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Sommario anno XI numero 12 - dicembre 2002

 I NOSTRI PAESI - pag. 15
marino
Insigni personaggi castellani: Jacopa de’Settesoli 1
Jacopa de Sette Soli(Alberto Crielesi) - I pochi dati biografici su Jacopa de’Settesoli, riguardano principalmente la grande riforma spirituale francescana e le immense ricchezze feudali di suo marito, il nobile romano Graziano Frangipane del ramo de’Settesoli. Questa progenie – ben distinta dai Frangipane de Chartularia (nei pressi del Colosseo) e da quelli dei De Gradellis (in Trastevere) - traeva il curioso appellativo - Settesoli o Sette zone - dalla sua dimora fortificata, all’estremità meridionale del Palatino, nota nell’antichità come il Settizonio, monumento di sette piani, fatto erigere dall’Imperatore Settimio Severo per celebrare le sue vittorie in Oriente.
Jacopa de’Normanni nacque a Roma intorno al 1190 da una egualmente illustre famiglia residente a Trastevere. Il casato, d’origine normanna, vantava tra i suoi membri quel cardinal Stefano che aveva indotto gli eremiti di S. Maria di Palazzolo sul Lago Albano ad abbraccia­re un Ordine monastico vero e proprio concordando con l’Abate delle Tre Fontane alle Aquae Salviae l’incorporazione della chiesa di Palazzolo all’abbazia romana e l’accettazione da parte dei suoi frati della Regola di S. Bernardo. Tornando su Jacopa, da un documento del 1210, risulta che aveva già sposato Graziano Frangipane e che dal loro matrimonio erano nati due figli, Giacomo e Giovanni. Graziano morì prematuramente nel 1217, affidando alla propria vedova l’amministrazione dei numerosi castelli e dei possedimenti sparsi per tutta Roma e nella campagna romana come Cisterna, Ninfa, Terracina, Torre Astura ecc. Era, com’è noto, di sua proprietà, anche Marino, alla cui comunità, la nobildonna e suo figlio Giovanni, con un atto del 31 maggio1237 – probabilmente uno degli ultimi atti pubblici firmati da Jacopa prima di ritirarsi ad Assisi - concesse un particolare statuto: lo stesso castello che suo figlio Giovanni, non avendo discendenti, avrebbe destinato in testamento nel 1253 ai monasteri dei Ss. Andrea e Saba di Roma e “Santa Maria” di Grottaferrata ed ai poveri di Marino e che gli esecutori testamentari, il Cardinale Giovanni Orsini e Fra Tommaso, Priore di Santa Sabina, vendettero per la somma di 13 mila libre di provisini romani al Cardinale Matteo Rosso Orsini, procuratore dei poveri di Marino fu un certo Pietro da Vicovario (Vicovaro).
Ma riprendendo il filo, Jacopa aveva incontrato Francesco a Roma, nel 1219, durante una predicazione. Ella, donna fatta e vedova di sì illustre casato, aveva guidato con ferma mano il frate d’Assisi per le vie dell’Urbe, come se fosse un figlio, appena maggiore dei suoi. Da allora, Jacopa de’Settesoli era diventata la più valida collaboratrice del neonato movimento francescano nella città dei Papi. Fu lei ad ottenere dai Benedettini di S. Cosimato in Trastevere la cessione dell’ospedale di San Biagio, che divenne il primo luogo romano dei Minori. Nel 1231, immediatamente dopo la canonizzazione di Francesco, l’ospedale fu trasformato nel convento di S. Francesco a Ripa per iniziativa della stessa Jacopa de Settesoli – secondo altre fonti dagli Anguillara - e Papa Gregorio IX. L’attuale cappella di San Francesco che ricalca grossomodo la cella dove dimorò il Santo contiene una pietra che il Poverello usava come cuscino ed un paio di sue immagini (XIII Secolo) attribuite al pittore Margaritone D’Arezzo volute, secondo la tradizione, sempre dalla pia Jacopa.
Attiva e risoluta, pur essendo devota e premurosa, Jacopa si poteva quasi dire un uomo, e, infatti, mentre Francesco chiamava sempre Chiara con il nome di sorella, appellò Jacopa, per la sua forza d’animo e la sua integrità - considerate all’epoca qualità prettamente virili - affettuosamente con il nome di fratello: Frate Jacopa.
Ella gli dimostrò grande dedizione e rimase sua carissima amica per tutta la vita. Secondo San Bonaventura, un giorno Francesco le regalò un agnellino, figura del Salvatore, che la seguiva fedelmente dappertutto e belava ogni mattina per svegliarla. Jacopa lo allevò, lo tosò, e con la sua lana tessé una tunica a Francesco. Era questo il carattere di Jacopa, che da ogni cosa sapeva trarre profitto e utilità.
Nonostante avesse l’opportunità di vivere lussuosamente, ella seguì il modello di perfezione suggerito da Francesco, conducendo una vita austera e mettendo a sua disposizione i suoi beni ed il suo potere. Sarebbe voluta entrare nel Secondo Ordine, ossia quello di Chiara, ma doveva ancora prendersi cura dei figli.
