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Sommario anno XII numero 10 - ottobre 2003

 BREVIARIO DI NEUROSCIENZE

Gli ideal–tipi della mente umana

Con questo numero proseguiamo questa rubrica monografica rivolta ad una disciplina giovane ma molto promettente. La cura personalmente Silvia Coletti, laureata in Filosofia della Scienza. L’autrice si occupa di studi teorici e storici relativi alle origini delle scienze naturali antiche (Euclide, Pappo, Pitagora, Plinio il vecchio e Lucrezio) e delle scienze naturali moderne (Buffon, Lamarck, Darwin, Spencer, Mendel). Successivi studi di Filosofia della Mente l’hanno condotta a specializzarsi sul mondo logico e linguistico di John R. Searle, docente presso l’Università di California a Berkeley. Attualmente studia le interconnessioni tra scienze cognitive e robotica.

Max Weber nasce a Erfurt in Turingia nel 1864. Suo padre era di idee liberal-nazionali di destra e sua madre era una donna di grande cultura, interessata a temi di carattere religioso e sociale. Weber studia giurisprudenza, economia, storia, filosofia e teologia nelle Università di Heidelberg, Strasburgo, Berlino e Gottinga. E’ amministratore della politica bismarckiana.  Nel 1887-88 partecipa a diverse manovre militari. Per incarico della Fondazione dei socialisti della cattedra Weber si occupa dei problemi socio-politici della Germania orientale. Nel 1891 consegue l’abilitazione in diritto commerciale germanico e romano. Nel 1896 ottiene la cattedra di economia politica all’Università di Heidelberg, ma in seguito a causa di una grave malattia nervosa per quattro anni non riesce a compiere nessun lavoro. Nel 1902 riprende a svolgere la sua attività e iniziano le sue riflessioni metodologiche. Nel 1903-06 entra a far parte della rivista Archivio di scienza sociale e politica sociale ove pubblica L’oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale (1904), in seguito pubblica anche L’etica protestante  e lo spirito del capitalismo (1904-05). A partire dal 1907 collabora attivamente alla fondazione dell’Associazione tedesca di sociologia. Favorevole all’entrata in guerra della Germania, chiede di essere richiamato come ufficiale della riserva. Dopo la proclamazione della Repubblica di Weimar, aderisce al nuovo partito democratico. Negli anni della Repubblica di Weimar, esercita un peso determinante nella redazione della costituzione della stessa.
Dopo la capitolazione della Germania, collabora alla stesura del Libro bianco tedesco, teso a controbattere le accuse rivolte alla Germania come unica responsabile della guerra.
Nel giugno del 1920 muore a Monaco, colpito da febbre spagnola.
Contesto filosofico del pensiero weberiano. L’uomo , secondo Weber, non può conoscere il senso oggettivo della storia  e della realtà, poiché ha perso il senso delle cose. Il disincanto del mondo è dato dagli interessi mossi  dall’uomo non secondo leggi universali, ma secondo ideal-tipi presenti nella sua  mente. L’oggetto ha in sé il senso oggettivo, che noi non cogliamo, perché questa oggettività naturale la spostiamo su un altro ambito. Inoltre non essendoci una costruzione ideal-tipica che abbraccia tutti gli ambiti, perdiamo il senso oggettivo delle cose. L’interesse fondato su ideal-tipi che muove l’individuo nel suo agire sociale lo conduce su strade dettate dalla sua oggettività soggettiva e non su una oggettività naturale propria dell’oggetto, che è il senso delle cose nella realtà. Il problema che si trova ad affrontare Weber, alla luce di quanto detto sopra, è  possibile affrontarlo su una base fenomenologica e prassiologica: la prima sottolinea il rapporto fra soggetto ed oggetto, sia su base sintattica che semantica e la seconda ne è una conseguenza pratica del risultato e della manifestazione di tale linguaggio fenomenologico. Alla terminologia husserliana dell’ “intenzione di”, possiamo supporre che Weber sostituisce linguisticamente quella dell’ “interesse di” su cui si fonda il concetto dell’ideal – tipo, il cui nodo centrale è l’individuo. Il singolo, a cui Weber da’ molto spazio nell’agire intellettuale e sociale, è così schiacciato in un certo senso dai “flussi di coscienza” che vanno ad emergere proprio nel e dal rapporto fra oggetto e