tor
vergata
Dove la realtà finisce, inizia il
sogno
(Mauro Proietti) - C’era una volta, in località Tor
Vergata la produzione del buon vino Frascati; immensi vigneti che davano
la materia prima per fare dei vignaioli tuscolani invidiati
imprenditori agricoli. Ora, a seguito dell’insediamento del complesso
Banca d’Italia e della Seconda Università si vedono oltre alle
fantascientifiche costruzioni, anche l’immensa distesa di prati curati,
che fa recepire all’occhio del viandante, distratto dalla guida del
proprio autoveicolo, una sensazione piacevole. Nei giorni di festa schiere
di sportivi ciclo-amatori e podisti percorrono con gioia e senso di
godimento quella pianura.
Nota negativa l’alta velocità (non
degli sportivi!) di altre numerose automobili che sfrecciano noncuranti
del pericolo che possono arrecare a chiunque, oltre all’inevitabile
inquinamento dell’ambiente già duramente provato dal persistente
disastro ecologico della metropoli. Tra gli abitanti di quella zona era
sorta una speranza che almeno nei giorni festivi "comandati"
oltre quelli ricorrenti per i vari giubilei e concerti, si limitasse il
traffico ai soli mezzi pubblici e di servizio, lasciando a tutti i
cittadini abitanti, della zona e non, l’uso di quell’oasi di verde.
Sino ad oggi nulla è avvenuto: le varie giunte comunali e
circoscrizionali aspettano forse le prossime elezioni amministrative per
promettere interventi concreti. Gli abitanti della zona, oltre gli
studenti delle facoltà adiacenti, aspettano tempi migliori per far
rispettare il loro diritto alla salute ed alla giustizia, diritti dell’uomo
spesso calpestati anche dallo Stato. Ancor peggiore la continua
devastazione delle zone limitrofe che risentono di vandalismi perpetrati
dai camionisti e operai dediti all’edilizia, soggetti senza vergogna e
senza scrupoli, che continuano imperterriti a scaricare immondizia e
prodotti inorganici, elettrodomestici usati, scarti di lavorazione.
Neanche la vicinanza del corpo dei carabinieri di vigilanza alla Banca d’Italia
li fa desistere da questo abominevole delitto verso tutta l’umanità. La
loro fortuna è quella di circolare spesso di notte e la loro sfortuna è
quella di avere inconsapevoli familiari che non sanno che persone così
pericolose e senza coscienza, stanno attentando anche alla loro vita! È
da segnalare la continua violazione della zona destinata a prato ed
inibita alle auto, da parte di automobilisti incoscienti che lasciano, tra
l’altro, immondizia. Un intervento delle forze dell’ordine potrebbe
essere determinante in quelle zone espropriate ai viticultori e diventate
ormai terra di nessuno!
castelli
romani
Paesi buoni per
viverci?
(Gelsino Martini) - Da anni non faccio che ripetermi del
bello dei luoghi in cui vivo, della qualità del sapore delle tradizioni.
Nel mio ufficio ho una fotografia del centro storico di Rocca Priora, con
lo sfondo di Monte Compatri ed i quartieri Tuscolano-Prenestino della
capitale; sotto, un poster fotografico, rilevato dall’ESA con il
satellite, illustra "Roma e dintorni".
Dopo il primo apprezzamento per i
rilievi fotografici, risaltano allo sguardo due elementi rilevanti: l’immagine
dei paesi immersi nei colli boschivi con l’immagine sfumata della
città, nell’altro è la città ad avanzare e sovrastare i colli dei
castelli. Quale delle due immagini è più consona alla realtà di vita
quotidiana?
È luogo comune considerare "il
paese" il luogo ideale dove vivere, ritengo che questo possa essere
vero, ovviamente se i paesi restano tali, camminando con il progresso e
non sovrastati da esso. Queste considerazioni confinano idealmente con gli
articoli sui Castelli di Buffi e Barberio usciti in febbraio ed aprile. È
con piacere che vedo partire un dialogo tendente a considerare i C.R.
unico ambiente abitativo, da persone che l’anno scelto per viverci, con
un piccolo appunto di delusione nei confronti dei castellani "D.O.C."
(per discendenza generazionale e di cui faccio parte), la cui direzione
mentale è indirizzata verso interessi inerenti il paese di origine.
