Guerra
per il petrolio?
(Luca Ceccarelli) - Il Velletri Social Forum ha voluto
celebrare la propria nascita con un incontro pubblico che si è tenuto il
pomeriggio di venerdì 10 gennaio al Teatro di Terra (in pieno centro, non
distante dal duomo) dedicato alla campagna bellica imminente e altamente
probabile che gli Stati Uniti stanno preparando contro l’Iraq di Saddam
Hussein (chissà che quando uscirà il pezzo non vi sia già stato dato
inizio). Hanno partecipato Ornella Sangiovanni, dell’associazione “Il
ponte per Bagdad”, due rappresentanti del movimento pacifista delle
“Donne in nero”, Carlo Lunardon, esponente di Emergency, e l’ormai
immancabile Vauro, disegnatore di vignette satiriche su “Il Manifesto”
impegnato da tempo in prima fila contro gli interventi americani in
Afghanistan e nel Golfo Persico. Gli interventi sono stati preceduti dalla
lettura di alcuni brani poetici contro la guerra da parte di un’attrice.
Il teatro, nonostante la temperatura gelida, era affollato, da un pubblico
in prevalenza giovane, e la conferenza si è protratta per circa due ore.
Dopodiché, gli organizzatori hanno lasciato uno spazio piuttosto esiguo
per gli interventi del pubblico.
La testimonianza della rappresentante dell’associazione “Il ponte per
Bagdad” ha messo in evidenza ancora una volta la tragica situazione che
vive la popolazione irachena, e l’effetto catastrofico che potrebbe
avere una campagna di bombardamenti contro questo paese seguita da
un’invasione militare. Un effetto molto più pesante di quello avuto
dall’operazione “Tempesta nel deserto” del 1990. È stato, forse,
l’intervento più interessante della serata. Negli altri si avvertiva un
limite di fondo molto grave, che non è certo nella profonda avversione
per la guerra che si profila, e per tutte le guerre in genere, e per
un’ideologia dominante che, dietro la parola libertà, nasconde elementi
di ipocrisia e di profonda sopraffazione che hanno le loro ricadute
soprattutto nelle nazioni più deboli, ma non risparmiano i loro effetti
distruttivi neppure a considerevoli aree dei paesi “ricchi”.
La pochezza di certi interventi è nell’analisi delle motivazioni che
sono dietro a determinate operazioni belliche, o allo stato di guerra
permanente in cui si trovano vaste aree del mondo.
Si tende infatti a ridurre tutto al fattore dell’interesse economico. Si
asserisce con la massima convinzione, come se fosse qualcosa di ovvio, che
Bush vuole muovere guerra all’Iraq affinché gli Stati Uniti possano
mettere le mani sul petrolio iracheno. Punto e basta.
Il fatto è che l’Iraq è sempre stato ricchissimo di petrolio, e sempre
si è saputo, non ci volevano George Bush Junior e il suo entourage
per accorgersene. Né è pensabile che si muova una campagna militare di
queste dimensioni, con questi costi, perché Bush è figlio di un
petroliere. Il paragone sottinteso con il Berlusconi che si farebbe le
leggi ad uso e consumo delle sue aziende e della sua famiglia in questo
caso calza male. Maggior considerazione andrebbe dedicata, piuttosto, alla
pesante influenza che esercita su Bush una costellazione di esponenti di
sette evangeliche integraliste, che hanno largamente finanziato la sua
campagna elettorale e che, sulla base di una teologia d’accatto, premono
per un sostegno incondizionato a Israele e alla sua politica di
sopraffazione dell’”infedele arabo”, al fine di evangelizzare, un
giorno, le terre dello stato israeliano e convertire al Vangelo i
“perfidi ebrei”. Le invettive di Bush che richiamano alla “Giustizia
infinita”, ben più che alla premura verso i suoi amici petrolieri sono
da connettere con i frequenti viaggi e il rampante proselitismo che
conduce in Israele un Benny Hynn, il noto predicatore le cui performances
miracolistiche si possono ammirare sulle frequenze di TeleTevere. Si
tratta di un mondo ideologico-religioso che, a differenza di altre realtà
cristiane (anche evangeliche), tende a spacciare una visione del mondo
cripto-manichea, in cui c’è una lotta continua tra Bene e Male, e in
cui la pace (almeno questa è l’impressione che si ha) non è un valore
fondamentale, ma semmai una pericolosa rilassatezza. Che poi il petrolio
iracheno faccia gola a molti è sicuro, ma questo da solo non sarebbe
assolutamente bastato a promuovere una campagna militare di queste
dimensioni.
Cosa se ne sarebbe fatto il popolo tedesco di un imbianchino esaltato come
Hitler, se questi non avesse solleticato le sue angosce agitando davanti
ai suoi occhi una serie infinita di dèmoni? E qualcuno si è chiesto chi
mai sarebbe Bush in un contesto pacifico? Nient’altro che un
imprenditore fallito, che non sarebbe mai assurto al livello di statista,
in un contesto di recessione economica, che come sappiamo è sempre fonte
di angoscia per un popolo e un pericolo per il consenso di chi governa. A
meno che questi non si inventi altri nemici, fonti di angoscia più
copiose. |