Hippy…
anche nel vestire
(Silvia Cutuli) - “Mettete dei fiori nei vostri
cannoni”, recita il motto dei primi movimenti hippy, nati sulla
West Coast americana. Dobbiamo aggiungere “disegnateli anche sui vostri
vestiti”, volendo indagare le ripercussioni della filosofia hippy,
sulla moda degli anni’70. È proprio nei ’70 che la protesta
ideologica esplosa nel decennio precedente, trova maggiore espressione in
un codice di comportamento e di conseguenza di abbigliamento.
Tra il 1966 e il 1967 nasce a San Francisco il movimento hippy, che
coinvolge la società nel suo complesso estendendosi al mondo della moda,
della cultura, della musica, dell’arte. Nel quartiere bohèmien
di Haight Ashbury, si forma il primo nucleo dei “figli dei fiori”, il
fiore è scelto come simbolo di libertà e innocenza.
Sul finire degli anni ’60 il movimento hippy si politicizza:
negli Stati Uniti si collega al movimento di contestazione contro la
guerra in Vietnam, mentre in Francia, nel maggio 1968, anima i moti
studenteschi.
Nel decennio ’70, si trasforma sempre più a livello ideologico,
sviluppando l’idea di dar vita ad una società parallela a quella
borghese, in cui si possa vivere seguendo i propri desideri, senza tabù,
con una totale libertà nel comportamento. Gli elementi estetici che
connotano l’immagine hippy sono i capelli lunghi, gli abiti
essenziali nelle caratteristiche, i tessuti naturali, i piedi nudi,
l’assenza di trucco per le ragazze.
I giovani per la strada indossano magliette corte, gilet a fiori, camicie
annodate sopra l’ombelico, pantaloni a zampa d’elefante, gonnellone
zingaresche ispirate a diverse etnie. Si ha una sorta di dissacrazione del
guardaroba, un non-vestire che inevitabilmente si riflette sulla moda.
Sulle passerelle trionfa il patchwork, il colore, il gusto folk,
la maglieria, tutto ciò che è legato ideologicamente alla necessità di
recuperare le forme più semplici e naturali. Non a caso i ’70 sono gli
anni d’oro dei mercatini dell’usato, dei sabot di legno, degli
scialli e dei maglioni fatti a mano, delle tinture vegetali, della
macrobiotica e dell’erboristeria.
Molti stilisti, a decenni di distanza dal nascere della moda hippy,
riportano sulle passerelle tessuti naturali, colori, accessori,
riferimenti etnici che si nutrono dei ’70, oggi decontestualizzati a
livello politico ed intesi come libertà nel porsi, nel vestirsi. |