soggetto mediante l’ideal tipo. Lo scivolamento strutturale e concettuale che l’individuo fa, basando la sua analisi delle cose e della realtà su ideal tipi, lo conduce ad una semplice verificazione delle sue teorie e del suo senso, costituendo così l’equilibrio fra soggetto ed oggetto su spinte emozionali dettate dall’interesse. L’avalutatività di cui parla allora Weber è ancora accettabile intendendo questo termine come assenza di giudizio o di formulazione del giudizio stesso? O non va forse intesa come una impossibilità di analizzare nell’arco di tempo della vita gli interessi che  muovono un singolo, essendo a loro volta essi guidati da altri interessi in tempi  e contesti di sfondo storico – sociali  e  culturali diversi? Sembra proprio che Weber in questo suo insistere sull’individuo, come vedremo anche meglio nell’analisi del concetto del tipo ideale, cerca di distinguere l’essere dal dover essere, cioè il ricercatore e il suo modello ideal tipico dalla realtà che vive, dalla storia che indaga. Non ci riesce, anzi nel suo tentativo di rendere le scienze storico sociali tali, abbraccia le metodologie delle scienze naturali, ma allo stesso tempo volendosi distanziare da esse rischia  di schiacciare l’essere come individuo nel dover essere degli interessi a cui la realtà e la storia conducono.
Weber ha cercato di trovare nell’etica eroica una soluzione possibile al conflitto fra soggetto ed oggetto nel dare senso alla storia. Tuttavia anche questa ipotesi non soddisfa la nostra esperienza del disincanto e il conflitto resta.
Che cos’è il concetto tipico ideale? Il costrutto mentale che organizza la conoscenza  storica viene definito da Weber come teoria del tipo ideale. Questo processo riduce la complessità di un fenomeno storico che il ricercatore vuole indagare. Un costrutto idealtipico è quindi uno strumento di ricerca.
L’autenticazione delle possibilità oggettive si basa su un criterio: il sapere nomologico, cioè la possibilità di scelta del ricercatore per essere considerata oggettiva deve essere conforme alle regole generali dell’esperienza. Il ricorso ad un sapere come insieme di regole generali del divenire storico, consente allo storico di poter formulare delle possibilità oggettive sull’agire umano in modo conforme a comportamenti empiricamente accertati. L’idea di un sapere nomologico astratto prende spunto dalla complessità della realtà empirica basata su una lotta fra opposti valori che rendono impossibile un giudizio valido per tutti.  La sua riflessione è che nel campo delle scienze della cultura il ricercatore si trova di fronte ad una serie di problemi metodico – concettuali legati al rapporto fra i fenomeni che indaga, cioè la realtà empirica e la problematicità dei concetti astratti che sono alla base,come per esempio “ideali che dominano gli uomini storici” o “ideali a cui lo storico riferisce la storia”. All’atto dell’indagine storica il problema consiste, afferma Weber,  nella “mancanza di una precisa formazione di concetti che può  diventare quanto mai pericolosa nelle discussioni pratiche di politica economica e sociale. Quale confusione può produrre per esempio il termine “valore” .......... oppure parole come “produttivo”, “dal punto di vista economico-politico”, ecc., che non reggono a nessuna analisi concettualmente chiara in particolar modo nel linguaggio comune e quotidiano? Weber ha avviato la costruzione di uno schema di comportamenti o un sapere nomologico astratto dell’agire sociale in cui ogni valore relativo alla realtà può trovare una sua corrispondenza. Questo approccio metodologico di semplificazione della realtà può essere definito una tassonomia uniforme dell’agire collettivo e individuale.
