L’ambiente
dà economia?
(Giovanna Ardesi) - È possibile coniugare la salvaguardia
ambientale con lo sviluppo economico della popolazione locale? In questa
estate di incendi dei boschi in varie parti d’Italia (non escluse le
aree protette) ci si chiede che senso ha parlare di sviluppo economico
legato all’ambiente. Vengono in mente le diverse forme di interesse di
gruppi criminali legati all’ecomafia, interessati a distruggere i boschi
per poter far spendere il denaro pubblico, in quelle attività finalizzate
a mettere riparo ai danni causati dagli incendi. Questo tipo di sviluppo
non è civiltà. Quando si parla di civiltà montana, ci si dovrebbe
riferire ad una cultura portatrice di valori umani, tanto antichi quanto
irrinunciabili: il rispetto per la natura, la solidarietà tra chi pratica
l’escursionismo in montagna, il valore della fatica umana per mantenere
curato l’ambiente. Camminare in vetta ai monti è importante per chi ama
la montagna. Prevale in costui il senso di umiltà di fronte
all’imponenza di luoghi belli e solitari, che si percorrono in silenzio
quasi per ascoltare il respiro della natura. I sentieri su cui camminiamo
in montagna non sono il prodotto della natura, ma il risultato
dell’intelligenza collettiva di uomini che li hanno tracciati e poi
conservati sapientemente nei secoli. Chi brucia i boschi ovviamente non ha
alcun senso del bello. Ed a nulla è valso inasprire le pene per questo
crimine, per il quale si arriva a configurare il reato di disastro
colposo, oltre a quello di incendio doloso. Dunque, non è certo sviluppo
economico per le popolazioni locali la riforestazione a seguito di incendi
di boschi! Lo sarebbe se la riforestazione fosse fatta per migliorare la
situazione idrogeologica di zone soggette ad alluvioni e frane, ovvero
semplicemente per incrementare la flora e la fauna, migliorando in tal
modo l’habitat naturale. E ciò porterebbe turismo ed ulteriore
ricchezza economica!
Ritorno con la memoria al mio soggiorno all’Alpe Veglia in Piemonte di
qualche settimana fa: tutti i valori umani e culturali che arricchiscono
l’esistenza li ho ritrovati intatti tra quelle popolazioni montanare,
mentre da noi si stanno purtroppo dileguando. L’Alpe Veglia è ricca di
torrenti e laghi, nelle cui acque si riflettono le alte montagne che
arrivano fino ai 3.500 metri di monte Leone. La Valle del Veglia (dove ho
soggiornato) si trova a 1.700 metri ed è raggiungibile da un sentiero non
asfaltato, percorribile solo da fuoristrada autorizzati. Da alcuni anni
proprio in questa valle, dove sono situati sei piccoli villaggi, alcuni
archeologi dell’Università di Ferrara scavano su un’area interessata
ad un insediamento estivo di una comunità dedita alla caccia,
dell’ultimo periodo del mesolitico (circa 8.000 anni fa). Lì nei pressi
si trova la casa e la cappella dei Padri Rosminiani, gli stessi che
officiano il Duomo di Montecompatri. È proprio grazie a questa comunità
religiosa di Montecompatri che ho potuto avere notizia del Parco naturale
del Veglia, che fa parte del Comune di Varzo, provincia di Verbania. |