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Sommario anno XI numero 2 - febbraio 2002

 I NOSTRI PAESI - pag. 11

rocca priora

La Festa di Sant’Antonio

(Mario Vinci) - Evviva la festa di Sant’Antonio, perché più viva è stata la festa. Un significativo risveglio dei sentimenti spirituali e tradizionali, si è potuto notare nella celebrazione della festa in onore del Santo. Numerosa e vociante la partecipazione dell’intera popolazione aborigena e "Oriunda" ovvero, i cosiddetti "Forestieri", ormai affrancati, e doverosamente annoverati alla nostra comunità, si rincorreva da un Carro all’altro, in cerca di motivi salienti e di..."Scenografia" particolare, armati di macchine fotografiche primordiali, digitali, sofisticate cineprese, convinti di immortalare le migliori angolazioni insite nella manifestazione, ostentando con sussiego, spiccata capacità di Reporter fotografici, e di Cronisti abili e incalliti...
Una varietà di esibizioni, hanno accompagnato la manifestazione per l’intera giornata.
La locale Banda musicale "Corbium", vanto di noi roccaprioresi, aumentava il brio allo svolgimento programmatico con una varietà di "marce e marcette", e leggeri stami del repertorio classico bene orchestrato, eccitando perfino l’ululare dei tanti cani che, stranamente mansueti, seguivano l’eterogeneo corteo anelando e sospirando la benedizione dal Santo. Molti i Carri allegorici - dieci per la cronaca - discretamente assemblati e realizzati con zelo anche se un po’ tribali da giovani volenterosi con aspirazioni artistiche, hanno percorso le vie del paese per riportare alla memoria le antiche tradizioni di questa stupenda Rocca, che si tramandano ormai da ben centocinquantadue anni.
Certo, ricordando tale ricorrenza del passato, dove dominava la rituale ricorrenza della "Benedizione degli animali" - non si capisce perché non quella degli uomini - oggi viene a mancare l’elemento base, l’Animale, poiché la tecnica moderna, il motore, si è imposto agli eventi.
Manca l’estroso Somarello di una volta, che non lesinava l’effusione sessuale verso l’amata Somarella durante il tragitto, manca il testardo Mulo che spesso si impuntava in segno di protesta, manca il "Pio Bove" che sotto il peso "Dellu giunghittu" si inerpicava nell’erta trainando a fatica la pesante "Barrozza"; la Vaccarella con le zinne rigonfie di buon latte, ormai divenuta... "Parmalatte"; la docile Pecorella che smarrita belava per rintracciare l’Agnella ...tutte cose d’altri tempi che oramai trovano posto solo nei ricordi.
Hanno partecipato i Cavalli, ma sono cavalli finemente abbardati con corame rifinito, montati da sofisticati Cavalieri vibranti di evidente esibizionismo, ma non c’erano Cavalli da soma con il classico "Mmàstu gnacculi e Bevunzi" abbardati di "Cotacchjiu", "Sottopanza e retranca", ornati di "Pagnottelle de Sant’Antogno" casarecce, e "Porticalli" con al fianco i "Vetturali" armati di giganteschi ceri da offrire al Santo in segno di adorazione e venerazione.
Tutto si svolgeva sotto l’influsso di una concentrazione spirituale.
Ma la storia cammina, i tempi cambiano e con essi le vecchie tradizioni si abbandonano.
Emblematica la figura del nostro Parroco don Maurizio, espressione di fede e di fraterno amore che, con fare pacato e tranquillo e cadenza rituale, muoveva l’Aspersorio somministrando la purificatrice Acqua Santa in ogni dove.
Buona l’organizzazione per merito dei componenti e collaboratori della Confraternita; il dirigenti Martini, Spagnoli, Mollari ed altri, ma un vibrato plauso diamolo al veterano Priore, ormai quasi... Monsignore Ernesto Ulisse che, con il suo fare popolano, la sua umiltà e tanta bonomia, porta avanti la Confraternita da ben oltre quaranta anni. Bravo Ernesto!!!
Non meno dicasi per i Commercianti, le Associazioni, la "Cassa Rurale" che, in simbiosi con la "Fratellanza" sua pupilla, ha sempre dato una mano.
Plauso dovuto all’Amministrazione Comunale, partecipe per intero, alle Forze dell’ordine, Carabinieri e Vigili Urbani, ivi compresa la "protezione civile", con premessa di mantenere sempre in vita queste folcloristiche tradizioni popolari.
Evviva i traballanti "Trampolieri" faceti e Mimi eccezionali, carichi di buon umore e declamatori di facezie, lazi e scherzi, gioia infinita dei Bambini che festosi, ridevano e applaudivano... si è conclusa così una festosa giornata che ha visto affratellata e riunita l’intera Comunità Roccapriorese.


