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Sommario anno XII numero 2 - febbraio 2003

 TRA FEDE E STORIA
La fede di Giorgio Strehler
(Renzo Allegri) - Il 25 dicembre ricorre il quinto anniversario della morte di Giorgio Strehler, il “padre” del “Piccolo Teatro di Milano”, del “Teatro Europeo”, e ritenuto da tutti uno dei più grandi registi teatrali del secolo Ventesimo. Era un intellettuale raffinato, laico e anticlericale, come andava di moda un tempo. Non si conoscono gesti esteriori nella sua vita pubblica che in qualche modo si richiamassero ad una sua anche superficiale credenza in Dio. Eppure, probabilmente, nel profondo del suo cuore, neppure Giorgio Strehler era un vero ateo. Me lo hanno confermato alcune episodi inediti, che mi sono stati raccontati in questi giorni dalla vedova del regista, l’attrice tedesca Andrea Jonasson. Ho intervistato Andrea Jonasson a Vienna, dove era impegnata nelle recite di “Fedra” di Racine al Volkstheater. Non è molto conosciuta in Italia, ma in Germania e in Austria è considerata una delle massime interpreti teatrali di quei Paesi. Ad un certo momento la conversazione si è fermata su Strehler, accanto al quale è vissuta per 24 anni, e che quindi conosceva molto bene. «Suo marito credeva in Dio?», le ho chiesto, e la sua risposta mi ha sorpreso molto. È una risposta che fa capire come neppure Strehler, nonostante le apparenze, è mai stato un vero ateo. «Ufficialmente Giorgio era agnostico», mi ha detto Andrea Jonasson. «Aveva quel tipico atteggiamento borghese che non si pone problemi religiosi. Ma anche lui, come tutti noi attori di teatro, viveva legato come a un cordone ombelicale alla grande cultura europea, ai grandi geni del pensiero le cui opere sono intrise di richiami all’Essere infinito, a Dio. Anche Giorgio si poneva problemi, interrogativi, anche se non ne parlava con nessuno.

Ricordo che un giorno eravamo in vacanza in Toscana. Stavamo lavorando al “Faust” di Goethe, e in quell’opera c’è la scena di Margherita che chiede a Faust se crede in Dio. Io ho chiesto a Giorgio: “Tu credi in Dio? Che cos’è per te credere in Dio?”. Eravamo seduti sul bordo della piscina. C’era un bel sole. Una libellula era in crisi sull’acqua. Le sue ali si erano bagnate e stava annegando. Giorgio ha preso un bastoncino e l’ha soccorsa e mi ha detto: “Vedi? Io ho aiutato questa libellula. L’ho tolta dalla morte. L’ho salvata dall’annegamento. Ora l’ho messa qui sul bordo della piscina perché ha le ali bagnate e non può volare”. Poi si è piegato verso l’animaletto ed ha cominciato a soffiare sulle ali della libellula. Soffiava leggermente, con pazienza per non spaventarla. E la libellula, a poco a poco, ha ripreso a muovere le ali e ad un certo momento ha spiccato il volo e se ne è andata via. Giorgio ha sorriso, felice come un bambino, ed ha continuato a dirmi: “Vedi, Andrea, questa libellula ora torna a casa, dalla sua famiglia, dal gruppo di libellule cui appartiene e racconterà: “Oggi ho capito che cos’è Dio. Io stavo annegando in un grande mare, stavo per morire e improvvisamente ho visto un gigante, una montagna che si è avvicinata a me e mi ha tolto dall’acqua, mettendomi sulla riva. Poi è arrivato un vento caldo che mi ha asciugato, mi sono sentita bene, ho ripreso a volare. Quel gigante è per me Dio”.
Giorgio non ha detto altro, ma io ho capito che non era ateo. Giorgio era un grande credente in quell’Essere infinito e eterno, che sta sopra tutto e che non è spiegabile. Nel dicembre 1997, qualche settimana prima della morte di Giorgio, eravamo nella nostra casa di Milano e lui aveva la febbre altissima. Aveva una brutta broncopolmonite che lo tormentava e lo faceva molto soffrire. Non riusciva a respirare, non riusciva a dormire e ad un certo momento, nel cuore della notte, si è alzato, si è messo in ginocchio in mezzo alla camera e si è messo a pregare, forte, con voce disperata. Ma pregava in una lingua che  io non capivo, forse il latino o il greco, e quella preghiera è durata a lungo. Poi si è calmato ed è riuscito ad addormentarsi. Al mattino mi ha detto: “Andrea, questa notte ho pregato. Ma non ho pregato Dio perché penso che Dio sia troppo grande per ascoltare me, Dio per me non è raggiungibile. Ho pregato Gesù Cristo, perché era un uomo, uno che ha conosciuto la nostra condizione e le nostre sofferenze. Sento che lui è vicino a noi. L’ho pregato e sono certo che mi ha aiutato perché poi sono riuscito a dormire un poco”. E anche questo episodio mi ha confermato che Giorgio, sia pure a modo suo, era un credente».
 TRA FEDE E STORIA

Sommario anno XII numero 2 - febbraio 2003