Gli
ideal–tipi della mente umana
Con questo numero proseguiamo questa rubrica monografica rivolta ad una
disciplina giovane ma molto promettente. La cura personalmente Silvia
Coletti, laureata in Filosofia della Scienza. L’autrice si occupa di
studi teorici e storici relativi alle origini delle scienze naturali
antiche (Euclide, Pappo, Pitagora, Plinio il vecchio e Lucrezio) e delle
scienze naturali moderne (Buffon, Lamarck, Darwin, Spencer, Mendel).
Successivi studi di Filosofia della Mente l’hanno condotta a
specializzarsi sul mondo logico e linguistico di John R. Searle, docente
presso l’Università di California a Berkeley. Attualmente studia le
interconnessioni tra scienze cognitive e robotica.
Max Weber nasce a Erfurt in Turingia nel 1864. Suo padre era
di idee liberal-nazionali di destra e sua madre era una donna di grande
cultura,
interessata a temi di carattere religioso e sociale. Weber studia
giurisprudenza, economia, storia, filosofia e teologia nelle Università
di Heidelberg, Strasburgo, Berlino e Gottinga. E’ amministratore della
politica bismarckiana. Nel
1887-88 partecipa a diverse manovre militari. Per incarico della
Fondazione dei socialisti della cattedra Weber si occupa dei problemi
socio-politici della Germania orientale. Nel 1891 consegue
l’abilitazione in diritto commerciale germanico e romano. Nel 1896
ottiene la cattedra di economia politica all’Università di Heidelberg,
ma in seguito a causa di una grave malattia nervosa per quattro anni non
riesce a compiere nessun lavoro. Nel 1902 riprende a svolgere la sua
attività e iniziano le sue riflessioni metodologiche. Nel 1903-06 entra a
far parte della rivista Archivio di scienza sociale e politica sociale ove
pubblica L’oggettività conoscitiva della scienza sociale e della
politica sociale (1904), in seguito pubblica anche L’etica protestante
e lo spirito del capitalismo (1904-05). A partire dal 1907
collabora attivamente alla fondazione dell’Associazione tedesca di
sociologia. Favorevole all’entrata in guerra della Germania, chiede di
essere richiamato come ufficiale della riserva. Dopo la proclamazione
della Repubblica di Weimar, aderisce al nuovo partito democratico. Negli
anni della Repubblica di Weimar, esercita un peso determinante nella
redazione della costituzione della stessa.
Dopo la capitolazione della Germania, collabora alla stesura del Libro
bianco tedesco, teso a controbattere le accuse rivolte alla Germania come
unica responsabile della guerra.
Nel giugno del 1920 muore a Monaco, colpito da febbre spagnola.
Contesto filosofico del pensiero weberiano. L’uomo , secondo Weber, non
può conoscere il senso oggettivo della storia
e della realtà, poiché ha perso il senso delle cose. Il
disincanto del mondo è dato dagli interessi mossi
dall’uomo non secondo leggi universali, ma secondo ideal-tipi
presenti nella sua mente.
L’oggetto ha in sé il senso oggettivo, che noi non cogliamo, perché
questa oggettività naturale la spostiamo su un altro ambito. Inoltre non
essendoci una costruzione ideal-tipica che abbraccia tutti gli ambiti,
perdiamo il senso oggettivo delle cose. L’interesse fondato su
ideal-tipi che muove l’individuo nel suo agire sociale lo conduce su
strade dettate dalla sua oggettività soggettiva e non su una oggettività
naturale propria dell’oggetto, che è il senso delle cose nella realtà.