Proposta di una tipologia dell’agire sociale. Weber dispone in ordire gerarchico i tipi-ideali dell’agire umano attraverso il criterio della razionalità. Per razionalità  Weber intende  il modo in cui un agente si comporta secondo i mezzi che ha scelto per raggiungere un suo scopo. E’ il senso o il valore che un soggetto agente dà o affida ai mezzi scelti che determinano l’agire stesso. Ci sono diversi tipi di modi d’agire: 1) agire razionale rispetto ad uno scopo o fine ( es. l’ingegnere che costruisce un ponte o il medico che cura il malato); 2) l’azione rispetto ad un valore (es. il capitano che decide di affondare con la nave o il lottatore che non getta la spugna); 3) l’agire affettivo (es. l’amore di una madre per il proprio figlio); 4) l’agire secondo costumi, tradizioni e credenze (es. non passare sotto una scala da lavoro aperta o non aprire l’ombrello in posti chiusi). E’ il progressivo prevalere del primo tipo di agire sugli altri, ad aver determinato e sviluppato il capitalismo e soprattutto il “disincanto del mondo”, la perdita di una visione magica della realtà per un’altra formale e dominata dalla ragione.
Un mezzo di espressione univoco / uniformità limite. Il tipo ideale  è costruzione teorica che il ricercatore utilizza, a proprio rischio, come termine di confronto con le realtà empiriche esaminate. Il suo  scopo non è classificatorio ma di approfondimento della conoscenza. Il termine  “ideale” come aggettivo non rimanda ad alcun giudizio valutativo: si tratta di un modello puramente logico.
Il tipo ideale  è elaborato a partire dall’osservazione di uniformità tipiche di comportamento. In particolare il processo di costruzione si articola in una prima selezione dei dati e poi in un collegamento.
Poiché, secondo Weber, è impossibile definire in modo compiuto l’atteggiamento altrui, è necessario individuare un insieme evolutivo di forme di comportamento sulle quali successivamente definire una tipologia. Questa astrazione definita coma la teoria del tipo ideale o dei tipi ideali, presenta in forma convenzionale delle caratteristiche a cui far riferimento. Ogni concetto tipico – ideale  va posto in relazione alla realtà empirica con un comportamento manifesto e pragmatico. Questa prassi è fondamentale per evidenziare il riscontro fra punti di riferimento astratti (i tipi ideali ) e la realtà. In questo senso solo la teoria del tipo ideale funge da guida per il ricercatore, ma è anche un punto di partenza da cui nel corso dell’indagine storico-sociale, lo stesso  deve superare per maturare una propria unilateralità o personalità dell’indagine.
Strumento metodologico della ricerca storico / euristico. In questo modo il ricercatore viene fornito di un modello concettuale, la teoria del tipo ideale, da cui partire come espediente ermeneutico della realtà storica , su cui basarsi nel corso della indagine come strumento metodologico; un vero e proprio metro di misura con cui controllare la validità scientifica del lavoro nel suo pieno svolgimento. In questo modo Weber è convinto di trasformare una ricerca storica specifica in una ricerca specificatamente oggettiva, cioè fondata su leggi teoriche sociologiche non normative, ma costitutive, che includono  nella spiegazione logica di un procedimento storico la dimensione evolutiva di ogni piano della realtà. La forma del tipo ideale nel senso sopra menzionato costituisce un quadro concettuale, che non è la realtà storica, e nemmeno la realtà stessa; esso ha il significato di un concetto-limite positivo puramente ideale, a cui la realtà deve essere comparata e non subordinata.
Conclusioni. Weber  è partito dall’idea che nell’indagine sugli atteggiamenti sociali non fosse affatto corretto esprimere giudizi, per cui ha preferito costruire  un modello artificiale di comportamenti in cui questo o quel valore/giudizio si può ricondurre. “Un “tipo ideale”, nel nostro senso è completamente indifferente nei confronti della valutazione, e non ha nulla a che fare con una “perfezione” che non sia puramente logica. Con la concezione del tipo ideale, Weber riprende in parte la distinzione fra scienza avalutativa e morale/politica valutativa presente nel sapere nomologico kantiano. Tuttavia egli non struttura una sociologia delle leggi, ma una sociologia un po’ intellettuale, che vede al centro l’individuo con le sue scelte, i suoi interessi e le sue conoscenze. Non c’è più un senso della storia che vada ricercato nel sacro o nel mito, il senso della storia se lo da’ l’uomo. Certo è che, se da una parte Weber affida all’individuo un ruolo centrale nell’atto logo - terapeutico di se stesso e della realtà, dall’altro gli affida una responsabilità socio – politica non indifferente.

 BREVIARIO DI NEUROSCIENZE

Sommario anno XII numero 10 - ottobre 2003