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Sommario anno XII numero 8 - agosto 2003

 STORIA

Piccola storia della moneta: Origini della moneta          (prima puntata)

Ogni giorno tutti quanti abbiamo a che fare con una cosa strana e seducente che si chiama moneta! La consideriamo ormai un’amica abituale e simpatica che ci rende felici quando viene a trovarci ma che ci lascia contrariati e preoccupati quando se ne va. In sua compagnia ci sentiamo più sicuri e progettiamo sul nostro futuro; insieme a lei risolviamo molti problemi, riusciamo a dare un valore alle cose che ci circondano e possiamo anche procurarci tutto quanto ci occorre. Insomma non potremmo proprio fare a meno di lei, però dobbiamo fare attenzione a non affezionarci troppo perché essa è una creatura impietosa e senza cuore e se diventa nostra padrona allora può facilmente farci schiavi e spingerci a comportamenti devianti e spregevoli. Comunque la moneta, nel bene e nel male, è ormai diventata protagonista indiscussa dei nostri giorni; grosso modo si può ritenere che la metà del tempo la impieghiamo in attività volte a procurarla (lavoro, commercio, industria, professione etc.) mentre l’altra metà risulta dedicata a manifestazioni di vita che ne impongono il consumo come alimentazione, casa, salute, divertimento etc. Dobbiamo tuttavia ricordare che la moneta, così efficiente nel facilitare lo scambio delle merci, non è un frutto della natura piovuto dal cielo ma è invece una grande invenzione della cultura umana realizzata faticosamente e progressivamente in tempi lunghissimi seguendo un percorso vicino e parallelo al cammino della civiltà e vale la pena soffermarsi brevemente su alcuni dei tratti più significativi:

