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Sommario anno XII numero 6 - giugno 2003

 TEOLOGIA
Note per una teologia del dialogo (2 - Il centro della fede cristiana: Gesù che libera)
Renato Vernini - renverni@tin.it

Dallo scorso numero di maggio “Notizie in...Controluce”ospita un breve corso di Teologia. In particolare si tratta di una riflessione di base  sulla teologia cattolica più aperta ad un dialogo con le altre religioni ed i non credenti e che, per i motivi che vedremo, chiamiamo teologia politica.  Non c’è alcuna pretesa di completare in dodici numeri tutto il possibile della riflessione teologica (pretesa che sarebbe ridicola!) ma lo sforzo di illustrare in ciascun articolo almeno lo schema di un argomento, in maniera che il lettore possa seguire, il più agevolmente possibile, il filo del discorso. Per forza di cose il linguaggio sarà il più possibile lineare ed eviterà termini tecnici: ce ne scusiamo fin d’ora con i più preparati, che, d’altra parte, non hanno bisogno certo di questa introduzione alla teologia.

2.1 Gesù figura dell’archeologia teologica?
Qualche anno fa, copiando da non ricordo chi, durante un incontro di catechismo con ragazzini delle elementari chiesi di scrivere loro sul retro di un francobollo in cosa credessero. Alcuni fecero gli spiritosi, altri scrissero cose interessanti come “gli uomini”, “la pace” , la maggioranza fu concorde: Gesù Cristo. Basterebbe questo a dire che Gesù di Nazareth detto il Cristo non può essere considerato un reperto storico-archeologico da studiare in relazione al contesto storico e sociale nel quale si è consumata la sua esperienza storica. Il Gesù Cristo scritto oggi dietro ad un francobollo è qualcosa di vivo nell’anima di un ragazzino del III millennio che lo vive in maniera molto diversa da quanto poteva fare un suo coetaneo mille, cento, o dieci anni prima. L’esperienza storica di Gesù non si è conclusa con l’ascensione perché gli uomini oggi, dichiarano ancora di avere a che fare con lui. Gesù quindi è da comprendere anche alla luce di quanto oggi si dice di lui e di quanto oggi Egli significhi per gli uomini.  Trincerarsi su posizioni antiche significa per la teologia non riuscire a dialogare non solo con le teologie altre da quella cristiana, ma anche con gli uomini di oggi non esplicitamente religiosi.
Purtroppo la teologia, salvo rare encomiabili eccezioni, sembra ignorare questo fatto. I  titoli o i nomi attribuiti a Gesù rientrano nello sforzo compiuto dai cristiani di ogni epoca di “confrontare, nella fede, la vita nella sua globalità col mistero di Cristo, inserirlo dentro l’esistenza umana...”
1  manca, però, attualmente, uno sforzo originale analogo a quello compiuto nel passato dai nostri predecessori nella fede. Questo significa che la teologia cristiana, non solo cattolica, dialoga ancora più difficilmente con chi non è cristiano (ma anche con gli uomini di fede che si interrogano più a fondo) perché non si misura adeguatamente con  il tentativo di rendere comprensibile Cristo per i contemporanei. Per molti uomini Cristo è vivo, mentre per la teologia resta quello di duemila anni fa! Questo rende per tanti altri uomini, Gesù un reperto archeologico con il quale è difficile confrontarsi.
2.2. L’uomo che vive la sua storia è il ponte tra noi e Cristo.
Come uscire da tanto immobilismo? La proposta avanzata da alcuni teologi progressisti (Boff, che in questo segue la strada di Rahner) è quella di considerare l’uomo stesso come ponte tra l’uomo della fede e Cristo stesso. Boff segna bene la strada: l’uomo/ponte non è un uomo astratto ma l’uomo che vive la sua storia, i suoi problemi, le sue emozioni, le sue speranze. Nella maggior parte dei casi questo uomo non è un uomo liberato.  La fede in Cristo non deve rimanere confinata nelle formule, sempre valide, ma frutto di una comprensione della realtà che avevano i nostri avi.. Quello che più conta per giungere ad una conoscenza di Gesù è saper compiere il viaggio dentro la profonda realtà dell’essere dell’uomo che in Gesù ricevette una pienezza divina. Ecco, quindi, che l’umanità, intesa nel suo senso più profondo, diventa il tramite tra noi e Cristo. Egli è mediatore tra Dio e gli uomini, non come terza realtà, ma come totalmente Dio e pienamente uomo. Egli realizza il desiderio dell’uomo di sperimentare il  non sperimentabile in una manifestazione storica e concreta.
Bisogna recepire e rovesciare la critica alla religione mossa da Feuerbach: Dio è veramente la proiezione delle aspirazioni umane, ma in Cristo, queste aspirazioni hanno raggiunto una piena realizzazione, una realizzazione divina nella realtà umana. L’incarnazione, quindi, va vista come la realizzazione completa e definitiva di ogni realizzazione umana, liberata, finalmente, da ogni costrizione sociale. Cristo è l’alfa e l’omega, la via e la meta della storia. Una moderna cristologia deve esprimere, in ogni tempo, l’incontro delle aspirazioni umane con la realtà di Gesù
. Se facciamo questo non possiamo non dialogare anche con chi non conosca e riconosca Gesù, il Cristo.
2.3. Prima seguimi, poi capirai chi sono!

