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Sommario anno XI numero 4 - aprile 2002

 I NOSTRI PAESI - pag. 07

frascati

Gioacchino Farina

(Valentino Marcon) - Il cardinale Guglielmo Massaia, cappuccino, era stato missionario in Etiopia per trentacinque anni, ed aveva evangelizzato soprattutto il popolo dei Galla, superando grossi pericoli e contattando le diverse ‘tribù’ locali con cui aveva intrattenuto rapporti anche per conto del governo italiano. Questa sua notevole esperienza è raccolta in alcuni volumi frutto delle memorie che scrisse (o dettò al suo segretario), quando soggiornò negli ultimi anni della sua vita nel convento di Frascati. La morte però lo colse mentre era a San Giorgio a Cremano (NA) nel 1889. Successivamente fu sepolto a Roma, ma, alla fine dell’800, grazie ad un Comitato organizzatore tuscolano, la sua salma fu traslata da Roma a Frascati (1890). Il Comitato, in cui vi era presente, tra gli altri, Anastasio Reali presidente della cassa rurale tuscolana organizzò per l’occasione solenni manifestazioni. Successivamente si attivò per la costituzione, nel convento dei cappuccini, del ‘museo etiopico’, onde conservare i numerosi cimeli e ricordi del Massaia, nonché altro materiale che in seguito anche il Negus ebbe modo di donare.
Uno dei promotori più attivi di tutte queste iniziative era stato il cavalier Gioacchino Farina, il quale, durante il regime fascista, grazie alle sue varie conoscenze, aveva raccolto ulteriori cimeli dell’epoca di Massaia in Etiopia.
Fondatore dunque del museo etiopico, animatore della cassa rurale tuscolana, procuratore legale prima nel breve episcopato del cardinal Boschi a Frascati, poi del successore, il salesiano cardinal Cagliero (un vescovo buono, già missionario salesiano in Patagonia, ma la cui gestione economico-finanziaria fu ampiamente criticata nella diocesi), commendatore della Corona, nonché del Santo sepolcro, con onorificenza della Stella d’Italia, e con tante altre qualità più o meno palesi, il Farina, forte di tutte queste ‘benemerenze’, nel 1933, quando già contava 73 anni d’età, cominciò pure ad aspirare alla poltrona di podestà. A tal fine indirizzò una missiva al Duce aspettandosi un positivo esito della suo desiderio. Ma nel 1933, era vescovo Tuscolano il cardinale Marchetti Selvaggiani, il quale venuto a sapere di tale manovra - che tra l’altro fu tenuta in sordina per qualche anno - pensò bene di informarsi della vicenda tramite il ‘canale’ più diretto all’interno del Governo fascista, e cioè il padre Pietro Tacchi Venturi, il quale, nel dicembre del 1936, renderà noto al cardinale di aver conferito col Sottosegretario di Stato all’Interno, il quale gli aveva assicurato che il Farina ‘non sarà affatto nominato Podestà di Frascati’, aggiungendo altresì, di aver avuto ‘il piacere di apprendere che l’On. Capo del Governo ha dato disposizioni che niuno sarà nominato podestà dei luoghi soggetti spiritualmente a un Cardinale Vescovo suburbicario senza che prima sia accertato che questi non ha nulla da opporre alla sua nomina’. E così Farina rimase deluso. Una delusione che non faceva che aumentare lo sdegno dell’avvocato il quale già da qualche tempo aveva avuto notevoli screzi con i frati cappuccini proprio per la vicenda del Museo e degli oggetti esposti che non sarebbero stati tutti quelli di cui effettivamente il Farina era venuto in possesso, e in più per una disputa di ‘primogeniture’ nelle manifestazioni del 1892 (centenario del Massaia). Fatto sta comunque che una lapide (ovviamente senza ancora la data di morte) che il ‘nostro’ si era già fatto preparare nella speranza che venisse apposta nella chiesa dei cappuccini, ove egli stesso desiderava essere sepolto accanto al Massaia, rimase accantonata in uno stanzino della Chiesa, dove si trova tuttora e in cui è scritto a futura memoria: “Gioacchino Farina, adempiuto il voto suo più ardente di veder trasferite e glorificate in questa chiesa per la clemenza di Leone XIII le venerate spoglie dell’apostolo d’Etiopia, dopo averne per un cinquantennio con pubbliche solenni manifestazioni esaltata la grande memoria qui presso di lui riposa sino alla resurrezione (dal….)”.
Per finire, una curiosità non certo di poco conto. Farina, che faceva parte dell’Associazione Combattenti e Reduci, aveva indirizzato nel 1928 al vicario generale Budelacci una lettera accorata paventando che la ‘via del Gesù’ - che ‘costituisce un ricordo storico e sacro’, cambiasse denominazione sicché, “ciò che non ardirono le passate amministrazioni comunali di Frascati, socialiste ed anticlericali, l’ha osato il buon cattolico Podestà, togliendo la targa di ‘Via del Gesù’ e sostituendola con ‘Via Monte Grappa”! Fu così che la via rimase intitolata al buon Gesù, finché, nel 1978 capitolò a favore di don Giuseppe Buttarelli, al cui ricordo resta oggi dedicata!


