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Sommario anno XI numero 11 - novembre 2002

 ENRICO FERMI E LA PILA ATOMICA
13 - Ultimo viaggio in Italia di un fisico eclettico
Fermi a Los AlamosFermi e il computer. Il lavoro sperimentale sulle interazioni fra pioni e nucleoni riaccende l’interesse di Fermi per i computer; che cominciano a entrare in funzione proprio in questi anni. Fermi, con il suo spiccatissimo senso pratico e la sua intuizione, riconosce immediatamente le potenzialità dei computer per lo studio di problemi nell’ambito delle discipline fisiche, astrofisiche e della fisica classica.
Nicholas Metropolis, un fisico americano di origine greca, ricorda le sue prime discussioni con Fermi nella sala computer a Los Alamos, dove Fermi trascorre l’estate del 1945: «Iniziammo a discutere le caratteristiche di alcuni calcolatori elettromeccanici utilizzati per i calcoli scientifici. Ben presto Metropolis tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta sul quale era scritta una equazione. Mi chiese: “Come potremmo risolverla con la.macchina?”. Si trattava della formula semiempirica delle masse atomiche elaborata da Fermi stesso. Dopo la domanda si passò immediatamente all’azione. Per ogni fase del lavoro Fermi ascoltava il minimo delle spiegazioni dopo di che risolveva il problema impostato in maniera totalmente autonoma». In particolare Fermi decise subito di utilizzare il MANIAC (uno dei più potenti calcolatori esistenti all’epoca, appena costruito a Los Alamos per eseguire l’analisi del gran numero di dati sperimentali raccolti dal suo gruppo per i quali aveva fatto un’analisi preliminare dai risultati dello scattering dei pioni negativi nell’idrogeno con un calcolatore da tavolo Marchant. L’analisi viene completata includendo i dati sperimentali sullo scattering dei pioni positivi ottenuti dai gruppi della Columbia e della Carnegie University. Al suo ritorno a Chicago Fermi è un esperto di analisi computazionale e pieno di entusiasmo per i calcolatori: tiene infatti una serie di lezioni sull’uso e la programmazione dei computer. È in queste circostanze che si appassiona all’uso del metodo Monte Carlo che era stato inventato dai suoi colleghi e amici John von Neumann e Stanislaw Ulan per la realizzazione della bomba H. (Luisa Bonolis, Sapere pg 43, Agosto 2001)
Fermi e SegréUltimo viaggio in Italia. Durante l’estate del 1954 Fermi tornò di nuovo in Europa. Aveva preparato un bellissimo corso sui pioni e nucleoni che tenne alla Villa Monastero a Varenna. Visitò anche Les Houches dove c’era un’altra scuola estiva e fece lezione anche lì. La sua salute stava però peggiorando gravemente. Era stato attaccato da una malattia subdola che non fu diagnosticata malgrado ripetuti esami. Con tremenda forza di volontà cercò di fare la vita normale, compreso gite e sport, ma quando tornò a Chicago si recò subito all’ospedale per un esame completo. Dopo qualche esitazione i medici decisero di sottoporlo a un’operazione esplorativa. Il risultato fu la scoperta di un cancro allo stomaco che non lasciava alcuna speranza.
Ero appena tornato da un viaggio nell’America del Sud, quando fui chiamato al telefono da Allison. Dal tono della sua voce rotta e quasi incomprensibile capii che doveva essere successo qualcosa di molto grave e infatti mi raccontò in poche parole il risultato della operazione che era stata eseguita poche ore prima. Appena possibile andai a Chicago. Trovai Fermi all’ospedale assistito dalla moglie. Al momento non aveva sofferenze e era nutrito artificialmente con una sonda. Com’era suo solito, Fermi contava le gocce della soluzione nutritiva con un contasecondi, come se fosse stato un esperimento su un oggetto estraneo. Era perfettamente conscio della situazione e ne parlava con socratica serenità. L’impressione della visita, per il dolore della realtà presente e per la stupefacente forza d’animo con cui Fermi l’af­frontava, mi sconvolse e quando dopo qualche tempo uscii dalla stanza quasi venni meno.
Fermi sopravvisse all’operazione solo alcune settimane. Tornò a casa e cercò di rivedere le note di un suo corso di fisica nucleare. All’ospedale mi aveva detto che questa sarebbe stata l’ultima sua fatica se le forze gli fossero bastate e infatti l’ultimo suo scritto è una pagina dell’indice di questo corso. Morì il 29 novembre 1954 due mesi dopo il suo cinquantatreesimo compleanno. (Emilio Segré, Enrico Fermi, fisico, Zanichelli 1971)
Appunti di FermiLa ecletticità di un fisico. È assai difficile valutare il posto di Fermi tra gli scienziati dei tempi moderni. La distanza prospettica dalla sua morte è troppo breve e un giudizio del genere è ancora più difficile per un suo allievo e amico.
I suoi capolavori sono, cronologicamente, la statistica, la teoria dei raggi beta e il lavoro sui neutroni iniziato a Roma e culminante nella liberazione dell’energia nucleare.