Il problema che si trova ad affrontare Weber, alla luce di quanto detto
sopra, è possibile
affrontarlo su una base fenomenologica e prassiologica: la prima
sottolinea il rapporto fra soggetto ed oggetto, sia su base sintattica che
semantica e la seconda ne è una conseguenza pratica del risultato e della
manifestazione di tale linguaggio fenomenologico. Alla terminologia
husserliana dell’ “intenzione di”, possiamo supporre che Weber
sostituisce linguisticamente quella dell’ “interesse di” su cui si
fonda il concetto dell’ideal – tipo, il cui nodo centrale è
l’individuo. Il singolo, a cui Weber da’ molto spazio nell’agire
intellettuale e sociale, è così schiacciato in un certo senso dai
“flussi di coscienza” che vanno ad emergere proprio nel e dal rapporto
fra oggetto e soggetto mediante l’ideal tipo. Lo scivolamento
strutturale e concettuale che l’individuo fa, basando la sua analisi
delle cose e della realtà su ideal tipi, lo conduce ad una semplice
verificazione delle sue teorie e del suo senso, costituendo così
l’equilibrio fra soggetto ed oggetto su spinte emozionali dettate
dall’interesse. L’avalutatività di cui parla allora Weber è ancora
accettabile intendendo questo termine come assenza di giudizio o di
formulazione del giudizio stesso? O non va forse intesa come una
impossibilità di analizzare nell’arco di tempo della vita gli interessi
che muovono un singolo,
essendo a loro volta essi guidati da altri interessi in tempi
e contesti di sfondo storico – sociali
e culturali diversi?
Sembra proprio che Weber in questo suo insistere sull’individuo, come
vedremo anche meglio nell’analisi del concetto del tipo ideale, cerca di
distinguere l’essere dal dover essere, cioè il ricercatore e il suo
modello ideal tipico dalla realtà che vive, dalla storia che indaga. Non
ci riesce, anzi nel suo tentativo di rendere le scienze storico sociali
tali, abbraccia le metodologie delle scienze naturali, ma allo stesso
tempo volendosi distanziare da esse rischia
di schiacciare l’essere come individuo nel dover essere degli
interessi a cui la realtà e la storia conducono.
Weber ha cercato di trovare nell’etica eroica una soluzione possibile al
conflitto fra soggetto ed oggetto nel dare senso alla storia. Tuttavia
anche questa ipotesi non soddisfa la nostra esperienza del disincanto e il
conflitto resta.
Che cos’è il concetto tipico ideale? Il costrutto mentale che organizza
la conoscenza storica viene
definito da Weber come teoria del tipo ideale. Questo processo riduce la
complessità di un fenomeno storico che il ricercatore vuole indagare. Un
costrutto idealtipico è quindi uno strumento di ricerca.
L’autenticazione delle possibilità oggettive si basa su un criterio: il
sapere nomologico, cioè la possibilità di scelta del ricercatore per
essere considerata oggettiva deve essere conforme alle regole generali
dell’esperienza. Il ricorso ad un sapere come insieme di regole generali
del divenire storico, consente allo storico di poter formulare delle
possibilità oggettive sull’agire umano in modo conforme a comportamenti
empiricamente accertati. L’idea di un sapere nomologico astratto prende
spunto dalla complessità della realtà empirica basata su una lotta fra
opposti valori che rendono impossibile un giudizio valido per tutti.
La sua riflessione è che nel campo delle scienze della cultura il
ricercatore si trova di fronte ad una serie di problemi metodico –
concettuali legati al rapporto fra i fenomeni che indaga, cioè la realtà
empirica e la problematicità dei concetti astratti che sono alla
base,come per esempio “ideali che dominano gli uomini storici” o
“ideali a cui lo storico riferisce la storia”. All’atto
dell’indagine storica il problema consiste, afferma Weber,
nella “mancanza di una precisa formazione di concetti che può
diventare quanto mai pericolosa nelle discussioni pratiche di
politica economica e sociale. Quale confusione può produrre per esempio
il termine “valore” .......... oppure parole come “produttivo”,
“dal punto di vista economico-politico”, ecc., che non reggono a
nessuna analisi concettualmente chiara in particolar modo nel linguaggio
comune e quotidiano? Weber ha avviato la costruzione di uno schema di
comportamenti o un sapere nomologico astratto dell’agire sociale in cui
ogni valore relativo alla realtà può trovare una sua corrispondenza.
Questo approccio metodologico di semplificazione della realtà può essere
definito una tassonomia uniforme dell’agire collettivo e individuale.
