13 - Ultimo viaggio in
Italia di un fisico eclettico
Fermi
e il computer. Il lavoro
sperimentale sulle interazioni fra pioni e nucleoni riaccende
l’interesse di Fermi per i computer; che cominciano a entrare in
funzione proprio in questi anni. Fermi, con il suo spiccatissimo senso
pratico e la sua intuizione, riconosce immediatamente le potenzialità dei
computer per lo studio di problemi nell’ambito delle discipline fisiche,
astrofisiche e della fisica classica.
Nicholas Metropolis, un fisico americano di origine greca, ricorda le sue
prime discussioni con Fermi nella sala computer a Los Alamos, dove Fermi
trascorre l’estate del 1945: «Iniziammo a discutere le caratteristiche
di alcuni calcolatori elettromeccanici utilizzati per i calcoli
scientifici. Ben presto Metropolis tirò fuori dalla tasca un pezzo di
carta sul quale era scritta una equazione. Mi chiese: “Come potremmo
risolverla con la.macchina?”. Si trattava della formula semiempirica
delle masse atomiche elaborata da Fermi stesso. Dopo la domanda si passò
immediatamente all’azione. Per ogni fase del lavoro Fermi ascoltava il
minimo delle spiegazioni dopo di che risolveva il problema impostato in
maniera totalmente autonoma». In particolare Fermi decise subito di
utilizzare il MANIAC (uno dei più potenti calcolatori esistenti
all’epoca, appena costruito a Los Alamos per eseguire l’analisi del
gran numero di dati sperimentali raccolti dal suo gruppo per i quali aveva
fatto un’analisi preliminare dai risultati dello scattering dei pioni
negativi nell’idrogeno con un calcolatore da tavolo Marchant.
L’analisi viene completata includendo i dati sperimentali sullo
scattering dei pioni positivi ottenuti dai gruppi della Columbia e della
Carnegie University. Al suo ritorno a Chicago Fermi è un esperto di
analisi computazionale e pieno di entusiasmo per i calcolatori: tiene
infatti una serie di lezioni sull’uso e la programmazione dei computer.
È in queste circostanze che si appassiona all’uso del metodo Monte
Carlo che era stato inventato dai suoi colleghi e amici John von Neumann e
Stanislaw Ulan per la realizzazione della bomba H. (Luisa Bonolis, Sapere
pg 43, Agosto 2001)
Ultimo
viaggio in Italia. Durante
l’estate del 1954 Fermi tornò di nuovo in Europa. Aveva preparato un
bellissimo corso sui pioni e nucleoni che tenne alla Villa Monastero a
Varenna. Visitò anche Les Houches dove c’era un’altra scuola estiva e fece
lezione anche lì. La sua salute stava però peggiorando gravemente. Era
stato attaccato da una malattia subdola che non fu diagnosticata malgrado
ripetuti esami. Con tremenda forza di volontà cercò di fare la vita
normale, compreso gite e sport,
ma quando tornò a Chicago si recò
subito all’ospedale per un esame completo. Dopo qualche esitazione i
medici decisero di sottoporlo a un’operazione esplorativa. Il risultato
fu la scoperta di un cancro allo stomaco che non lasciava alcuna speranza.
Ero appena tornato da un viaggio nell’America del Sud, quando fui
chiamato al telefono da Allison. Dal tono della sua voce rotta e quasi
incomprensibile capii che doveva essere successo qualcosa di molto grave e
infatti mi raccontò in poche parole il risultato della operazione che era
stata eseguita poche ore prima. Appena possibile andai a Chicago. Trovai
Fermi all’ospedale assistito dalla moglie. Al momento non aveva
sofferenze e era nutrito artificialmente con una sonda. Com’era suo
solito, Fermi contava le gocce della soluzione nutritiva con un
contasecondi, come se fosse stato un esperimento su un oggetto estraneo.
Era perfettamente conscio della situazione e ne parlava con socratica
serenità. L’impressione della visita, per il dolore della realtà
presente e per la stupefacente forza d’animo con cui Fermi l’affrontava,
mi sconvolse e quando dopo qualche tempo uscii dalla stanza quasi venni
meno.
Fermi sopravvisse all’operazione solo alcune settimane. Tornò a casa e
cercò di rivedere le note di un suo corso di fisica nucleare.
All’ospedale mi aveva detto che questa sarebbe stata l’ultima sua
fatica se le forze gli fossero bastate e infatti l’ultimo suo scritto è
una pagina dell’indice di questo corso. Morì il 29 novembre 1954 due
mesi dopo il suo cinquantatreesimo compleanno. (Emilio Segré, Enrico
Fermi, fisico, Zanichelli 1971)
La
ecletticità di un fisico. È
assai difficile valutare il posto di Fermi tra gli scienziati dei tempi
moderni. La distanza prospettica dalla sua morte è troppo breve e un
giudizio del genere è ancora più difficile per un suo allievo e amico.
I suoi capolavori sono, cronologicamente, la statistica, la teoria dei
raggi beta e il lavoro sui neutroni iniziato a Roma e culminante nella
liberazione dell’energia nucleare.
