Cogne e dintorni: Le
responsabilità del quarto potere
(Renato Vernini) - Ogni stagione ha il suo dibattito.
Qualche anno fa, ad esempio, sembrava che gli italiani non potessero
vivere senza discutere di riforme istituzionali, tra queste, le più
gettonate erano quelle elettorali. Sotto gli ombrelloni, da Lignano
Sabbiadoro a Rapallo, passando per Riccione e Forte dei Marmi, le mamme ed
i papà abbandonavano le costruzioni di sabbia solo per discutere di
maggioritario secco, sbarramento alla tedesca, doppio turno, scorporo e
quant’altro. Arrivò in fretta e furia una legge-macedonia, il Mattarellum,
ed oggi nessuno sa in quale schieramento politico militi Mariotto Segni,
ammesso che ancora militi. L’avvento della seconda era Berlusconiana ha
condizionato le tombole natalizie appassionando le nonne alla discussione
sul conflitto di interessi e sull’assetto delle reti Rai. "47,
mappoi Berluska vende Rete 4?". "È uscito il 36? Ma Santoro
rimane a Sciuscià?". Nel sottofondo, sempre uguale a se stessa, la
discussione sul campionato di calcio.
Il satellite ci ha aperto la
possibilità di seguire telegiornali di diversi paesi. Tentare di superare
le barriere linguistiche e prestare attenzione alle notizie che provengono
dal mondo è un’esperienza sconcertante: a volte sembra di vivere in
mondi paralleli, tanto sono diversi i riferimenti culturali, tanto sono
lontani i punti di riferimento, tanto distanti le scelte editoriali.
Certo, che siano i media (perché
leggere "midia" una parola latina?!?) a dettare i tempi, le
condizioni ed i ritmi del dibattito è un dato di fatto piuttosto
incontrovertibile. Fino a qui il gioco può non piacere ma è pulito, il
problema si presenta quando gli stessi media vanno oltre e prescrivono i
contenuti delle nostre discussioni e riflessioni andando ad incidere
profondamente sulle nostre storie personali.
Pensiamo alla cronaca degli ultimi
mesi: dopo le vicende legate al terrorismo internazionale, di gran lunga
in testa all’hit parade dell’informazione troviamo i fatti di Cogne o
della mamma della Valfurba che ha posto fine alla vita del proprio figlio
utilizzando una lavatrice. È certo che se i telegiornali ed i giornali si
sono occupati di questi drammatici fatti con dovizia di particolari, lo
hanno fatto perché questo loro scandagliare il profondo del dramma umano
richiamava "audience" e già questa dipendenza dagli indici di
ascolto è un fatto su cui l’informazione indipendente dovrebbe
interrogarsi. Tuttavia la sovraesposizione eccessiva degli avvenimenti di
cronaca, oltrechè invadere brutalmente la privacy delle persone
coinvolte, ha portato a conseguenze sulle quali non si può sorvolare.
Salvatore di Salvo, Presidente dell’associazione per la ricerca sulla
depressione ha sottolineato come siano aumentate a dismisura le chiamate
per richieste di aiuto, in seguito ai recenti fatti di cronaca. La
connessione, secondo il Presidente dell’Associazione, è diretta:
"La morte di Samuele e il successivo coinvolgimento della madre,
possono far pensare a persone che soffrono di questi disturbi, che la
pazzia, abitualmente considerata come un qualcosa di lontano, possa
toccarli in maniera diretta e incontrollabile". È ovvia la
conseguenza tratta dallo stesso Di Salvo: "La morbosità, la ricerca
dei particolari più raccapriccianti a cui abbiamo talvolta assistito,
possono avere effetti devastanti su persone che, in forma più o meno
grave, soffrono di depressione (15% in Italia)". Senza scomodare
troppo George Orwell con il suo 1984 ed Orson Welles che con Quarto
potere aveva ammonito i giornalisti a non varcare la soglia ultima
dell’intimità personale, gli organi di informazione sono chiamati a
riflettere su questi dati e sulle migliaia di persone indifese alle quali
le ossessive, queste si, interviste a psicologi professionisti ed
improvvisati hanno causato danni, piccoli o grandi che siano, in grado
anche di compromettere la propria stabilità emotiva. |