La statistica di Fermi (scoperta indipendentemente anche da Dirac) è stata la chiave della moderna teoria dei metalli, dei modelli statistici degli atomi e dei nuclei ed è basilare per molte parti della fisica. La vera scoperta chiave in materia, è però il principio di esclusione di Pauli. La teoria dei raggi beta cresce di importanza col passare del tempo. In essa si introduce per la prima volta una nuova forza della natura, l’interazione debole, con una nuova costante universale. Questo lavoro fu anche importante perché introdusse la teoria dei campi nel dominio delle particelle elementari e in tal modo ispirò gli studi di Yukawa e tutto il lavoro successivo. La scelta della forma vettoriale dell’interazione fu lungimirante. È probabile che questo sia il più importante lavoro teorico di Fermi.
Le indagini sui neutroni contengono la scoperta fondamentale dei neutroni lenti e arrivano al risultato finale del rilascio di energia dalla fissione dei nuclei pesanti, una pietra miliare nella storia della umanità.
Ho taciuto qui una miriade di altri lavori che sarebbero stati sufficienti ad assicurare la fama di un fisico minore.
L’influenza di Fermi sulla fisica italiana è stata profonda e duratura. Fondò un movimento che in brevi anni portò l’Italia da una posizione arretrata a una di primo piano. La sua influenza in America, per quanto grande, fu meno rilevante.
Non si può paragonare Fermi a giganti come Maxwell o Einstein che sono in una classe a sé e il paragone con fisici più recenti è assai difficile dal nostro punto di vista prossimo. Pensando al passato più remoto il nome di Lord Kelvin mi torna insistente alla mente. Kelvin era un grande sia della teoria sia dell’esperimento (anche se non sommo come Maxwell) che influenzò profondamente i suoi contemporanei. Chi sa che tra un secolo Fermi non possa apparire nella stessa luce in cui appare oggi Lord Kelvin?
In ogni caso Fermi dette alla scienza tutto se stesso e con lui sparì l’ultimo individuo dei nostri tempi che abbia raggiunto le più alte vette sia della teoria sia dell’esperienza e abbia così dominato tutta la fisica. (Emilio Segré, ibidem)
Giorgio Salvini: alcuni personali ricordi di Enrico Fermi. In occasione della celebrazione del centenario della nascita di Fermi presso la scuola omonima di Varenna (Luglio 2001), nell’aprire questa mia nota, penso alle parole di illustri fisici come Bethe, Weisskopf, Wigner quando hanno sottolineato l’insegnamento a loro venuto dagli scritti di Enrico Fermi. Ed anche penso agli illustri fisici qui presenti che sono stati suoi allievi, e che prenderanno oggi la parola.
E penso inoltre ad Amaldi, Segré, Pontecorvo, Rasetti, D’Agostino, che oggi non sono con noi e che hanno costruito con lui una pagina di scienza che onora anche il nostro Paese. Davanti a tante persone che hanno vissuto per anni con Fermi ogni mio generale commento sulle sue doti si arresta, anzi è presuntuoso o pleonastico.
Io voglio solo toccare alcuni punti od argomenti che si riferiscono alla mia esperienza con Enrico Fermi Uno è ancora generale; gli altri sono più diretti e specifici.
Un ricordo è il mio primo contatto con Fermi, in Europa e dopo la guerra. Lasciatemi dire che i miei studi di fisica nel primo periodo universitario, quando ottenni la laurea in fisica all’Università di Milano, furono abbastanza incompleti e discontinui. Io non fui mai uno studente regolare: per i primi due anni ero uno “studente lavoratore”, ed in particolare fui maestro alle scuole elementari, e poi insegnante alle scuole medie nel 1938-39. Successivamente fui impegnato nelle vicende di guerra nel 1940-45, prima come ufficiale del Genio e degli Alpini, successivamente come un soldato nascosto per sottrarmi alla cattura dei nazifascisti. Questo mi diede dei vantaggi rispetto agli studenti inquadrati in corsi regolari, e non mancai di essere telecomandato da insegnanti e fisici di grande classe, alcuni nascosti anch’essi. Ma certo la mia cultura scientifica era piuttosto a chiazze o spezzettata.
Misi un certo ordine in questa mia situazione personale nel 1945-49, mentre facevo ricerche in raggi cosmici in Milano, e poi a Princeton nel New Jersey.
Questi anni 1949-50 furono il mio primo incontro con Enrico Fermi. Nella mia mente egli era una leggenda, nel mio Paese abbondantemente distrutto. Le sue conferenze a Milano - con la sua indimenticabile voce - e le discussioni anche specialistiche dopo le lezioni furono per me di grande conforto scientifico e umano.
Lasciatemi ricordare quando al congresso di Basilea-Como del 1949 Heisenberg and Fermi entrando nella hall da ingressi opposti si salutarono caldamente dopo dieci anni di separazione, e spesi su programmi scientifici analoghi e contrapposti. È un incontro da ricordare, signori storici, questo incontro plaudente, alla presenza dei migliori fisici di Europa, vincitori o sconfitti. Come se la guerra allora apparisse finalmente dimenticata.
Le brevi discussioni con Enrico Fermi sul nostro lavoro mi diedero nuovo vigore verso la fisica Quell’uomo “sapeva tutto, e ci capiva tutti”. Io non sapevo che entro qualche mese avrei incontrato Fermi di nuovo, e avrei portato alle sue ricerche un aiuto, anche se piccolo e non fondamentale.
 ENRICO FERMI E LA PILA ATOMICA

Sommario anno XI numero 11 - novembre 2002