Chiaramente lungi da me la generalizzazione del pensiero, questa
riflessione è rivolta alla maggioranza delle persone che vivono nei paesi
dei castelli.
Nei due articoli si pone l’evidenza
sui vantaggi (benefici) che ne deriverebbero per i C.R., individuando nei
servizi sociali un punto d’incontro, dove i precisi obiettivi potrebbero
risultare difficoltosi nella gestione e dislocazione.
L’unione politica od associazionale e
ben espressa da Barberio con rischio reale di politicizzazione ed
interessi di parte. Sono esempi attuali l’Ente Parco e l’XIa Comunità
Montana, soggetti a gestione politica, o le varie aziende di tipo
turistico confinate nell’interesse locale. Dal mio punto di vista vi è
un terzo obiettivo da valutare, ed a cui da anni cerco di dare risalto.
Amalgamare le tradizioni culturali mantenendo inalterate le
caratteristiche paesane in un contesto molto più ampio che sono i
Castelli Romani. Non una unione politica, ma di fatto una integrazione
sociale. Naturalmente rivolta a tutti gli abitanti residenti sia di
nascita che per scelta di vita. Un incontro senza professori o studenti.
Ritengo opportuno percorrere un
escursus degli ultimi decenni dei nostri paesi, tale da individuare una
comune base di dialogo.
Dagli anni ’70, una forte migrazione
a rovescio ha spinto molte persone ad abbandonare la città, cogliendo
nella provincia un ambiente di vita più di contatto e meno frenetica. I
C.R. sono stati meta privilegiata o propriamente meno protetti dalla
speculazione edilizia. Ciò ha favorito un forte incremento abitativo, non
altrettanto in linea con lo sviluppo di servizio sociale e territoriale.
Proprio il territorio, con le sue caratteristiche montane boschive ed
ampie vallate, si è trovato indifeso e preda di una speculazione
incontrollata. Nuclei abitativi e comprensori sono nati a macchia di
leopardo, nascosti ai nostri occhi. Solo l’avvento del Parco Regionale
dei C.R. ha ridotto in parte questo indirizzo territoriale. Per molti
paesi, lo sviluppo del territorio passa ancora nei piani edilizi, con
relativo incremento della popolazione. Chiaramente, oggi, le condizioni di
traffico sono il normale eccezionale caos. La pericolosità degli accessi
ad abitazioni a raso stradale e di incroci bui, sono, sempre, normale
conseguenza delle nostre opere.
Altro elemento è che la nostra
generazione non è riuscita ad integrare i castellani indigeni con coloro
che l’hanno scelta come residenza. Nella stragrande maggioranza la
residenza è stata considerata un dormitorio, senza integrazione sociale,
ed i castellani hanno coniato i termini stranieri o forestieri
per i nuovi paesani. Torno a ripetere di non generalizzare questa
descrizione come evangelica, bensì come concetto di idea diffusa.
Questa mancanza d’integrazione ha di
fatto creato due socializzazioni: la prima attiva tra i cittadini
(purtroppo minoritaria), la seconda presente nel territorio ma non nella
vita sociale del luogo in cui si è scelto di vivere. Fortunatamente (lo
vedo attraverso i miei figli) la nuova generazione vive un’amalgama
superiore alla nostra, incontrandosi, conoscendosi, effettuando scelte
comuni. Resta di fatto che una generazione ha vissuto e considera uno
stacco sociale vivere lo stesso territorio.
Queste considerazioni (espresse in modo
concentrato) le ritengo necessarie per il superamento di tutte quelle
forme campanilistiche che risultano disgreganti per il concetto diffuso di
"Castelli Romani". Ritengo non sufficiente valutare vantaggi o
riscontri economici territoriali, senza aver avviato, di fatto, una
socializzazione culturale e di rispetto delle differenze, delle tradizioni
e delle realtà abitative del territorio. Di fatto ognuno di noi
tenderebbe a risaltare le proprie qualità, ponendosi in evidenza nei
confronti dei nuovi partner.
Una mia personale esperienza la sto
vivendo attraverso lo sport, più precisamente con l’Atletica Tusculum.
La società è nata dalla fusione degli Amatori Frascati e dell’Atl.
