Le
loro storie e la nostra storia
(Luca Ceccarelli) - Si è tenuta, il 7 febbraio scorso,
nella “libreria delle donne” Il tempo ritrovato, la
presentazione del libro Tra le rose e le viole. La storia e le storie
di travestiti e transessuali di Porpora Marcasciano, edito da Il
Manifesto.
Finora si è sempre parlato di transessuali sulle pagine della cronaca
nera, oppure nei saggi di psicologia e psichiatria, oppure in occasione
della comparsa in televisione di alcune figure più o meno
macchiettistiche. Con questo libro per la prima volta il mondo transgender
assurge a protagonista e si racconta. Non solo perché l’autrice è lei
stessa una transessuale (tra gli animatori, a Bologna, del MIT, il
Movimento di Identità Transessuale) ma anche perché, uno per uno, vi si
susseguono racconti di vita in prima persona. Racconti di persone diverse
tra loro per condizioni, età, scelte di vita. Roberta, che ha quasi
sessant’anni, e un tempo è stata un giovane travestito e oggi è
diventata donna e si è regolarmente sposata. Max, che invece ha preferito
conservare la propria identità sessuale, continuando a fare regolarmente
delle esibizioni come drag queen. Antonello, che oggi vive a
Bologna ed è un esempio verace (uno degli ultimi) dei femminielli
di Napoli, città che da sempre è un esempio di realtà tollerante delle
diversità sessuali pressoché unico nel suo genere.
Nel libro la storia del mondo transgender emerge anche come la
storia della nostra comunità sociale. Scorrono davanti agli occhi del
lettore delle realtà cancellate dal tempo. Attraverso il racconto di
Roberta, che è originaria di un paese dei Castelli Romani, dove oggi è
tornata a vivere e a lavorare con il marito, riaffiora alla memoria la
Roma degli anni Sessanta, la baraccopoli sotto l’Acquedotto Felice, dove
abitavano le “pioniere” del travestimento a Roma, gli stenti e la
solidarietà reciproca, anche con gli altri abitanti delle baracche, un
colorito sottoproletariato sempre alle prese con problemi giudiziari.
Attraverso il racconto di Pina, che è tra gli animatori del dibattito,
emerge la sua esperienza coinvolgente e, per alcuni versi, sconvolgente:
l’infanzia a Napoli nei Quartieri Spagnoli, la fuga da casa ancora
adolescente e l’approdo nella Bologna
degli anni Settanta, l’esperienza in Europa con il Living
Theatre, e la costrizione a ricorrere alla prostituzione, e con questa
all’eroina. L’arresto in un bar di Bologna per oltraggio a pubblico
ufficiale (inventato) e all’uscita dal carcere, la scoperta della
sieropositività, con la spinta a farsi di eroina ancora di più. Fino
alla risalita, lenta e faticosa e all’impegno nel MIT e nella LILA.
Ad ascoltarla, e a vederla, oggi che ha quarant’anni, si ha la
percezione di una persona serena: il suo viso disteso, il suo sorriso
luminoso e i suoi modi eleganti non parlano assolutamente di malattia.
Travestiti e transessuali mettono in discussione i tabù culturali più
radicati della comunità sociale. Non si tratta, come per l’omosessualità,
di una diversità di preferenze sessuali, ma di un rifiuto della propria
stessa identità, in favore di qualcosa che può essere l’identità di
genere opposta, ma può anche essere qualcosa di intermedio, sempre in
evoluzione, che non sempre si
ferma ad un definitivo approdo.
Una realtà che è contrassegnata, ancora troppo spesso,
dall’emarginazione e dalla difficoltà di integrazione nel mondo
produttivo, e dalla coazione alla prostituzione, come ricordato anche
dall’intervento di una dirigente della sezione “Nuovi diritti” della
CGIL, l’unica organizzazione sindacale che finora si è fatta carico dei
problemi specifici dei transessuali. Eppure, nella minuscola sala della
libreria gremita di pubblico si parla di problemi anche tragici con
serenità e fiducia. Anche il recente documento della Congregazione per la
dottrina della fede sul divieto alle persone transessuali di accedere alla
vita religiosa non ha suscitato fervori polemici, solo un riferimento
fugace. Un bell’esempio per molti dibattiti saturi di rancori e inutili
verbosità. |