La
fede di Giorgio Strehler
(Renzo
Allegri) - Il 25 dicembre ricorre il quinto anniversario della
morte di Giorgio Strehler, il “padre” del “Piccolo Teatro di
Milano”, del “Teatro Europeo”, e ritenuto da tutti uno dei più
grandi registi teatrali del secolo Ventesimo. Era un intellettuale
raffinato, laico e anticlericale, come andava di moda un tempo. Non si
conoscono gesti esteriori nella sua vita pubblica che in qualche modo si
richiamassero ad una sua anche superficiale credenza in Dio. Eppure,
probabilmente, nel profondo del suo cuore, neppure Giorgio Strehler era un
vero ateo. Me lo hanno confermato alcune episodi inediti, che mi sono
stati raccontati in questi giorni dalla vedova del regista, l’attrice
tedesca Andrea Jonasson. Ho intervistato Andrea Jonasson a Vienna, dove
era impegnata nelle recite di “Fedra” di Racine al Volkstheater. Non
è molto conosciuta in Italia, ma in Germania e in Austria è considerata
una delle massime interpreti teatrali di quei Paesi. Ad un certo momento
la conversazione si è fermata su Strehler, accanto al quale è vissuta
per 24 anni, e che quindi conosceva molto bene. «Suo marito credeva in
Dio?», le ho chiesto, e la sua risposta mi ha sorpreso molto. È una
risposta che fa capire come neppure Strehler, nonostante le apparenze, è
mai stato un vero ateo. «Ufficialmente Giorgio era agnostico», mi ha
detto Andrea Jonasson. «Aveva quel tipico atteggiamento borghese che non
si pone problemi religiosi. Ma anche lui, come tutti noi attori di teatro,
viveva legato come a un cordone ombelicale alla grande cultura europea, ai
grandi geni del pensiero le cui opere sono intrise di richiami
all’Essere infinito, a Dio. Anche Giorgio si poneva problemi,
interrogativi, anche se non ne parlava con nessuno.
Ricordo che un giorno eravamo in vacanza in Toscana. Stavamo lavorando al
“Faust” di Goethe, e in quell’opera c’è la scena di Margherita
che chiede a Faust se crede in Dio. Io ho chiesto a Giorgio: “Tu credi
in Dio? Che cos’è per te credere in Dio?”. Eravamo seduti sul bordo
della piscina. C’era un bel sole. Una libellula era in crisi
sull’acqua. Le sue ali si erano bagnate e stava annegando. Giorgio ha
preso un bastoncino e l’ha soccorsa e mi ha detto: “Vedi? Io ho
aiutato questa libellula. L’ho tolta dalla morte. L’ho salvata
dall’annegamento. Ora l’ho messa qui sul bordo della piscina perché
ha le ali bagnate e non può volare”. Poi si è piegato verso
l’animaletto ed ha cominciato a soffiare sulle ali della libellula.
Soffiava leggermente, con pazienza per non spaventarla. E la libellula, a
poco a poco, ha ripreso a muovere le ali e ad un certo momento ha spiccato
il volo e se ne è andata via. Giorgio ha sorriso, felice come un bambino,
ed ha continuato a dirmi: “Vedi, Andrea, questa libellula ora torna a
casa, dalla sua famiglia, dal gruppo di libellule cui appartiene e
racconterà: “Oggi ho capito che cos’è Dio. Io stavo annegando in un
grande mare, stavo per morire e improvvisamente ho visto un gigante, una
montagna che si è avvicinata a me e mi ha tolto dall’acqua, mettendomi
sulla riva. Poi è arrivato un vento caldo che mi ha asciugato, mi sono
sentita bene, ho ripreso a volare. Quel gigante è per me Dio”.
Giorgio non ha detto altro, ma io ho capito che non era ateo. Giorgio era
un grande credente in quell’Essere infinito e eterno, che sta sopra
tutto e che non è spiegabile. Nel dicembre 1997, qualche settimana prima
della morte di Giorgio, eravamo nella nostra casa di Milano e lui aveva la
febbre altissima. Aveva una brutta broncopolmonite che lo tormentava e lo
faceva molto soffrire. Non riusciva a respirare, non riusciva a dormire e
ad un certo momento, nel cuore della notte, si è alzato, si è messo in
ginocchio in mezzo alla camera e si è messo a pregare, forte, con voce
disperata. Ma pregava in una lingua che
io non capivo, forse il latino o il greco, e quella preghiera è
durata a lungo. Poi si è calmato ed è riuscito ad addormentarsi. Al
mattino mi ha detto: “Andrea, questa notte ho pregato. Ma non ho pregato
Dio perché penso che Dio sia troppo grande per ascoltare me, Dio per me
non è raggiungibile. Ho pregato Gesù Cristo, perché era un uomo, uno
che ha conosciuto la nostra condizione e le nostre sofferenze. Sento che
lui è vicino a noi. L’ho pregato e sono certo che mi ha aiutato perché
poi sono riuscito a dormire un poco”. E anche questo episodio mi ha
confermato che Giorgio, sia pure a modo suo, era un credente». |