(Pietro Frangini) –  Origini della moneta
Fin dalla notte dei tempi l’uomo ha avuto un comportamento sociale! All’inizio è vissuto in comunità ristrette e limitate alle dimensioni Sopra: Statere in elettro del VI sec. A.C. - Sotto: Tedradramma ateniese del III sec. A.C.famigliari nelle quali ogni membro conferiva i beni e i servizi che possedeva mettendoli a disposizione di tutti spinto in questo dagli istinti biologici di solidarietà e perciò tutto veniva scambiato reciprocamente a titolo gratuito.
Quando poi la specie umana incominciò a sviluppare i peculiari potenziali di intelligenza, di linguaggio e di organizzazione fu inevitabile l’allargamento delle comunità che divennero tribù e nelle quali confluirono gruppi familiari di stirpe diversa; l’allargamento fu imposto da esigenze di difesa e di sicurezza e anche al fine di disporre di maggiori quantità di beni e servizi scambiabili al suo interno. Ma nella tribù, quando lo scambio avveniva tra membri di famiglie diverse esso non obbediva più al solo istinto parentale e non era più completamente gratuito; ognuno era disposto a scambiare le cose possedute con altre a lui necessarie e giudicate di pari utilità e così si avviò il commercio primordiale basato sul baratto.
All’interno della comunità perciò si prese a barattare il cibo, le pelli animali, i manufatti di legno e di pietra e altri beni di assoluta e immediata necessità e ogni parte incominciò a cercare nello scambio un vantaggio personale dando forma al concetto di guadagno. Lo scambio tra generi di prima necessità aveva però i suoi limiti! Non sempre le cose possedute e offerte risultavano gradite e allora nel baratto entrarono altri beni meno indispensabili ma che incontravano sempre il gradimento generale perché erano conservabili nel tempo e riuscivano a soddisfare il bisogno di prestigio negli uomini e di bellezza nelle donne come pietre colorate, conchiglie, perle, pezzi di ambra, pepite grezze di oro e di argento, denti di animali etc. che parteciparono al circuito di scambio come tali e preparati a guisa di collane o altri manufatti portando così a forme di baratto allargato.  Questi beni durevoli oltre che servire nello scambio potevano anche essere nascosti e accumulati e piano piano fecero nascere l’idea dell’arricchimento. Il baratto allargato costituì la forma di commerciò che regolò gli scambi in gran parte della preistoria finché il progresso umano giunse alla grande rivoluzione culturale e tecnologica dell’allevamento animale e dell’agricoltura iniziata circa 15.000 anni fa e da allora nei circuiti di scambio entrarono a far parte nuovi beni come lana, pecore, cereali, leguminose, olio e vino.
L’affermarsi dell’agricoltura trasformò anche il sistema di vita umano che da nomade si fece stanziale e per difendere gli allevamenti e le piantagioni le comunità dovettero ingrandirsi ulteriormente fino a raggiungere le dimensioni dei regni estendendo di conseguenza lo scambio dei beni ad aree più vaste ed a tribù più lontane e allora nel baratto cessarono del tutto i vincoli parentali di solidarietà e diventarono imperativi i concetti di utilità e di guadagno.
La rivoluzione agricola portò poi a molte altre conquiste tra le quali vi furono l’arte di costruire abitazioni e magazzini in pietra, muri di difesa, fornaci nonché alla scoperta e alla produzione dei metalli ed alla fabbricazione di manufatti in terracotta; così il baratto si integrò ulteriormente con le ceramiche ed i metalli.
Assai apprezzati diventarono gli oggetti di metallo come tazze, coltelli, vomeri, spade, lance e altro perché erano infrangibili, di grande utilità e anche facilmente nascondibili e perciò consentivano in pieno l’arricchimento e il potenziamento delle famiglie e delle comunità; così questi manufatti diventarono sempre più importanti nel baratto e in un certo senso si comportarono da monete primordiali.
Tra i vari oggetti metallici particolare successo ebbero i pezzi grezzi ossia non lavorati con i quali si potevano costruire gli utensili necessari e desiderati e tra questi i più ricercati in assoluto furono quelli in oro e in argento che servivano per addobbare i templi, le dimore dei guerrieri e a produrre i gioielli per le donne! Tuttavia l’oro e l’argento erano scarsi e raggiunsero subito un alto valore di scambio diventando metalli preziosi molto importanti per il grande commercio a distanza.
Accanto all’oro e all’argento, molto presto si scambiò anche il rame e, successivamente, il bronzo anch’esso di notevole valore e di grande utilità.
 L’uso dei metalli nel baratto divenne importante già nelle grandi civiltà antiche dell’Egitto, della Mesopotamia, dell’India e della Cina dove dominava sempre il baratto che però era sempre più basato e regolato sui metalli che erano disponibili in forme, peso e purezza molto variabili in relazione soprattutto alle fonderie nelle quali venivano prodotti. Quando i pezzi metallici erano utilizzati nello scambio venivano allora pesati a mano o con bilance primitive e la loro purezza era stimata a vista ma tutto questo portava ogni volta a discussioni interminabili e frenava i commerci.
I pezzi metallici si ottenevano versando il materiale fuso in forme di pietra o stampi e ben presto i produttori più seri e organizzati impararono a farsi riconoscere con segni particolari sugli stampati a guisa di marchio e questo facilitò molto la valutazione delle qualità del metallo al momento della transazione. Perciò l’uso di marcare i metalli si diffuse e si affermò.
In questa situazione che possiamo già definire premonetaria e che durò a lungo nella protostoria si vennero producendo pezzi metallici, marcati o no, sempre più regolari e standardizzati nelle forme come avvenne nel mondo mesopotamico, nella Grecia micenea e anche nell’Egitto antico dove circolava un pezzo d’oro, probabilmente marcato, del peso  di ¼ di oncia e corrispondente al valore di un bue sano.
Passarono altri secoli e nel primo millennio a.C. si arrivò in Lidia nell’attuale Turchia, dove la produzione dei pezzi metallici che venivano marcati dalle fonderie private attirò l’attenzione e l’intelligenza del re Creso che comprendendone in pieno l’importanza riservò al proprio Stato tutte le emissioni controllando direttamente l’attività delle officine che presero a fabbricare pezzi di elettro (lega di oro e di argento) di forma rotondeggiante e di peso costante che recavano impresso il marchio reale il quale veniva a simboleggiare la garanzia sul peso e sulla purezza della lega; questi pezzi si chiamarono Statere (peso standard) e di fatto divennero le prime vere monete della storia.
Nel sesto secolo a. C. le monete di Creso ebbero grande successo perché sapevano rendere facili gli scambi delle merci e inoltre venivano anche tesaurizzate volentieri dai privati e questo fece loro acquistare un notevole valore aggiunto rispetto al valore commerciale del metallo contenuto rendendo Creso immensamente ricco e la sua ricchezza diventò addirittura proverbiale. Il successo ottenuto da Creso diffuse l’uso della monetazione nei paesi vicini come la Persia dove l’imperatore Ciro fece produrre una moneta d’oro, il Darico, corrispondente alla paga mensile di un soldato e anche nella Grecia del tempo dove si produssero monete in elettro, in argento, in rame e talvolta in oro a cura delle principali Città-Stato.
Nella Grecia antica i primi pezzi monetari si chiamarono genericamente nomisma (corrispondente a legge o costume) e all’inizio furono stampati su una sola faccia con tecnica detta incusa. L’unità ponderale era la Dramma, di circa 6 grammi e corrispondente al peso di una manciata di grano. Il valore della Dramma venne suddiviso in 6 monete di rame chiamate oboli; successivamente si coniarono anche monete di valore maggiore come lo Statere equivalente a 2 Dramme, il Tetradramma e il Decadramma.
In Grecia l’arte della monetazione prodotta e garantita da una autorità statale e ben accolta nei mercati dimostrò in pieno la sua utilità incrementando tutti i commerci e da lì si diffuse poi rapidamente nel mediterraneo fino ai popoli Celtici dell’Europa continentale, alla Magna Grecia, all’Etruria e a tutta la penisola italica dove, insieme all’affermarsi della scrittura, segnò l’avvento della civiltà storica.

 STORIA

Sommario anno XII numero 8 - agosto 2003