Rocca Priora (con la presenza di cittadini di Monte Compatri, Monte
Porzio, Colonna, Grottaferrata), con l’obiettivo ambizioso di avviare
nel territorio manifestazioni sportive e promulgazione dei nostri paesi e
del territorio tuscolano. Da due anni organizziamo gare e partecipiamo con
successo a competizioni regionali, avendo avviato un primo stadio del
nostro programma. Più complesso è il progetto di superamento del
campanilismo paesano. Riuscire ad interpretare un concetto di pari
dignità accantonando una presunzione di "il mio prato è più bello
e più verde", richiede un continuo dialogo e rispetto delle
differenze reciproche. È necessario rinunciare ad ambizioni di
primeggiare o di occupare un gradino superiore agli altri. Il superamento
di queste situazioni, per i C.R., può significare l’avviarsi di
esperienze ed attività non più legate a forme di partito od
associazionistiche di tipo campanilistico. Avere obiettivi comuni,
significa attivare una difesa per il nostro territorio che, negli anni a
venire, dovrà confrontarsi con lo S.D.O. ed i suoi 1.170.000 metri cubi
di cemento realizzati ai nostri piedi. Avere gli stessi indirizzi,
confrontarci con la mega città, ci permetterebbe di diminuire i disagi
interni al nostro territorio, ottimizzando i servizi sociali nel rispetto
dei Castelli Romani.
laghetto
Posa della prima
pietra alla nuova scuola
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(Le
insegnanti) - Il giorno 11 Maggio 2002 alle ore 18,00, si è
svolta a Laghetto la cerimonia per la posa della prima pietra della
scuola elementare. Diverse generazioni di alunni hanno atteso con
impazienza questo importante momento, ed ora finalmente sembra essere
arrivato. Negli ultimi anni la popolazione scolastica di Laghetto è
notevolmente aumentata e nell’edificio scolastico, utilizzato come
sede provvisoria dal 1987, si comincia veramente a stare stretti. Con la
speranza che i lavori procedano regolarmente, ringraziamo tutti coloro
che hanno reso possibile l’inizio dei lavori.
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nemi
Il Progetto Diana
prosegue
(Bruna Macioci) - La distruzione, la notte del 30 maggio
1944, delle due navi romane recuperate con imponente sforzo tecnico dal
lago di Nemi ove erano da duemila anni, sembrava aver condannato all’oblìo
perenne questi due meravigliosi reperti. Per anni è sembrato che la
follia della guerra avesse vinto. Ma c’è chi non si è rassegnato.
Studiosi e appassionati hanno dato spinte ed idee alla costituzione dell’Associazione
Dianae Lacus, la quale ha dato inizio al Progetto Diana: la ricostruzione
a dimensione reale di almeno una delle due navi, la prima che fu tratta
dal lago. Una ricostruzione fatta su basi rigorosamente scientifiche e
senza scopo di sfruttare la cosa in maniera volgarmente spettacolare.
Forte dell’appoggio della Soprintendenza Archeologica per il Lazio, dell’apporto
scientifico del prof. Marco Bonino, dell’appassionato impegno dei
Cantieri navali di Torre del Greco, la Dianae Lacus ha potuto già
ricostruire l’intera chiglia centrale della prima nave, che è ora
esposta davanti al Museo delle Navi di Nemi. Ciò è stato possibile
grazie alla concreta collaborazione della Regione Lazio, dell’ing.
Umberto Ucelli, della Banca di Roma e di generosi privati. Ma tutto questo
non è sufficiente per andare avanti. Occorre uno sforzo tecnico e
finanziario notevole per portare a compimento l’opera - o sarebbe meglio
forse dire ‘il sogno’. La Dianae Lacus chiama perciò le forze più
sensibili a formare una Fondazione Onlus che raccolga le risorse
necessarie, garantendone le finalità e la correttezza di impiego. A
questo scopo si indice un convegno per l’8 di giugno presso il Museo
delle Navi di Nemi. Il programma prevede l’apertura alle ore 10.00, un
break con buffet alle 13.15, e interventi di varie Personalità che
illustreranno il progetto e fisseranno le direttrici per portare a
compimento il sogno della rinascita della Prima Nave. Perché la guerra
non l’abbia vinta.
Interventi di Personalità della
Regione, della Provincia, della Soprintendenza Archeologica del Lazio,
dell’Università di Napoli, della Marina Militare, del prof. Marco
Bonino dell’Università di Trapani. |