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Sommario anno XI numero 2 - febbraio 2002

 ARTE - pag. 17

Infinito e meditazione in Caspar David Friedrich

Due uomini davanti alla luna (1819)(Luca Ceccarelli) - Una caratteristica fondamentale dell’opera pittorica di Caspar David Friedrich (1774-1840) è il suo profondo legame con la cultura e la poesia tedesca del primo Romanticismo. Questo si coglie in primo luogo per quanto riguarda i temi della sua arte. Gli inglesi John Constable e Joseph Mallord William Turner, che pure sono assimilabili a Friedrich per la tendenza verso il sublime della pittura di paesaggio, e nei cui dipinti la rarefazione del tratto anticipa in modo sorprendente l’Impressionismo sul piano tematico, sono ancora molto legati al realismo del XVII e del XVIII secolo e incentrano diverse opere su soggetti biblici, mitologici, o di storia contemporanea. Friedrich fa scelte molto diverse, legate sia alle suggestioni della filosofia idealistica, specialmente di Schelling, sia alla sua formazione presso la Scuola di Copenaghen, in cui la pittura di paesaggio era orientata verso la composizione di paesaggi immaginari che ispiravano la contemplazione della bellezza del Creato. Non vi è in lui nessuna pittura di soggetto mitologico, né sensualità, né soggetti biblici, né attenzione alla contemporaneità. La linea delle figure è quanto mai nitida. La visione prospettica è, spesso, minima. Centrale nell’arte di Friedrich è la natura. Le figure umane sono di dimensioni minuscole, e dipinte con pochi tocchi di pennello, senza grande insistenza sui particolari. Eppure, la pittura di Friedrich non è semplice pittura di paesaggio, alla maniera degli olandesi e dei fiamminghi del Seicento. La presenza umana nei suoi dipinti è minuscola ma non marginale.
Nella Coppia che guarda la luna, un dipinto del 1807, l’uomo e la donna nascosti nella penombra del bosco sono in atteggiamento di devota contemplazione dell’astro che brilla all’orizzonte emanando un chiarore rosato. Lo schema del quadro verrà riproposto dal pittore in un Due uomini davanti alla luna, un dipinto del 1819, dove la luminescenza lunare non sarà rosata, ma dorata, segno di una notte più avanzata (un altro dipinto, del 1824, Uomo e donna che contemplano la luna appare invece una rielaborazione di quello, di analogo soggetto, del 1807). La luce lunare e i paesaggi notturni, o crepuscolari, sono del resto in profonda sintonia con l’ispirazione poetica degli autori coevi, e in particolare del pensatore e poeta Novalis. Quest’ultimo è autore di una raccolta poetica come gli Inni alla Notte (1797-1799), in cui il tempo notturno, con la sua oscurità appena illuminata dal raggio della luna, diventa il tempo propizio per il ritrovamento della pace, per la meditazione e per il dischiudimento dell’Infinito. Nel Monaco sul mare, tela realizzata tra il 1808 e il 1810, un monaco in lontananza contempla un cielo coperto da nuvole sulla riva del mare. Questa collocazione del monaco, figurina al cospetto di un paesaggio immenso, affascinante e minaccioso, propone una situazione ricorrente della pittura di Friedrich: la solitudine dell’uomo davanti alla natura.
È un tema che torna in una celeberrima tela del 1818, Il viandante sul mare di nebbia. Qui un uomo di spalle contempla dalla cima di un’altura la nebbia che avvolge l’intero paesaggio sottostante, quasi a dire che, per quanto in alto si possa salire, non è dato all’uomo di avere una visione nitida del mondo. Il monaco solitario da una parte e il viandante dall’altra ci riconducono ad un tema ricorrente nella letteratura europea, fin da Omero e da Dante: quella del viaggiatore, e del viaggio come occasione di scoperta e di conoscenza. Alla fine del Settecento e nell’Ottocento il tema viene riproposto con un’accentuazione diversa: il viaggio e l’erranza finiscono per sfociare nel disinganno. Se ne trova un’esempio nella letteratura inglese ne La ballata del vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge e qualche anno più tardi nelle Avventure di Gordon Pym di Poe (1850), e nella letteratura tedesca nelle Peregrinazioni di Franz Sternbald di Ludwig Tieck (1798) e in Novalis con l’Enrico di Ofterdingen (1798-1801). Anche il Wanderer di Friedrich, in effetti, dalla cima del monte non contempla in basso altro che nebbia. Solo nel cielo appaiono qua e là delle striature luminose che rasserenano lo sguardo e aprono alla vista un orizzonte più libero.
In altre opere invece sono centrali, in un paesaggio naturale grandioso, immagini della religiosità cristiana. Abbazia nel querceto - 1809Immagini che rappresentano sempre uno spunto di meditazione, come si può rilevare in Abbazia nel querceto, del 1809, in cui dell’abbazia non c’è in realtà che un rudere. E davanti a questo rudere, minuscoli sullo sfondo, dei monaci neri in processione. L’immagine sembra a tutta prima voler dare solo un’idea di disfacimento e di morte. Quello che smentisce tale impressione è lo sfondo: un cielo scuro con un sole che spunta all’orizzonte: annuncio, sulle rovine di un vecchio mondo, di un nuovo giorno che si rinnova.
Le immagini del paesaggio in Friedrich non sono "realistiche", ma nemmeno espressione di cristallizzazioni mentali, come in molta arte successiva. Sono, in perfetta coerenza con la formazione culturale idealista e con la formazione pittorica, spunti di profonda meditazione. I quadri di Friedrich, convinto che la realtà dei simboli e delle allegorie è ancora più vera di quella sensibile, inciderà in profondità sul simbolismo pittorico di fine Ottocento.


Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002