.
Stavo per riprendere la strada, quando: “Chiuuuuuu...”.
Stavolta avevo sentito proprio bene da che parte venisse e, guardando verso una casa dall’altra parte delle strada, vidi un magnifico merlo indiano, nero e snello, che guardava gli alberi...... dall’interno della sua gabbia.
M’arrestai dì colpo: saltava su e giù nella sua prigione come se cercasse un’impossibile via d’uscita; guardava gli alberi, davanti a sè ed emetteva il suo grido: “Chiuuuuuu......”.
Chissà se era un messaggio d’amore lanciato nell’assurda speranza che qualcuno, della sua specie, lo raccogliesse.
Oppure una richiesta d’aiuto ai passanti che nemmeno s’accorgevano di lui. Oppure una disperata preghiera al suo padrone che gli aprisse finalmente la gabbia ponendo fine al suo inutile supplizio di Tantalo di fronte a quegli alberi, pieni di foglie e di uccelli, che gli stavano a pochi metri di distanza.
“Chiuuuuuu… “ .
Ma nessuno s’avvedeva di lui: ergastolano senza aver conosciuto il peccato, alato senza aver conosciuto il volo.
Mi allontanai, lentamente pensando alla mia libertà ed a quale piacere si provasse a toglierla a chi era nato con le ali.



Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002