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Sommario anno XII numero 3 - marzo 2003

STORIA
Le famiglie che scandalizzarono la storia:  I Borgia   (di Alberto Restivo)
Le città dopo “il mille”
Dopo la caduta dell’Impero romano e fino all’anno Mille, la carta geografica dell’Italia appariva profondamente mutata. Assunto come titolo dagli Imperatori di Germania, esisteva anche se solo virtualmente, il Regno d’Italia, distribuito nelle mani di una moltitudine di potenti locali, indipendenti in una campagna aspra e addormentata.
Non c’era una capitale, ma una serie di capoluoghi in continua lotta fra loro: Milano, Pavia, Ivrea, Cremona, Firenze, Bologna. Si trattava di borghi con pochi abitanti ove il borgo appariva circondato da alte mura con alte porte che si serravano al tramonto e si riaprivano all’alba, quando la vita si rianimava con il mercato che si svolgeva intorno alla Cattedrale e al Palazzo Pubblico. La Cattedrale con il suo Vescovo e la sua Curia era il centro religioso, mentre il Palazzo Pubblico era il centro politico della città ove risiedevano il Conte ed i suoi ufficiali con compiti amministrativi, giudiziari e militari, con vari assessori all’annona, ai tributi, alle acque e così via.
La scomparsa delle città
Fino all’anno Mille, una delle caratteristiche del Medioevo, fu, tra l’altro, la decadenza e in qualche caso la scomparsa delle città.
È cosa nota che Roma repubblicana prima ed imperiale dopo, attraverso le città, che aveva fondato numerose, era riuscita a diffondere nel mondo la sua lingua, i suoi costumi, le sue leggi. Infatti, “Civiltà” deriva da Civitas, città. Sia in Italia che in Francia e Spagna, la Civitas era una “succursale di Roma”, costruita a sua immagine e somiglianza con un centro amministrativo, militare, giudiziario, commerciale. La popolazione (prevalentemente formata da agricoltori) viveva assorbendo il riflesso di quella civiltà e conseguentemente ne alimentava lo sviluppo.
Ad un certo punto, però, questo tipo di società viene spazzato via dalle invasioni barbariche. Non che i barbari avevano materialmente distrutto le città (anche se ciò in qualche caso avvenne); il fatto è che essi non avevano gli uomini per conservarle e farle sviluppare, cioè quei funzionari e quei tecnici che Roma aveva formato. Essi non erano più disponibili o perché fuggiti di fronte al pericolo o perché uccisi, né gli invasori avevano con chi sostituirli non conoscendo essi quei mestieri che avevano costituito le basi dell’artigianato della Roma repubblicana e poi della Roma dei Cesari.
Per cui se un ponte crollava o la facciata di una costruzione o una parte della muro rimaneva danneggiata, mancava colui che (architetto, carpentiere, manovale) potesse ricostruirla. La stessa Roma in quel periodo era ridotta ad un quartiere di Trastevere denominato “città Leonina” dal nome del Papa che l’aveva fortificata con mura nuove. In pratica non esisteva più né classe dirigente, né vita sociale: l’unica autorità era quella religiosa nella persona del Vescovo, a cui si riferiva la popolazione sia per le necessità spirituali che per quelle corporali.
La Cattedrale rimase al centro della struttura urbanistica che si veniva delineando e quindi anche al centro della vita sociale della nuova città. Di qui la vera origine del potere temporale che la Chiesa doveva in seguito assumere.
Sermoneta e i Borgia            
Dal belvedere di Sermoneta in uno splendido mattino di luglio, l’occhio spazia tutto intorno e sembra accarezzare dall’alto la pianura circostante e la vegetazione sempreverde che si arrampica intorno alla collina.
I pensieri, le riflessioni, i ricordi storici sembrano ad un certo momento animarsi, prendere forma e manifestarsi ai nostri occhi di visitatori in un gruppo di cavalieri dalle lucenti armature che mandano lampi sotto i raggi del sole, mentre attraversano al trotto la campagna sottostante che da Sermoneta degrada verso il mare.
Dal nostro punto di osservazione notiamo le insegne, esse appartengono ai Caetani, signori dell’imponente castello. D’improvviso, mentre il drappello di armati sembra convergere verso il borgo per rientrare al Castello, ecco apparire, dai boschi limitrofi, un altro manipolo di cavalieri dalle scure armature che assale di fianco il primo gruppo dei Caetani: si accende una zuffa, uno scontro violento a colpi di spada, di lancia e mazze ferrate. I Caetani cercano di difendersi ma i cavalieri neri hanno il vantaggio della sorpresa ed in breve hanno il sopravvento e dopo aver quasi totalmente eliminato i cavalieri avversari, si allontanano velocemente così come erano apparsi. Era questa forse un’aggressione per intimidire i padroni del feudo e ricordare loro che presto sarebbero stati cacciati dai loro possedimenti? Chi potevano essere quegli assalitori così agguerriti? È l’immagine del loro capo che primeggia in mezzo alla battaglia dove, spalleggiato dai suoi compagni con pochi colpi della sua leggendaria spada, in breve tempo finisce per sbaragliare i suoi avversari. Dalla spada e dalla preziosa armatura abbiamo immaginato di riconoscere in lui il Valentino Cesare Borgia.