La statistica di Fermi (scoperta indipendentemente anche da Dirac) è
stata la chiave della moderna teoria dei metalli, dei modelli statistici
degli atomi e dei nuclei ed è basilare per molte parti della fisica. La
vera scoperta chiave in materia, è però il principio di esclusione di
Pauli. La teoria dei raggi beta cresce di importanza col passare del
tempo. In essa si introduce per la prima volta una nuova forza della
natura, l’interazione debole, con una nuova costante universale. Questo
lavoro fu anche importante perché introdusse la teoria dei campi nel
dominio delle particelle elementari e in tal modo ispirò gli studi di
Yukawa e tutto il lavoro successivo. La scelta della forma vettoriale
dell’interazione fu lungimirante. È probabile che questo sia il più
importante lavoro teorico di Fermi.
Le indagini sui neutroni contengono la scoperta fondamentale dei neutroni
lenti e arrivano al risultato finale del rilascio di energia dalla
fissione dei nuclei pesanti, una pietra miliare nella storia della umanità.
Ho taciuto qui una miriade di altri lavori che sarebbero stati sufficienti
ad assicurare la fama di un fisico minore.
L’influenza di Fermi sulla fisica italiana è stata profonda e duratura.
Fondò un movimento che in brevi anni portò l’Italia da una posizione
arretrata a una di primo piano. La sua influenza in America, per quanto
grande, fu meno rilevante.
Non si può paragonare Fermi a giganti come Maxwell o Einstein che sono in
una classe a sé e il paragone con fisici più recenti è assai difficile
dal nostro punto di vista prossimo. Pensando al passato più remoto il
nome di Lord Kelvin mi torna insistente alla mente. Kelvin era un grande
sia della teoria sia dell’esperimento (anche se non sommo come Maxwell)
che influenzò profondamente i suoi contemporanei. Chi sa che tra un
secolo Fermi non possa apparire nella stessa luce in cui appare oggi Lord
Kelvin?
In ogni caso Fermi dette alla scienza tutto se stesso e con lui sparì
l’ultimo individuo dei nostri tempi che abbia raggiunto le più alte
vette sia della teoria sia dell’esperienza e abbia così dominato tutta
la fisica. (Emilio Segré, ibidem)
Giorgio Salvini: alcuni
personali ricordi di Enrico Fermi.
In occasione della celebrazione del
centenario della nascita di Fermi presso la scuola omonima di Varenna
(Luglio 2001), nell’aprire questa mia nota, penso alle parole di
illustri fisici come Bethe, Weisskopf, Wigner quando hanno sottolineato
l’insegnamento a loro venuto dagli scritti di Enrico Fermi. Ed anche
penso agli illustri fisici qui presenti che sono stati suoi allievi, e che
prenderanno oggi la parola.
E penso inoltre ad Amaldi, Segré, Pontecorvo, Rasetti, D’Agostino, che
oggi non sono con noi e che hanno costruito con lui una pagina di scienza
che onora anche il nostro Paese. Davanti a tante persone che hanno vissuto
per anni con Fermi ogni mio generale commento sulle sue doti si arresta,
anzi è presuntuoso o pleonastico.
Io voglio solo toccare alcuni punti od argomenti che si riferiscono alla
mia esperienza con Enrico Fermi Uno è ancora generale; gli altri sono più
diretti e specifici.
Un ricordo è il mio primo contatto con Fermi, in Europa e dopo la guerra.
Lasciatemi dire che i miei studi di fisica nel primo periodo
universitario, quando ottenni la laurea in fisica all’Università di
Milano, furono abbastanza incompleti e discontinui. Io non fui mai uno
studente regolare: per i primi due anni ero uno “studente lavoratore”,
ed in particolare fui maestro alle scuole elementari, e poi insegnante
alle scuole medie nel 1938-39. Successivamente fui impegnato nelle vicende
di guerra nel 1940-45, prima come ufficiale del Genio e degli Alpini,
successivamente come un soldato nascosto per sottrarmi alla cattura dei
nazifascisti. Questo mi diede dei vantaggi rispetto agli studenti
inquadrati in corsi regolari, e non mancai di essere telecomandato da
insegnanti e fisici di grande classe, alcuni nascosti anch’essi. Ma
certo la mia cultura scientifica era piuttosto a chiazze o spezzettata.
Misi un certo ordine in questa mia situazione personale nel 1945-49,
mentre facevo ricerche in raggi cosmici in Milano, e poi a Princeton nel
New Jersey.
Questi anni 1949-50 furono il mio primo incontro con Enrico Fermi. Nella
mia mente egli era una leggenda, nel mio Paese abbondantemente distrutto.
Le sue conferenze a Milano - con la sua indimenticabile voce - e le
discussioni anche specialistiche dopo le lezioni furono per me di grande
conforto scientifico e umano.
Lasciatemi ricordare quando al congresso di Basilea-Como del 1949
Heisenberg and Fermi entrando nella hall da ingressi opposti si salutarono
caldamente dopo dieci anni di separazione, e spesi su programmi
scientifici analoghi e contrapposti. È un incontro da ricordare, signori
storici, questo incontro plaudente, alla presenza dei migliori fisici di
Europa, vincitori o sconfitti. Come se la guerra allora apparisse
finalmente dimenticata.
Le brevi discussioni con Enrico Fermi sul nostro lavoro mi diedero nuovo
vigore verso la fisica Quell’uomo “sapeva tutto, e ci capiva tutti”.
Io non sapevo che entro qualche mese avrei incontrato Fermi di nuovo, e
avrei portato alle sue ricerche un aiuto, anche se piccolo e non
fondamentale. |