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Sommario anno XII numero 2 - febbraio 2003

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Guerra per il petrolio?
(Luca Ceccarelli) - Il Velletri Social Forum ha voluto celebrare la propria nascita con un incontro pubblico che si è tenuto il pomeriggio di venerdì 10 gennaio al Teatro di Terra (in pieno centro, non distante dal duomo) dedicato alla campagna bellica imminente e altamente probabile che gli Stati Uniti stanno preparando contro l’Iraq di Saddam Hussein (chissà che quando uscirà il pezzo non vi sia già stato dato inizio). Hanno partecipato Ornella Sangiovanni, dell’associazione “Il ponte per Bagdad”, due rappresentanti del movimento pacifista delle “Donne in nero”, Carlo Lunardon, esponente di Emergency, e l’ormai immancabile Vauro, disegnatore di vignette satiriche su “Il Manifesto” impegnato da tempo in prima fila contro gli interventi americani in Afghanistan e nel Golfo Persico. Gli interventi sono stati preceduti dalla lettura di alcuni brani poetici contro la guerra da parte di un’attrice.
Il teatro, nonostante la temperatura gelida, era affollato, da un pubblico in prevalenza giovane, e la conferenza si è protratta per circa due ore. Dopodiché, gli organizzatori hanno lasciato uno spazio piuttosto esiguo per gli interventi del pubblico.
La testimonianza della rappresentante dell’associazione “Il ponte per Bagdad” ha messo in evidenza ancora una volta la tragica situazione che vive la popolazione irachena, e l’effetto catastrofico che potrebbe avere una campagna di bombardamenti contro questo paese seguita da un’invasione militare. Un effetto molto più pesante di quello avuto dall’operazione “Tempesta nel deserto” del 1990. È stato, forse, l’intervento più interessante della serata. Negli altri si avvertiva un limite di fondo molto grave, che non è certo nella profonda avversione per la guerra che si profila, e per tutte le guerre in genere, e per un’ideologia dominante che, dietro la parola libertà, nasconde elementi di ipocrisia e di profonda sopraffazione che hanno le loro ricadute soprattutto nelle nazioni più deboli, ma non risparmiano i loro effetti distruttivi neppure a considerevoli aree dei paesi “ricchi”.
La pochezza di certi interventi è nell’analisi delle motivazioni che sono dietro a determinate operazioni belliche, o allo stato di guerra permanente in cui si trovano vaste aree del mondo.
Si tende infatti a ridurre tutto al fattore dell’interesse economico. Si asserisce con la massima convinzione, come se fosse qualcosa di ovvio, che Bush vuole muovere guerra all’Iraq affinché gli Stati Uniti possano mettere le mani sul petrolio iracheno. Punto e basta.
Il fatto è che l’Iraq è sempre stato ricchissimo di petrolio, e sempre si è saputo, non ci volevano George Bush Junior e il suo entourage per accorgersene. Né è pensabile che si muova una campagna militare di queste dimensioni, con questi costi, perché Bush è figlio di un petroliere. Il paragone sottinteso con il Berlusconi che si farebbe le leggi ad uso e consumo delle sue aziende e della sua famiglia in questo caso calza male. Maggior considerazione andrebbe dedicata, piuttosto, alla pesante influenza che esercita su Bush una costellazione di esponenti di sette evangeliche integraliste, che hanno largamente finanziato la sua campagna elettorale e che, sulla base di una teologia d’accatto, premono per un sostegno incondizionato a Israele e alla sua politica di sopraffazione dell’”infedele arabo”, al fine di evangelizzare, un giorno, le terre dello stato israeliano e convertire al Vangelo i “perfidi ebrei”. Le invettive di Bush che richiamano alla “Giustizia infinita”, ben più che alla premura verso i suoi amici petrolieri sono da connettere con i frequenti viaggi e il rampante proselitismo che conduce in Israele un Benny Hynn, il noto predicatore le cui performances miracolistiche si possono ammirare sulle frequenze di TeleTevere. Si tratta di un mondo ideologico-religioso che, a differenza di altre realtà cristiane (anche evangeliche), tende a spacciare una visione del mondo cripto-manichea, in cui c’è una lotta continua tra Bene e Male, e in cui la pace (almeno questa è l’impressione che si ha) non è un valore fondamentale, ma semmai una pericolosa rilassatezza. Che poi il petrolio iracheno faccia gola a molti è sicuro, ma questo da solo non sarebbe assolutamente bastato a promuovere una campagna militare di queste dimensioni.
Cosa se ne sarebbe fatto il popolo tedesco di un imbianchino esaltato come Hitler, se questi non avesse solleticato le sue angosce agitando davanti ai suoi occhi una serie infinita di dèmoni? E qualcuno si è chiesto chi mai sarebbe Bush in un contesto pacifico? Nient’altro che un imprenditore fallito, che non sarebbe mai assurto al livello di statista, in un contesto di recessione economica, che come sappiamo è sempre fonte di angoscia per un popolo e un pericolo per il consenso di chi governa. A meno che questi non si inventi altri nemici, fonti di angoscia più copiose.
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Sommario anno XII numero 2 - febbraio 2003