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compatri
La
biblioteca di filosofia di Monte Compatri ed il ruolo delle biblioteche
(Renato vernini - renverni@tin.it)
-
Quando, ancora sbarbatello e fresco di studi classici, iniziai a lavorare
in una importante biblioteca di Roma, la decana delle impiegate, una
signora che rappresentava anche nel fisico il modello perfetto di
bibliotecaria, generosamente mi concesse di dare una sbirciatina ai suoi
appunti di biblioteconomia. Il libello, ordinatissimo ed impolverato,
iniziava più o meno con questa definizione: “La biblioteca è il
posto nel quale si conservano i libri e si mettono gli stessi a
disposizione dei lettori”. Era il 1985 e quella definizione poteva
risalire ad una ventina di anni prima. È ancora valida? Ritengo
sostanzialmente di no. I motivi sono molti e si riconducono alla diversa
organizzazione del sapere, alle mutate condizioni sociali almeno nel mondo
occidentale ed all’avvento di internet. Le cose sono abbastanza
semplici: da Gutemberg all’avvento della rete chi voleva leggere o
studiare un testo aveva tre strade, o comprarlo o farselo prestare o
leggerlo in biblioteca. Chi poteva e voleva lo comprava, altrimenti si
faceva ricorso alle biblioteche. I libri erano pochi (intesi come scelta
di titoli) ed a volte rari. La biblioteca, soprattutto prima
dell’invenzione della stampa, aveva anche il compito di “testimone”
del sapere ed assomigliava, in questo, ad un museo. Molte biblioteche
ancora oggi conservano manoscritti, incunaboli, stampe rare e preziose.
Questa ultima funzione delle biblioteche è senz’altro rimasta
inalterata. È invece sparita l’utilità di conservare in biblioteca una
serie di altri documenti. Pensiamo alle raccolte legislative, ai repertori
di qualsiasi materia, alle enciclopedie, agli annuari, agli almanacchi:
chi ancora raccoglie le Gazzette Ufficiali, o repertori legislativi? I
repertori in rete o al massimo su cd-rom aggiornabili periodicamente sono
di gran lunga più sicuri, agevoli da consultare, occupano meno spazio e
garantiscono un aggiornamento costante, permettendo risparmi di spese sul
personale e sulla acquisizione del materiale. La crisi sembra toccare
anche altre tipologie di materiale rendendo nella maggior parte dei casi
superflua l’istituzione di una biblioteca che abbia “poco di tutto”.
La legge italiana prevede che ogni testo stampato debba essere spedito
obbligatoriamente alle biblioteche nazionali, ma per le altre che senso ha
conservare testi che nessuno, mai, chiederà di consultare? Certo,
esistono le biblioteche di quartiere o periferiche che assolvono il
compito sociale di poter prestare un libro, anche per diletto, a chi per
problemi economici o per scelta personale non può o non vuole comprarlo.
Queste sono biblioteche benemerite e quasi sempre di iniziativa pubblica.
Questo tipo di istituti, però, debbono fare molta attenzione alla loro
politica degli acquisti: debbono comprare libri che abbiano un discreto
tasso di appetibilità. Non ha certo senso che una biblioteca di quartiere
compri un pregevole trattato di semiotica applicata alle scienze
astronomiche quando nel quartiere la gente al massimo legge la biografia
di Walt Disney. Molto più senso avrebbe, per esempio, aprire una
biblioteca di cultura sportiva se nel quartiere o nel paese esistono dieci
palestre e la gente impazzisce per la squadra locale di basket che milita
in quarta categoria. Se questa fosse l’unica biblioteca del paese
avrebbe senso che fosse collegata in rete con il paese vicino, dove magari
si produce dell’ottimo vino ed è stata fondata una biblioteca
specializzata in enologia e degustazione dei vini. Entrambe, per assolvere
al loro compito sociale, dovrebbero avere almeno due o tre postazioni
internet, una raccolta di enciclopedie e repertori in formato elettronico,
qualche classico selezionato della letteratura e strumenti didattici di
base. Via via il circuito potrebbe allargarsi, come del resto sta
succedendo per la Provincia di Roma, ed a queste due biblioteche
specializzate potrebbe aggiungersene una terza che possegga del materiale
interessante sulla storia del comprensorio, e così dicendo.
Per il resto l’utilità di una biblioteca decentrata generalista
si riduce alla non trascurabile funzione di fornire un tetto ed un luogo
di incontro a giovani studenti in cerca di un posto stimolante per
studiare e non solo.
Questa proposta minima rimane una razionalizzazione ed attualizzazione
non troppo scontata di un modo classico di intendere la biblioteca. Grazie
a Dio, con lentezza ma inesorabilmente, il concetto stesso di biblioteca
classica viene sostituito da nuovi approcci. Per esempio si stanno
costruendo ovunque delle biblioteche che non hanno bisogno di mura,
tavolini, librerie. Sono le biblioteche elettroniche: biblioteche in rete
dalle quali è possibile scaricare interi testi. La strada è resa
impervia da due problemi: il diritto di autore (chi e come paga i soldi
dovuti all’autore?) e la difficoltà di digitalizzare le opere stampate
(trasferire i testi dalla carta ad un formato elettronico). Il primo
problema è di politica culturale e gli esperimenti avviati in ogni parte
del mondo sembrano essere interessanti. In ogni caso è bene ricordare che
molte opere, decorso un determinato periodo di tempo dalla morte
dell’autore, non sono più soggette a diritto di autore. Il secondo
problema dovrebbe essere affrontato con maggior risoluzione proprio dalle
biblioteche, soprattutto quelle pubbliche. In attesa delle biblioteche
elettroniche (in Italia un importante esperimento è costituito dal
“progetto manunzio” www.liberliber.it e nel mondo anglosassone dal
“progetto gutemberg”) possiamo accontentarci delle biblioteche che
mettono a disposizione in rete il loro catalogo. L’associazione dei
bibliotecari italiani (www.aib.it) offre anche un prestito a distanza che
può essere direttamente concluso su internet. Altro discorso vale per i
periodici, molti dei quali, soprattutto quelli specialistici, offrono una
ottima versione on line.