Le immagini dello scontro si sono ora dissolte, lasciando il posto a nuove riflessioni in un luogo come Sermoneta, ricco di storia e tradizioni che rimane legato al nome di quelle famiglie nobili e potenti come i Caetani e, anche se per un periodo, i Borgia.
La storia medioevale di questo centro risale ai Conti di Tuscolo che poi cedettero il feudo alla famiglia di origine germanica degli Annibaldi. Questi ultimi, nel 1297, la cedettero, dietro pagamento di 140 mila fiorini, ai Caetani che, grazie anche all’influenza del loro capo Benedetto Caetani (papa Bonifacio VIII nel 1294) ampliarono e consolidarono i loro possedimenti in tutto il Lazio meridionale fino al mare.
Furono motivi essenzialmente difensivi quelli che portarono alla formazione ed allo sviluppo di Sermoneta e che hanno segnato profondamente l’aspetto urbanistico del paese che si sviluppa in forma allungata sullo sperone di faccia al monte Carbolino.
Il Castello è la parte dominante di tutto il panorama: iniziato probabilmente nell’XI° secolo, subì due fondamentali interventi costruttivi, di cui il primo iniziato dagli Annibaldi, ha conosciuto il massimo impulso sotto i Caetani; il secondo intervento avvenne sotto il dominio dei Borgia, i quali con la loro intensa presenza eseguirono nel castello una serie di importanti lavori, allo scopo di farne probabilmente il fulcro della loro difesa in campagna.
Ignoti gli architetti dei primi interventi, mentre è invece noto che gli ampliamenti dei Borgia furono affidati ad un grande progettista, Antonio da Sangallo il Vecchio che aveva già realizzato le rocche di Nettuno, di Nepi e di Civita Castellana.
Il castello di Sermoneta divenne così una formidabile macchina da guerra, articolata su un sistema progressivo di difese che passavano dalla cittadella, al fossato, ai ponti levatoi, alla grande porta sbarrata da un cancello che cadeva dall’alto (detta calatora), ad una serie di passaggi obbligati esposti al fuoco, alla piazza d’armi anch’essa esposta al fuoco dalle mura circostanti, fino al “maschietto” ed al possente, essenziale ed elegante “maschio”, anch’essi isolabili con levatoi e scalette.
Nella piazza d’armi era edificata la Chiesa di San Pietro in Corte, che ospitava le spoglie di alcuni Caetani: essa fu distrutta nel 1499 da Cesare Borgia durante il suo dominio ed i resti degli odiati nemici vennero dispersi.
I Borgia
Si è tenuta a Roma, al Palazzo Ruspoli, una mostra intitolata “I Borgia, l’arte del potere”. Dal titolo è facile risalire ai motivi per i quali questa famiglia fu tanto calunniata (qualcuno li ha definiti i Terribili Tre): lo stesso Papa Giulio II che succedette ad Alessandro VI° non volle vivere nell’appartamento Borgia, sotto gli affreschi del Pinturicchio celebranti l’Apoteosi della odiata famiglia. Ordina quindi (per nostra fortuna) nuove stanze, conosciute oggi con il nome di Stanze di Raffaello.
Il nome dei Borgia finì per essere sinonimo di obbrobrio, vituperio, oscurantismo e chi più ne ha, più ne metta. Secondo alcuni storici, con i Borgia, lo splendore del Rinascimento sembrò ripiombare nel Medioevo, ma è anche vero che intorno ad essi gravitarono scienziati e artisti, letterati fra i più prodigiosi del tempo: l’astronomo Copernico, Enea Silvio Piccolomini, umanista, Pinturicchio, Raffaello, Botticelli, Tiziano e, con essi, Antonio da Sangallo il Vecchio che mise mano, tra l’altro, alle opere di difesa in Castel S. Angelo ove realizzò un ulteriore torrione quasi sul Tevere, affrescato dal Pinturicchio, opera mirabile ma demolita circa 60 anni dopo la sua realizzazione.
Di origine aragonese e nipote di Alfonso, anch’egli papa col nome di Callisto III, Rodrigo Borgia diveniva papa anch’egli con il nome di Alessandro VI° nell’anno della scoperta dell’America (1492) e fece di Cesare Borgia, suo figlio, il suo braccio destro, mentre usò la figlia Lucrezia - nata dalla tresca con Vannozza Caetani - come strumento sessuale che servì per effettuare la politica delle alleanze matrimoniali indispensabili per il rafforzamento del potere. In altri termini, Alessandro VI° si servì di lei per la parte diplomatica e di Cesare per quella militare.
Non ci è possibile descrivere in questa sede tutte le vicende che hanno coinvolto il casato dei Borgia; possiamo ricordare tuttavia come anche Cesare Borgia fosse attirato da sponsali d’affari: prese in sposa la cugina del Re di Francia Carlo VIII° e sorella del Re di Navarra ottenendo così il ducato ed il titolo di Valentois.
