velletri
La fiaba pittorica di Aldo Cupellaro
(Luca Ceccarelli ) - La personale di Aldo Cupellaro tenuta
nel mese di ottobre presso il Museo diocesano di
Velletri
è stata l’esposizione che ha definitivamente consacrato come pittore a
tutto tondo questo artista, laddove in passato il nome di Cupellaro, la
cui produzione pittorica estremamente varia è almeno trentennale, era noto
soprattutto per i suoi paesaggi ad inchiostro di china dei Castelli Romani
e del Lazio meridionale: Velletri, Nemi, Cori, Giulianello. Nella mostra
al Museo diocesano, oltre a cambiare i motivi tematici cambiano anche le
tecniche. Non più semplice inchiostro di china, ma tecnica mista, a base
di inchiostro, acquerelli di colori sempre molto chiari e luminosi,
polvere di colore, tempera, carboncino. Per la prima volta nella vita ho
avuto l’opportunità di visitare una mostra personale di pittura insieme
all’autore dei quadri. Il che, forse anche grazie alla profonda libertà di
spirito che traspare dalle parole di Aldo Cupellaro, ha dato anche a me un
gran senso di libertà.
Come mi ha raccontato il pittore stesso, i titoli dati ai quadri (alcuni
dei quali venduti in anni lontani, e prestati dagli attuali proprietari
per la mostra) non sono suoi, ma di chi ha contribuito ad allestire la
mostra. Titoli azzeccati, nel complesso, vuoi perché scelti da persone
competenti e sensibili, vuoi perché derivanti, in taluni casi, da una
suggestione dello stesso autore. Tuttavia, è opinione di chi scrive che
sarebbe stato preferibile dare un titolo solo quando questo poteva essere
collegato ad una suggestione autoriale, come nel caso di Emarginazione
(che in precedenza si chiamava Solitudine), di Emmaus, de Il figlio
rinnegato (riferimento a Cam, quello tra i figli di Noè che rise del padre
nudo ed ebro). Altre opere potevano invece essere lasciate senza
titolo alcuno, magari avvertendo in un apposito pannello esplicativo che
questa scelta era in diretto riferimento alla poetica di Aldo Cupellaro.
Una poetica di libertà, come si è già accennato, ma anche di grande
apertura. “Ognuno deve’essere libero di immaginare nel quadro ciò che
preferisce”, questo è un concetto che il Cupellaro, durante la nostra
visita guidata, ha tenuto a precisare più di una volta. Con i suoi quadri
egli vuole accendere la facoltà immaginativa dello spettatore, ma senza la
pretesa di tenerla per mano. Deve danzare libera. E questo vale anche per
l’immaginazione del critico - recensore, che spesso davanti alla novità è
portato ad aggrapparsi pigramente a schemi prefissati di storiografia
dell’arte: Manet piuttosto che Ingres, Michelangelo piuttosto che
Raffaello, Dalì piuttosto che Kandinskij. È per questo che forse il titolo
più indicato per il complesso dell’opera pittorica del Cupellaro è quello
che è stato dato ad uno dei quadri migliori esposti al Museo diocesano:
Fiaba. È una tela degli anni Novanta, alla vista della quale il recensore
viziato direbbe subito, per assonanza di colori, di linee e di motivi:
«qui rivive Fragonard!», ma che, altrettanto a buon diritto, si può
associare alle Fêtes galantes di Paul Verlaines, o, ancora, a una sagra di
qualcuno dei paesi immortalati nelle opere più conosciute del Cupellaro.
tivoli
Il Castello
(Tania Simonetti-Marco Cacciotti) - L’imponente costruzione
della Rocca Pia, in posizione strategica sulla
sommità
di una collinetta, fu eretta, nel 1461, con materiale di spoglio
dell’antico anfiteatro romano, per iniziativa di papa Pio II Piccolomini,
come simbolo della supremazia romana, (la Rocca è detta Pia in suo
omaggio). È un magnifico esempio di fortificazione pervenutaci pressoché
intatta. Il complesso, a pianta quadrilatera, si compone di quattro
massicce torri cilindriche, coronate da merli guelfi e unite tra loro da
poderosi muraglioni praticabili. È tra le prime realizzazioni di quel tipo
edilizio, caratteristico dell’età di transizione, conosciuto con il nome
di “Rocca”: non più un castello, anche se ne riprende molte forme, perché
nata con scopi specificamente militari, senza più funzioni residenziali;
non ancora un forte perché non ancora articolata secondo i dettami della
difesa con fuoco radente, da cui sarebbe nata l’architettura bastionata.