Cristo invita il suo interlocutore a seguirlo,  prima che ad una riflessione teologica. L’incontro con Cristo deve essere un incontro che mette in crisi, che interroga, che cambia. Domandare, oggi, a Cristo “chi sei?” significa “confrontare la nostra esistenza con la sua e sentirsi sfidati dalla sua  persona, dal suo messaggio e dal significato che si sprigiona dal suo comportamento”
. Indagare, Cristo, quindi, significa intraprendere quel cammino che conduce ogni uomo a perfezionarsi.  Egli è il criterio, la nostra misura, il  nostro obiettivo: fare teologia (cristologia) significa, “portare avanti la sua rivoluzione in direzione del Regno”4 .
Nel portare avanti questa nuova teologia siamo a pieno titolo inseriti nella tradizione cattolica, in quanto ci sforziamo di continuare l’opera intrapresa da ciascun fedele che nel suo tempo abbia tentato di comprendere, con i propri poveri strumenti intellettuali e spirituali, il Mistero di Cristo.
In dialogo privilegiato da sempre con i più deboli, Cristo ci chiede di seguirlo nella suo opera contro ogni forma di oppressione
. 
Sia chiaro non dobbiamo pensare solo alle esplicite oppressioni materiali, politiche, militari, economiche che pure in certe zone del mondo sono preponderanti. Spesso per l’uomo, specialmente quello occidentale, la liberazione deve avvenire nel senso di una umanizzazione radicale della propria vita spirituale, nella direzione di una divinizzazione. È possibile seguire Cristo non pensando di liberarci e liberare ad esempio dalla schiavitù delle televisione/spazzatura? No. Non solo non è possibile questo, ma non è possibile che la teologia non analizzi queste forme di oppressione e non indichi la strada per una emancipazione divinizzante da tutto questo.
Note:
 1 Boff, Gesù Cristo liberatore, Cittadella ed., Assisi 1990, pp. 220-221
 2 Cfr. Idem, pag. 227.
 3 Cfr. Idem, pag. 239.
 4 Idem, pag. 240
 5 “Credo in Gesù Cristo,...che ci fa temere ogni giorno che la sua morte sia stata invano quando lo seppelliamo nelle nostre chiese e tradiamo la sua rivoluzione, timorosi e obbedienti di fronte ai potenti ;” Ibidem
 TEOLOGIA

Sommario anno XII numero 6 - giugno 2003