Nel 1221 Francesco, probabilmente ispirato da lei, fondò l’Ordine dei “Fratelli e Sorelle della Penitenza”, o “Terzo Ordine”, per i laici che desideravano condurre una vita santa, pur rimanendo a vivere nel mondo.
Il ritratto. Su richiesta di Jacopa, fu eseguito un ritratto di Francesco, ancora vivente, quando il Poverello dopo il grande miracolo della Verna s’era recato a Rieti per ritentare presso i medici della corte pontificia la cura del suo mal d’occhi, che minacciava di condannarlo ad una cecità completa. L’immagine - sicuramente una copia cinquecentesca in tela su tavola - è tuttora conservata nell’eremo di Greccio, il paese dove il Santo inaugurò la popolare tradizione del Presepe.
In questa immagine, il Poverello si asciuga le lagrime con un pannolino bianco che tiene nella destra, mentre mostra la sinistra nella cui palma, come sul dorso del piede sinistro, nereggia, il Sigillo di Cristo (la Stimmata). La figura del Santo è piccola, macilenta, disegnata in piedi, ma un po’ curva, commoventissima, piena di misticismo.
Un’iscrizione informa: “Vero ritratto del Serafico Patriarca San Francesco d’Assisi, fatto eseguire dalla pia donna romana Giacoma de’ Settesoli, vivente lo stesso Patriarca, che si venera nella di lui Cappella del S. Ritiro di Greccio
La morte di Francesco. Quando Francesco sentì avvicinarsi la sua ultima ora, disse ad un frate di scrivere una lettera per Jacopa, per informarla della sua morte imminente e chiedendole di raggiungerlo alla Porziuncola, recandogli una veste per la sepoltura, candele per il funerale: “A donna Jacopa, serva dell’Altissimo, frate Francesco, poverello di Cristo, augura salute nel Signore e comunione nello Spirito Santo.
Sappi, carissima, che il Signore benedetto mi ha fatto la grazia di rivelarmi che è ormai prossima la fine della mia vita. Perciò, se vuoi trovarmi ancora vivo, appena ricevuta questa lettera, affrettati a venire a santa Maria degli Angeli. Poiché se giungerai più tardi di sabato, non mi potrai vedere vivo. E porta con te un panno di colore cenerino per avvolgere il mio corpo e i ceri per la sepoltura
”.
Alla fine della lettera, poi, esprimeva un desiderio:
Ti prego anche di portarmi quei dolci, che tu eri solita darmi quando mi trovavo malato a Roma”.
Proprio mentre i frati stavano cercando qualcuno che portasse la lettera a Roma, Francesco presentì che Jacopa stava già recandosi da lui. Immediatamente dopo, si udì bussare alla porta della minuscola capanna adiacente la cappella, che fungeva da infermeria... Ella era arrivata con i suoi figli. Per lei, alla Porziuncola, fu tolta la clausura, che non era mai stata soppressa nemmanco per Chiara.
Jacopa aveva portato tutto ciò che Francesco desiderava, inclusi i dolci, fatti con mandorle, zucchero ed altri ingredienti, noti allora a Roma e nel circondario, col nome di mortariolum e che qualcuno ha voluto individuare, come una variante - ma forse più per l’assonanza del nome - con i nostrani “mostaccioli.
Gli recò anche una veste da lei stessa tessuta e che poi servì come veste mortuaria, un cuscino di seta rossa con ricamati i leoni di casa Frangipane e le aquile imperiali e ed il suo velo nuziale di seta bianca lavorato a rombi e gigli su cui erano ricamate con lettere in seta e oro le parole: “ama, ama, ama”.
Jacopa gli rivelò che, mentre stava pregando a Roma, una voce divina l’aveva avvertita che presto lui sarebbe passato presto ad altra vita, e che le avrebbe chiesto di portargli le cose che ella gli aveva appena recato. Dopo il transito del Santo, quando il corpo di Francesco restò nudo sulla nuda terra, Frate Jacopa deterse con quel lino il sudore della morte dal suo volto. Né parve strano che per quel gesto ella usasse un ricordo del suo terreno amore.
Partecipando così al funerale e, come raccontano I Fioretti, fu la stessa Jacopa a sostenere le spese di sepoltura di Francesco. Dopo il funerale di Francesco, Jacopa tornò a Roma, dove visse per più di dieci anni dedicandosi a opere di pietà, e di carità.
In seguito, decise di fare testamento, lasciando tutte le sue proprietà al figlio Giovanni, essendogli l’altro, Giacomo, morto nel 1230 - e chiedendo di essere sepolta ad Assisi ove un paio d’anni prima della morte si trasferì ed ove morì nel 1239. Seguì nel sepolcro il suo Maestro nella chiesa inferiore della “Basilica di San Francesco”, sotto il pulpito, vicino all’altare che sovrasta la tomba di Francesco.
Nel 1932, i suoi resti furono trasferiti nella Cripta del Santo, di fronte all’altare fra le due scalinate, in un’urna, protetta da una griglia metallica nera, con un’iscrizione sopra:
“fr. jacopa de septemsoli”,
ed un’altra al di sotto di essa:
“hic requiescit iacopa sancta nobilisque romana”