Proposta di una tipologia dell’agire sociale. Weber dispone in ordire
gerarchico i tipi-ideali dell’agire umano attraverso il criterio della
razionalità. Per razionalità Weber
intende il modo in cui un
agente si comporta secondo i mezzi che ha scelto per raggiungere un suo
scopo. E’ il senso o il valore che un soggetto agente dà o affida ai
mezzi scelti che determinano l’agire stesso. Ci sono diversi tipi di
modi d’agire: 1) agire razionale rispetto ad uno scopo o fine ( es.
l’ingegnere che costruisce un ponte o il medico che cura il malato); 2)
l’azione rispetto ad un valore (es. il capitano che decide di affondare
con la nave o il lottatore che non getta la spugna); 3) l’agire
affettivo (es. l’amore di una madre per il proprio figlio); 4) l’agire
secondo costumi, tradizioni e credenze (es. non passare sotto una scala da
lavoro aperta o non aprire l’ombrello in posti chiusi). E’ il
progressivo prevalere del primo tipo di agire sugli altri, ad aver
determinato e sviluppato il capitalismo e soprattutto il “disincanto del
mondo”, la perdita di una visione magica della realtà per un’altra
formale e dominata dalla ragione.
Un mezzo di espressione univoco / uniformità limite. Il tipo ideale
è costruzione teorica che il ricercatore utilizza, a proprio
rischio, come termine di confronto con le realtà empiriche esaminate. Il
suo scopo non è
classificatorio ma di approfondimento della conoscenza. Il termine
“ideale” come aggettivo non rimanda ad alcun giudizio
valutativo: si tratta di un modello puramente logico.
Il tipo ideale è elaborato a
partire dall’osservazione di uniformità tipiche di comportamento. In
particolare il processo di costruzione si articola in una prima selezione
dei dati e poi in un collegamento.
Poiché, secondo Weber, è impossibile definire in modo compiuto
l’atteggiamento altrui, è necessario individuare un insieme evolutivo
di forme di comportamento sulle quali successivamente definire una
tipologia. Questa astrazione definita coma la teoria del tipo ideale o dei
tipi ideali, presenta in forma convenzionale delle caratteristiche a cui
far riferimento. Ogni concetto tipico – ideale
va posto in relazione alla realtà empirica con un comportamento
manifesto e pragmatico. Questa prassi è fondamentale per evidenziare il
riscontro fra punti di riferimento astratti (i tipi ideali ) e la realtà.
In questo senso solo la teoria del tipo ideale funge da guida per il
ricercatore, ma è anche un punto di partenza da cui nel corso
dell’indagine storico-sociale, lo stesso
deve superare per maturare una propria unilateralità o
personalità dell’indagine.
Strumento metodologico della ricerca storico / euristico. In questo modo
il ricercatore viene fornito di un modello concettuale, la teoria del tipo
ideale, da cui partire come espediente ermeneutico della realtà storica ,
su cui basarsi nel corso della indagine come strumento metodologico; un
vero e proprio metro di misura con cui controllare la validità
scientifica del lavoro nel suo pieno svolgimento. In questo modo Weber è
convinto di trasformare una ricerca storica specifica in una ricerca
specificatamente oggettiva, cioè fondata su leggi teoriche sociologiche
non normative, ma costitutive, che includono
nella spiegazione logica di un procedimento storico la dimensione
evolutiva di ogni piano della realtà. La forma del tipo ideale nel senso
sopra menzionato costituisce un quadro concettuale, che non è la realtà
storica, e nemmeno la realtà stessa; esso ha il significato di un
concetto-limite positivo puramente ideale, a cui la realtà deve essere
comparata e non subordinata.
Conclusioni. Weber è partito
dall’idea che nell’indagine sugli atteggiamenti sociali non fosse
affatto corretto esprimere giudizi, per cui ha preferito costruire un modello artificiale di comportamenti in cui questo o quel
valore/giudizio si può ricondurre. “Un “tipo ideale”, nel nostro
senso è completamente indifferente nei confronti della valutazione, e non
ha nulla a che fare con una “perfezione” che non sia puramente logica.
Con la concezione del tipo ideale, Weber riprende in parte la distinzione
fra scienza avalutativa e morale/politica valutativa presente nel sapere
nomologico kantiano. Tuttavia egli non struttura una sociologia delle
leggi, ma una sociologia un po’ intellettuale, che vede al centro
l’individuo con le sue scelte, i suoi interessi e le sue conoscenze. Non
c’è più un senso della storia che vada ricercato nel sacro o nel mito,
il senso della storia se lo da’ l’uomo. Certo è che, se da una parte
Weber affida all’individuo un ruolo centrale nell’atto logo -
terapeutico di se stesso e della realtà, dall’altro gli affida una
responsabilità socio – politica non indifferente.
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