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Sommario anno XII numero 5 - maggio 2003

 ATTUALITÀ E COSTUME
I media
(Dario Molinari) -
Quando si intraprende un discorso sui media e sulle loro attuali programmazioni bisognerebbe sgomberare la mente da deleteri pregiudizi e da fittizie critiche al gusto medio che non ne determinano in assoluto un crisma.
Le nuove forme estetiche si inseriscono in un contesto sociale in cui massa e pubblico sono entità difficilmente individuabili e arte e sua fruizione sono solo apparentemente liberi e consapevoli. “L’irrequietezza e la vivacità di individui geniali fa si che a loro non basti il presente l’attuale o l’ordinario..., l’ordinario invece avendo intorno a sè una miriade di suoi simili, figli della terra, possiede quello speciale benessere vitale che al genio è negato”.
Shopenauer riesce a definire queste opposte dimensioni raschiando dal fondo il senso dell’evoluzione mediatica in atto. Solo individui di grande senso critico e di particolare sensibilità estetica riescono infatti a tenersi fuori dal tunnel degenerativo delle odierne programmazioni. Noi del resto, popolo e contadinanza multiforme, non più pubblico, ci crogioliamo nel grande nulla o poco meno offertoci da emittenti radiofoniche, televisive e carta stampata periodica alla ricerca di ciò che in realtà vogliamo: nulla o poco meno. Al mantenimento di una assoluta aristocraticità del gusto estetico non si è sostituito, purtroppo, un processo di democraticizzazione e progressismo delle forme, quindi una loro maggiore disponibilità, ma sono cambiate, ex abrupto, proprio quest’ultime. Ecco montare allora il dilemma: meglio estraniarsi nella ricerca della propria personale soddisfazione estetica o meglio invece annegare il proprio senso d’angoscia con gli antidoti per il pensiero propinatici da questi mezzi? In questo senso non esiste una terza via compromissoria, non plus ultra dell’ipocrisia, e neppure una soluzione, che se c’è alberga remota dentro ognuno di noi. Tolstoj si chiedeva cosa fosse l’arte estrapolandone due concetti fondamentali: “comprensibilità dell’opera, e identità di contenuti con il pubblico cui l’opera è destinata. Attraverso il consenso l’arte cerca di recuperare il popolo, cancella l’opposizione del lavoro e realizza la felicità dell’uomo”.
Ora, asserire che vi sia dell’arte in quello che passa attraverso i nostri tubi catodici o credere che quel senso di annegamento dei pensieri sia la felicità è abbastanza utopico, ma pensare che la realtà dei fatti non si discosti più di tanto da questa reverie non è del tutto campato in aria. Nell’età del capitalismo capillare, lontani oramai dal neorealismo ante litteram dei Lumière non resta che scegliere, ma questa libertà, perché una scelta è libertà, viene non voluta, che costa più fatica di quanto non sembri.
 ATTUALITÀ E COSTUME

Sommario anno XII numero 5 - maggio 2003