La sua costruzione fu voluta da Pio II per controllare la storica località
e la valle dell’Aniene. Concettualmente è un edificio ancora legato ai
moduli medioevali: un quadrilatero con torri tonde agli angoli. Le torri,
di diametro diverso, sono fortemente sopraelevate rispetto alle cortine,
interrompendo con ciò il cammino di ronda (cosa che si cercherà di evitare
nelle rocche successive, per favorire un veloce spostamento della
guarnigione da un punto all’altro del perimetro difensivo) e offrendo un
bersaglio cospicuo alle artiglierie. La costruzione dell’edificio,
intrapresa con lena, andò poi avanti abbastanza a rilento.
A Pio II si deve la realizzazione delle due torri maggiori, inserite nella
cinta muraria urbana, le due torri minori, all’interno delle mura stesse,
più basse per essere meno esposte al fuoco dell’artiglieria nemica, furono
innalzate più tardi, sotto Sisto IV (1471-1484), mentre ulteriori lavori
furono eseguiti al tempo di Alessandro VI (1492-1503) e perfezionati da
Paolo III (1534-1549).
All’epoca il complesso era ormai obsoleto, ma ancora funzionale per il
controllo del territorio. Più che un fortilizio militare la Rocca Pia fu
un centro di potere papale, infatti ad essa è legato il ricordo, fra
l’altro, di un avvenimento particolarmente importante svoltosi al suo
interno: si tratta dell’approvazione data il 3 settembre 1539 da Paolo III,
alla regola della compagnia di Gesù, redatta e sottoposta all’alta
autorità del pontefice dal fondatore, Sant’Ignazio di Lodola.
La Rocca Pia si pone così come capostipite della gran fioritura di rocche
papali, che negli ultimi decenni del Quattrocento e nei primi del
Cinquecento fece degli Stati pontifici la regione all’avanguardia nello
sviluppo di nuove forme di architettura fortificata.
I lavori iniziati sul finire del Medioevo e terminati nel Quattrocento, in
pieno Rinascimento, portano ad un castello dove la transizione fra i due
periodi storici balza subito agli occhi.
Bibliografia: (Bonecchi-E.Roddolo-A.&A.Vescovo-F.Conti-Ist. Ital.no
Castelli)
monte compatri
Seminari di filosofia
Continuano al Palazzo Annibaldeschi i seminari sul tema “Dentro l’uomo, lo
sconosciuto”. L’iniziativa del Centro per la Filosofia Italiana, sostenuta
dal nostro giornale e dalla nostra Associazione, è rivolta a chiunque
voglia guardare dentro se stesso al fine di dare alcune risposte ai
quesiti di sempre dell’uomo. Non occorrono alte culture né titoli
accademici per la partecipazione.
Il prossimo seminario si terrà il 30 novembre 2003. A coordinare i lavori
sarà il professor Pietro Ciartavolo, direttore della Biblioteca
filosofica.
velletri
Legambiente nelle scuole
(Corrado Bisini) - Parte a gennaio del prossimo anno il
primo progetto pilota di Legambiente per la Scuola. Grazie
all’interessamento di alcune insegnanti ed all’aiuto logistico e
finanziario del Circolo “La Spinosa” di Velletri, le due quarte classi
dela Scuola Elementare Colle Palazzo, inizieranno tra qualche mese il
percorso educativo sul riciclaggio. I percorsi educatvi di Legambiente
trattano argomenti e problematiche ambientali quali, oltre ai rifiuti, le
aree urbane, il verde, il traffico e la mobilità, la biodiversità,
l’adozione di monumenti, le aree protette, la vivibilità e la salubrità
degli edifici scolastici. I volumi tematici forniti dall’Associazione
Ambientalista, differenziati per ordine di scuola contengono informazioni,
approfondimenti, attività e schede di lavoro utili nelle diverse fasi del
percorso. Un modo concreto quindi, di svolgere attività relative
all’ambiente dentro e fuori la scuola ed impegnarsi concretamente sul
proprio territorio. |