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Sommario anno XI numero 11 - novembre 2002

 COSTUME E SOCIETÀ - pag. 12
In un’isola delle Piccole Antille
(Roberto Pulcini) - Quando si sogna di sole e mare si sogna spesso di Caraibi. Il semplice nome, Caraibi, fa venire in mente acque turchesi, pesci colorati, palme da cocco. Tutto qui? Almeno secondo quello che film e agenzie turistiche ci mostrano. In realtà i Caraibi sono molto di più, un complesso insieme di entità, ognuna con proprie caratteristiche. Un esempio? Immaginate di volare per otto ore sull’Oceano Atlantico, atterrare su un’isola a forma di farfalla, uscire dall’aereo ed essere avvolti da un calore intenso. Subito dopo però vedete bandiere blu, bianche e rosse e sentite parlare in una lingua a voi molto famigliare, usata al di là delle Alpi, cioè francese. Impazziti? No, siete semplicemente atterrati a Guadeloupe, isola delle Piccole Antille che ho avuto la fortuna di conoscere da vicino. Prestando attenzione, noterete che i locali usano, nei discorsi più animati e famigliari, una lingua dal suono estremamente piacevole e musicale. È il creolo, miscuglio di francese e africano con influenze inglesi e spagnole. Questo riflette la storia dell’isola che, come il resto dei caraibi, ha visto susseguirsi popoli diversi: gli arawak, sopraffatti dai caribe, uccisi dagli spagnoli prima e dai francesi poi, i quali dovettero a periodi cedere agli inglesi il controllo dell’isola. Inoltre, in più di due secoli francesi e inglesi deportarono decine di migliaia di schiavi africani, i cui discendenti combatterono più volte per la loro libertà. Questa orribile situazione ebbe fine solo quando la schiavitù venne definitivamente abolita. Tutti gli abitanti divennero quindi cittadini francesi, con oggi gli stessi diritti e doveri dei loro compatrioti europei. Guadeloupe è infatti un dipartimento francese a tutti gli effetti, come la Provenza e la Normandia, popolata principalmente da francesi di pelle nera,  con minoranze di pelle bianca e di varie zone dell’Asia. Stesso sistema amministrativo, scolastico, sanitario, stessi supermercati, stessi uffici postali color giallo canarino. Ma non è la Francia che conosciamo, è qualcosa di estremamente diverso, di unico. Dal punto di vista geografico, Guadeloupe è formata in realtà da due isole dai nomi legati ai venti, separate solo da uno stretto canale. A est c’è Grande Terre, principalmente pianeggiante, con lunghe spiagge come quelle di Sant’Anne e Port Louis bagnate da tranquille acque trasparenti, ma anche coste frastagliate e battute da violente onde come quelle di Pointe des Chateaux. A ovest c’è invece l’isola di Basse Terre, con anse più intime e un interno più selvaggio, una vegetazione lussureggiante che ricopre il rugoso paesaggio, dominato dall’imponente vulcano della Soufrière. La fitta vegetazione tropicale nasconde alte cascate e innumerevoli ruscelli che formano vasche di acqua fredda, tiepida e calda. La ricchezza di acque dolci è il motivo per cui i Caribe avevano chiamato l’isola Karukera, cioè Terra delle Acque. Il nome attuale fu invece dato da Cristoforo Colombo, il quale invocò la vergine di Guadalupa (Spagna) in una tempesta. Dal nome di una delle sue caravelle, il navigatore battezzò un’altra isola oggi dipendente dalla Guadeloupe, cioè Marie-Galante, essenzialmente pianeggiante e con splendide spiagge. La regione comprende altre isole, tra cui La Desirade, montuosa e rurale, e Les Saintes, popolate soprattutto dai discendenti dei primi coloni bretoni e con quella che è stata giudicata la terza più bella baia del mondo. Isole con caratteristiche proprie ma tutte accomunate dalla stessa cultura creolo-francese, la quale otre alla lingua include anche la musica. Quella più popolare è il Zouk, allegro e sensuale. C’è però anche il tradizionale Gwo-Ka, toccante, con strumenti a percussione e radici affondate nei ritmi tribali degli schiavi, il loro unico legame con la lontana Africa. Non è raro ascoltarlo di notte, in lontanza, in occasione di qualche cerimonia importante come un matrimonio. È inoltre il ritmo portante durante il pittoresco carnevale. Come è chiaro per noi italiani però, cultura vuole anche dire cibo, che qui sfrutta l’enorme disponibilità di pesce, frutta e spezie, regalando sapori forti ed esotici. Alcuni esempi sono i granchi farciti, gli accras (bignè di baccalà ed erbe), il blaff (pesce in salsa di limone e spezie), il kassav (dolce di manioca e cocco). Non dimentichiamo poi la bevanda regionale e uno dei principali prodotti da esportazione, cioè il rum, che preparato con frutta diventa planteur. Con limone verde e zucchero di canna diventa invece ti-punch, bevuto prima dei pasti o sorseggiato durante le partite di belote, popolarissimo gioco di carte. È questa quindi la Guadeloupe, ricca di contrasti e di soprese, un luogo dove poter vivere i caraibi e non semplicemente visitarne turistiche spiagge. Dove poter attraversare fitte giungle o nuotare in limpide acque. Dove visitare musei o passeggiare tra casette di legno d’altri tempi. O dove fare come me in questo momento, seduto in veranda, impegnato nell’arduo compito di oziare davanti al mare. Ma tutto ha una fine, devo partire… belote e ti-punch mi attendono.
 COSTUME E SOCIETÀ - pag. 12

Sommario anno XI numero 11 - novembre 2002