marino

Viaggio nel cosmo alla ricerca del microcosmo umano

(Eliana Rossi) - “Origine: dal Cosmo all’Uomo” è la denominazione dell’esposizione personale della pittrice e poetessa marinese Doriana Onorati, che verrà inaugurata il 6 aprile alle 18, presso l‘Associazione d’Arte e Cultura  Grafica Campioli, in Via Vincenzo Bellini, 46, in Monterotondo (Roma). La mostra, che sarà aperta al pubblico fino al 18 aprile, tende ad approfondire e sviluppare i temi affrontati nelle precedenti opere dell’artista. “È uno spiritualismo sui generis – chiosa il critico d’arte Franco Campegiani – quello di Doriana Onorati; un misticismo non paralizzante o nirvanico, ma al contrario intriso di senso evolutivo, di senso dell’avventura, di smarrimento e di “pathos”, di doloroso amore per l’infinito. Da un lato l’immensità e dall’altro la contingenza, la pochezza dei limiti umani. Da un lato l’attrazione e dall’altro l’atterramento, entrambi indispensabili all’elevazione spirituale, alla proiezione del limitato nell’illimitato. È una circumnavigazione dell’animo umano, un periplo intorno alla natura dell’uomo per capirne l’essenza, le origini, le finalità”. Lo scrittore Aldo Onorati, direttore della casa editrice Sovera Multimedia, ha messo in luce il lato meno conosciuto della poliedrica pittrice, quello di poetessa. “Doriana Onorati ci offre una straordinaria prova del suo plurilinguismo – spiega Onorati – che va dalla scrittura (poesia) alla scultura, fino ai quadri policromi innervati da una ricerca interiore costante, con risultati molto significativi sul piano dell’arte (una sorta di avanguardia personale, che tiene presente vari tentativi fatti da altri, ma li supera in una visione particolare del mondo, in alternativa gnomica e lirica). La scultrice lascia senza parole; la pittrice si articola in potenti magmatici bianchi e neri, in incisioni d’una bellezza netta e decisa, in quadri misteriosi per simbiosi poetica e affabulatrice”.
La pittrice e scultrice Doriana Onorati è nata a Marino (Roma), dove risiede e lavora. Ha sviluppato l’amore per l’arte frequentando gli studi di artisti dei Castelli Romani,  portando a maturazione le tecniche artistiche presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma. Ha frequentato per tre anni i corsi di Trompe l’oleil, specializzandosi nella riproduzione di opere antiche e, per la peculiarità dei soggetti trattati, le è stata commissionata l’immagine della Madonna del Popolo, posta oggi su uno degli altari della Basilica di San Barnaba. Come scultrice ha vinto nel 1999 la selezione al V Salone Internazionale di Barcellona. Numerose sono le città in cui sono state esposte le sue opere, da Roma a Firenze e all’estero Londra e Barcellona.
In qualità di poetessa Doriana Onorati ha vinto, nel 2001, il premio speciale della giuria, al concorso internazionale “Città di Fucecchio”, 24a edizione.


Sommario anno XI numero 4 - aprile 2002