rocca di papa

Cabum da gustare

Campioni
Tra le cose buone da gustare abbiamo due individualità notevoli: Piero Giovanetti, pianista, e Corrado Amici, tenore. Bravi entrambi, insieme costituiscono un duo virtuoso, di valore aggiunto alto, collaudato in trasferta quando, con felice intuizione del sindaco Ponzo, i due in concerto popolarono a Landsberg am Lech, di fronte alle rappresentative degli altri paesi coi bavaresi gemellati. Se a loro si aggiunge un soprano bella e brava, come Patrizia Roberti del Concerto di Capodanno, ecco il trionfo. Cui hanno assistito, va detto, in molto pochi rispetto alla qualità. Ciò non deve scoraggiare, anzi, deve rafforzare l’opportunità di promuovere la buona musica, bene valido per ogni tempo e per ogni luogo, come il dollaro USA. Il problema, l’imbarazzo, è di chi non l’apprezza, di chi non riesce a gustarla, privandosi d’un piacere squisito. A preoccuparsi devono essere loro.
Settantesimo
Nonostante fossero stati presentati vari progetti, il tram non arrivò mai a Rocca di Papa, e il nostro paese fu a lungo raggiunto solo da due impianti a fune. La prima funicolare è del 10 ottobre 1906. Interessante impianto a contrappeso d’acqua: in pratica, ogni vettura era munita di un serbatoio che, riempito d’acqua alla stazione superiore, si svuotava a quella inferiore e così, mentre la vettura carica d’acqua discendeva verso valle, trainava, a mezzo di una fune va e vieni, la vettura vuota in salita verso monte. Con uno sviluppo di 330 metri, la funicolare superava 105 metri di dislivello, con una pendenza massima di 385% funzionava su un tracciato spostato di circa un chilometro. Il 2 luglio ebbe luogo l’inaugurazione. Dopo un periodo di esercizio provvisorio, la funicolare fu aperta al pubblico il 2 ottobre dello stesso anno. Rettifilo lungo 313 metri, dislivello 93 metri. Vi prestavano servizio due vetture, capaci di 41 posti a sedere e 39 in piedi. L’esercizio fu chiuso il 15 gennaio 1963.
Questo, ed altro, si legge in due libri della biblioteca comunale circa il sistema tranviario castellano. Noi lo riportiamo per sottolineare come quest’anno ricorra il 70° della funicolare elettrica, convinti che un paese si rispetta e si ama solo se lo si conosce. Come tutto, persone comprese.
Pio II
Il 2 dicembre scorso, gita dell’Associazione L’Osservatorio ad Arezzo, a buon ragione inclusa nel circuito delle "città d’arte". Abbiamo ammirato due capisaldi della pittura italiana: il Crocifisso di Cimabue e gli affreschi della Leggenda della Croce di Piero della Francesca. Prima di Arezzo, sosta a Pienza, creata dal cardinale Enea Silvio Piccolomini quale rappresentazione urbanistica della "città ideale" vagheggiata nel Rinascimento. Il Piccolomini (1405 – 1464), diventato papa Pio II, scrisse un’autobiografia in latino, con cui ben rappresenta spirito e intelletto del suo tempo. In essa è raccontata una visita a Rocca di Papa, allargata a Palazzola e a Monte Cavo. Il libro, il cui titolo e Commentarii, è anch’esso collocato in due volumi nella biblioteca comunale. Per agevolare chi fosse interessato, indichiamo in pagina 2245 l’inizio del brano che ci riguarda.
Autografo - Che il Piccolomini abbia compiuto la visita e l’abbia raccontata nelle sue memorie è stato pubblicato e ripubblicato. Non lo scopro di certo io. Quello che, invece, è una primizia (stando a quanto in buona fede ne so) è la presentazione su questa pagina dell’autografo di Domenico Toietti, "pictor arcispapensis": come egli stesso si firma in un quadro in sacrestia, riproduzione di un "Cristo in trono" di Perin del Vaga, nella cappella battesimale. Il rinvenimento, frutto di una passeggiata all’archivio comunale, fatta in cerca di documentazione sul vissuto quotidiano nel povero ‘800 rocchiciano, ci consegna in originale la firma apposta sul contratto stipulato tra il comune di Rocca di Papa e l’artista circa la realizzazione del quadro da san Carlo Borromeo per la parrocchia. Per la Comune firma Giacomo Botti, priore, per testimoni: Filippo Santovetti e Lorenzo Santangeli, il segretario era Vincenzo
Carnevali.
A Toietti venne riconosciuto un compenso di 600 scudi, dei 700 inizialmente richiesti, però fu convenuto un surplus di compenso qualora l’opera fosse risultata sollecita e ben fatta. Questo risvolto anticipa, in pratica, quanto si è successivamente manovrato – fino ai giorni nostri – col sistema del ribasso d’asta, cui regolarmente seguiva una variante in corso d’opera dal costo corrispondente al ribasso con cui ci si era aggiudicato il lavoro. Se l’autografo, in questi tempi pratici e pre-elettorali, interesserà una o due persone, al sentir ricordare ribassi e varianti, diversi, tra amministratori-tecnici-impresari, drizzeranno le orecchie.
Tenerelli
Sono trascorsi quattro anni dalla morte di Antonio Tenerelli, cittadino onorario per l’attaccamento che a Rocca manifestò col suo ingegno di pittore e scrittore.
Mi piace qui riproporlo con quattro versi: "ma si a cianga nun te regge/pìate ‘a purga da u speziale/ po’ co’ doa o tre scuregge/te se passa tuttu u male/" Versi proprio di Alberto, dimostranti come col dialetto possa starci non andare troppo sul sottile, sia consentito rischiare sul raffinato, non debba scandalizzare una scivolata sullo scurrile. Senza insistenza, per carità, né compiacimento, s’intende. Per renderlo naturale, invece, e mantenerlo colorito, quanto basta.
Per il verso di cui trattasi questionammo. Io, da consulente, insistevo per "sco", lui ricordava che la nonna diceva "scu". Che io lo derivassi da una bisnonna classe 1857, Lucia Santovetti, non valse. In lui prevalsero le ragioni del sangue.


Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002