Tutto questo sproloquio dovrebbe consentirci di riflettere un pochino sul
senso della Biblioteca filosofica di autori italiani aperta da qualche
tempo a Monte Compatri. Premesso che sono felicissimo della sua esistenza
e della sua sede, mi permetto di avanzare alcune osservazioni. La prima:
la biblioteca di filosofia è una biblioteca specialistica nata in seno al
Centro per la filosofia italiana ed ospitata dal comune di Monte Compatri.
Ora la sua connotazione di biblioteca tradizionale e specialistica la
rende difficilmente accessibile alla gran parte dei cittadini di Monte
Compatri, i quali sembrano poco preoccupati, nel loro complesso,
all’oblio dell’essere denunciato da Heiddeger . La specializzazione
poi è troppo vasta per renderla competitiva ed accattivante. Posso capire
una biblioteca specializzata in Marco Mastrofini, che contenga tutto
quello che riguarda il filosofo teologo di Monte Compatri. Saranno 1000
titoli in tutto ed ogni studioso interessato al nostro filosofo troverebbe
utile recarsi a Monte Compatri per consultare materiale, anche raro,
raccolto nella biblioteca locale. Una biblioteca specializzata in
“filosofia italiana” di queste dimensioni non ha molto senso. Mi
spiego: la Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana di Roma
(http://biblio.unigre.it) raccoglie circa 700.000 volumi, di cui 60.000
direttamente nelle sale di lettura, 3550 periodici, 60 incunaboli, 80
cinquecentine, oltre 25.000 opere rare: perchè uno studente di filosofia
dovrebbe venire a consultare i testi della biblioteca di Monte Compatri
che a pieno regime, come indicato nel sito internet
(http://www.filosofia-italiana.it/@_biblioteca.html), potrà averne
20.000? Chi studia filosofia, poi, può tranquillamente rivolgersi alle
biblioteche di facoltà, di istituto, ad internet. Secondo: l’istituto
che ha posto la sede della sua biblioteca a Monte Compatri svolge una
pregevole attività accademica, sempre dal sito internet ricaviamo il
titolo dei più importanti convegni annuali finora svoltisi: “Il
problema del fondamento”, “Civitas et civilitas – Rapporto tra
Filosofia e Archeologia”, “Scienza e coscienza tra parola e
silenzio”, “Il problema della diversità: natura e cultura”. È
evidente che questi ameni raduni siano destinati ad un ristrettissimo
manipolo di cattedratici e che poco abbiano a che fare con la realtà di
Monte Compatri ed in genere dei Castelli Romani. Terzo: a Monte Compatri
manca una biblioteca di base, per cui uno che volesse consultare il testo
“Fenomenologia della Coscienza morale” di Gatti Pasquale, edito nel
1909, potrebbe agevolmente trovarlo con collocazione 1 G, mentre se uno
studente delle scuole medie di Monte Compatri volesse cercare nel torrido
agosto un atlante storico o più banalmente una biografia di Garibaldi o
volesse avvinarsi alla lettura interessandosi al Birraio di Preston di
Camilleri si troverebbe in una qualche difficoltà. Fermo restando quello
che abbiamo detto sulle biblioteche di base, oggettivamente questo dato
sembra essere importante. Quarto ed ultimo: nonostante queste osservazioni
una biblioteca come quella aperta a Monte Compatri offre gran lustro al
paese e va valorizzata. Certo che il centro al quale fa capo dovrebbe
essere invitato, oltre quello che mirabilmente già fa il suo direttore
prof. Ciaravolo, ad una maggiore integrazione con il territorio,
utilizzando corsi introduttivi, lezioni monografiche, seminari, tutte
quelle iniziative divulgative che possono avvicinare ed introdurre i
cittadini che risiedono nel territorio alla filosofia, cui troppo
genericamente è dedicata la nostra biblioteca.
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Artisti
in piazza
(Alfredo Borghini) - Una Esposizione di artisti all’aperto
è sempre una esperienza diversa. Il diverso non è nella mostra di per sé,
ma
nella
possibilità di incontrare un “pubblico” diverso.
Qui a Monte Compatri siamo arrivati un po’ alla spicciolata ciascuno
con un bagaglio di esperienze e una maturazione artistica diverse. Tutti,
però, accomunati dalla voglia di “parlare” al grande pubblico che si
avvicina all’espressione artistica anche mosso dalla spinta
dell’incontro “nuovo”. Tutti gli artisti presenti hanno espresso
compiacimento per l’ambiente in cui l’associazione Pro Azzurra ha
scelto di collocare la mostra. Meglio sarebbe stata una grande esposizione
di quadri e sculture per tutto lo splendido spazio alberato di Viale
Busnago, il che avrebbe indubbiamente contribuito a qualificare
l’intervento. Gli artisti che hanno esposto per l’occasione del 10
agosto sono tutti, chi per un verso e chi per l’altro, professionisti
d’indubbio valore, ci piace segnalare la presenza di artisti
appartenenti all’associazione “Cento pittori di Via Margutta” della
nota associazione dei “Pittori Tuscolani” e “Lorenzo Viorni di
Ostia”. Quindi una rappresentanza di alta qualità ha caratterizzato
questa bella iniziativa che, con un pizzico di attenzione e più spazio
potrebbe diventare un fiore all’occhiello delle mostre dei Castelli
Romani. |