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Sommario anno XII numero 9 - settembre 2003

 COSTUME E SOCIETÀ
L’ambiente dà economia?
(Giovanna Ardesi) -
È possibile coniugare la salvaguardia ambientale con lo sviluppo economico della popolazione locale? In questa estate di incendi dei boschi in varie parti d’Italia (non escluse le aree protette) ci si chiede che senso ha parlare di sviluppo economico legato all’ambiente. Vengono in mente le diverse forme di interesse di gruppi criminali legati all’ecomafia, interessati a distruggere i boschi per poter far spendere il denaro pubblico, in quelle attività finalizzate a mettere riparo ai danni causati dagli incendi. Questo tipo di sviluppo non è civiltà. Quando si parla di civiltà montana, ci si dovrebbe riferire ad una cultura portatrice di valori umani, tanto antichi quanto irrinunciabili: il rispetto per la natura, la solidarietà tra chi pratica l’escursionismo in montagna, il valore della fatica umana per mantenere curato l’ambiente. Camminare in vetta ai monti è importante per chi ama la montagna. Prevale in costui il senso di umiltà di fronte all’imponenza di luoghi belli e solitari, che si percorrono in silenzio quasi per ascoltare il respiro della natura. I sentieri su cui camminiamo in montagna non sono il prodotto della natura, ma il risultato dell’intelligenza collettiva di uomini che li hanno tracciati e poi conservati sapientemente nei secoli. Chi brucia i boschi ovviamente non ha alcun senso del bello. Ed a nulla è valso inasprire le pene per questo crimine, per il quale si arriva a configurare il reato di disastro colposo, oltre a quello di incendio doloso. Dunque, non è certo sviluppo economico per le popolazioni locali la riforestazione a seguito di incendi di boschi! Lo sarebbe se la riforestazione fosse fatta per migliorare la situazione idrogeologica di zone soggette ad alluvioni e frane, ovvero semplicemente per incrementare la flora e la fauna, migliorando in tal modo l’habitat naturale. E ciò porterebbe turismo ed ulteriore ricchezza economica!

Ritorno con la memoria al mio soggiorno all’Alpe Veglia in Piemonte di qualche settimana fa: tutti i valori umani e culturali che arricchiscono l’esistenza li ho ritrovati intatti tra quelle popolazioni montanare, mentre da noi si stanno purtroppo dileguando. L’Alpe Veglia è ricca di torrenti e laghi, nelle cui acque si riflettono le alte montagne che arrivano fino ai 3.500 metri di monte Leone. La Valle del Veglia (dove ho soggiornato) si trova a 1.700 metri ed è raggiungibile da un sentiero non asfaltato, percorribile solo da fuoristrada autorizzati. Da alcuni anni proprio in questa valle, dove sono situati sei piccoli villaggi, alcuni archeologi dell’Università di Ferrara scavano su un’area interessata ad un insediamento estivo di una comunità dedita alla caccia, dell’ultimo periodo del mesolitico (circa 8.000 anni fa). Lì nei pressi si trova la casa e la cappella dei Padri Rosminiani, gli stessi che officiano il Duomo di Montecompatri. È proprio grazie a questa comunità religiosa di Montecompatri che ho potuto avere notizia del Parco naturale del Veglia, che fa parte del Comune di Varzo, provincia di Verbania.
 COSTUME E SOCIETÀ

Sommario anno XII numero 9 - settembre 2003