I
racconti di nonna Marina
(di Marina Natalini)
L’arcobaleno
L’arcobaleno aveva formato un grande arco in cielo con tanti colori che
il sole, dopo la pioggia, aveva fatto brillare.
Una mucca, in un prato, guardò intorno e muggì:
“Muuu!” poi tornò a brucare l’erba di un tenero verde.
La tartaruga di pannolenci
In un lettino stava una tartaruga di pannolenci verde e marrone. Era la
tartaruga di una bambina, si chiamava Camilla, e non si separavano mai.
Poi venne un giorno che la mamma della bambina si ammalò e per poter
guarire doveva andare a curarsi lontano. La bimba diventò triste perché
doveva separarsi dalla mamma e la mamma era ancora più triste perché
doveva lasciare la sua adorata bambina per molti giorni.
Il giorno della partenza si abbracciarono forte forte e la bambina diede
la sua tartaruga alla mamma dicendo:
“Non piangere, Camilla ti farà compagnia e ti aiuterà a guarire ed io
sarò brava mentre ti aspetto.”
La mamma si commosse ancora di più e ringraziò pensando che lei le
aveva fatto un grande dono, perché sapeva quanto la bambina tenesse alla
sua tartaruga.
I giorni passarono, la mamma guarì, e la bimba vide di nuovo la mamma e
Camilla che erano tornate da lei.
Caldarroste
Nel camino di una casa di campagna, il fuoco scoppiettava e i bambini
aiutavano il papà a cuocere le castagne e facevano un chiasso gioioso.
Ognuno di loro voleva essere di aiuto al papà, che cercava di calmarli,
preoccupato che si potessero scottare.
Intanto lingue di fuoco danzavano sotto la padella bucata delle
caldarroste.
Quando furono pronte, con cautela, le presero e si misero a mangiarle
allegramente.
Il papà rideva contento nel vedere i suoi bimbi felici.
Il giardino
Nel giardino pubblico di una grande città viveva una famiglia di gatti:
la mamma gatta con tre gattini. Il giardino era pieno di fiori e piante di
ogni specie; c’era anche una fontana dove i gattini, facendo attenzione
a non caderci dentro, bevevano.
C’era la statua di un santo, che sembrava guardasse tutti con
benevolenza.
Di giorno i gatti se ne stavano tranquilli nel loro rifugio, perché
c’era troppa gente che andava nel giardino: i bambini che correvano e
giocavano, le mamme e i papà che passeggiavano, gli uomini che sedevano a
chiacchierare all’ombra delle piante… e così i gatti, non
conoscendoli, non si fidavano di gironzolare. Però, quando arrivava la
sera e il sole andava a dormire, anche le persone tornavano a casa, si
chiudevano i grandi cancelli, si accendeva un grande lampione e i gattini
uscivano con mamma gatta dai loro nascondigli e si rincorrevano tra le
aiuole e si arrampicavano sugli alberi. Erano i padroni del giardino e a
loro si univano altri gatti. Arrivava un grosso gatto e si metteva a
parlare con mamma gatta. Poi arrivavano altre gatte e si raccontavano dove
erano andate durante il giorno: avevano portato anche i loro piccoli a
giocare con i tre gattini. La notte si sentivano tranquilli; tutto quel
bel giardino era loro e la statua del santo li guardava con affetto. I
micini spesso andavano ad accucciarsi ai suoi piedi e si sentivano tutti
in pace.
Con il passare delle ore arrivava il giorno, si riaprivano i cancelli del
grande giardino e allora tutti i gatti, stanchi del gran giocare, andavano
a dormire.
La vecchia quercia
La quercia che stava in montagna era molto vecchia, ne aveva viste di
stagioni!
Neve, acqua, vento e tanto sole, ma era grande e verde. Sui suoi rami
avevano fatto il nido molti uccelli e insetti. C’era un insetto in
particolare chiamato “Cervo Volante” che ci aveva costruito la casa.
D’estate i bambini che giocavano all’ombra della quercia lo vedevano
volare.
Aveva due grandi corna a tenaglie, però non faceva male a nessuno. La
vecchia quercia lo proteggeva con le sue grandi foglie. Volava, volava e
ogni tanto cadeva sul prato a pancia in su e non riusciva a girarsi.
Allora il bambino che lo vedeva prendeva un bastoncino e con un po’ di
timore lo aiutava a mettersi sulle zampette.
Il cervo volante rimaneva un attimo sconcertato, poi apriva le ali e
volava di nuovo sulla quercia.
La quercia era contenta che i bambini aiutavano il piccolo cervo volante
e avevano rispetto dei piccoli animali.
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