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Sommario anno XII numero 10 - ottobre 2003

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11 settembre 1973: Il grande sogno si spense
(Alessio Colacchi) - Il grande sogno, quello che la coalizione di Unitad Popular iniziò a vivere nel lontano 1970, si spense all’alba dell’11 Settembre 1973. Un sol colpo, un’invasione di carri armati che alle 7:30 del mattino si presentano al centro di Santiago del Cile, sveglia all’improvviso quei milioni di persone che avevano sognato una svolta per la politica dell’America Latina. A pochi mesi da quel 27 Giugno 1973 in cui Juan Maria Bordaberri venne deposto a Montevideo (Uruguay) da un’altra giunta militare di stampo fascista, anche in Cile inizia la lunga agonia.

Un’altra capitale, un altro stato, la stessa storia: l’Uruguay dal 1971 aveva visto la sinistra, la stessa coalizione che voleva abbattere lo strapotere delle multinazionali in America Latina, salire al potere con regolari elezioni. Quella stessa sinistra si vedrà deposta a seguito di un colpo di mano militare. In entrambi i casi a nulla servì l’ardua resistenza di quanti non accettavano ulteriori soprusi e dittature. In Cile Salvador Allende si vide tradito da quell’Augusto Pinochet che solo due anni prima aveva nominato capo di stato maggiore dell’esercito cileno, ed ora venduto alle multinazionali statunitensi. Il leader dell’Unitad Popular infatti, in tre anni di governo, aveva denunciato il largo giro d’affari che, a danno dell’America Latina, veniva gestito da poche imprese nordamericane. Scandaloso il caso dell’ITT (Corporazione Internazionale dei Telefoni e Telegrafi) il cui profitto annuale era superiore al PIL di quasi tutte le nazioni dell’America del sud. Basti ricordare che le imprese produttrici di rame, che da oltre quarant’anni sfruttavano a proprio vantaggio le risorse cilene, esportavano ogni anno un quantitativo di denaro pari a quattro miliardi di dollari, a fronte di un iniziale investimento di trenta milioni di dollari. Fu questo il motivo che spinse Salvador Allende a nazionalizzare le stesse miniere, onde evitare che questo furto di ricchezza e risorse, strappate alle popolazioni sudamericane, continuasse ad andare avanti.
Passano i decenni, ma la logica e le lotte che si contrappongono su fronti diversi per questa stessa ragione, non cambiano mai. Da una parte continuano a profilarsi capi di stato che tentano nazionalizzazioni, mentre dall’altra le multinazionali nordamericane continuano ad opporsi con ogni mezzo.
Può sorgere spontaneo il dubbio relativo alle intenzioni di Ugo Chavez ed alla mobilitazione organizzata da alcuni sindacalisti in Venezuela (manovrati dagli USA?).
L’11 Settembre 1973 segna quindi l’inizio di un periodo di quasi vent’anni, contraddistintosi soprattutto per i soprusi e le malversazioni compiute.
Si calcola che nelle sole prime quarant’otto ore di dittatura, nel caos generale, siano stati compiuti ventimila assassinii ed oltre cinquantamila arresti. Inoltre i tribunali militari per mesi hanno continuato a sentenziare pene di morte per oppositori politici. Oltretutto nel Gennaio 1974 Augusto Pinochet inviò un memorandum ai comandanti delle unità militari, capi della polizia ed alti ufficiali del ministero dell’Interno che sanciva che “una mano pesante significa una mano giusta, non crudeltà”.
Altro aspetto importante è la stretta relazione tra la CIA ed il golpe militare dell’11 Settembre. Dinnanzi alla sottocommissione dei servizi armati sull’intelligence della camera dei rappresentanti Wiliam Colby, direttore della CIA, nella primavera del 1974 annuncia lo stanziamento, da parte dell’amministrazione Nixon, di oltre otto milioni di dollari in contrasto al governo Allende, avvenuto dopo il 1970.
In realtà già nel 1964 il governo USA aveva appoggiato con tre milioni di dollari la campagna elettorale di Eduardo Frei Montalva, leader del partito cristiano democratico cileno, risultato vincitore sul fronte popolare di Salvador Allende.
Traendo un bilancio da questo vile atto, simbolo di un modello di fare politica violento ed antidemocratico, si possono contare: 80.000 torturati, 300.000 arrestati ed un milione di esiliati.
Invece la vita di Salvador Allende si spense quello stesso 11 Settembre, quello del terzo mondo, quello del palazzo della Moneda, quello che, pur scandalizzando un mondo in mano allo stragismo fascista, rimase per anni dimenticato e senza memoria.
Alle ore due di quell’11 Settembre Salvador Allende, dopo aver riunito i prigionieri della Moneda, ordinò di issare la bandiera bianca fuori il palazzo più importante di Santiago; poi, dicendo “vado a prendere la fascia presidenziale, lasciò la stanza. Fu allora che si udirono due spari…ed il Cile assistette all’omicidio della democrazia.

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Sommario anno XII numero 10 - ottobre 2003