Note:
1) Appunti tratti da: Jacopa de’Settesoli, note varie, A. Crielesi, Dispensa Corso, Arte e Spiritualità, Pontificio Ateneo Antonianum, anno accademico 2001-2002.
2) “Illam autem comestionem vocant romani mortariolum quae fit de amygdalis et zucario et de aliis rebus”, da Frate Leone, Specchio di perfezione, trad. Pennacchi F., Sancasciano 1925, s. c. 112.
3) I “mortarioli”, dagli ingredienti (mandorle e zucchero ecc.), fanno pensare a dei dolci simili alla pasta di mandorle ottenuta lavorando con un mortaio (mortarium), in tutti i modi, a livello di curiosità, riporto la “ricetta laziale” dei nostri mostaccioli, delizia, in special modo, del periodo natalizio:
Ingredienti:

60 gr di farina, 100 gr di noci sgusciate, pepe, 100gr di miele, l’albume di 2 uova, cannella.
Preparazione:

Impastare la farina con il miele, gli albumi, le noci, il pepe e la cannella. Lavorarlo, poi stenderlo sulla tavola. Tagliare delle strisce rettangolari o romboidali, metterle sulla piastra del forno e far cuocere a calore moderato per una ventina di minuti. Togliere dalla piastra quando saranno completamente raffreddate.
4) Nonostante il rinvenimento di testamenti, riportati dal Sabatier nello Specchio di Perfezione pp. 273-277 dove si parla di Jacoba de Roma, che vanno dal 1258 al 1288, gli storici stanno piuttosto con il Wadding il quale asserisce aver letto in antichi manoscritti mostratigli ad Assisi, esser morta Jacopa de’ Settesoli nel 1239. È da scartare tuttavia alcuni presunti documenti, inerenti l’amministrazione di Marino, che la citano insieme al figlio Giovanni verso il 1273 in quanto a quella data il castello era già degli Orsini e Giovanni Frangipane morto.

parco dei monti simbruini
No del Tar per lo scioglimento del Consiglio
(Giancarlo Giombetti) - Il Tar del Lazio ha annullato il provvedimento della Giunta regionale dell’agosto scorso con il quale è stato sciolto il Consiglio direttivo del Parco dei Monti Simbruini. Il Tar ha accolto il ricorso dei consiglieri “defenestrati”, annullando il provvedimento “per vizi procedimentali” e nel merito ritenendo “pretestuose” le motivazioni che lo sostenevano.

“Esprimo grande soddisfazione– ha dichiarato Giovanni Hermanin, capogruppo della Margherita al Consiglio regionale – per la decisione assunta dal Tar contro un provvedimento del tutto immotivato che aveva come unico scopo quello di mettere le mani di Storace sulla gestione dei Parchi. Adesso mi aspetto la stessa decisione sugli altri Consigli direttivi dei Parchi dei Castelli, dei Lucretili e della Riserva dei Monti Cervia e Navegna.
Quello che avevamo definito “il golpe d’agosto”, in parte è stato respinto. Adesso occorre la mobilitazione dei cittadini per impedire l’altra decisione assunta e cioè il taglio di 18.000 ettari dei Parchi.”

 I NOSTRI PAESI - pag. 15

Sommario anno XI numero 12 - dicembre 2002