Moda
e cultura si incontrano
(Silvia Cutuli) - Mostre, convegni, libri: la moda si fonde
con la cultura.
I più importanti musei del mondo ospitano questa “arte applicata”:
alla Neue Nationalgalerie di Berlino è allestita la mostra dedicata a
Giorgio Armani, con quattrocento pezzi storici messi in scena dal regista
teatrale Bob Wilson. Al Metropolitan Museum di New York, sino al tre
agosto si svolge “Goddess”, Dea ovvero una rivisitazione della moda
classica, ispirata al peplo e al chitone o alla tunica, quanto mai attuale
sulle passerelle. Londra non è da meno, ospitando al Fashion &
Textile Museum, la mostra curata da Zandra Rodes “My favourite dress”,
che fa luce sul processo creativo di ogni stilista, partendo dalla
presentazione dell’abito preferito di cinquanta grandi stilisti.
Per cercare di capire questo connubio, pensiamo alla moda quale
espressione culturale, determinata nel tempo e da un gruppo di persone.
Nell’Antico Egitto indossare un vestito significava appartenere ad un
ceto sociale elevato, mentre le persone dei ceti inferiori e gli schiavi,
dovevano apparire quasi nudi.
Alla fine del XIX secolo si assiste ad una netta trasformazione del modo
di fare moda, che era dettata solo dal sovrano, lasciando finalmente lo
spazio alla creazione individuale del sarto. Charles Fréderic Worth, nel
1858 propone per la prima volta nella Parigi dell’Imperatice Eugenia,
una serie di modelli ai suoi clienti indossati da giovani fanciulle.
L’era industriale con lo sviluppo tecnologico e delle comunicazioni, ha
contribuito a globalizzare la moda.
Paradossalmente, proprio in seguito ai grandi conflitti mondiali, grazie
agli aiuti del Piano Marshall, le industrie manifatturiere europee
decollano.
La figura dello stilista, progettista di moda, compare in Italia negli
anni ’70. Lo stilista diventa non solo colui che disegna vestiti, ma
anche l’inventore di forme utilizzabili in tutti i campi delle arti
decorative e della vita quotidiana. È coinvolto nel mondo dell’arte,
del cinema, del teatro, diventa mecenate di manifestazioni culturali.
I diversi linguaggi della creatività, hanno modo di convivere e di
attingere linfa vitale l’uno dall’altro. Stilisti che si ispirano ad
opere d’arte per realizzare la fantasia di un tessuto, o ad un testo
letterario per dare il tema alla collezione, dovrebbero far cadere i
pregiudizi che catalogano la moda come frivola, leggera; tanto più se
sono poi tra i finanziatori di performances, realizzate in collaborazione
ad esempio, con geni del calibro di Bob Wilson (regista teatrale
d’avanguardia che ha dato vita a “G.A. Story” in collaborazione con
Giorgio Armani).
Auspicabile il progetto di un Museo della Moda italiano, che sembra però
bloccato prima del nascere, a causa delle rivalità e dai campanilismi che
coinvolgono ahimè, anche questo mondo “dorato”.
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