Fu tuttavia la Romagna il suo campo preferito di battaglie dove il Duca Valentino doveva rivendicare i diritti papali su quelle terre e dove, di fatto, iniziò la costruzione di un suo regno personale, conquistando Imola, Forlì e ingrandendosi fino a raggiungere Perugia e Città di Castello.
Storici e cronisti riportano che il Valentino diede prova in queste campagne di una crudeltà senza pari, ricorrendo al tradimento e all’inganno quando lo reputava conveniente. Non escluse neppure l’omicidio facendo uccidere, all’interno del Vaticano, Alfonso di Aragona, che Lucrezia che aveva dovuto sposare quando il padre Alessandro, interessato a stringere alleanza con la casa di Aragona, fece dichiarare nullo il primo matrimonio della figlia con Giovanni Sforza.
Queste vicende sommariamente descritte hanno il sapore “di leggenda”, ma c’è da chiedersi se la loro vera storia fu così truculenta come la leggenda.
Forse aveva ragione Machiavelli che, preso Cesare Borgia a modello del suo ”Principe“, giudicava il Valentino “molto splendido e magnifico, victorioso et formidabile”. Per Machiavelli “non si poteva governare altrimenti” , da cui: “con ogni mezzo”, ovvero “il fine giustifica i mezzi”. Nessun limite alla ragion di Stato.
L’immoralità o meglio la separazione fra la morale e l’agire politico è il condimento con cui apparentemente Machiavelli dà sapore alle sue riflessioni sul Principe. “Il Principe deve essere pronto a venire meno ai patti quando la situazione ve lo obbliga”.
Nel romanzo di Manuel Vasquez Montalban “O Cesare o nulla” (Il titolo di per sé suggerisce la volontà di potenza che anima il protagonista) , leggiamo: “Qui troviamo la tragicità della politica. Ogni grande sogno porta con sé il suo annullamento, la sconfitta. È quanto accade a Cesare Borgia che, fino alla sua caduta, incarna il sogno del Principe che è quello di unire una parte dell’Italia. Dopo la sua morte (avvenuta in un agguato in terra di Navarra all’età di trent’anni) resta in Machiavelli la nostalgia della potenza di Cesare. E questo fa del terribile Borgia un personaggio profondamente romantico”. La morte di Cesare Borgia è la fine di un’utopia, di una speranza.
M. V. Montalban prosegue nel suo “O Cesare o nulla” : “Malgrado tutto, il Valentino ha incarnato un progetto di libertà e di trasformazione dell’Italia fra il 400 e il 500. Libertà intesa non in senso liberale, ma come estremo tentativo di emarginazione dalla potenza francese e spagnola. La sua fu una rivoluzione fallita. E ogni rivoluzione, come la storia ci ha insegnato, da quella francese, alla sovietica per finire con quella cubana, ha in sé i germi della propria caduta”.
La complessa figura di Lucrezia, forse la più romanzesca, rimane un po’ in ombra in quanto vittima ed anche se in realtà si innamora di tutti i suoi mariti, deve accettare la legge della famiglia e, travolta inizialmente dalle vicende politiche del casato, trova il suo riscatto a Ferrara alla corte degli Estensi: fu prodiga di figli (nove) per il marito Alfonso d’Este, cullandosi fra Tiziano ed Ariosto, fu anfitriona di Erasmo da Rotterdam,… oltre che … amante di Pietro Bembo, ma forse solo platonicamente… Morì di parto a 39 anni.
Una recente rassegna ferrarese ha lo scopo di scalfire il marchio di infamia che pesa sui Borgia in particolare su Lucrezia che, dopo le nozze del 1502, sarebbe rinata: duchessa illuminata, moglie e madre devota.
In ultima analisi, tornando al “Principe” possiamo dire che Machiavelli vedeva nel sogno egemonico di Cesare la possibilità di contrastare validamente le invasioni barbariche. Inoltre stimava la civiltà italiana l’ereditaria naturale della civiltà classica che in quel momento aveva bisogno di un uomo forte, deciso, e senza scrupoli.
In realtà, il sogno temporale del Valentino dipendeva da quello spirituale del padre: con la morte di Alessandro VI il potere del figlio diminuì inesorabilmente e finì inevitabilmente nelle mani del suo nemico Papa Giulio II e successivamente, dopo la rocambolesca fuga dal carcere in cui era stato imprigionato, finiva la sua vita in Spagna al servizio del Re di Aragona, lui che era stato maestro di agguati cadeva in un’imboscata degli avversari degli aragonesi, tentando una difesa personale disperata con la sua arma preferita “la regina delle spade” su cui era inciso il motto “O Cesare o nulla”, spada istoriata per lui su un disegno del Pinturicchio.
La fine di un sogno? Forse. Sta di fatto che, pur in mezzo alle teorie più disparate, alle interpretazioni di storici e cronisti con notevoli preconcetti e riserve mentali, tra leggenda e storia, non ci sentiamo di non affermare che nei Borgia si sono visti i precursori di una, sia pure parziale, unità d’Italia, con un loro disegno di egemonia nazionale.
STORIA

Sommario anno XII numero 3 - marzo 2003